Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Altair13Sirio    01/08/2017    5 recensioni
***ATTENZIONE SPOILER MANGA***
"Sai, la tua determinazione mi ricorda una storia... Narra di quando i Giganti raggiunsero l'ultima città rimasta ancora in piedi nel regno di Mahle e come questi furono respinti da un semplice bambino armato di una fionda. Un bambino solo, con una fionda! E’ una storiella per bambini, una favola... Ma l'essenza del racconto rimane: Mahle è superiore agli sporchi Giganti di Eldia, e il popolo di Eldia deve essere sottomesso a Mahle! La tua determinazione mi ricorda tanto quel bambino del racconto..."
In una mattina grigia e coperta dalle nubi, due vecchi amici si incontreranno inaspettatamente sul campo di battaglia. In questo scontro alcuni lotteranno per la propria vita e la patria, altri per espiare le proprie colpe; qualcuno lotterà per l'amicizia e l'amore, qualcun altro perché non ha scelta.
"Non farmi pentire di aver fatto quella promessa!"
Il nemico dell'umanità e un eroe improbabile... La battaglia per la difesa dell'umanità e la rivincita contro secoli di persecuzioni... Il futuro del mondo intero...
"Non mi aspettavo di vedere proprio te, tra tutti quanti..."
Tutto sarà deciso da una casualità.
"Non importa come, io tornerò da lei!"
Genere: Angst, Azione, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Conny Springer, Jean Kirshtein, Levi Ackerman, Reiner Braun, Sasha Braus
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Violenza
Capitoli:
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Una volta arrivato nel cortile dove si riversavano i soldati una volta fuori dalle loro tende, però, il ragazzo si ritrovò davanti una scena inaspettata ma che avrebbe dovuto prevedere: una marea di soldati si agitava disordinatamente alla ricerca di armamenti e scorte da mettere al sicuro. La confusione regnava lì in mezzo e tra le tante teste Connie non pensava che sarebbe mai riuscito a trovare i suoi amici: sicuramente Eren, Mikasa e Armin erano assieme, ma ci sarebbero volute ore a trovarli lì in mezzo e nessuno gli assicurava che fossero veramente là.
Non avendo altre alternative, Connie si infilò in mezzo alla calca cominciando a chiedere a chiunque se avessero visto Eren, che nella Legione conoscevano tutti per via del suo potere del Gigante; sfortunatamente nessuno sembrava sapere dove fosse andato il suo amico né nessun altro del suo trio. Lì in mezzo si sentiva ancora l'odore di fumo che aveva impregnato l'erba e la stoffa delle tende durante la notte.
Scoraggiato, incerto su come fare a trovare i suoi amici, Connie decise di raggiungere la tenda-cucina e chiedere aiuto a Sasha, sperando che avrebbe potuto aiutarlo.
Nella tenda-cucina regnava il caos: chi era appena arrivato cercava di arraffare qualche cibaria da mandare giù velocemente prima che fuori dall'accampamento si scatenasse l'inferno e chi invece aveva già cominciato a mangiare prima che suonasse l'allarme stava cercando di fare il più velocemente possibile per potersi mobilitare. Dietro alla fila di tavolini che dividevano la tenda, Sasha e il suo compagno cuoco erano nel bel mezzo di una specie di lotta con la loro cucina, mentre la gente alle loro spalle gli metteva fretta e cercava di scavalcare gli altri nella fila. Connie fece appello a tutte le sue forze per trovare un varco nella folla e urlare il nome di Sasha più forte che potesse, prima che qualcuno lo tirasse via da lì per non aver rispettato la fila. Per sua fortuna, la ragazza lo sentì.
<< Connie! Che cosa ci fai qui? Senti, se è per quella bistecca adesso non ho proprio tempo! >> Urlò in preda al panico mentre cercava di non far versare la brodaglia che bolliva nella pentola davanti a sé.
<< Ma quale bistecca! >> Gli rinfacciò lui, chiedendosi come facesse a pensare al cibo in un momento come quello. << Stiamo venendo attaccati, il capitano Levi ha radunato la squadra e io non riesco a trovare gli altri! Devi venire con me! >>
Fu un attimo: Sasha si voltò confusa a guardarlo prima di assumere un'espressione sollevata e lasciar cadere nella pentola il mestolo che teneva in mano. Con un balzo scavalcò i tavolini nella tenda e disse al suo compagno di dover andare:<< Scusami, Horst… Il dovere chiama! >>
Horst non sembrò per niente contento di vederla svignarsela a quel modo, lasciando a lui tutta quella folla inferocita di soldati affamati che si aspettavano di essere rifocillati un minimo prima di dover andare a combattere, ma non poté farci niente.
Connie e Sasha uscirono di corsa dalla tenda con la ragazza davanti, più rapida nei movimenti a causa dell'attrezzatura per la manovra tridimensionale che portava addosso Connie e lo rallentava. << Dobbiamo passare alla mia tenda a prendere la mia attrezzatura. >> Disse lei mentre già cominciava a correre in direzione della sua tenda, poco distante da lì data la sua occupazione alla tenda-cucina.
Connie le arrancò dietro, dicendole di non aspettarlo e di sbrigarsi a prendere l'occorrente così da potersi mettere alla ricerca degli altri. Quando fu arrivato alla tenda della sua amica, si fermò: non sapeva se fosse opportuno entrare, magari sarebbe risultato invadente e Sasha avrebbe potuto non apprezzare la sua mancanza di rispetto della sua privacy.
Proprio mentre lui si poneva questi dubbi e si tormentava se fosse più opportuno restare ad aspettare fuori o entrare con Sasha, la ragazza lo chiamò improvvisamente da dentro la tenda, dicendogli di entrare. Connie non se lo fece ripetere due volte e si ritrovò di fronte la ragazza mezza nuda che si sfilava di dosso la camicia per i cuochi dell'accampamento. La sua schiena scoperta era liscia e scintillante alla fioca luce del mattino che filtrava nella tenda e solo una stretta fascia di tessuto ruvido all'altezza del petto interrompeva la sua nudità. Sasha allungò un braccio verso una pila di vestiti ammucchiati in un angolo e chiese a Connie di avvicinarglieli. << Dobbiamo fare presto, dai! >> Lo incitò mentre intanto lottava con la camicia impigliatasi all'altezza della testa, causa la sua riluttanza allo sbottonarsi per fare più in fretta.
Il ragazzo, privo di parole, si voltò per prendere i vestiti da soldato e si avvicinò alla sua amica per porgerglieli. Lei lo ringraziò afferrando rapidamente una maglietta bianca di tessuto liscio che si infilò subito dalla testa; prima di prendere la giacca dell'esercito, Sasha si voltò e si lasciò cadere su uno sgabello prima di cominciare a togliersi i pantaloni di tela, troppo leggeri e fragili per il combattimento. Non appena vide che stava cominciando a spogliarsi anche dei suoi abiti inferiori, Connie girò la testa coprendosi gli occhi con il dorso di una mano e arrossendo tutto in volto; il suo imbarazzo non sembrò trovare una ragione nella mente di Sasha, che gli rivolse uno sguardo confuso prima di lanciare via i pantaloni e afferrare quelli che aveva preso Connie dal mucchio di vestiti nell'angolo. Non appena la ragazza fu nuovamente vestita, Connie poté tornare a rivolgerle lo sguardo e tirò un sospiro di sollievo, chiedendosi se quella ragazza sapesse che cosa fosse l'imbarazzo…
Sasha non si era mai lamentata dei vestiti in dotazione all'esercito, li reputava comodi e molto elastici, adatti a combattere ma anche a mangiare fino a scoppiare… Quella era la vera priorità per quella ragazza.
<< Che c'è? >> Chiese notando che ancora il rossore delle guance di Connie non era sparito. Il ragazzo si chiese come avesse fatto a vederlo con la poca luminosità che c'era nella tenda e decise di distogliere lo sguardo un'altra volta.
Imprecando nella propria mente, Connie rispose con falsa freddezza:<< E' che non so proprio cosa aspettarmi da questo attacco… >>
Sasha si alzò dallo sgabello e indossò rapidamente la giacca da soldato prima di voltarsi a prendere la sua attrezzatura per la manovra tridimensionale. Cominciò ad armeggiare con le cinghie, ma sembrò non riuscire a raccapezzarcisi e chiese aiuto a Connie. Lui si avvicinò annuendo e si inginocchiò alle sue spalle per poter legare le cinghie dell'attrezzatura; era abituato ad aiutarla in quell'operazione, quel tipo di cose non era imbarazzante per lui… Ma stare a guardarla mentre si vestiva gli sembrava veramente troppo!
<< Non ci pensare. >> Disse a un certo punto Sasha, voltata verso l'oscurità. Connie non poteva vederla in faccia mentre gli diceva quelle cose, ma sentì quanto fosse rassicurante il suo tono di voce. Dopo che ebbe completato l'operazione cinghie, il ragazzo si rialzò da terra e la vide voltarsi verso di lui mentre si infilava a tracolla il suo fedele arco:<< Potrebbe accadere di tutto da qui in poi… Ma tu non devi farti tormentare da ciò, altrimenti rischierai di commettere errori fatali. >> Lei gli sorrise in modo rassicurante prima di voltarsi per andare a prendere il suo mantello.
Connie abbassò lo sguardo abbattuto. << E se… Dovesse esserci anche Reiner? >> Chiese con voce tremante.
Per un attimo Sasha si fermò e rimase ad elaborare la domanda del suo amico; lei aveva rischiato di morire per colpa di Reiner, difficilmente provava ancora sentimenti contrastanti verso di lui. Tornò subito a muoversi e si voltò dopo guardando Connie negli occhi, allacciandosi il mantello verde al collo:<< Allora dovrai dimenticare ogni cosa e pensare a lottare! >>
Il suo sguardo era duro, la sua voce era dura… Ma a un tratto sulle sue labbra affiorò un sorriso dolce come solo lei sapeva rivolgergli. Alzò una mano per accarezzare la sua testa rasata, quella crapa pelata e rotonda per cui lo aveva spesso preso in giro.
<< Connie, tu sei forte. Molto forte! >> Sussurrò con occhi dolci e rassicuranti, mentre Connie non capiva dove volesse andare a parare con quel discorso. << Alla fine del nostro addestramento, tu eri all'ottavo posto tra i migliori del corso e, se contiamo fuori Reiner, Annie e Bertholdt, che avevano dalla loro il fatto di essere dei giganti, rientri tra i primi cinque. >> Fece una pausa abbassando lo sguardo, mentre Connie continuava a guardarla confuso. A un tratto la sua voce si fece più cupa e tremante. << Davanti a te si era classificato anche Marco… Che però ha fatto un errore e si è lasciato uccidere. Io non… Non voglio che tu ti lasci cogliere dai risentimenti, dai bei ricordi, e ti faccia uccidere come è successo a lui… >>
Connie si divincolò dalla presa della ragazza e la fissò pieno di confusione in testa. << Sasha, che stai dicendo? >> Chiese quasi spaventato, vedendo in un riflesso i suoi occhi lucidi vicini al pianto.
Sasha deglutì con forza e si sforzò di tornare a sorridere. << Sto dicendo che tutto quello che abbiamo vissuto con Reiner e gli altri è stato meraviglioso… Ma… >> E qui si fermò un istante. << Se dovessi lasciarti trasportare dalle emozioni, rischieresti solo di dargli un'altra possibilità per ucciderti. E questa sarebbe l'ultima. >> Fissò intensamente gli occhi di Connie. Il ragazzo sentì all'improvviso una grande pressione su di sé. << Abbiamo lottato già una volta con Reiner. Abbiamo fatto di tutto per non ucciderlo, per dargli un'altra chance… Semplicemente, lui non lo voleva. >>
Connie ripensò alla loro battaglia a Shiganshina, il distretto dove avevano affrontato i loro vecchi amici Reiner e Bertholdt, dove avevano anche rischiato di essere brutalmente uccisi da quei loro "amici". Sasha era stata ferita gravemente proprio da Reiner; avevano pianto entrambi prima di quell'accaduto, credendo di averlo finalmente ucciso. Ma dopo il grande rischio che aveva corso in quella battaglia, la ragazza doveva aver perso tutta la sua compassione nei confronti di quel "Guerriero" che li aveva traditi. Lei non voleva che Connie continuasse a giustificare Reiner fino alla fine, rischiando la sua stessa vita nel farlo.
<< Ci siamo intesi? >> Chiese lei poggiando le sue mani sulle spalle di Connie e lanciandogli un'ultima profonda occhiata. Il ragazzo non sapeva più in cosa credere; aveva sempre desiderato poter chiarire le cose con Reiner, sperato che ci fosse un modo per non doverlo uccidere… Ma nonostante non riuscisse a trovarlo in nessun modo, lui semplicemente continuava a ignorarlo. Ma per quanto ancora avrebbe potuto permetterselo?
La risposta di Connie venne automatica:<< Non devi preoccuparti, Sasha. >> Disse sudando, mentre i suoi occhi non potevano guardare altrove se non il viso della ragazza. << L'ho capito ormai… >>
Senza nemmeno dargli il tempo di concludere la sua frase, Sasha strinse con forza Connie in un abbraccio come per ringraziarlo di aver finalmente capito il suo punto di vista e rimase per alcuni secondi con la testa poggiata su una sua spalla, gli occhi chiusi in un'espressione serena e beata. Connie fu preso alla sprovvista da quel gesto e reagì in ritardo: dopo alcuni istanti di incertezza, alzò le mani e cinse le spalle della sua amica, che sembrava quasi star liberando tutta la sua tensione con quell'abbraccio; sentì letteralmente il corpo di Sasha alleggerirsi mentre lei respirava appoggiata al petto di lui.
<< Scusami… >> Mormorò Connie, non sicuro su cosa si dovesse scusare. << Ti ho fatta preoccupare inutilmente… >>
Sasha sorrise e lasciò andare un pigolio gioioso. << Vorrà dire che avrai meno carne, quando ceneremo con quel cinghiale… >> Disse spensieratamente riportando alla memoria di Connie il cinghiale di cui gli aveva parlato quella mattina, neanche un'ora addietro. La ragazza lasciò andare il corpo di Connie e gli sorrise, sollevata, sfiorandogli la punta del naso con un dito. Poi si voltò facendo ondeggiare il suo mantello verde scuro e incitò al ragazzo di sbrigarsi a seguirla.
Ci avevano messo troppo tempo. Buona parte dei soldati nel cortile era andata chissà dove, tutti quanti portavano le loro uniformi e le attrezzature per la manovra tridimensionale ben in vista; gli uomini si spostavano a gruppi guidati da un caposquadra e lanciavano loro occhiate di rimprovero per non essere dove avrebbero dovuto essere. Connie si guardò intorno inutilmente, cercando di adocchiare qualcosa che potesse aiutarlo: il colore luminoso dei capelli di Armin, il baccano che precedeva Eren ovunque andasse o l'inspiegabile vuoto che si creava ogni volta che passasse Mikasa in mezzo alla gente. Niente di tutto ciò catturò l'attenzione del ragazzo, che non seppe da dove cominciare. Fu Sasha a dargli un incentivo per andarsene da lì.
<< Forza! >> Disse lei tirando il ragazzo da una mano e lanciandosi in mezzo alle squadre che si muovevano rapidamente nel cortile, facendo rompere le loro formazioni e ricevendo altre occhiatacce su di sé. Sembrava che non avesse idea di dove andare, si stava limitando a girare senza meta per quel cortile trascinata da un inspiegabile ottimismo e il suo intuito da cacciatrice.
Connie si chiese se stesse affidando tutto quanto al caso oppure se Sasha avesse qualche idea su come trovare Eren e gli altri; notò come agitasse convulsamente la testa, guardandosi a destra e a sinistra per trovare qualche particolare che la potesse aiutare nella sua ricerca, ma a parte questo sembrava che la cacciatrice non stesse seguendo alcun criterio per trovare i loro amici. Eppure cambiava strada improvvisamente ogni volta che raggiungevano una biforcazione, faceva sobbalzare il ragazzo con i suoi continui scatti come se stesse cercando di inseguire qualcuno di invisibile.
Fu totalmente casuale come, incredibilmente, riuscirono a incrociare il trio di amici che stavano cercando, voltando a un angolo e ritrovandoseli davanti tutti e tre sorpresi quanto Connie. Sasha invece sembrava soddisfatta di sé stessa e subito fece un cenno a Mikasa, in mezzo agli altri due ragazzi.
<< Vi stavamo cercando! >> Esclamò la ragazza dai capelli bruni annuendo verso la ragazza orientale. Mikasa aveva il suo solito sguardo perso nel vuoto quando incontrò Connie e Sasha, reagì quasi in ritardo e molto debolmente schiudendo le labbra con poca sorpresa.
<< Noi? >> Chiese la ragazza dagli occhi a mandorla prima di essere scavalcata dall'irruenza del suo amico Eren.
<< E' suonato l'allarme?! >> Chiese fuori di sé il ragazzo, cercando una conferma negli occhi di Connie.
Il ragazzo rasato annuì subito. << Sono stato io. >> Disse. << C'è una flotta all'orizzonte, una cosa mai vista… >>
Il ragazzo dagli occhi verdi sembrò vedere il demonio di fronte a sé: i suoi muscoli del viso ti tesero all'unisono e con rapido gesto aprì e chiuse entrambe le mani formando dei pugni serrati e quasi deformati dalla forza con cui chiuse le dita. Eren digrignò i denti con rabbia prima di sussurrare con voce roca e profonda:<< Sono qui… >>
Armin lo guardò preoccupato, vedendo come il suo amico si stesse alterando troppo già solo al pensiero di incontrare la flotta di Mahle. << Cosa dobbiamo fare? >> Chiese per cercare di distogliere Eren dal pensiero della lotta. Gli sguardi di tutti conversero sulla testa di Connie, che in quel momento aveva quasi dimenticato per cosa era andato a cercare i suoi compagni.
Subito si ricordò del capitano Levi e della loro situazione attuale e si mise come sull'attenti, non sapendo bene perché. << Dobbiamo raggiungere il capitano Levi in cima alla Barriera! Da lì vedrete tutto. Dobbiamo sbrigarci, la flotta potrebbe arrivare a tiro da un momento all'altro… >> Ma mentre si dilungava in spiegazioni non necessarie, Eren e Mikasa si erano già avviati per spiccare il volo, facendosi sollevare dai cavi delle loro attrezzature; Armin, più riflessivo nel gruppo, aveva aspettato che anche Sasha e Connie fossero pronti a partire, quindi aveva seguito i suoi due amici.
Sasha non aveva lasciato il braccio di Connie un solo istante, da quando erano usciti dalla tenda. Adesso cominciava a sentire i crampi al polso e Connie chiese per favore alla sua amica di lasciarlo andare; la ragazza non se n'era neanche accorta, gli chiese scusa imbarazzata per averlo stretto con tanta forza e si allontanò di qualche passo. Sasha non era diventata un cuor di leone da un giorno all'altro, aveva sempre provato una grande tensione prima di una battaglia e Connie sapeva quanto potesse essere tesa in quella situazione. La domanda era: era tesa per sé, o per lui?
<< Sasha… >> La chiamò con calma per non allarmarla ulteriormente. La ragazza si voltò quasi subito, rivolgendogli lo sguardo più naturale che potesse fare. << Andiamo. >> Disse con fermezza nella voce mentre il suo sguardo le dava la carica e la riempiva di sicurezza per poter affrontare quella sfida.
Inspiegabilmente, Sasha si sentì pronta ad andare e rispose con un silenzioso cenno della testa, sbigottita per quell'improvvisa carica datale dal suo amico. Insieme si voltarono verso la torretta più vicina e, estratte le else per guidare la manovra tridimensionale, premettero i grilletti.
<< Dimmi una cosa… >> Esordì Connie mentre volteggiavano in aria, diretti a un'altra torre poco distante da lì. Sasha si voltò per un istante a guardarlo, confusa su quale potesse essere ora la domanda. << Come facevi a sapere dove fossero Eren e gli altri? >>
La ragazza dapprima gli rivolse uno sguardo perplesso, poi si voltò in avanti sorridendo e sganciando i suoi rampini dalla parete di una casa. << Un cacciatore deve saper trovare le sue prede in ogni modo. >> Disse ad alta voce trovando un altro appiglio e sollevandosi ancora di più, costringendo Connie a seguirla per poter udire la sua spiegazione. << Diciamo solo che Mikasa ha… Un odore particolare. >>
Connie spalancò la bocca sconcertato mentre Sasha cominciava a ridere, ben conscia del suo grande stupore. << Che?! >> Esclamò incredulo il ragazzo avvicinandosi un po' alla sua amica. << Mi stai dicendo che hai seguito le sue tracce tramite l'olfatto? >>
Sasha continuò a ridere senza dare una risposta chiara alla domanda di Connie, che tuttavia pensò che fosse proprio quella la spiegazione. Provò a farsi dire qualcosa di più, commentando contrariato su come non riuscisse a credere a tutto quello, ma alla fine si dovette arrendere.
A dire il vero non era improbabile che Sasha sapesse distinguere l'odore delle persone come un segugio da caccia… In fondo era cresciuta nei boschi, imparando a distinguere le orme e gli odori dei diversi animali per potersi orientare e cacciare al meglio. Però, pensare che fosse in grado di distinguere addirittura l'odore di una persona in mezzo a decine di altre persone era incredibile! Che razza di odore doveva avere Mikasa, per poter permettere a Sasha di trovarla tanto facilmente? Era vero che fosse la sua compagna di stanza, quindi la ragazza doveva essere a contatto con il suo odore molto di più che con gli altri, ma era ancora qualcosa di incredibile… Gli venne da chiedersi quale fosse il suo di odore, dopo di quello, chiedendosi se Sasha non avesse etichettato ognuno dei suoi amici con un odore in particolare…
Quello gli fece ripensare a una persona di cui non avevano saputo più nulla: il caposquadra Mike Zacharias, vecchio amico dell'ormai defunto comandante Erwin. Mike era conosciuto per due cose in particolare: la sua estrema abilità nell'uccisione di Giganti, secondo solo al capitano Levi, e il suo olfatto sorprendentemente sviluppato, che utilizzava per localizzare eventuali minacce anche molto distanti. Connie ricordava come si aggirasse tra le truppe annusando l'aria e alcuni commilitoni, i primi giorni dopo il loro arrivo nella Legione Esplorativa.
Sfortunatamente, il caposquadra Mike era stato dichiarato disperso durante l'attacco all'interno del Wall Rose, quando lui e i suoi amici erano impegnati a difendersi dai Giganti a Castel Utgard. Probabilmente era caduto vittima durante la sua missione in avanscoperta, il cui obiettivo era eliminare più Giganti possibili e fare il punto della situazione prima dell'arrivo dei rinforzi… In quell'occasione, Connie era rimasto barricato nell'antica fortezza con Ymir, Historia, Reiner e Bertholdt, mentre un gruppo di soldati li difendeva dalle numerose ondate di Giganti arrivati assieme al Gigante Bestia durante la notte. Certo, pensare che in quell'occasione fosse stato addirittura salvato da Reiner, che si era fatto mordere il braccio da un Gigante al posto suo, sollevava molti dubbi sulla questione "tradimento"… Ma Connie ormai aveva deciso; non  si sarebbe fatto distrarre dai pensieri, i ricordi dei bei vecchi tempi dovevano abbandonarlo. Lo aveva promesso a Sasha, non poteva permettersi di farsi assalire dai dubbi un'altra volta!
Arrivati al cospetto della Barriera, i due ragazzi cominciarono a salire in verticale utilizzando le corde della loro attrezzatura e cercando di dosare il più possibile il gas nelle loro riserve; forse non sarebbe stato necessario, ma avrebbero fatto bene a conservarne il più possibile in vista della battaglia.
Connie non vedeva Eren e gli altri, segno che fossero già arrivati in cima e stessero aspettando il loro arrivo; accanto a lui, pochi metri più in alto, Sasha sfrecciava rapidamente in verticale, sganciando di tanto in tanto i rampini delle corde e scagliandoli nuovamente contro un punto più elevato della parete. Lui era più veloce, sapeva sfruttare meglio il gas a sua disposizione con un minor dispendio di energie, ma preferiva avercela davanti per poter controllare ogni sua mossa e assicurarsi così che la ragazza non commettesse qualche errore che le facesse perdere il controllo e la facesse precipitare nel vuoto; si trattava di un errore da principianti, Sasha era molto attenta durante l'esecuzione della manovra tridimensionale, ma poteva succedere di tutto in una situazione delicata come quella.
I due ragazzi rallentarono non appena ebbero cominciato ad avvicinarsi alla vetta e chiusero completamente il gas quando ebbero superato il bordo dell'imponente parete; sganciati i rampini conficcatisi nella roccia, entrambi calarono con leggerezza sopra la Barriera, dove un fornito gruppo di soldati li stava aspettando guardando verso il mare.
Armin, identificabile anche di spalle grazie ai suoi capelli biondi, si voltò adocchiando con la coda dell'occhio i suoi due amici in ritardo e tornò a guardare l'oceano. Nessun altro sembrò notare il loro arrivo, oppure non reagirono, a parte qualcuno dei ragazzi della squadra di Jean, riuniti lì vicino al loro caposquadra e in attesa di ordini. Stavano tutti in silenzio e guardavano lontano, chissà che cosa.
<< Capitano! >> Chiamò Connie atterrando con poca grazia e rischiando di inciampare mentre avanzava verso la piccola sagoma di Levi. Il piccolo ufficiale non si mosse e lasciò che Connie parlasse da solo:<< Scusate il ritardo. Abbiamo… >>
Connie stava per inventare qualche scusa, anche se in fondo lui e Sasha non avevano tardato poi così tanto, ma qualcosa all'orizzonte attirò la sua attenzione e lo paralizzò per lo stupore. Le navi si erano avvicinate; adesso davano i fianchi alla Barriera e i tre grandi mezzi volanti si limitavano a sorvolare la zona sopra di esse, assicurandosi di rimanere ben lontani dal tiro dei cannoni dell'avamposto Gloria.
<< Ci vogliono attaccare da distanza di sicurezza. >> Sussurrò Levi per niente sorpreso.
<< Vigliacchi! >> Gli fece eco Eren, sempre pronto ad aggredire il nemico anche solo con le parole. << Capitano, posso trasformarmi e distruggere le loro navi in un… >> Prima ancora che potesse finire la frase, al ragazzo fu negato il permesso di intraprendere quella missione suicida.
<< Neanche per sogno! >> Disse autoritario Levi, chiudendo la questione prima ancora che nascesse. << A quella distanza saresti vulnerabile ai loro cannoni e noi non potremmo difenderti. In più quei tre giganteschi uccelli… Non abbiamo idea di cosa possano essere, potrebbe trattarsi di una nuova arma contro i Giganti. >>
Eren strinse i pugni avvilito. << E allora cosa dovremmo fare? >> Chiese guardando a terra con rabbia, mentre gli altri facevano andare gli sguardi da lui al capitano Levi, e poi alla flotta navale di Mahle che attendeva di fronte alla nebbia che ancora non si era diradata. La loro distanza dalla costa era variata di poco da quando Connie aveva lasciato la Barriera per andare a riferire dell'attacco al comandante Hanji; anche quel fastidioso rombo non se n'era andato, era rimasto uguale a prima e solo in quel momento il ragazzo si rese conto di avercelo avuto nelle orecchie per tutto il tempo.
Levi rimase in silenzio ancora qualche secondo, poi fece qualche passo in direzione di Armin e si fermò accanto a lui. << Che cosa vedi? >> Chiese privo di un tono, ancora una volta.
Armin fu sorpreso di sentirsi rivolgere quella domanda in una situazione del genere; assieme ad Hanji e Levi, era lui ad ideare le strategie per i loro spostamenti nei territori fuori dalle mura e le sue idee avevano sempre portato alla vittoria in un modo geniale, ma adesso era da parecchio tempo che non veniva interpellato per sviluppare una strategia di guerra, perlopiù in una situazione di emergenza come quella… Tornato a guardare l'orizzonte, il ragazzo cominciò a parlare con lucidità:<< Ci sono sette navi e tre mezzi volanti… Al momento le navi non sembrano avere alcuna intenzione di attaccare, e questa potrebbe essere una buona notizia, ma quelle "macchine aeree" sono in costante movimento; non sappiamo cosa portano con sé né, se siano veramente armi. Quella di fronte a noi ha tutta l'aria di essere la calma prima della tempesta… >> Si voltò a guardare con scoramento il capitano Levi. Quello gli rivolse uno sguardo imperturbabile.
<< E che cosa penseresti di fare in questa situazione? >>
Armin esitò un'altra volta, elaborando nella sua mente geniale una strategia valida che non significasse la sconfitta dall'inizio. << Non sapendo quale sia il potenziale di quelle macchine… >> Cominciò pensieroso. << Aspetterei ad attaccare apertamente la flotta navale. Eren è in grado di sconfiggere facilmente una di quelle navi, ma sette contemporaneamente che gli sparano da ogni lato? I loro cannoni non sono tanto potenti da provocargli ingenti danni, tuttavia sotto una tale pioggia di proiettili e a distanza così ravvicinata anche un Gigante corazzato potrebbe non resistere… >> Si voltò a guardare con decisione il capitano Levi, mentre questo attendeva una risposta definitiva. << Ora come ora, la strategia migliore vedrebbe Eren ritirarsi all'interno della Barriera per non farlo localizzare tanto facilmente dal nemico, mentre una parte di noi resterebbe qui a controllare la situazione, rispondendo al fuoco se dovesse essere necessario! >>
Levi lo fissò per un altro paio di secondi, prima di spostare il suo equilibrio da una parte all'altra del corpo e distogliere lo sguardo con noia. << E sia. >> Disse voltandosi a guardare il mare e la flotta nemica in stallo. << Mikasa: prendi Eren e stagli incollata per tutto il tempo. Portalo al sicuro e non lasciare che gli succeda niente. Armin: tu raggiungi Hanji e mettila al corrente della situazione, poi elaborate una strategia per il contrattacco. Non perdete mai il contatto con Eren e Mikasa, se dovesse succedere qualcosa avremo bisogno che lui si trasformi in fretta… E anche tu. >>
Armin sussultò quando Levi menzionò la sua capacità di trasformarsi in un Gigante; da quando aveva rubato quel potere a Bertholdt, Armin si era trasformato pochissime volte nel Gigante Colossale, dicendo di odiare la sensazione di possedere un corpo non suo. Aveva sempre preferito mantenere il controllo di sé e far valere il suo cervello al posto della forza bruta… Ma se la situazione lo avesse richiesto, avrebbe dovuto essere pronto a prendere le sembianze di un Gigante per combattere.
Levi non poté vedere il cenno deciso che gli fu rivolto in risposta da Armin, ma quando si voltò riprese a parlare con il resto della squadra:<< Connie, Sasha, Jean: noi resteremo qui fino a che non ci saranno novità. E' tutto. >> Detto questo, fece un cenno ad Armin, Mikasa ed Eren, che subito partirono per rientrare alla base; Eren era il più infastidito di tutti lì in mezzo, come volevasi dimostrare, ma non potevano farci niente. Tutti sapevano che la strategia migliore per il momento era quella, e lui non poteva lasciarsi muovere dalla rabbia e dal desiderio di vendetta.
Una volta scomparsi i tre ragazzi dalla visuale e rimasta la squadra in silenzio, la ragazza facente parte della squadra di Jean si avvicinò timidamente al suo capitano e lo chiamò: il suo nome era Briest, lo aveva sentito prima Connie.
<< Caposquadra… Noi cosa dovremmo fare? >>
Jean si voltò a fissarla mentre alle spalle di lei gli altri ragazzi mostravano la sua stessa incertezza: non avevano mai combattuto e la prospettiva di dover lottare in una battaglia decisiva come quella li faceva tremare dalla paura. << Ah… >> Il ragazzo lanciò uno sguardo spaesato verso il capitano Levi, che subito diede la risposta che cercavano senza nemmeno rivolgere lo sguardo verso il suo sottoposto.
<< Dovete rimanere qui con noi: in caso di emergenza dobbiamo organizzare una rapida ed efficace risposta al fuoco. >> Proprio quello che quei cadetti non volevano sentire.
Con fatica, Briest annuì con asservimento, indietreggiando a testa bassa e nascondendo il tremore che la scosse a quella notizia. Sarebbero dovuti restare lì in cima alla Barriera, probabilmente il posto più pericoloso di tutti nell'avamposto, alla totale mercé dei cannoni di Mahle. Quando fu tornata dai suoi compagni di squadra, la ragazza fu accolta con pacche addolorate come se avesse appena subito un lutto.
Connie osservò quella scena con grande dispiacere, ricordando il terrore nei suoi compagni alla loro prima battaglia.
L'attacco di Trost.
La prima volta che lui e i suoi amici erano venuti in contatto con l'orrore dei Giganti e avevano creduto di morire, c'erano stati tanti tra loro che avevano perso la fiducia in sé stessi e si erano lasciati sopraffare dallo scoramento; alcuni si erano addirittura suicidati, mentre altri avevano atteso la morte con ansia. Nessuno meritava di finire i propri giorni dilaniato da una guerra non sua, appena arrivato in quel mondo così crudele e pericoloso. Connie provava una profonda compassione per Briest e la sua squadra.
C'erano molte probabilità che un proiettile volasse a gran velocità verso di loro e colpisse l'intero gruppo, falciandoli come misere pedine. Ma se c'era una cosa che Connie aveva imparato in tutti quegli anni passati a combattere i Giganti, era che non bisognava mai darsi per vinti. Se avesse tenuto gli occhi aperti, sarebbe riuscito a prevenire qualsiasi pericolo…
<< Si stanno avvicinando! >> Quella frase venne fuori dalla sua gola senza pensarci, non poté trattenerla: i suoi occhi avvistarono le sagome delle tre "macchine aeree" in rapido avvicinamento verso la costa. Avevano assunto una formazione a triangolo e viaggiavano inesorabili verso a Barriera. Cosa avevano intenzione di fare?
Levi si voltò a guardare l'orizzonte e poi alzò gli occhi al cielo. Imprecò tra i denti quando vide che quei mostri di acciaio avevano già raggiunto la Barriera e ora torreggiavano su di loro.
Sasha si avvicinò a Connie, intimorita da quella vista che sembrava presagire la loro fine e Jean si strinse alla sua squadra cercando di infondere in loro un po' di coraggio e rassicurarli. Era la fine; anche se non sapevano cosa facessero, quei tre giganteschi mezzi volanti non potevano essere nulla di buono. Sarebbero stati bombardati, oppure schiacciati, o magari qualcos'altro li avrebbe distrutti lì e in quel preciso istante!
Connie sentì il proprio cuore accelerare inesorabilmente, il respiro venirgli meno. Gli dava fastidio agli occhi guardare il cielo a quel modo, nonostante fosse ormai completamente oscurato dalle nubi che portavano tempesta; tempesta, come quella che avevano portato quei giganti corazzati del cielo, come quella che si sarebbe abbattuta sulla Barriera e sull'avamposto Gloria in pochi istanti…
Come avevano potuto pensare di poter vincere? Come avevano potuto anche solo immaginare di avere qualcosa di più di Mahle? Non potevano competere con secoli di evoluzione dalla loro parte, mentre il loro popolo aveva passato cento anni rinchiuso dentro delle mura a difendersi dai suoi stessi antenati e discendenti. Sarebbero stati spazzati via dalla potenza che aveva messo in ginocchio il mondo intero e la razza di Ymir…
La squadra si aspettava che accadesse qualcosa che avrebbe avuto sicuramente terribili ripercussioni sull'avamposto, qualunque cosa che potesse portare morte e distruzione, e invece i tre scintillanti mezzi di acciaio continuarono a sfilare in avanti sopra le loro teste, addentrandosi sempre di più nell'entroterra dell'isola e portando con sé il loro fastidioso rombo. Come era possibile? Cosa era successo? Quale divinità era intervenuta perché Connie e gli altri potessero essere ancora vivi?
Il ragazzo si guardò intorno sconvolto, vedendo gli occhi dei cadetti rimanere fissi su quei tre mezzi volanti, mentre i loro visi erano diventati pallidi come quello di un morto. Le ginocchia di Briest cominciarono a tremare convulsamente e la ragazza cadde a terra con pesantezza, liberando un grande sospiro stressato. Aveva creduto di morire. Tutti avevano creduto di morire; anche Connie, che la morte l'aveva vista in faccia più volte e nonostante tutto era sopravvissuto fino a quel momento. Che aveva pensato? Davvero degli strani oggetti volanti gli avevano messo tanta paura?
Sasha accanto a lui sfoggiò un sorriso provato mentre liberava un sospiro di sollievo. << Per un attimo ho pensato che… >> Si interruppe portandosi una mano al petto, tastandoselo per capire se fosse ancora viva.
Jean alzò la voce per richiamare la sua squadra e cercò di far ricomporre la ragazza le cui gambe avevano ceduto dalla paura. Continuava a chiedere scusa al suo caposquadra – verso la quale evidentemente nutriva una grande ammirazione – per aver lasciato che le emozioni prendessero il sopravvento, ma le sue gambe non volevano saperne di tornare a muoversi e le lacrime sgorgavano copiose senza freni dai suoi bulbi oculari. Jean cercava di far calmare la ragazza e rassicurarla con parole come "sei ancora viva" e "sei più forte di loro", ma era tutto inutile…
Il capitano Levi si limitò ad osservare con sguardo cupo i tre oggetti volanti che avevano sorvolato la Barriera ed erano andati avanti. La situazione sembrava essersi ristabilita lì, ma chissà cosa stava accadendo giù all'avamposto, ora che quei cosi stavano sorvolando il centro di Gloria…
Non appena pensò quello, il capitano Levi avvistò uno strano movimento sotto la "pancia" di uno degli oggetti sconosciuti: proprio sotto la sua base, che era leggermente ricurva e liscia, cominciò ad aprirsi quello che sembrava un grande portellone. Pochi istanti dopo cominciarono a cadere da quel portellone degli strani oggetti flaccidi e apparentemente inanimati, che presto vennero rallentati nella loro caduta da grossi mantelli a cupola che si gonfiarono a contatto con l'aria.
Tutti li osservarono per alcuni secondi, mentre quella miriade di puntini neri continuava ad ingrossarsi a mano a mano che altri di loro venivano fuori dal mezzo corazzato, e poi continuarono a guardare quando videro gli altri due oggetti aprire dei portelloni simili alle loro basi e sganciare altri due gruppi ben forniti di quegli strani oggetti flaccidi e molli, che scesero lentamente grazie ai loro mantelli rigonfi.
Connie non aveva idea di cosa fossero, né quale fosse il loro scopo. Più li guardava, più pensava che fossero inermi; cominciò a credere che si trattasse di un messaggio di pace verso il popolo delle Mura da parte di Mahle e cercò di capire di cosa si trattasse. Aguzzò la vista per riconoscere quelle forme stranamente familiari, e solo dopo che questi ebbero raggiunto una certa altezza fu in grado di riconoscerli più facilmente.
Quei cosi erano veramente insoliti; qualunque cosa fossero, dovevano essere degli strani esseri. La loro forma oblunga rimandava alla mente dei goffi lombrichi, ma c'era di più… Non poteva trattarsi di vermi, erano troppo grossi e – per quanto ne sapesse lui – i libri di Armin non avevano mai accennato all'esistenza di anellidi tanto grandi. Il loro aspetto, a mano a mano che scendevano verso terra, prendeva sempre più forma di qualcosa di familiare, e anche i loro movimenti, prima impossibili da notare, adesso facevano sembrare quegli oggetti degli esseri viventi.
Erano degli esseri viventi molto strani, senza braccia o gambe, e il loro aspetto era stranamente simile a quello… Degli umani?
Un urlo squarciò l'aria come un coltello affilato e riecheggiò sopra l'intero avamposto Gloria. Era un grido tanto possente quanto disumano, appartenente sicuramente a qualcuno che aveva una voce roca e profonda, ma difficile da attribuire a una persona come loro. Qualunque cosa fosse quell'urlo, sembrò avere degli effetti su quegli oggetti dalla forma umana che stavano scendendo dal cielo.
Ci furono dei lampi, grandi scosse attraversarono l'aria e poi quelle piccole figure umanoidi sparirono, lasciando il posto a dei grossi e pesanti Giganti di tutte le dimensioni, che precipitarono sul centro dell'avamposto attraversando una lunga caduta prima di schiantarsi con un terribile rombo.
La terra tremò. Connie sentì il capitano Levi imprecare non appena vide i Giganti cadere dal cielo e urlare a tutti quanti di mettersi al riparo. L'atterraggio dei Giganti fu tremendo; fu come se mille esplosioni si liberassero allo stesso tempo nel centro dell'avamposto e una forte luce irradiò l'intera zona circostante.
Connie si lanciò per spingere a terra Sasha mentre l'onda d'urto spingeva tutti quanti verso l'esterno e rischiava di farli scivolare fuori dalla Barriera; con la coda dell'occhio, mentre teneva un braccio sopra al busto della sua amica per impedire che venisse sbalzata via, il ragazzo avvistò Jean rivolgersi alla sua squadra e ordinargli di tenersi tutti per mano e di non lasciar andare la presa per nessun motivo. Li vide gettarsi a terra e rimanere con le braccia tese per restare uniti tra loro mentre il ragazzo con cui aveva trascorso tutto il suo periodo di addestramento faceva da elemento di coesione del gruppo e continuava a gridare di restare uniti; probabilmente i cadetti non potevano nemmeno sentirlo, con il frastuono proveniente dall'interno dell'avamposto, ma era comunque un gesto molto significativo.
Connie vide anche il terrore negli occhi di Briest mentre questa cercava di ripararsi da qualsiasi proiettile proveniente dal luogo dell'impatto, e continuava a piangere disperata tra i singhiozzi mentre intanto la mano di Jean le stringeva con grande forza un polso nel tentativo di farla rimanere lì accanto a lui.
L'unico che non si buttò a terra fu Levi, che invece si inginocchiò e rimase a controllare la situazione cercando di intravedere qualcosa nella possente luce sprigionatasi all'impatto dei Giganti, che sembravano quasi essere esplosi una volta arrivati a terra… Fu lui a richiamare l'attenzione dei soldati quando fu nuovamente possibile rialzarsi: l'onda d'urto era passata, la luce si era spenta e il rombo dell'esplosione era quasi del tutto scomparso, sostituito da quello dei mezzi volanti di Mahle, che cominciavano ad allontanarsi per tornare a volteggiare sopra le loro navi.
<< Bastardi! >> Imprecò Levi facendo un passo in avanti e sporgendosi dal bordo interno della Barriera.
Era impossibile vedere cosa stesse accadendo nell'avamposto dato lo spesso fumo che si era sollevato dopo l'esplosione e a causa del fattore rigenerativo dei Giganti, ma si potevano udire urla e ruggiti mostruosi, mentre un clangore di spade si sollevava da ogni dove. Prima ancora che il capitano Levi potesse dire qualcos'altro, questi si accorse di un imminente pericolo e ordinò nuovamente ai suoi soldati di restare giù.
Questa volta si buttò a terra anche lui, voltandosi rapidamente e scagliandosi in avanti per schivare qualcosa che sembrava avvicinarsi velocemente; subito la Barriera fu bersagliata da macerie volanti che schizzarono a velocità inaudita in tutte le direzioni, scontrandosi violentemente con la roccia della Barriera e sgretolandosi nella maggior parte dei casi, oppure volando oltre la Barriera e finendo in mare. Mattoni, rocce e alberi sradicati e ridotti a misere schegge che però potevano rivelarsi mortali per chiunque si trovasse nella loro traiettoria in cima alla Barriera. Connie si schiacciò a terra e continuò a spingere in giù con il braccio la sua amica, mentre questa intanto non riusciva neanche a vedere cosa stesse accadendo.
Era l'inferno. Non potevano alzare la testa che subito rischiavano di venire colpiti, e anche distogliendo lo sguardo rischiavano di essere presi alla sprovvista da qualche proiettile in avvicinamento. Era un vero e proprio bombardamento, e il peggio era che stava arrivando proprio dalla loro base.
A un tratto il bombardamento finì e un innaturale silenzio cadde sulla Barriera. Solo i singhiozzi sommessi di Briest rompevano quel vuoto che si era venuto a creare in quell'istante, dopo la fine della pioggia di detriti.
Sasha sbuffò nel tentativo di dire qualcosa. << Connie… >> Borbottò affaticata. << Non respiro… >>
Il ragazzo vide subito con quanta forza stesse spingendo a terra il petto della ragazza e si scusò subito lasciando andare la presa e mettendosi in ginocchio accanto a lei, mentre questa si tirava su e prendeva ampie boccate di ossigeno. Imbarazzato e molto nervoso, Connie non disse niente finché Sasha non ebbe smesso di ansimare, ma a quel punto qualcos'altro scosse l'aria.
Un grido. Un grido acuto e stridente, pieno di orrore verso qualcosa di sconosciuto, qualcosa di apparentemente terrificante; Briest si era messa a sedere poco distante dal bordo e qualcosa aveva catturato la sua attenzione facendola uscire di senno. La ragazza tentava di scappare da quella cosa orribile che aveva visto, ma non ci riusciva e le sue mani e le sue gambe scivolavano sulla pietra, in parte per via del sudore che l'aveva inzuppata e in parte per via della sua incapacità di riuscire a compiere movimenti funzionali.
Connie si alzò da terra per capire cosa ci fosse di tanto orribile vicino a loro che aveva attirato l'attenzione di tutti quanti i cadetti della squadra di Jean e lo vide: a pochi metri dal gruppo di Jean c'erano i resti di quello che doveva essere un soldato, privo degli arti inferiori e senza testa, piegato in due come un foglio di carta dopo essersi schiantato a grande velocità con la Barriera. L'orrore di quella visione non riuscì a distrarre Connie, che subito si rese conto di essere circondato da resti simili da tutte le parti: braccia, gambe, teste e corpi privati di tutte queste cose giacevano lungo la Barriera, immersi in pozze di sangue schizzato ovunque. Non era finita. A un certo punto Connie cominciò a sentire qualcosa cadere dal cielo. Ancora con i nervi tesi, pensò a un altro bombardamento, ma poi capì che si trattava di qualcosa di più piccolo e leggero.
Innumerevoli gocce di sangue piovvero dall'alto fino a ricoprire le teste dei presenti e inzuppando i loro mantelli. Il disgusto che Connie provò nel venire ricoperto dal sangue dei suoi stessi compagni lo fece rabbrividire, ma per quanto fosse orribile quel pensiero non poté farci niente per risolvere la situazione.
Di diverso parere fu la ragazza della squadra di Jean, che riprese a urlare ancora più forte una volta resasi conto di essere sotto a una pioggia di sangue. Le sue grida raggiunsero il cielo e forse anche l'avamposto sotto di loro, dove il frastuono della battaglia non avrebbe potuto far udire quei versi così disperati. Sembrava che la stessero uccidendo per le urla disperate che lasciò andare, ma la ragazza sembrò aver dimenticato di essere appena sopravvissuta a un attacco mortale, di essere stata fortunata.
<< Ti prego, Briest… >> Cercò di calmarla Jean senza successo.
<< Basta! Basta! Basta!!! >> Continuava a gridare lei in preda a un attacco di panico. << Non voglio morire! Non voglio morire! Voglio tornare a casa!!! >>
Mentre Briest continuava a piangere e urlare, Connie e Sasha si guardarono intorno e finirono per sporgersi dal bordo della Barriera. Il fumo continuava a ottenebrare il centro dell'avamposto, dove forse c'erano anche Eren e Mikasa, mentre le tende dei soldati erano rimaste quasi completamente al sicuro dal bombardamento dei Giganti. Nonostante le grida della ragazza, Connie poté udire i rumori della battaglia da lì: c'erano urla disperate che si contrapponevano a urla di carica, e poi ruggiti possenti da parte dei Giganti e il suono della carne che veniva squarciata dalle lame degli umani o dai denti dei Giganti. Non poteva credere che, ancora una volta, l'umanità fosse stata messa in ginocchio dai Giganti proprio quando pensava che si stesse rimettendo in piedi. Quanto tempo era passato dall'ultima volta che avevano incontrato dei Giganti? Qual era stata la loro ultima battaglia con quei mostri, e quale invece era stata la loro ultima battaglia contro i loro simili?
<< ASCOLTAMI, BRIEST! >> Tuonò Jean fuori di sé dando uno schiaffo alla ragazza per zittirla e lasciare che lo ascoltasse. Briest rimase immobile a fissare spaesata il viso del suo caposquadra; era come se stesse avendo una visione proprio in quel momento, ma invece era Jean che le parlava chiaramente e cercava di rassicurarla:<< Briest, ora devi calmarti. >> Disse scandendo bene le parole, assicurandosi che la ragazza capisse tutto. Istintivamente, la ragazza cominciò a ruotare il viso dalla parte dove aveva avvistato il cadavere di uno dei loro tanti commilitoni. Jean fece di tutto perché lei non rivedesse quel corpo, le diede qualche colpetto su una guancia e le disse:<< Guarda me, guardami! Non distrarti! >> Lei si voltò nuovamente e fissò i suoi occhi atterriti sul suo viso. << Va bene, mi vedi? Capisci quello che ti dico? >>
Briest annuì lentamente, ancora negli occhi le immagini degli arti che volavano dappertutto e i corpi senza vita dei soldati che atterravano attorno a lei in una orribile spirale di morte. La sua risposta fu di sollievo a Jean, che sospirò e annuì apprensivo.
<< Ascoltami bene… >> Cominciò prendendole il viso tra le mani, nel tentativo di coprirle gli occhi in modo che lui fosse l'unica immagine che potesse focalizzare. << Abbiamo appena subito un attacco da Mahle. I Giganti sono caduti dal cielo e hanno distrutto l'accampamento di sotto… >> Non appena la vide cominciare ad ansimare in preda al panico, dopo aver sentito quelle parole, Jean fece di tutto perché lei non perdesse la concentrazione. << No, no no no! Ascoltami, va tutto bene! >> Riuscì con difficoltà ad arrestare lo sguardo che guizzava da una parte all'altra della ragazza. << Siamo stati attaccati, e lì sotto si è scatenato l'inferno… Ma noi siamo ancora vivi! Lo vedi, Briest? Io e te siamo vivi, la nostra squadra è ancora tutta qui, anche il capitano e gli altri… >> Adesso provò a farle guardare intorno a sé, mostrandole i suoi commilitoni ancora vivi e vegeti, anche se molto provati da quell'esperienza. Il sangue piovuto dal cielo rigava i loro volti e rendeva scuri e umidi i loro vestiti, conferendogli un odore pungente che sarebbe stato difficile da lavare via; i loro occhi erano stanchi e atterriti, ma in qualche modo riuscivano a mantenere la calma. << Non importa quello che è accaduto, ora dobbiamo solo concentrarci e restare lucidi per continuare a vivere! Dobbiamo continuare a vivere Briest, mi capisci? Se ti arrendi e non combatti più, non avrà più alcun senso! E se non combatti più, anche i tuoi compagni moriranno. Vuoi davvero sprecare la grande fortuna che hai avuto, lasciando che una cannonata ti porti via dopo essere sopravvissuta a un bombardamento come quello? >>
Jean prese nuovamente tra le mani il viso della ragazza e si avvicinò pericolosamente a lei per guardarla dritta negli occhi e riuscire a comunicarle quello che voleva dire con tutta la forza possibile. La ragazza sembrò recepire quelle parole come se fosse in una galassia distante, lontana migliaia di chilometri da Jean; i suoi occhi fissavano il vuoto con terrore mentre con fatica cercavano di localizzare il viso del caposquadra. Tutti gli altri componenti della squadra stavano attorno a Jean e Briest, osservando in silenzio le loro mosse, in attesa di una reazione da parte della ragazza. Speravano che facesse qualcosa per rassicurarli del fatto che non avrebbe perso la testa.
Dopo una lunga pausa, la tensione che aveva tenuto in piedi il corpo tremante di Briest fino a quel momento cominciò a scemare e la schiena della ragazza prese a piegarsi in avanti, mentre il suo sguardo si abbassava e le sue spalle e le sue mani smettevano di tremare. I suoi respiri affannosi c'erano ancora, ma più lievi e deboli e adesso dalla sua gola sembravano cercare di venire fuori delle parole sensate, invece che versi straziati. << N… No… >> Mormorò abbattuta, con la voce che quasi non le usciva per il pianto, mentre le gambe perdevano la loro forza e scivolavano lungo la pietra della Barriera, distendendosi mollemente. << Io non voglio… Morire… >> Disse. Jean aspettava ansioso, sperando che non desse di matto un'altra volta. << Non voglio… Far morire i miei compagni… >>
Quelle parole sembrarono portare una ventata d'aria fresca in cima alla Barriera, dove tutti i presenti si erano ritrovati a sudare copiosamente per la tensione; anche Connie, che nonostante tutto non aveva molti motivi per sentirsi così vicino a quella ragazza, si ritrovò la fronte umida e calda.
Jean lasciò andare un sospiro di sollievo quasi insperato prima di sorridere grato alla ragazza e abbracciarla con trasporto per farla sentire meglio. << Non succederà, cara… >> Mormorò accanto a un suo orecchio. Connie e Sasha non credevano di aver mai visto Jean tanto sollevato. I componenti della sua squadra dovevano significare molto per lui, se aveva fatto tanto per assicurarsi che quella ragazza dall'aria tanto sprovveduta potesse rimanere cosciente in quella situazione… Connie non si sarebbe permesso di giudicarla, se avesse perso la testa fino in fondo.
<< Grazie. >> Mormorò debolmente Briest, lasciando che l'abbraccio del suo caposquadra la rincuorasse e la facesse stare meglio, donandole quel calore umano che evidentemente le mancava e avrebbe accettato ben volentieri. Le ultime lacrime solcarono il suo viso quando la ragazza chiuse gli occhi beatamente, poggiato il mento su una spalla di Jean.
Connie, vedendo quanto Briest stesse gradendo quell'abbraccio, pensò che non fosse l'unica persona ad aver bisogno di un abbraccio per riprendersi un po' e fece un passo verso Sasha alzando un braccio e cingendole le spalle, rivolgendole uno sguardo rassicurante; sguardo al quale lei rispose con uno piuttosto confuso, che fece subito levare il braccio a Connie.
<< Che casino. >> Commentò seccato il capitano Levi prima di tornare a guardare l'avamposto. << Non possiamo restare qui. >> Disse osservando dall'alto ciò che restava di alcune case, mentre nel fumo cominciavano a distinguersi alcune figure. Si voltò e si avvicinò all'altro estremo della Barriera, scrutando le navi da guerra nel mare. << E la flotta di Mahle sta cominciando a mobilitarsi. Hanno intenzione di attaccare la Barriera ora che siamo vulnerabili… >>
<< Che dovremmo fare? >> Chiese Sasha avanzando verso il capitano.
L'uomo le rivolse uno sguardo tetro, rimanendo girato per tre quarti verso l'oceano. << Siamo la squadra Levi, dobbiamo intervenire. >> Rispose prima di voltarsi completamente e fare alcuni passi verso l’interno della Barriera. << Ora come ora, non abbiamo idea di cosa stia succedendo lì sotto, il fumo dei Giganti ci rende impossibile vedere qualsiasi cosa da qui… Ma in tutto il Corpo di Ricerca, noi siamo quelli con più esperienza, nonché i migliori nell’uccidere i giganti. Noi quattro siamo gli unici reperibili della squadra, in questo momento: dobbiamo scendere e andare a combattere! >>
<< Che cosa? >> Protestò il ragazzo alto nella squadra di Jean, mentre intanto Connie e Sasha si sistemavano le cinghie della manovra tridimensionale per prepararsi a partire.
Levi gli rivolse uno sguardo impietoso. << Ho detto che noi andremo laggiù, non voi. >>
<< Ma il nostro caposquadra fa parte della vostra squadra! >> Continuò quello rivolgendo un braccio verso Jean, che adesso si stava rialzando da terra e aiutava la ragazza a tirarsi su. Jean si guardò intorno spaesato, essendosi perso l’ultima parte della conversazione.
Levi non batté ciglio. << Tolti Eren e Mikasa, lui è il migliore della mia squadra. Non posso lasciare che rimanga qui quando potrebbe esserci di grande aiuto all’interno della Barriera. >> Spiegò con calma << E posso assicurarvi… >> Disse alzando un braccio e puntandolo verso l’interno dell’avamposto. << Che laggiù avremo bisogno di tutto l’aiuto possibile! >>
Il ragazzo aveva perfettamente capito, ma non voleva perdere la guida del suo caposquadra. Sia lui che il resto della sua squadra, non aveva idea di cosa fare senza di lui; il modo in cui aveva aiutato Briest a ritrovare il controllo aveva davvero dimostrato quanto valesse come leader.
<< E noi qui cosa dovremmo fare? >> Chiese con un po’ di risentimento nella voce, mentre si arrendeva all’idea di dover lasciar andare Jean.
Levi rivolse lo sguardo alle navi, che ora cominciavano a disporsi in una formazione più ampia rivolgendo sempre e solo un fianco alla costa, pronte ad attaccare. << Tenete lontani quelli là. Se dovessero sbarcare, saremmo veramente nei guai. >>
<< Teme davvero di più dei semplici soldati che non i Giganti…? >> Mormorò alle sue spalle un cadetto, intimorito dall’atteggiamento di noncuranza del capitano nei confronti dei soldati di Mahle. In effetti, a prima vista il pericolo maggiore sarebbe stato quello dei Giganti all’interno della Barriera, che avevano portato il caos nell’avamposto Gloria, ma da una parte il capitano Levi e il resto della Legione Esplorativa avevano sempre avuto a che fare con i Giganti e sapevano bene come occuparsene; francamente, Connie non pensava che i Giganti stessero causando troppi problemi all’interno dell’avamposto…
Tuttavia, il popolo di Mahle era un nemico che loro non avevano mai avuto l’occasione di affrontare apertamente e se le navi avessero dovuto sbarcare i loro uomini proprio in quel momento, mentre l’intera armata era occupata a combattere i Giganti, si sarebbero ritrovati presto in trappola. Questo doveva essere il pensiero del capitano Levi.
<< Comunque sia… >> Borbottò indifferente il capitano. << Non abbiamo tempo da perdere. >> Si fermò a pochi centimetri dal bordo della Barriera e guardò in giù. << Prendete tutti una lancia fulminante e seguitemi. >>
In cima alla Barriera erano state erette diverse baracche che fungevano da piccoli magazzini, posti in diversi punti della Barriera per potervi accedere facilmente da qualsiasi posizione; ce n’era una proprio a una ventina di metri dalla squadra. Connie e Sasha si offrirono di andare a prenderle per la squadra e cominciarono a correre in direzione della baracca.
Quando Connie aprì la porta del magazzino, dopo aver cercato di girare intorno ai pezzi di cadaveri che erano volati ovunque sulla Barriera, Sasha lo chiamò mentre cominciava a cercare al buio le casse dove erano conservare le prodigiose armi sviluppate per abbattere i Giganti più forti.
<< Riguardo a prima… Ti ringrazio per avermi protetta. >> Mormorò mentre lui si voltava a guardarla interrogativo e le porgeva una delle due lance che aveva tra le mani. La ragazza accettò l’arma e la agganciò al proprio puntatore del movimento tridimensionale, dove andavano agganciate anche le else delle loro spade, e riprese a parlare. << Mi hai spinta a terra e ti sei messo fra me e l’esplosione, mettendo in pericolo la tua stessa vita. >>
Connie prese altre due lance dopo aver agganciato la sua al proprio grilletto e sorrise. << Non devi dirlo neanche. >> Le rispose. << Siamo stati assieme per così tanto tempo… Non lascerò che una stupida esplosione ti porti via proprio ora! >>
Sasha trattenne il respiro, incredula di ciò che aveva appena udito. Sorrise poi con grande sollievo, forse sentendosi felice di essere così apprezzata dal suo amico. << Già… Hai ragione. >>
Connie continuò a parlare uscendo dal capanno e chiudendo la porta alle proprie spalle:<< E comunque… Volevo proprio parlartene, prima di lanciarci alla battaglia. >>
Lo sguardo di Sasha si fece curioso non appena Connie le ebbe detto quella cosa. Cos’era che il ragazzo voleva dirle così urgentemente?
Connie sospirò cominciando a muoversi lentamente verso la squadra che li attendeva di fronte alla campana di allarme, ormai abbandonata:<< Durante la battaglia sarà molto probabile che verremo divisi… Voglio che non pensi nemmeno per un istante a me, mentre combatti con i Giganti! >> La ragazza lo fissò allibita, mentre Connie spiegava il perché della sua richiesta:<< Una condotta simile è comprensibile se due persone sono assieme e non si tratta di una situazione precaria come quella lì sotto… >> E con questo indicò l’avamposto sotto ai loro piedi che bruciava, mentre al suo interno la battaglia andava avanti. << Ma se tu non hai la più pallida idea di dove sia io, e cominci a cercarmi distraendoti dal tuo obiettivo principale… E’ troppo pericoloso. >>
<< Non capisco… >> Mormorò confusa Sasha. Assunse un’espressione seccata e si mise le mani ai fianchi. << Stai dicendo che tu sei autorizzato a salvarmi la vita, ma io non posso fare lo stesso? >> Chiese con aria di disappunto. Connie trattenne un’esclamazione confusa.
<< Certo che no! >> Disse lui alzando le mani e portandosele vicino al viso. << Voglio solo dire che, se sarai occupata a lottare contro i Giganti, non dovrai pensare a cercare me e controllare se sto bene. >> Si voltò per guardare Sasha negli occhi. << Devi promettermi che non penserai a nient’altro che te stessa in questa battaglia! >>
La ragazza si fermò a guardare Connie con occhi increduli. Si fermarono entrambi, mentre da lontano la squadra li osservava in silenzio, probabilmente chiedendosi cosa stessero facendo in una situazione come quella. Non gli importava se Levi li avrebbe sgridati per aver perso tempo, Connie voleva assicurarsi che Sasha rimanesse a lottare per sé stessa, una volta scesa in campo, e che non cercasse di “ripagare il suo debito” cercando di salvare Connie a sua volta.
Sasha non sapeva cosa dire, non voleva accettare le condizioni di Connie. Già una volta gli aveva salvato la vita per miracolo, cosa sarebbe successo se lui avesse avuto bisogno di aiuto? Sospirò abbassando la testa e posandosi una mano sulla tempia. << Ah… >> Lasciò andare un gemito alzando gli occhi esasperati al cielo; lo sguardo di Connie su di lei sembrava accusarla di qualcosa con tanta forza che le veniva difficile sostenerlo. << E va bene… >> Mormorò sconfitta. Poi alzò un pugno e lo poggiò sul petto del ragazzo, dove stava il suo cuore. << Ma tu devi promettermi che, finita questa battaglia, tornerai da me! >>
Connie alzò lo sguardo sorpreso, pensando di essere riuscito nel suo intento. Annuì soddisfatto e fece lo stesso gesto che aveva fatto lei. << Certo! >> Disse. << Per quale motivo ti avrei fatto promettere una cosa del genere, altrimenti? >>
Era ovvio che sarebbe tornato da lei; avrebbe impiegato tutte le sue forze per non farsi uccidere e poter così fare ritorno dai suoi amici. I due ragazzi tornarono dalla squadra soddisfatti delle promesse che erano riusciti ad ottenere l’uno dall’altra e si beccarono una sgridata del capitano Levi.
<< Ce ne avete messo di tempo… >> Commentò stizzito quello avanzando verso Connie e prendendogli dalle mani una lancia fulminante per applicarla alla propria elsa. A Levi non piacevano molto quelle armi, ma era innegabile che fossero anche più efficienti delle spade in alcune situazioni e che gli sarebbe stata sicuramente utile in qualche modo.
Sasha consegnò l’altra lancia a Jean e il ragazzo annuì ringraziandola. << Bene. >> Disse quando quella fu agganciata correttamente alla sua elsa. << Ci siamo… >>
Prima di raggiungere Levi sul bordo della Barriera, Jean si rivolse un’ultima volta alla sua squadra con tono autoritario:<< Briest, da questo momento sei tu a comandare la squadra. Tenete d’occhio quelle navi e se dovessero avvicinarsi troppo cominciate a bersagliarle con i cannoni; rispondete al fuoco se dovessero sparare per primi, e non fatevi uccidere! >>
Briest, che era rimasta spiazzata dalle parole di Jean e ancora non aveva nemmeno sentito il resto degli ordini del suo caposquadra, scattò in avanti verso di lui. << No! Un momento caposquadra! Non può lasciarci… >>
<< Mi fido di te. >> Disse il ragazzo senza aggiungere altro. Quelle parole sembrarono trafiggere il cuore della ragazza come una lama, mentre questa intanto sembrava non volerlo ascoltare e rimaneva immobile a scuotere la testa.
<< Non possiamo farcela da soli… >> Mormorò debolmente Briest, pensando di non poter far nulla per cambiare quella decisione, ma sperando di riuscire a piegare la volontà del suo caposquadra.
Jean si voltò dopo averle rivolto uno sguardo affranto. << Manderò una squadra di rinforzi appena sarò arrivato giù, quindi vi chiedo di resistere. >> Inspirò profondamente osservando il paesaggio delle grandi praterie oltre l’avamposto Gloria. << Anche se… In realtà è più un ordine. >>
Ancora scossa dall’improvvisa decisione di Jean, la ragazza abbassò la sua mano con la quale sperava forse di agguantare il suo caposquadra in modo da non farlo andare via e rivolse il suo sguardo intimorito al suolo sotto ai suoi piedi. << Sì… >> Rispose tremante. Poi raddrizzò la schiena e assunse la posa di saluto dell’esercito, assumendo improvvisamente un’espressione decisa in volto. << Non la deluderò, caposquadra! >>
Seguendo le sue mosse, anche gli altri ragazzi della squadra assunsero quella posa e urlarono insieme:<< Buona fortuna, caposquadra! >> Ordinati, marziali, fedeli. Quelli erano i soldati perfetti. Adesso sembravano essersi scrollati di dosso tutta la paura iniziale della battaglia e avevano finalmente accolto la loro mansione pienamente, accettando di doversi prodigare alla difesa della Barriera anche a costo delle loro stesse vite. Era fuor di dubbio che quei giovani soldati nutrissero una grande fiducia e ammirazione nei confronti del loro caposquadra, e anche che fossero degli ottimi cadetti; ma era anche merito di Jean se il loro carattere era stato forgiato a quel modo. Adesso era il momento di mostrare il proprio valore!
Levi non disse niente. Con una rapida occhiata al villaggio sotto di loro, si lanciò in avanti e cominciò a scendere dalla Barriera appendendosi di tanto in tanto al muro. Vedendolo cominciare a muoversi, Sasha fece un passo avanti e incitò Connie a seguire il capitano prima di lanciarsi all’inseguimento a sua volta. Il ragazzo annuì e fece per partire, ma si bloccò per osservare Jean alla sua destra che fissava davanti a sé con occhi duri.
Il ragazzo infilò una lama nell’elsa e alzò la mano fino all’altezza del proprio viso, sfiorando con le labbra il freddo metallo dell’impugnatura o la propria mano. Poi abbassò rapidamente l’arma e si rivolse a Connie, dicendogli:<< Andiamo! >>
Con un balzo Jean scomparve dalla cima della Barriera e Connie gli fu subito dietro. Continuò a guardarlo perplesso, mentre intanto quello sembrava guadagnare qualcosa in distanza con l’intento di ricongiungersi al capitano Levi. Non ricordava di aver mai visto Jean eseguire quel gesto prima di una battaglia; da quando era così? Era un gesto scaramantico, oppure aveva un significato più profondo? E lui ne aveva gesti scaramantici come quello, oppure si affidava totalmente al caso nelle sue battaglie?
Sospirò, pensando che quello non fosse il momento per pensare a cose simili. Sicuramente Jean aveva i suoi motivi ad eseguire un gesto come quello, e se non ne parlava con nessuno significava che voleva tenerlo per sé; Connie non avrebbe dovuto impicciarsi e avrebbe dovuto pensare a concentrarsi sulla battaglia.
Doveva svuotare la mente, prestare tutta la sua attenzione al circondario e reagire prontamente con ogni parte del suo corpo.
Scendendo verso la base della Barriera, il ragazzo agganciò i suoi rampini a una torre nelle vicinanze e raggiunse la squadra riunita in cima a un tetto di tegole, parte del villaggio che era nato dopo i primi sbarchi degli Eldiani dal continente.
Il capitano Levi osservava la situazione. Il fumo cominciava finalmente a diradarsi, anche se a sprazzi vi erano punti in cui questo era più spesso; si sperava che fosse un buon segno e non una cattiva notizia. Davanti a loro, a circa cento metri, c’erano tre Giganti che, la pelle ancora fumante per via della rigenerazione, si aggiravano tra le vie del piccolo paese alla ricerca di uomini da divorare.
<< Eliminiamo quei tre, presto! >> Esclamò Levi puntando una spada contro i Giganti e impugnando di traverso l’altra. Si lanciò dal tetto agganciandosi a un altro e subito Jean gli fu dietro, mentre Sasha e Connie attesero qualche istante prima di partire.
Il capitano colpì per primo, attirando l’attenzione del primo Gigante – quello in mezzo agli altri due – agganciando uno dei suoi rampini nella sua schiena, accanto alla sua colonna vertebrale. Volteggiò alle sue spalle mentre quello si voltava per localizzarlo e sganciò il rampino proprio prima che il mostro potesse tirarlo involontariamente a sé e farlo sbattere contro una casa; Levi sfruttò la spinta per lanciarsi ancora più in alto e si agganciò a una torre a sinistra, oscillando davanti al viso del Gigante e sparando l’altro rampino a destra per agganciarsi dall’altro lato e fare in modo che il cavo stringesse la gola del Gigante. Dosando il gas e lasciando andare il rampino a sinistra, Levi si lasciò sollevare mentre il cavo si tendeva attorno al collo del Gigante e finì per ritrovarsi dietro le sue spalle. Senza nemmeno sganciare il rampino, Levi aspettò che la corda lo facesse tornare in giù per colpire senza pietà la collottola del mostro ignaro della guerra che avveniva attorno a lui.
Il gigantesco cadavere si afflosciò in mezzo alla via mentre intanto la sua carne cominciava ad evaporare e Levi sganciava il rampino per non rimanere appeso a mezz’aria. Scese giù con il Gigante, mentre Jean scongiurava ogni possibilità di ricevere un attacco alle spalle attirando l’attenzione dell’altro Gigante poco distante da lì.
Sasha, dotata di un’ottima vista oltre che di un eccezionale olfatto, avvistò un particolare volgendo la sua attenzione al terzo Gigante, che ancora si muoveva libero. << Connie! >> Gridò. << Ci sono delle persone laggiù! >>
Due uomini disarmati e vestiti con abiti ordinari cercavano di fuggire al Gigante, mentre questo arrancava alle loro spalle muovendosi a quattro zampe; era un classe dieci metri, più basso di quello appena abbattuto dal capitano, ma più alto di quello che stava affrontando Jean. I due civili non avevano scampo, mentre guardavano dal basso quella che molto probabilmente sarebbe stata la loro fine.
Ma la squadra Levi era lì, non dovevano temere.
<< Andate! >> Esclamò Levi prima di sollevarsi e tornare in cima a una casa per guardarsi intorno.
I due ragazzi reagirono istantaneamente al comando, nonostante non stessero aspettando un suo permesso per lanciarsi all’attacco, e scattarono muovendosi parallelamente l’uno rispetto all’altra, passando in mezzo alla via a circa cinque metri di altezza da terra.
<< Io gli passo sotto le gambe e afferro quei due per portarli in salvo, tu distrailo per qualche secondo! >> Esclamò Connie scagliando uno dei suoi rampini e agganciandolo a un palo al margine della strada posto proprio per essere utilizzato in occasioni come quella. Utilizzando l’appiglio appena trovato, il ragazzo si diede una spinta maggiore e lasciò fuoriuscire il gas con grande potenza per ottenere una velocità necessaria a passare sotto al Gigante senza che questo potesse anticiparlo e schiacciarlo con una mano o azzannarlo con le sue fauci.
Il ragazzo non aspettò nemmeno la risposta di Sasha per lanciarsi in azione; la priorità erano quei due civili, che andavano messi subito in salvo. Scivolò a grande velocità sotto la pancia del mostro, sollevò le sue lame e le conficcò in profondità nella carne del Gigante mentre intanto i rampini che aveva lanciato in avanti per agganciarsi oltre il corpo del Gigante lo tiravano in avanti. Connie trapassò l’intero busto del mostro con le sue lame, fino a consumarle quasi completamente e a vedersi davanti agli occhi il volto orripilante del Gigante che sbavava guardandolo dall’alto verso il basso. Fu un attimo, poi quel volto orribile sfilò rapidamente e il ragazzo venne fuori da quella che sembrava una galleria dell’orrore afferrando i corpi paralizzati dei due civili e sollevandoli da terra, traendoli in salvo dal mostro.
I cavi fecero per sollevarlo, ma Connie dovette dare una spinta extra con il gas per poter raggiungere il tetto di una casa alla sua destra e potervici posare sopra i piedi.
I due uomini lo ringraziavano tremanti, mentre lui lasciava andare la presa salda con cui li aveva tirati fuori dai guai. << Aspettate qua, sistemiamo quel Gigante e vi portiamo subito in un posto sicuro… >> Disse mentre quelli continuavano a ringraziarlo e ad ignorare le sue parole. Erano uomini di Eldia da fuori le Mura, oltre l’oceano. Loro non avevano mai sperimentato l’orrore di essere messi di fronte a un Gigante…
Connie si girò per guardare il Gigante in strada e scoprì che quello non sembrava essere affatto interessato a Sasha, che continuava a volteggiargli intorno nel tentativo di attirarne l’attenzione; si era messo in piedi e si avvicinava a loro con i suoi denti scintillanti digrignati. Trattenne un’imprecazione quando lo vide alzare una sua grossa mano e tentò di afferrarlo: era brutto, dal viso lungo e deforme, con i capelli scuri e fini come fili d’erba che ricadevano davanti alla fronte senza un criterio preciso; aveva stampato in viso un sorriso ebete mentre avvicinava la mano al ragazzo sul tetto. Connie non poteva scappare, il Gigante avrebbe afferrato i due civili e li avrebbe divorati prima che lui fosse stato in grado di fare qualcosa; l’unica mossa che poteva fare era colpire il mostro in quel momento.
Puntando la lancia fulminante contro il palmo aperto del Gigante, Connie premette con decisione il grilletto e sparò il colpo con forza. La punta della lancia trapassò la mano del mostro, ma non vi si conficcò all’interno; come sperato da Connie, la lancia continuò a viaggiare verso il volto del Gigante trainando dietro di sé anche il suo braccio inerte, e fu a quel punto che poté sganciare l’arma e farla esplodere.
Il bagliore accecante dell’esplosione durò pochi secondi, mentre il suo boato assordante rimase a fischiare nelle orecchie di Connie anche parecchi istanti dopo l’esplosione e il ragazzo pensò di essere rimasto sordo per un momento. Quando vide il lato sinistro del volto del Gigante, aperto come un frutto che era stato schiacciato con un martello, con il fumo che saliva verso il cielo e la carne che pendeva a grossi lembi assieme a metà della lingua srotolata all’interno della bocca squarciata dalla lancia fulminante, Connie si concesse una piccola esultanza con una mano prima di lanciare il segnale a Sasha, alle spalle del Gigante:<< Ora Sasha! Colpiscilo finché è ancora confuso! >>
La ragazza era rimasta ad osservare la scena dall’alto, agganciata alla collottola del Gigante mentre intanto Connie gli scagliava contro la lancia fulminante. Non appena aveva udito quell’urlo, si era precipitata a colpire il punto debole del mostro prima che questo potesse reagire in qualunque modo all’attacco. Si gettò sul punto dove risiedeva il sistema nervoso originario del Gigante incrociando le lame con grande impeto, formando un taglio ovale sulla nuca del mostro e strappando via dal suo corpo il pezzo di carne che lo avrebbe così ucciso. Successivamente Sasha sganciò i propri rampini dalla nuca del Gigante, corse rapidamente sulla sua spalla e con un balzo coraggioso si appese a una parete della casa su cui Connie aveva portato i due civili.
<< Bel colpo! >> Esclamò lui sporgendosi dal tetto e offrendole la mano per farla salire. Le sorrise ampiamente mentre la ragazza rispondeva al suo commento ammiccando euforica. Facevano proprio una bella squadra, quando lottavano insieme non c’era Gigante che potesse resistere…
Quando Sasha fu in cima al tetto assieme a lui, smise di sorridere. Gli diede uno schiaffetto che Connie nemmeno sentì e cominciò a rimproverarlo:<< Sei stato troppo irruento! Che sarebbe successo se il Gigante ti avesse azzannato mentre gli passavi di sotto? E poi, che diavolo avevi intenzione di fare con quella lancia? Non avevi idea di cosa stessi facendo, vero? >>
<< Cosa? >> Chiese Connie, pensando di non aver esagerato per niente. In una situazione come quella era essenziale riuscire ad essere veloci e letali senza perdere troppo tempo a riflettere: prima di andare all'attacco, Connie sapeva già cosa doveva fare e aveva calcolato tutto quanto alla perfezione. L'unico punto che avrebbe potuto concedere alla ragazza era l'utilizzo della lancia fulminante, che non aveva previsto non contando che il Gigante potesse essere interessato più a lui che a Sasha.
Sasha lasciò perdere quella discussione e andò dai due civili. << Voi due, avete un posto dove nascondervi? >> Era impossibile che quei due sapessero dove mettersi al riparo dalla furia dei Giganti, a malapena erano scampati al pericolo la prima volta, non potevano lasciarli di nuovo a girovagare da soli.
Entrambi gli uomini erano visibilmente scossi mentre Sasha gli parlava. Capì presto che non serviva a molto porgli delle domande e finì per voltarsi verso Connie. << Sono andati… >> Disse al ragazzo guardandosi intorno.
Jean aveva sistemato l'altro Gigante e assieme a Levi si stava dirigendo verso di loro. Sicuramente il capitano non avrebbe voluto perdere tempo, per questo i due ragazzi avrebbero dovuto avere pronto un piano per quei due.
<< Come facciamo a portarli al sicuro? >> Chiese Connie voltandosi verso Sasha. La ragazza ci pensò un attimo, poi si voltò raggiante verso il ragazzo.
<< Il comandante aveva elaborato un sistema di accoglienza civili in diversi punti dell'avamposto, in caso di un attacco, con tante piccole caserme ben difese in grado di contenere molte persone fino alla fine degli scontri! >> Disse rapidamente, tutto d'un fiato.
Connie schioccò le dita con complicità. << E' vero! >> Commentò annuendo. Si guardò intorno spaesato. << Ricordi dove erano localizzate? >>
Sasha ricordava del piano di evacuazione civili nel caso remoto in cui dovessero tornare i Giganti sull'isola, o nel caso gli uomini di Mahle fossero riusciti ad attraccare; ma ricordare come si svolgesse quel piano era troppo sia per lei che per Connie, che in quel momento aveva dimenticato anche di quelle piccole "case di accoglienza".
La voce di Jean alle loro spalle li fece sussultare ed entrambi si voltarono sguainando le spade, pronti a colpire; fortunatamente Sasha e Connie non erano troppo impulsivi da scattare all'attacco per una semplice voce che li aveva fatti spaventare, così come Jean e Levi non fossero suscettibili a tal punto da prendersela in una situazione come quella. I ragazzi si affrettarono ad abbassare le lame e lasciarono continuare Jean, che si era arrestato non appena si era visto le loro armi puntate contro. << Le case di emergenza sono sparse per tutto l'avamposto in modo che tutti i civili possano raggiungerle facilmente senza correre troppi rischi. La più vicina a noi è probabilmente da quella parte… >> E allungò un braccio nella direzione del grande fumo dove infuriava la battaglia al centro dell'avamposto; fumo che adesso cominciava a diradarsi lasciando visibili le grosse sagome dei Giganti e le piccole ombre dei soldati che li affrontavano. Ogni tanto qualche altro sbuffo di vapore si sollevava dalle strade, rendendo nuovamente confuse le immagini della lotta, ma quella grande nebbia sembrava destinata a sparire in poco tempo, sempre che non ci si mettesse anche la nebbia naturale, proveniente dal mare…
<< Ma dubito che sia una buona idea… >> Commentò Levi voltandosi a guardare con disprezzo i due uomini appena salvati, tremanti e rannicchiati dietro le spalle di Connie e Sasha.
Jean fece scorrere il braccio. << Altrimenti un'altra casa vicina si troverebbe lì, o lì… E poi ai piedi della Barriera. >> Indicò prima un paio di punti più distanti dal centro dell'avamposto, prima da un lato e poi dall'altro, prima di voltarsi e indicare la grande muraglia che si stagliava sopra l'avamposto Gloria.
<< E' troppo lontano! >> Disse Connie voltandosi a guardare la Barriera. << Se dovessimo andare là ci metteremmo troppo tempo. >>
<< E allora non resta che dirigersi a una delle due postazioni laterali. >> Rispose con calma Levi sguainando le sue spade e preparandosi a saltare nuovamente. << Sasha, Connie. Occupatevi voi di quei due, dopo raggiungeteci nella battaglia! Sicuramente sarà importante ricevere tutto l'aiuto possibile. >>
Sasha e Connie annuirono pensierosi quando Levi impartì loro quel comando, poi il capitano disse a Jean di seguirlo e si preparò a sparare i suoi ganci per attraversare quella strada. Prima che potesse saltare via, Sasha chiamò il capitano facendolo voltare con la testa:<< Connie ha dovuto utilizzare la sua lancia fulminante. >> Lo informò quando quello le ebbe chiesto cosa volesse. Levi non sembrò preoccuparsi troppo.
<< Non ci pensare. >> Disse voltandosi nuovamente. << La lancia fulminante è un solamente un vezzo, in una situazione come questa. Di sicuro può risultare utile, ma con i Giganti standard non è molto più efficace delle vostre spade. Sarebbe veramente importante se dovesse saltar fuori il Gigante Corazzato, ma… Mi sembra improbabile, a questo punto. >>
Connie abbassò lo sguardo mordendosi un labbro. Già, a quel punto sembrava ormai che il Gigante Corazzato non fosse lì a combattere quel giorno…
<< Allora ci riuniremo nella battaglia. >> Si accomiatò Levi prima di girarsi e far volteggiare le spade con grazia prima di puntarle contro il tetto dall'altro lato della strada e premere i grilletti per scagliare i rampini. Con un balzo, il capitano si lasciò trasportare dai cavi che lo fecero dondolare fino all'altro lato.
<< Vado anche io. >> Disse Jean sporgendosi leggermente verso i due amici. << Buona fortuna! >> Gli disse prima di voltarsi come Levi e saltare giù dal tetto; diversamente dal capitano, Jean aspettò di essersi ritrovato a mezz'aria per lanciare i suoi ganci e sfruttare così una maggiore trazione dal basso verso l'alto per superare la casa di fronte a sé con un lancio solo. Presto, entrambi i soldati sparirono tra i tetti dell'avamposto lasciando Connie e Sasha ad occuparsi dei due civili salvati.
I ragazzi presero con sé gli uomini che non erano mai venuti a contatto con i Giganti prima d'ora e si assicurarono che si stessero tenendo ben saldi alle loro spalle. Sarebbe stato un guaio se fossero caduti saltando da un edificio all'altro… Partirono senza dire una parola tra loro, ma continuando a rassicurare i civili. Si diressero alla postazione alla sinistra del grande fumo che si era sollevato dal centro dell'avamposto e continuarono a volteggiare tra un albero e l'altro, una torretta e l'altra, soffermandosi di tanto in tanto a controllare che nei dintorni non ci fossero Giganti anomali sfuggiti ai soldati impegnati a lottare.
<< Non manca molto… >> Disse Connie a un certo punto, senza sapere bene il motivo di tale frase: l'uomo che portava in groppa era muto come un pesce e tremava incessantemente. Era veramente terrorizzato e non sembrava più fare caso a ciò che gli accadeva intorno. Stessa sorte era toccata al suo compagno trasportato da Sasha, che continuava a stringersi con forza alla vita della ragazza, fortunatamente senza dare strattoni bruschi e improvvisi che potessero deviare i suoi movimenti. Sasha lanciò un'occhiata poco convinta verso Connie quando questo cercò di comunicare con l'uomo aggrappato alle sue spalle, e lui rispose con un rapido scuotere della testa, abbattuto.
Sarebbe stato difficile dimenticare quell'accaduto per i due uomini…
La casa di accoglienza era guarnita di soldati che si guardavano attentamente intorno, con l'intento di scovare Giganti in avvicinamento e o superstiti in fuga dalla battaglia. Come avvistarono i due ragazzi che volteggiavano tra un tetto e l'altro, segnalarono subito la loro posizione con delle luci; Sasha e Connie avrebbero impiegato meno tempo a cercare la posizione esatta della casa in quel modo.
Al loro arrivo, i due ragazzi furono accolti da un sergente che li ringraziò per il loro lavoro mentre un paio di soldati semplici accompagnavano al sicuro i due uomini sconvolti con ancora il viso del Gigante negli occhi.
<< Sembra che si stia scatenando l'inferno laggiù… >> Commentò il responsabile della casa di accoglienza rivolgendo lo sguardo verso il centro dell'avamposto Gloria, dove si potevano vedere facilmente le teste di alcuni dei Giganti più alti. << Siete stati davvero formidabili a salvare quei due! Io li avrei dati già per spacciati… >>
Connie si asciugò la fronte con la manica della giacca e rivolse uno sguardo incerto all'uomo. << Bé, non potevamo lasciare che morissero senza provare a salvarli… >>
Quello sembrò sorpreso di sentire una cosa simile, poi gli chiese di che divisione facessero parte. Fu Sasha a rispondergli.
<< Noi siamo della squadra Levi. >> Fece con leggerezza la ragazza stiracchiandosi e dando un'occhiata in giro. Il sergente si congelò sul posto.
Succedeva sempre così quando qualcuno scopriva di quale squadra facessero parte: i sopravvissuti della spedizione per la riconquista del Wall Maria, gli immortali, quelli che avevano visto l'inferno. Erano stati chiamati in molti modi, ma pochi conoscevano le loro facce; quelli più conosciuti erano il capitano Levi e il comandante Hanji, e poi Eren che aveva il potere di trasformarsi in un Gigante, mentre loro altri erano quasi anonimi, eppure anche loro facevano parte di quel ristretto gruppo di gente che si era salvato dalla carneficina di quel giorno ed aveva fatto ritorno a casa…
A Connie non dispiaceva essere quasi sconosciuto; la gente non sembrava avere paura di lui come ne aveva di Eren, nessuno faceva improvvisamente silenzio quando entrava lui in una stanza e qualunque cosa accadesse non veniva trattato con qualcuno da compatire.
<< Capisco… >> Rispose semplicemente l'uomo, cercando di ricomporsi. << Quindi immagino che non resterete qui con noi, vero? >>
Connie annuì subito con decisione. Li aveva presi per codardi, oppure per due molto furbi. << Vorremmo rifornirci di gas, prima di ripartire… >> No, loro erano due folli.
Il sergente fece portare subito delle bombole di gas nuove da sostituire a quelle che avevano utilizzato per arrivare là: tra la discesa dalla Barriera, la scalata e poi di nuovo la discesa, con l'aggiunta dello scontro con i Giganti di pochi minuti prima le loro riserve si erano molto consumante. In una situazione come quella era meglio essere previdenti ed evitare che potesse accadere qualcosa di tremendo proprio nel mezzo di uno scontro, con una bombola di gas che improvvisamente si sarebbe potuta esaurire…
Il responsabile si scusò per non poter fornir loro anche un equipaggiamento adeguato a combattere i Giganti:<< Purtroppo nel nostro magazzino non abbiamo lance fulminanti. >>
Connie sorrise rassicurante sollevando la sua lama e mostrandola all'uomo. << Non c'è problema. A me basta questa! >> Parlava con quel tono così spavaldo, ma un attimo prima aveva rischiato di farsi afferrare da un Gigante; senza la sua lancia fulminante non avrebbe potuto fare nulla.
<< Allora buona fortuna! >> L'uomo assunse la posa di saluto dell'esercito portando la mano destra al petto e mettendo la sinistra dietro la schiena; quella posa Connie l'aveva dovuta imparare a furia di bastonate, letteralmente: il suo istruttore glielo aveva ripetuto fino alla nausea, eppure lui aveva sempre dimenticato che fosse la mano destra ad andare sul cuore, e non la sinistra. Alla fine il ragazzo era riuscito ad entrare nell'esercito, e non era certo stato un saluto fallato ad impedirglielo…
Connie e Sasha partirono senza dire altro mentre sulla piccola torretta della casa di accoglienza restavano il sergente e una vedetta dall'aria marziale che aveva assistito all'intera conversazione. I due ragazzi si misero a volteggiare con calma tra i tetti dell'avamposto, cercando innanzitutto di orientarsi, ma poi Sasha si fermò sul tetto di una casa e Connie si accostò a lei per chiederle cosa avesse.
<< Hai detto che ti bastano le tue spade… >> Mormorò pensierosa, guardando la strada vuota sotto ai suoi piedi. << Ma ne sei davvero convinto? >>
Connie non capì cosa intendesse dire. << Che cosa? >> Chiese confuso prima di rivolgere uno sguardo a metà tra il divertito e il disorientato alla sua amica. << Di che cosa parli, Sasha? >>
Sasha gli rivolgeva uno sguardo serio, come se fosse sul punto di mettersi a piangere. << E' solo che… Non sei tu a decidere quando morire. Non puoi prevedere quando arriverà la tua ora… >> Gli disse con molta fatica, come se stesse confessando un suo grande segreto. Connie ancora non capiva.
<< Ma che cosa dici, Sasha? >> Chiese ancora più confuso il ragazzo. << Se diamo il massimo in ogni cosa non potremo mai essere sconfitti, no? >>
Sasha alzò lo sguardo furibonda, facendo impallidire improvvisamente Connie. << Potrai anche mettere tutto te stesso nella battaglia, ma se un avversario sarà più forte di te non potrai fare nulla per contrastarlo! >> I suoi occhi mostrarono una grande tensione che prima il ragazzo non aveva notato. << Sei equipaggiato per metà, non hai gli attrezzi adatti a combattere i Giganti alla pari… Chi ti credi di essere per andare alla battaglia in modo tanto sprovveduto? Stai cercando di farti ammazzare? >>
<< Ma… Sasha, che stai…? >> Connie non aveva nemmeno il tempo di fare domande, non aveva il tempo di capire. La ragazza si stava preoccupando per lui in una situazione come quella, quando lui le aveva specificamente chiesto di non farlo.
<< Connie! >> Rispose a voce alta lei quando sentì chiamare il proprio nome. << Lo so che mi hai fatto promettere di pensare solo a me stessa, ma finché siamo assieme voglio fare qualcosa per aiutarti, in modo che, se dovessi essere in pericolo, potresti ancora scamparla. >> Cominciò a frugare nelle tasche armeggiando con la cintura. Prima che Connie potesse anche solo comprendere il vero significato delle parole della ragazza, si ritrovò tra le mani un coltello dalla lama spessa e appuntita, leggermente ricurva e un'impugnatura salda in cuoio.
<< Che cos'è? >> Chiese ingenuamente guardando l'arma con aria assente.
<< E'… Potrebbe essere ciò che ti salverà la vita! >> Esclamò la ragazza fermandosi un attimo a pensare a come rispondere alla stupida domanda dello stupido Connie. << Smettila di pensare a tutti quanti meno che a te e cerca di non farti uccidere! >>
Connie guardò con occhi pieni di meraviglia quel coltello dall'aria pregiata che Sasha gli aveva passato con tanta rapidità; era scintillante e sembrava letale all'aspetto, ma era pur sempre un piccolo coltello da caccia. Un'arma così avrebbe potuto veramente fare la differenza, con i Giganti a piede libero?
<< Ti prego… >> Sospirò Sasha. << Non farmi pentire di aver fatto quella promessa! >>
Lo sguardo determinato della ragazza trasmise un'altra emozione a Connie; qualcosa di diverso dalla determinazione o dalla forza d'animo, qualcosa che non c'entrava con la rabbia che aveva mostrato in quel momento nei suoi confronti. Lo sguardo di Sasha era colmo di paura.
Connie soppesò il coltello appena ricevuto sorreggendolo dal manico e lo fissò con grande intensità, sudando senza sapere come rispondere; non si aspettava una sfuriata come quella da parte di Sasha, era veramente tesa per quella battaglia, eppure lui aveva dimostrato di sapersela cavare perfettamente contro i Giganti… Ma quell’arma non era un’arma per i Giganti, un coltello come quello non poteva fare niente per contrastare la forza di uno di quei mostri, per quanto soffice fosse la loro carne. Per cosa glielo aveva veramente dato? Strinse l’impugnatura con forza e rivolse uno sguardo deciso alla ragazza, annuendo con sicurezza. << D’accordo, Sasha. >> Disse piegando un labbro in un mezzo sorriso. La ragazza non sorrise, ma continuò a guardarlo con occhi impauriti, minacciosi. << Terrò questo pugnale con me e mi assicurerò di usarlo se dovessi essere in pericolo… >>
<< Promettimi che lo userai solo se sarai costretto a farlo! >> Disse lei alzando un dito. << Promettimi che farai di tutto per non usarlo! >>
Connie si guardò intorno confuso; che accidenti era successo a Sasha quel giorno con tutte quelle promesse? << D’accordo! Prometto che lo userò solo in caso di estrema emergenza e che farò di tutto per non doverlo usare. >> Si mise una mano sul cuore e alzò l’altra con solennità, continuando a sorridere a Sasha con aria di familiarità. Sembrava non prendere seriamente quella cosa, eppure la ragazza era seria.
Sasha abbassò lo sguardo in silenzio, pensierosa. Chissà che cosa attraversava la sua mente in quel preciso istante, chissà qual era il motivo di tutta quella preoccupazione. Loro due avevano vissuto ogni tipo di pericolo assieme, sapevano entrambi quanto fossero forti l’uno e l’altra… Era forse perché quello era il primo vero confronto con Mahle? Non sapevano cosa aspettarsi da quella flotta in attesa di fronte alla Barriera e quindi Sasha aveva preferito avvertire Connie in modo che non abbassasse la guardia? Doveva essere per quel motivo che gli aveva dato quel coltello: se le navi fossero riuscite ad attraccare, sull’isola si sarebbero riversati uomini armati e non semplici Giganti; Connie aveva bisogno di un’arma affidabile che non fosse esclusivamente progettata per combattere i Giganti.
Ripartirono avvistando un Gigante di quattordici metri spostarsi orizzontalmente lungo una strada, apparentemente isolato dal resto della lotta. Cominciarono ad avvicinarsi e quando furono a una distanza di circa cinquanta metri, questo li vide: il suo volto si contrasse in un sorriso sghembo e raccapricciante, perso nel vuoto e completamente accecato dalla vista dei due piccoli umani che per lui erano solo dei prelibati stuzzichini. Si avventò verso di loro, ma inciampò su una casa che si ritrovò davanti e finì per cadere a faccia in avanti nella strada dall’altra parte.
Connie deviò la sua direzione e provò ad avvicinarsi per colpire subito il Gigante; si appollaiò sul bordo di un tetto davanti alla strada in cui era caduto il Gigante e osservò la situazione: il mostro era riverso per terra, la faccia schiacciata sul terreno e diversi mattoni e tegole gli cadevano addosso dal tetto appena sfondato con la sua mole. Era inerte, non sembrava poter reagire prontamente, ma Connie avrebbe voluto attendere un attimo per capire se fosse il caso di colpire o fosse preferibile logorare un po’ il Gigante prima di dargli il colpo di grazia.
A un tratto lo vide mentre cercava di rialzarsi da terra: piantò i palmi delle mani a terra e spinse con forza cercando di risollevarsi. In pochi istanti, il Gigante era riuscito ad alzare la testa e ora lo stava guardando con quel suo ghigno inquietante, la bava alla bocca mentre degli strani versi gutturali venivano fuori dalla sua gola.
<< Connie! >> Chiamò Sasha fermandosi sul tetto dall’altro lato della strada e rivolgendogli un’occhiata minacciosa, volendo dirgli di fare attenzione alle mosse del mostro. Il ragazzo annuì senza bisogno che lei disse nulla e si spostò lateralmente e con calma lungo il tetto. Il Gigante lo fissò per tutto il tempo mentre il ragazzo si muoveva rimanendo sempre a distanza di sicurezza da lui.
A un certo punto quello cercò di raggiungerlo tentando uno scatto facendo forza con le braccia e stendendo un braccio verso Connie per agguantarlo. Connie si vide il suo enorme viso farsi più grande all’improvviso e scattò indietro, spostandosi di qualche metro a sinistra che era la direzione opposta a dove stava andando prima.
Il Gigante lo mancò per pochi metri e la sua mano mandò in frantumi il tetto con cui venne a contatto, strisciando su di esso per parecchi metri e facendolo crollare, finendo per schiantarsi nuovamente a terra. La testa del Gigante sbatté violentemente con la strada lastricata dell’avamposto e quello rimase a fissare il muro di una casa con lo stesso ghigno di prima, come se avesse ancora Connie di fronte a sé.
<< D’accordo… >> Commentò un po’ disorientato lui. << Questo è più scemo di me. >>
Sasha gli lanciò un’occhiataccia quando disse quella cosa e ci tenne ad indicargli di smettere di fare l’idiota e concentrarsi. Il ragazzo si scusò con un piccolo sbuffo e, appurato che il Gigante fosse maldestro e indifeso, saltò giù puntando le sue lame alla nuca del mostro umanoide.
Con un taglio netto, Connie rimosse dal corpo la collottola del Gigante e quello si bloccò nella posizione in cui era rimasto, con un braccio disteso e puntato contro la casa alla sua destra e lo sguardo perso nel vuoto e affamato. La pelle del Gigante cominciò a evaporare lentamente mentre intanto Connie rivolgeva uno sguardo rassicurante a Sasha, che era rimasta ad osservare la scena dall'alto senza intervenire; sapeva che Connie era in grado di gestire la situazione da solo, ma era stranamente disattento.
<< Forza, muoviamoci! >> Disse lui piegando le ginocchia per sgranchirsi un po' le giunture. Scagliò i suoi rampini verso la casa su cui stava Sasha e raggiunse la sua amica in un baleno. << Dobbiamo ancora riunirci alla squadra. >>
Sasha, ancora pensierosa e rallentata dai suoi dubbi, annuì lentamente e senza dire una parola cominciò a viaggiare assieme al ragazzo, che faceva strada.
Più avanzavano verso la battaglia, più cominciavano a incontrare la distruzione che avevano portato con sé i Giganti; alcune case erano state rase al suolo con lo schianto, e per le strade giacevano scheletri enormi in decomposizione assieme a pezzi di carne irriconoscibili, brandelli di uniformi sparsi ovunque e pochi corpi interi di soldati e civili, accasciati a un angolo della strada a morire in solitudine. La battaglia sembrava essersi spostata dal luogo dello schianto: i Giganti si erano diretti verso la zona più esterna dell'avamposto, dove stava l'accampamento dell'esercito. Era solo un caso, oppure stavano seguendo un preciso schema? Si ricordava di come, ai tempi del presunto sfondamento del Wall Rose, alcuni Giganti cominciarono inspiegabilmente a correre nella direzione della loro squadra: quel giorno erano sicuramente agli ordini di qualcuno, probabilmente del Gigante Bestiale che aveva dimostrato di poter comandare i Giganti a suo piacimento, scagliandoli contro al capitano Levi nella loro ultima battaglia.
Quel giorno lui era assieme ai suoi vecchi amici: c'erano Sasha e Historia, che allora si faceva ancora chiamare Christa, poi Ymir, che aveva nascosto a tutti quanti il suo segreto, Bertholdt e Reiner…
Dannazione! Pensò amareggiato. Continuava a pensare a Reiner. Qualunque cosa gli venisse in mente, finiva per collegarla a lui! Doveva distrarsi, doveva ricordare altro che lo facesse allontanare da quel traditore!
Quello era il giorno in cui il caposquadra Mike era scomparso; l'ultima volta che lo avevano visto era andato incontro ai Giganti per fare da esca e distrarli mentre il resto del gruppo si disperdeva e cercava di raggiungere più villaggi possibile nella zona. Quello era il giorno in cui Connie aveva scoperto che nel suo villaggio non c'era più nessuno da salvare: erano tutti spariti. Sembrava, in un primo momento, che fossero riusciti a mettersi in salvo, eppure le pochissime tracce lasciate dalla gente del villaggio e quel Gigante bloccato proprio sopra la sua casa lasciavano parecchie domande nella mente dei soldati che avevano visto quella scena. Ricordava come Reiner avesse cercato di distrarlo, una volta ritrovatosi di fronte a quel Gigante che si era poi rivelato essere sua madre; stava cercando di non farlo pensare, voleva evitare che si facesse domande in modo che il loro segreto rimanesse al sicuro… Però quel giorno, prima di raggiungere il suo villaggio, Reiner aveva promesso a Connie che lo avrebbe aiutato a scappare da quella prigione in cui li avevano rinchiusi, si era comportato come un vero amico condividendo anche il suo dolore all'arrivo al villaggio…
<< GIGANTE! >> La voce di Sasha squillò nelle orecchie di Connie come un allarme e lo fece rinsavire proprio al momento di vedersi la mano grassa e massiccia di un Gigante classe sette metri che si stendeva verso di lui per afferrarlo. Connie reagì prontamente e chiuse le spade di fronte a sé incrociando le lame e tranciando via tutte le dita più metà della mano; si scontrò però con il polso del Gigante, che lo fece bloccare nella sua avanzata e Connie si ritrovò a cadere giù privo di spinta dal suo equipaggiamento per la manovra tridimensionale.
Il ragazzo sbatté violentemente la schiena sui mattoni che ricoprivano la via e si ritrovò il Gigante che torreggiava minacciosamente su di lui. Quello aveva un broncio dall'aria ridicola stampato in viso e lo fissava con le sue guance grasse e le labbra strette come se volesse dargli un bacio. Si piegò in avanti per afferrarlo con l'altra mano rimastagli, mentre intanto Connie cercava di rialzarsi da terra e scappare da lì; si chiese come avesse fatto un Gigante di quelle dimensioni a raggiungere la sua altezza durante il volteggio: doveva aver saltato, per forza.
<< Connie! >> Gridò Sasha volteggiando sopra la testa del Gigante e abbassandosi subito su di questo per colpirlo alla nuca. La furia della ragazza fu tale che non solo le lame tranciarono via la collottola dl mostro, ma gli recisero anche i muscoli del collo, facendogli cadere la testa, che rotolò via con sempre lo stesso broncio stampato di sopra.
Connie stava ancora ansimando per lo spavento. Si era spaventato, questo era certo, non poteva negarlo, ma addirittura aveva perso il controllo del suo corpo? Si guardò le mani come per cercare un motivo in tutto quello: stava tremando. Come era possibile? Non aveva paura di quel semplice Gigante, aveva affrontato di molto peggio. E allora perché non riusciva a sentirsi le punte delle dita e il suo respiro si era fatto così affannoso all'improvviso? Di che cosa aveva paura veramente?
<< Connie! >> Chiamò nuovamente Sasha calando dall'alto e mettendosi a corrergli incontro. << Ti ha colpito? >> Chiese accostandosi a lui e inginocchiandosi.
Il ragazzo fissò con occhi persi nel vuoto le proprie mani, ancora sollevate in aria e tremanti, e rispose con un filo di voce:<< No… >>
<< Bene! >> E detto questo la ragazza gli diede un pugno, facendolo cadere a terra. << Perché mi sarebbe dispiaciuto picchiare un ferito! >> Aggiunse quando quello fu finito a terra senza nemmeno capire cosa lo avesse colpito.
La ragazza lo afferrò dal colletto della giacca e lo costrinse a guardarla negli occhi. << Ma che cavolo ti salta in mente?! Ti faccio promettere di non farti ammazzare e cinque minuti dopo tu ti lanci addosso a un Gigante che a malapena poteva vederti? >>
Connie non reagì alle urla di Sasha, rimanendo a fissarla con aria assente mentre lei gli gridava in faccia come era solito fare il loro insegnante Keith Shadis, incaricato del loro addestramento, ogni volta che commetteva qualche errore.
Già. Che cosa gli era saltato in mente? A che stava pensando? Perché non riusciva a togliersi dalla mente Reiner, mentre attorno a lui i Giganti uccidevano e divoravano i suoi commilitoni? Doveva smetterla di essere così testardo e pensare solo ai suoi dubbi e cominciare a concentrarsi di più sulla situazione attuale. Doveva chiudere la mente!
<< Hai ragione… >> Mormorò atono a un certo punto, mentre Sasha ancora lo strattonava con forza. La ragazza si fermò e lo lasciò parlare, curiosa di sentire quale fosse la sua scusa. Lui in realtà non ne aveva una, fissava il vuoto con l'aria di chi sembrava essersi reso conto di qualcosa di scioccante. << Non ho fatto attenzione… >>
Sasha lo fissò incredula prima di guardarsi intorno con aria sofferente e mettersi una mano sulla fronte, come a cercare di capire se in quel momento a stare male fosse lei o Connie. Sospirò pesantemente facendo passare l'aria in mezzo ai denti e tornò a guardare il ragazzo:<< Hai dormito abbastanza, questa notte? Sei sicuro di poter continuare a lottare? >>
Connie reagì in ritardo a quella domanda. << Eh? >>
<< Sto dicendo… >> Cominciò la ragazza. << E' inutile se devi combattere in questo stato. Ti porterò in un luogo sicuro dove potrai riposare e… >>
Proprio mentre parlava e le parole raggiungevano le orecchie di Connie, il ragazzo si metteva a pensare e cominciava a capire quale fosse il senso di tutto quello; cosa doveva fare, cosa doveva dire, perché aveva sbagliato fino a quel momento… Si alzò subito da terra e afferrò un polso di Sasha guardandola dritto negli occhi. << No, aspetta! Te lo giuro, sto bene… Posso ancora combattere! >>
<< Ne sei certo? >> Chiese lei rivolgendogli uno sguardo duro. Il ragazzo si congelò all'istante.
Gli occhi bruni di lei lo scrutavano fino nel profondo del suo animo, chiedendogli se fosse veramente pronto a lottare o ci fosse qualche problema che gli impedisse di continuare. Non voleva deluderla, e di sicuro non voleva morire dopo tutto quello che avevano passato da quando erano entrati a far parte dell'esercito… Qualcuno avrebbe detto che, se non erano in grado di sopravvivere, significava semplicemente che non erano abbastanza forti per farlo, ma Connie non era d'accordo: qualcuno che, nonostante la sua incapacità era riuscito a fare strada doveva esserci, non poter superare un ostacolo non significava che fosse impossibile andare avanti. Lui era in grado di superare quella prova e affrontare i Giganti senza lasciare che i suoi sentimenti si mettessero in mezzo? Non lo sapeva, ma di sicuro ci avrebbe provato!
Gli occhi di Connie tornarono a brillare di quella luce di sicurezza e spavalderia che li aveva caratterizzati prima; il ragazzo non sorrideva più, ma il suo viso era più determinato che mai. << Posso combattere, Sasha. Credi in me! >>
Le prese una mano, dopo che la domanda di lei gli aveva fatto mollare la presa al polso della ragazza, e gliela strinse con delicatezza e dolcezza, sapendo che Sasha avrebbe interpretato quel gesto come un messaggio di sicurezza. Lei alzò piano lo sguardo e lo fissò con gli occhi pieni di paura, le labbra le tremavano e respirava affannosamente. Forse si chiese come facesse a mantenere quell'autocontrollo, mentre attorno a loro c'era l'inferno e nemmeno lei sapeva come avesse fatto fino a quel momento a rimanere concentrata; lo capiva, comprendeva il perché Connie facesse fatica a tenere alta la concentrazione, ma non sapeva tutto quanto: Sasha non sapeva che nella mente di Connie era apparso il viso amichevole del vecchio Reiner, quel ragazzo che era stato loro amico e gli aveva fatto credere di essere una squadra, e che poi li aveva ingannati abbandonandoli al loro destino e cercando addirittura di porre fine alle loro vite senza neanche guardarli in faccia.
Dopo un lungo momento passato in silenzio a fissarsi negli occhi, la ragazza non riuscì più a sostenere lo sguardo del suo amico e sospirò arrendevolmente:<< E va bene… >> Vedendo che però non era del tutto convinta, Connie le mise le mani sulle spalle facendola tornare a guardare verso di lui.
<< Noi vinceremo, Sasha… >> Le disse sorridendo, questa volta. << Dobbiamo ancora mangiare quella carne di cinghiale che hai cacciato, e sappiamo entrambi che quando c'è di mezzo della carne tu sei inarrestabile! >>
Sasha sorrise, anche se non si sentiva dell'umore adatto… Aveva avuto paura quando aveva visto la mano del Gigante avvicinarsi pericolosamente a Connie, aveva temuto il peggio… Cosa avrebbe dovuto fare, se lui avesse infranto la loro promessa?
Il centro dell'avamposto era sempre più vicino, le grida e i rumori della battaglia si potevano udire molto chiaramente e le numerose teste dei Giganti che vagavano in mezzo alle strade del villaggio mettevano in soggezione e facevano pensare al peggio per la Legione Esplorativa. Connie e Sasha avevano ripreso la loro avanzata e presto si erano ritrovati ai margini di quella che era la zona più pericolosa, dove i Giganti si erano riuniti dopo lo schianto.
Furono subito accolti da un gruppo di soldati in fuga da un Gigante che correva con le sue gambe sottili e cercava di afferrarli come se fosse un bambino alle prese con dei giocattoli.
Connie urlò a Sasha di saltare prima che il Gigante si schiantasse contro l'edificio su cui si erano posati e, prima di poter raggiungere un altro punto al sicuro dividendosi per confondere il mostro nel caso volesse tentare di afferrare anche loro, avvistarono il primo del gruppo di soldati venire afferrato dalla grossa mano del Gigante. La sua esecuzione fu così rapida e brutale che non ebbe nemmeno il tempo di gridare aiuto: l'uomo fu schiacciato tra le dita sottili ma forti del Gigante e la sua carne e il suo sangue cominciarono a sgusciare via schiantandosi a terra, mentre il mostro antropomorfo cercava di portarsi alla bocca ciò che restava tra le sue dita sporche e scivolose.
Sia Sasha che Connie distolsero lo sguardo inorriditi e andarono a posarsi su due torrette gemelle nella strada, osservando la situazione da due punti di vista differenti: la squadra che avevano appena incontrato si era dispersa e i suoi membri si stavano nascondendo dietro alcuni ostacoli, gli unici che potevano essere avvistati in quel momento erano loro due. Il Gigante adocchiò subito Sasha, che decise di saltare via dalla torretta prima che quello potesse avvicinarsi.
La ragazza fece scattare i suoi rampini per cercare appiglio sulla casa di fronte alla sua torre e si ritrovò a oscillare ampiamente descrivendo una curva convessa prima di lasciare andare i ganci e continuare a scivolare in aria per alcuni metri, mentre il Gigante la guardava con occhi abbagliati, leggermente intrigato dai suoi movimenti. Quello sorrise mostrando i suoi enormi denti sporchi e cercò di inseguire la ragazza, ma a quel punto Connie si agganciò a una sua spalla e si lasciò tirare dalle funi fino a raggiungere il braccio destro del Gigante, che tranciò in un colpo solo facendo roteare le sue spade; un attimo prima di raggiungere l'arto del mostro, il ragazzo sganciò i suoi rampini dalla carne del Gigante e li lanciò un'altra vota per andare ad affondare nel suo torace in modo da poter avanzare ancora dopo aver messo a segno il colpo.
Connie continuò a scorrere deviando leggermente verso l'alto la sua traiettoria e sganciò di nuovo i rampini eseguendo una rapida piroetta nell'aria per evitare un tentativo da parte del Gigante di afferrarlo. Si ritrovò a scorrere in alto, privo dell'appoggio dei ganci della sua manovra tridimensionale, e dopo aver effettuato la rotazione per sfuggire all'attacco del mostro, Connie invertì improvvisamente il verso del suo movimento per sferrare un attacco alla spalla del Gigante, che fece affondare le lame delle sue spade nella sua carne fino a tagliare quasi completamente il suo secondo arto. Da quell'attacco Connie ricevette un po' di attrito nella sua avanzata verso l'alto, ma la spinta fu comunque sufficiente a farlo sollevare di una decina di metri sopra la testa del Gigante, che a questo punto si ritrovava privato di un braccio e con l'altro che pendeva inerte dalla spalla.
Il ragazzo si voltò ad osservare la sua preda prima che la spinta potesse esaurirsi e farlo precipitare giù: il Gigante era quasi ignaro della propria disabilità e fissava il vuoto di fronte a sé con la bocca spalancata. Decise di scendere per dare l'attacco finale e Connie cominciò a impostare il proprio corpo per la discesa: piegò in avanti la schiena, raccolse le gambe e puntò le braccia verso il suo obiettivo, premendo i grilletti del suo equipaggiamento per sparare i rampini che andarono a conficcarsi nella schiena del Gigante, proprio dietro la spalla.
Dando un piccolo strattone alla leva che regolava il gas, Connie cominciò la sua rapida discesa sfruttando la forza di gravità senza eccedere così nella velocità. Le funi scorrevano rapidamente producendo un debole sibilo che solitamente era accompagnato da quello più insistente del gas che fuoriusciva dal retro dell'equipaggiamento; la testa del Gigante si faceva sempre più grande e il suo punto debole scoperto era ben focalizzato nella mente di Connie, pronto a dare il colpo di grazia. Ma prima che fosse a portata di tiro, la testa del Gigante ruotò verso il suo assalitore, mostrando il suo viso terrificante e un sorriso contratto da una smorfia sofferente, mentre dalla bocca del mostro colava copiosamente una vischiosa bava scintillante.
Preso alla sprovvista dal rapido movimento del mostro, Connie fu costretto a interrompere la sua discesa: in una frazione di secondo dovette sganciare i suoi rampini e puntarli più in basso alle gambe del Gigante, che da quella altezza avevano assunto una forma irregolare; eseguendo una capriola all'indietro, il ragazzo avvistò i suoi nuovi obiettivi e sparò senza timore, sapendo che un errore gli sarebbe costato caro in quel frangente. Ancora prima di agganciarsi alle cosce del Gigante, Connie diede gas per ricevere un po' di spinta e proprio all'ultimo istante riuscì ad evitare il morso letale del mostro, che chiuse le sue enormi fauci proprio nel punto dove sarebbe passato il piccolo soldato se non si fosse accorto di quello che stava accadendo.
Sapendo di averla scampata per un pelo, Connie si lasciò sfuggire un verso di sorpresa misto alla paura e all'adrenalina dello scontro mentre scendeva di quota; cercò di rimanere concentrato e riprese a muoversi per tornare in alto rilassando i muscoli e correggendo la sua andatura in modo da descrivere un'altra curva convessa come prima, questa volta molto più stretta e veloce. Passando accanto alle caviglie del Gigante, Connie decise di inferire un altro attacco al corpo martoriato del mostro per assicurarsi un'esecuzione meno difficoltosa, e così decise di tranciare i tendini che sorreggevano le gambe del Gigante e lo facevano muovere con rapidità.
Connie venne schizzato dal sangue che fuoriuscì dalle caviglie del mostro e cercò di proteggersi gli occhi per non farsi accecare da quel liquido bollente. Dopo aver colpito il mostro, questo si accasciò esausto a terra continuando a produrre versi spaventosi con la bocca; Connie descrisse la sua curva e si voltò ancora prima di lasciare andare i rampini. Vedendo quanto fosse vulnerabile il mostro, decise di lasciare i ganci dove si trovavano e cominciò a dare gas semplicemente lasciando che le funi oscillassero facendolo tornare indietro, dritto sulla nuca del Gigante.
Il ragazzo parò le lame di fronte a sé a formare una croce e prima che potesse scontrarsi con il corpo del Gigante, si voltò di lato unendo le mani e tranciando interamente il pezzo di carne che conteneva il sistema nervoso del suo corpo originale. Gli dispiaceva dover uccidere a quel modo quello che un tempo era stato un suo simile, un uomo o una donna che aveva il suo stesso sangue nelle vene… Ma non poteva fare altrimenti. Una delle lame continuò a scorrere nella schiena del Gigante per parecchi metri, consumandosi notevolmente e facendo arrestare gradualmente la discesa di Connie che, nonostante non avesse calcolato quell'effetto, aveva sperato in una cosa del genere.
Il corpo inerte del Gigante si piegò in avanti fino a schiantarsi a faccia in giù con il terreno lastricato della via, e Connie venne portato giù con lui. Era ancora aggrappato alla sua schiena, la spada conficcata profondamente nella sua carne, e rimase ben saldo anche dopo la caduta del Gigante finendo per alzarsi in piedi sul corpo del mostro abbattuto.
Dall'alto, Sasha lo chiamò urlando il suo nome con eccitazione. << Così si combatte! >> Diceva esultando e continuando a ballare sul bordo del tetto. Sembrava essere tornata la solita Sasha di sempre, rassicurata dalle parole e dalle azioni di Connie, che aveva dimostrato di poter combattere ancora.
Il ragazzo sospirò affaticato dopo l'enorme sforzo che aveva provato per eseguire la manovra che gli aveva permesso di evitare le mandibole del Gigante e ucciderlo senza pericoli e strinse l'elsa della sua spada per estrarre la lama dal corpo del mostro.
L'arma era stata consumata quasi completamente, ormai restavano una ventina di centimetri della sua lama sottile e non sarebbe servita più a niente in uno scontro con i Giganti; decise di disfarsene tirando la leva che lasciava andare la lama removibile e ne prese un'altra dalla sua riserva al fianco sinistro. Si ritrovò così con due spade di lunghezza diversa: la spada a sinistra era stata consumata leggermente da quando aveva cominciato a combattere, ma era ancora in buone condizioni, mentre quella di destra era stata rovinata completamente e adesso l'aveva dovuta sostituire.
Con un balzo aggraziato, Sasha raggiunse il suo amico che stava ancora rimirando la nuova lama. << Pensavo che mi avresti chiesto aiuto da un momento all'altro… >> Mormorò la ragazza sorridendo con soddisfazione, liberata dalle incertezze di prima. Connie si voltò a sorriderle e alzò lo sguardo verso il tetto dove si erano nascosti i soldati in fuga.
Una voce si levò dall'alto. << Quel bastardo ha preso Gabriel! >> Era una voce lamentosa, apparteneva a un ragazzo dai capelli non troppo corti e la faccia lunga con il mento squadrato a chiudere la composizione del suo viso; aveva un'espressione addolorata e allo stesso tempo disgustata dall'immagine davanti a sé nella strada.
Vennero giù altri due soldati assieme a lui: uno era un ragazzo dalla pelle scura e i capelli neri con un cerotto sul naso, mentre sembrava avere un vecchio livido su uno zigomo assieme a una piccola cicatrice sulla fronte vicino all'attaccatura dei capelli; l'altro era un uomo più grande dei primi due che però non sembrava mostrare più degli anni che avesse realmente e i suoi capelli dorati erano raccolti in uno chignon grazioso e compatto, dietro la nuca.
<< Era vostro amico? >> Chiese Connie quando furono tutti riuniti, accennando debolmente al punto dove erano finiti i resti del soldato afferrato dal Gigante prima che Connie intervenisse.
Non ci fu nessuna risposta da parte dei tre soldati, ma i loro sguardi mostrarono tutto il loro dispiacere nell'aver perso un compagno a quel modo. Il loro comportamento non era stato molto ammirevole, dato come si erano nascosti all'arrivo di Connie e Sasha, ma in un momento come quello si poteva giustificare una condotta come quella, se fosse successo solo una volta…
<< Vi dobbiamo la vita… >> Esordì il ragazzo dalla pelle scura. Il suo volto leggermente rotondo era ricoperto di sudore, la fuga dal Gigante doveva averlo spossato.
Sasha approfittò della frase del ragazzo per infondergli un po' di senso di responsabilità, essendo in fondo una veterana ed avendo molta più esperienza di loro:<< La prossima volta, invece di fuggire rischiando di causare ancora più danni, cercate di lavorare in squadra per abbattere il nemico e forse riuscirete anche a non perdere nessun altro… >>
Le parole di Sasha fecero sentire terribilmente in colpa i soldati, che abbassarono con vergogna lo sguardo e si misero a tremare con l'idea di aver causato involontariamente la morte del loro amico. Ovviamente l'intento di Sasha non era quello di farli sentire in colpa, ma sperava che quei ragazzi capissero il loro errore e non lo ripetessero più, così non avrebbero più provato quel dolore per aver perso un amico a quel modo.
Connie decise di cambiare discorso per cercare di alleggerire la tensione e rivolse lo sguardo alla strada vuota, dove però giacevano alcuni corpi martoriati dei soldati e i resti del Gigante appena abbattuto che cominciavano a sparire. << Voi venite dal centro della battaglia, vero? >> Chiese aggiustandosi la cintura con una mano. << Com'è la situazione? Come stiamo combattendo? >>
L'uomo più grande del gruppo prese la parola avanzando di qualche centimetro. << La Legione non se la sta cavando male. Ci sono stati molti morti, è vero… Ma i Giganti non hanno avuto la possibilità di fare del male ai civili. Considerato l'attacco a sorpresa e la carneficina iniziale, ci stiamo difendendo bene… >>
Sasha colse la palla al balzo per porre la sua domanda:<< Avete visto per caso un piccoletto volteggiare tra i Giganti e facendoli a pezzi come se stesse facendo una passeggiata? >> Due dei ragazzi si rivolsero sguardi confusi.
<< Stai parlando del capitano Levi? >> Chiese l'uomo, che sembrava essere l'unico ad aver capito di chi stessero parlano. Sasha annuì, ma lui rispose ancora prima che potesse farlo:<< E' arrivato un po' di tempo fa assieme a un ragazzo alto e si sono messi a combattere i Giganti senza alcuna difficoltà, aiutando i soldati che erano stati colti alla sprovvista a riorganizzarsi e facendo fuggire i civili. >>
Connie annuì pensando a Levi e Jean combattere assieme per fermare i Giganti: il capitano era di un altro livello rispetto a tutti loro, però fare squadra con uno o più di loro rendeva il suo lavoro ancora più efficace e meno faticoso. Di sicuro entrambi non avrebbero avuto problemi, se fossero stati divisi durante la battaglia…
<< Capito… >> Disse facendo roteare le spalle con intraprendenza. << Sarà meglio sbrigarci, allora… >>
Sasha puntò un dito contro l'uomo con lo chignon. << Voi restate a fare la guardia a distanza di sicurezza: se dovessero sfuggire Giganti dalla zona centrare, fermateli subito! >> Disse con tono autoritario.
Un po' sconcertato dagli ordini inaspettati della ragazza, che forse era anche più giovane di lui, il soldato prima la fissò con sorpresa, poi assunse una posa marziale e annuì con rispetto rispondendo:<< Sissignora! >>
Dopo di quello Sasha e Connie si voltarono e, rivoltisi degli sguardi di complicità, ripresero il loro cammino verso la zona centrale dove infuriava la battaglia.
Connie continuava a rivolgere un sorriso beffardo davanti a sé mentre Sasha, che scorreva accanto a lui, sembrò non capire quale fosse il motivo di tanta compiacenza. << Che c'è? >> Chiese spazientita, cercando di far parlare il suo amico.
Connie rispose voltando lo sguardo verso di lei e facendo andare su e giù le sopracciglia. << Ti piace dare ordini, eh? >>
Sasha sembrò non capire nemmeno cosa intendesse il ragazzo, poi sbuffò imbarazzata. << Avevano bisogno di qualcuno che li mettesse in riga… >> Mormorò guardandosi intorno, cercando segni di riconoscimento da parte di qualche commilitone che avesse bisogno di aiuto. Nelle strade c'erano solo cadaveri e resti irriconoscibili di soldati fatti a pezzi: più andavano avanti e più aumentavano i cadaveri, assieme anche ad alcuni scheletri in rapida decomposizione di Giganti. La battaglia era ormai vicina…
Era il momento di mettere da parte i pensieri e cominciare a lottare per la sopravvivenza, per far sì che il genere umano continuasse a vivere. Era il momento di mettere in gioco tutto quanto per vincere quella battaglia: Connie avvistò un gigante circondato da numerosi soldati che tentavano di ferirlo senza che questo potesse far loro del male. Vide il Gigante afferrare uno degli uomini e cominciare ad avvicinarselo alla bocca. Stufo di vedere altri soldati divorati, Connie deviò rapidamente la sua direzione e cominciò a scattare rapidamente da un appiglio all'altro per raggiungere il Gigante prima che fosse troppo tardi.
Con un colpo improvviso che lasciò sbalorditi tutti i soldati attorno a lui, che non erano riusciti a fare nulla per aiutare il loro compagno, Connie tranciò di netto l'avambraccio del Gigante mantenendosi a distanza di sicurezza in modo che quello non potesse poi afferrare lui. Sfruttando una torretta alle spalle del Gigante, Connie si issò poi ancora più in alto e passò accanto al suo viso accecandolo da un occhio, fermandosi sulla parete della torre.
L'urlo del soldato che era stato afferrato, non appena si rese conto di essere libero, fu l'unico suono che udirono gli uomini prima che il Gigante cominciasse a ruggire per la sua improvvisa parziale cecità. Vedendo quanto fosse stato efficace l'attacco di Connie, un giovane ragazzo dai capelli lisci e neri e con uno sguardo determinato nel volto decise di approfittare della momentanea distrazione del Gigante e provò uno scatto molto audace che gli permise di accecare l'altro occhio del mostro, agganciandosi prima a un palazzo dall'altra parte della strada e poi deviando rapidamente la sua direzione, girando attorno alla testa del Gigante, per fermarsi pochi metri più sotto di Connie sulla sua stessa torretta. Era stato un bel lavoro, ma adesso dovevano eliminare il Gigante e quelli che potevano occuparsene più facilmente erano proprio loro due, mentre la squadra dall'altra parte avrebbe dovuto tenere il mostro impegnato: fu Sasha a capire tutto questo, e quando arrivò sul posto con un po' di ritardo rispetto a Connie, urlò al resto del gruppo che era rimasto in azione:<< Manovra diversiva da due fronti! Ora! >>
I soldati reagirono con un istante di ritardo, poi si lanciarono tutti quanti contro il Gigante descrivendo delle curve che andarono a incrociarsi mentre loro passavano di fronte al mostro senza attaccarlo, cercando di attirare la sua attenzione attraverso le loro urla di battaglia. Il Gigante era confuso e frustrato dalla sua impossibilità di vedere cosa ci fosse di fronte a sé: si mise a mulinare il braccio rimastogli senza alcun criterio, mancando tutti i bersagli. A quel punto il ragazzo che aveva attaccato dopo di Connie saltò con grande intraprendenza per porre fine a quello scontro, e riuscì a tranciare interamente il punto debole del mostro.
Ci fu solo il tempo per esultare qualche secondo, il soldato che era stato afferrato ringraziò Connie per il suo intervento superlativo e poi la squadra tornò subito al lavoro, dirigendosi verso l'interno della zona di battaglia, dove decine di Giganti erano alle prese con i soldati dell'Armata Ricognitiva. I combattenti si stavano difendendo bene, ma risultava molto difficile rispondere agli attacchi per l'insolita rapidità dei movimenti dei Giganti e la loro coordinazione, quasi come se non fossero i soliti fantocci senza intelletto che avevano sempre affrontato.
L'unico punto dove i Giganti cadevano uno dopo l'altro era sicuramente dove si trovava il capitano Levi: non appena Connie lo avvistò, disse a Sasha di seguirlo e partirono per ricongiungersi con la loro squadra.
Connie scattò subito per poter raggiungere il capitano prima che succedesse qualcos'altro, ma sulla sua strada si ritrovò una coppia di Giganti grossi e ingombranti che gli bloccavano il passaggio: dovette sfruttare tutta la sua abilità nelle virate strette per sfuggire alle loro grosse mani. Prima si piegò in avanti e continuò ad avanzare scendendo di quota, con l'intento di passare in mezzo alle loro gambe; poi, quando vide che i Giganti non abbandonavano il loro inseguimento e si piegavano per afferrarlo, decise di cambiare improvvisamente direzione e muoversi orizzontalmente sfilando di fronte a loro. Sfruttando l'inerzia dei suoi movimenti, Connie cominciò a roteare per colpire le gambe dei Giganti, che non riuscirono a mantenere l'equilibrio e caddero sulle ginocchia. Prima di allontanarsi troppo, il ragazzo tornò nuovamente a muoversi in direzione di Levi e Jean, e dovette allargare la sua traiettoria per evitare gli attacchi dei Giganti, che nonostante fossero stati messi in ginocchio tentavano ancora di afferrare il piccolo soldato.
Connie agitò con rapidità e precisione le sue spade, tranciando le dita dei mostri e allontanandosi più in fretta possibile da quei due prima che le loro ferite potessero guarire. Lui aveva azzardato quel passaggio così ravvicinato mentre Sasha, che ricomparve accanto a lui quando si fu allontanato dai Giganti, aveva preferito allargare la sua traiettoria per evitare completamente il contatto con i due mostri; se potevi evitare uno scontro non necessario, perché rischiare? Lei non era mai stata particolarmente coraggiosa, ma con il tempo aveva dimostrato di avere solo un istinto molto sviluppato per la caccia, quindi anche una grande tendenza ad evitare i lavori superflui e tendenzialmente pericolosi.
<< Ci siamo! >> Disse lei avvistando il capitano Levi mentre saltava via dalla schiena di un Gigante appena ucciso. Chiamò a gran voce il loro caposquadra, e assieme a lui si voltò anche Jean che stava osservando l'attacco di Levi a distanza di sicurezza.
<< Finalmente siete arrivati. >> Sbuffò visibilmente stizzito il capitano atterrando sul tetto dove stava Jean.
<< Abbiamo avuto qualche contrattempo… >> Si scusò Connie fermandosi di fronte a loro, mentre Sasha atterrava un passo più indietro di lui e controllava i dintorni con molta attenzione. C'erano Giganti ovunque, ma al momento nessuno di loro sembrava essere interessato alla squadra Levi.
<< Comunque sia… Qui c'è un sacco di lavoro da fare. Vedete di non farvi uccidere! >> E detto questo Levi, che gli aveva rivolto un cipiglio tetro, saltò via dirigendosi alla sua prossima preda.
Connie era confuso; non avevano neanche avuto il tempo di scambiare qualche informazione. Fu inutile cercare di chiamare il capitano una volta partito, a quel punto era già proiettato verso la battaglia. Fu Jean a notare la sua perplessità e a dargli qualche spiegazione.
<< Siamo riusciti a parlare con qualcuno della squadra di Hanji. Sia lei che Armin stanno bene… >> Disse con un sospiro di sollievo il ragazzo, sapendo che anche Connie e Sasha sarebbero stati felici di sentire quelle notizie: non avevano saputo più niente dopo l'arrivo dei Giganti all'avamposto, per un po' avevano temuto che i loro amici fossero rimasti vittime del bombardamento.
<< E Mikasa? >> Chiese Sasha allarmandosi, ricordando che sia lei che Eren fossero da un'altra parte.
Jean si voltò mesto verso di lei:<< Non sappiamo niente… Ma se devo essere sincero, non mi preoccuperei molto per lei ed Eren. >> Si voltò a guardare il capitano Levi che affrontava un Gigante classe quindici metri da solo. Gli sfuggì un sorriso sognatore, come se si fosse dimenticato della situazione corrente. << Mikasa starà facendo un ottimo lavoro, come sempre! >>
Dopo qualche istante di silenzio in cui Connie e Sasha rimasero a guardare il loro amico, questo si voltò verso di loro dandogli la carica e incitandoli ad andare a combattere. Connie e Sasha reagirono prontamente e si lanciarono assieme a lui con l'intento di raggiungere il capitano Levi e aiutarlo ad eliminare il Gigante che stava affrontando in quel momento.
Sasha forse non lo sapeva, ma Connie invece sì: Jean si era innamorato perso della bella Mikasa sin dal primo momento in cui l'aveva vista. Da quando avevano cominciato l'addestramento, lui le era stato sempre dietro, studiando le sue mosse, cercando di capire quali fossero i suoi gusti e sperando che, a poco a poco, lei lo notasse… Di sicuro, col tempo erano diventati amici, ma era difficile comprendere se lei provasse qualcosa nei confronti del ragazzo… Proprio per questo Jean sapeva esattamente che non ci fosse da preoccuparsi per Mikasa.
In avvicinamento al Gigante, Sasha Connie e Jean lanciarono un grido furioso per far sapere a Levi del loro arrivo, ma anche il Gigante che stava fronteggiando il piccolo capitano si accorse della loro presenza e, voltandosi molto velocemente, utilizzò le sue lunghe braccia come mazze rotanti e sferrò un attacco orizzontale al trio.
Quella fu una manovra difficile da eseguire: il Gigante si trovava in uno spiazzo senza appigli alti o altri punti raggiungibili che potessero aiutare i ragazzi a sfuggirgli. Connie dovette sganciare i suoi rampini dal fianco del mostro e abbassarsi eseguendo una capriola indietro, dando poi gas una volta rivolto verso terra per potersi spingere verso il basso. Sasha, che non era rapida come lui ad eseguire virate così strette e improvvise, si teneva in fondo al gruppo per poter avere più tempo per reagire e schivare gli attacchi; lasciò andare il gas e i rampini molto prima di Connie, quando vide che il Gigante stava per voltarsi, così da poter scendere di quota e schivare l'attacco che stava per arrivare. L'unico ad affrontare apertamente il Gigante senza mai cambiare direzione fu Jean che sganciando i suoi rampini, con un urlo di rabbia si mise a roteare verticalmente sguainando le sue spade e tagliando perfettamente il braccio del Gigante.
Subito dopo essere passato attraverso la carne del mostro, Jean scagliò i suoi ganci piantandoli nel viso della sua preda e si avvicinò pericolosamente a questa; prima di essere troppo vicino, si issò in alto come se fosse su un'altalena e sganciò i cavi prima che questi potessero essergli di intralcio. Con un volo magistrale, Jean scavalcò con eleganza e rapidità il Gigante, portandosi alle sue spalle pronto ad attaccare la sua nuca.
Connie passò in mezzo alle gambe del Gigante dopo aver trovato appiglio nelle sue ginocchia e vi ruotò attorno per testare i riflessi del mostro. Dopo alcuni rapidi volteggi, decise di tagliare i muscoli dietro al ginocchio che lo facevano restare in piedi in modo da mettergli ancora più difficoltà, ma il gigante era ancora molto pericoloso.
Sasha decise di avvicinarsi con cautela, agganciandosi a una spalla del mostro ora che era stato distratto dall'improvviso cedimento delle sue gambe, e al momento opportuno si lanciò contro di lui per tagliare via la sua intera spalla, lasciandolo con solo un moncone e nient'altro per attaccare i soldati.
<< Bel lavoro, ragazzi! >> Esclamò Jean, che ancora volteggiava in aria grazie alla forte spinta che si era dato e si preparava a scendere per dare il colpo finale al Gigante. Però, attaccando, non aveva messo in conto l'ultima difesa del mostro che avrebbe potuto ucciderlo in quel momento: sentendolo arrivare alle proprie spalle, il Gigante riuscì a girarsi facendo ruotare il collo in una maniera quasi inumana per tentare di afferrarlo al volo con la bocca e divorarlo. Lo slancio che aveva preso Jean era talmente forte che non avrebbe avuto il tempo di fare nulla per schivare quel colpo, sarebbe stato ucciso sicuramente se non fosse intervenuto il capitano Levi con uno scatto felino da chissà dove, facendo saltare con un taglio netto l'intera mascella del suo enorme cranio.
<< La prossima volta assicurati che un Gigante non possa reagire in nessun modo, prima di scoprirti così! >> Gli disse con tono seccato, lanciandogli un'occhiataccia mentre le sue funi lo tiravano via dal mare di sangue venuto fuori dal volto del mostro dilaniato.
Jean non ebbe il tempo di chiedere scusa né ringraziare il capitano: ormai era proiettato verso il punto debole del Gigante e si lasciò trascinare dalle funi per affondare il colpo con un taglio netto, estraendo dalla carne del Gigante la parte contenente il corpo originale.
Connie osservò quel pezzo di carne volare via con un po' di dispiacere, pensando ancora a quelli che erano stati trasformati in Giganti per essere mandati a morire a quel modo, o a uccidere in maniera tanto brutale e selvaggia. Era contento della buona riuscita dell'esecuzione, ma non poteva non esserci un po' di rimorso in ciò che facevano, pensando che a morire veramente fossero delle persone innocenti…
Jean finì a terra per l'impeto che lo prese. Sembrava essersi concentrato esclusivamente sul punto dove colpire, lasciando da parte la distanza tra lui e l'obiettivo, la velocità di avvicinamento e l'altezza da terra. Per sua fortuna, anche il suo atterraggio sembrò eseguito ad arte e il ragazzo piantò con grande forza un palmo nel terreno, mentre l'altra mano rimaneva al suo fianco e le gambe si piegavano quasi eccessivamente per ammorbidire quell'atterraggio. Alla fine Jean si rialzò da terra con un sorriso vittorioso.
<< Grazie per avermi salvato la pelle, capitano! >> Ringraziò ad alta voce il ragazzo, rivolgendo lo sguardo in alto verso il piccolo soldato che continuava a volteggiare cercando un punto dove atterrare. Levi nemmeno rispose, si limitò a sbuffare sapendo che se non ci fosse stato lui, a quell'ora forse nessun della sua squadra sarebbe lì…
<< Lo abbiamo eliminato? >> Chiese Sasha scendendo di quota e avvicinandosi al corpo in evaporazione del Gigante, riverso per terra. Connie era lì, si voltò a fissare la ragazza mentre si avvicinava e annuì in silenzio.
<< Un altro è andato… >> Mormorò pensieroso, chiedendosi quanti ne avessero uccisi ormai…
La voce di Levi dall'alto li raggiunse:<< Non restatevene lì impalati! >> Si voltarono tutti quanti e lo videro mentre si allontanava da quel punto per dirigersi da un'altra parte, dove avrebbe affrontato altri Giganti. << Dobbiamo sbrigarci a ristabilire l'ordine, altrimenti i Giganti potrebbero sfondare le nostre ultime difese! >>
<< Ha ragione. >> Disse Jean alle spalle dei due ragazzi, avvicinandosi a loro. Non c'era tempo da perdere a contemplare le prede abbattute, non avevano il tempo di riprendere fiato né di scambiare qualche parola… Dovevano solo combattere. << Prima sconfiggiamo i Giganti, meglio sarà per tutti… >>
Vedendo Jean avvicinarsi, a Connie saltò in mente una domanda che non riuscì a tenere per sé:<< Ma… Possibile che fosse solo questo il loro piano? >>
Jean si fermò accanto a lui e a Sasha e lo guardò incuriosito; anche la ragazza si voltò a chiedergli cosa intendesse dire.
<< Se… Se Reiner gli ha raccontato di noi, sapranno che ormai i Giganti non sono una così grande minaccia. Eppure fino ad ora abbiamo incontrato solo loro… >>
Jean si guardò intorno con spavalderia. << Probabilmente saranno troppo vigliacchi per affrontarci a viso aperto e sperano che i Giganti ci indeboliscano il più possibile, prima di attaccarci con tutte le loro forze. >>
Connie ribatté:<< Ma quelle navi sono rimaste ferme ad aspettare, come se fossero sicuri della riuscita dei Giganti. Non abbiamo mai sentito neanche un colpo di cannone provenire dalla Barriera… >>
A quel punto Jean si voltò a guardare con aria pensierosa la cima della Barriera, dove avevano lasciato il gruppo guidato da lui, adesso nelle mani della giovane Briest. << Pensaci un attimo: con tutta la confusione che c'è qua sotto, pensi veramente che avremmo sentito qualsiasi cannonata da lassù? >> Jean aveva delle buone argomentazioni dalla sua parte, ma per qualche motivo Connie non pensava che si stesse consumando una battaglia furiosa sulla Barriera; non pensava che si stesse consumando alcuna battaglia… << Ho mandato una squadra a fare da supporto ai miei ragazzi, non so neanche io come sia la situazione lì sopra… Ma è meglio non lasciare nulla per scontato! Tu senti altro, oltre alle urla dei soldati che muoiono? >> E con questo assunse un cipiglio ammonitore, come se volesse far sentire in colpa Connie per aver perso tempo con le sue domande infondate e cominciò ad avviarsi verso dove stava andando anche il capitano Levi.
Sasha si voltò per seguire Jean e rivolse uno sguardo perplesso al suo amico che ancora non si muoveva e rivolgeva lo sguardo a terra, dubbioso. Sentiva davvero altro, oltre alle grida di terrore dei suoi compagni che venivano divorati dai Giganti che lui non aveva ancora ucciso? Doveva veramente sentirsi in colpa, oppure aveva ragione a sentirsi così, come se qualcosa mancasse nella scacchiera di quella battaglia? Connie concentrò tutti i suoi sensi e cercò di capire se ci fosse qualcosa di sbagliato in quel campo di battaglia che lo circondava, se anche solo un granello di sabbia fosse fuori posto in quel momento; gli sarebbe bastata qualsiasi cosa per placare i suoi dubbi e tornare così alla battaglia.
E dopo un lungo momento passato con gli occhi chiusi e le orecchie tese ad isolare ogni suono che udiva, Connie identificò cosa non andava: un ronzio, un rombo insistente e spaventoso che – solo ora se ne rendeva conto – non lo aveva mai lasciato da quando si era svegliato quella mattina.
Alzò lo sguardo allarmato e in alto nel cielo, nascosto da alcune nubi grigie, il ragazzo avvistò uno di quegli strani oggetti volanti corazzati. << E' ancora qui! >> Esclamò guardandolo mentre continuava a ruotare in cerchio sopra le loro teste; più precisamente, sopra le teste dei soldati e dei Giganti impegnati nella battaglia. << Quel coso volante è ancora qui! >> Urlò cercando di far capire cosa stesse dicendo, attirando l'attenzione di Jean, Sasha e anche del capitano Levi, che pur essendo distante si voltò a guardare per cercare di capire cosa stesse dicendo il ragazzo, e finì per alzare lo sguardo al cielo con curiosità.
Ora tutti quanti della squadra lo vedevano e ne erano terrorizzati. Cos'altro ancora avevano in serbo per loro quelle macchine portatrici di morte e distruzione? Che cosa stava facendo lì, per tutto quel tempo? Dall'arrivo dei Giganti nessuno aveva più fatto caso a loro, ma era evidente che quell'oggetto fosse rimasto lì sopra proprio per controllare la situazione e assicurarsi che quei mostri che aveva scaricato sulla terra facessero il loro lavoro. Oppure c'era qualche altro motivo perché fosse rimasto lì?
Proprio mentre lo guardavano, proprio dopo essersi accorti della sua presenza, dalla pancia di quel grosso oggetto volante dalle fattezze di un uccello venne fuori qualcos'altro: si aprì un portellone come l'altra volta e qualche piccola figura ne cadde con grande slancio.
<< Vogliono bombardarci di nuovo! >> Urlò Connie in preda al panico, che voltandosi afferrò da un braccio Sasha e la portò a terra con sé per potersi salvare dall'eventuale esplosione o onda d'urto che si sarebbe sprigionata dall'impatto.
Jean e Levi rimasero a guardare, invece. I loro occhi esterrefatti non riuscivano a staccarsi da quelle piccole figure nere e la curiosità di sapere cosa sarebbe arrivato da lì era più forte del terrore di essere uccisi: non potevano prevedere cosa sarebbe piovuto dal cielo questa volta, quindi era inutile preoccuparsene finché non lo avrebbero scoperto.
Con un lampo improvviso, dorato e accecante, una enorme figura scura e pelosa prese forma nel cielo sotto quell'oggetto volante che aveva lasciato cadere quelle piccole sagome. Ci fu un grande ruggito che scosse la terra, e pochi istanti dopo dal fumo venne fuori l'enorme sagoma del Gigante Bestiale, con le sue lunghe braccia aperte come se volesse afferrare qualcosa davanti a sé.
Il Gigante ricoperto di pelo atterrò in piedi facendo tremare la terra. Alcune case che erano state già danneggiate dagli altri Giganti crollarono definitivamente per le vibrazioni e per un attimo rimasero tutti a guardare in punto dove era atterrato quel mostro.
Nello spiazzo in cui si trovavano, Connie e gli altri non riuscivano a vedere bene cosa stesse succedendo: decisero di raggiungere il capitano Levi in cima a un tetto per poter osservare meglio la situazione. Quando lo raggiunsero, il capitano era immobile e osservava con occhi esterrefatti l’enorme figura del primate che torreggiava sopra alle teste dei soldati terrorizzati alla sua vista, confusi e incerti su come affrontarlo. Di sicuro, il Gigante Bestiale era il più spaventoso di tutti loro…
<< Dobbiamo intervenire, capitano! >> Suggerì Jean facendo un passo in avanti, sapendo quanto fosse pericoloso il Gigante che avevano di fronte, ma conoscendo bene anche le capacità del loro leader. Sapeva poi che non potevano permettersi di lasciare tutto quanto al caso, non potevano abbandonare i loro commilitoni in quel momento così delicato: era per momenti simili che esisteva la squadra Levi.
Levi rimase in silenzio a fissare il mostro urlante e scalciante lontano da loro, mentre intanto i Giganti cominciavano a muoversi in maniera più coordinata e precisa, seguendo degli schemi più complessi. Il sangue sugli abiti del capitano stava ancora evaporando, la sua espressione era difficile da decifrare ma i suoi occhi spalancati fissavano intensamente il Gigante Bestiale. << No. >> Disse a un certo punto, spiazzando i suoi compagni di squadra e facendo venire i brividi ad alcuni di loro. Levi si voltò rivolgendo uno sguardo quasi sforzato, il volto pallido e uno strano sorriso sghembo sul volto:<< Ci andrò io da solo. Voi non vi intromettete! >>
Gli occhi di Jean si allargarono per lo stupore, mentre il ragazzo indietreggiava confuso e spaventato da quel ghigno misterioso del capitano. << Che cosa sta dicendo? >> Chiese incredulo, pensando che fosse impazzito.
Levi non mosse un muscolo. << Quel bastardo ed io abbiamo un conto in sospeso. Non intromettetevi e andrà tutto bene. >>
<< Dovremmo restare qui a guardarla mentre combatte, signore? >> Chiese Sasha, indignata dall’ordine del capitano che non aveva intenzione di ricevere il loro aiuto.
Ma Levi scostò lo sguardo e lo rivolse al villaggio, dove i Giganti sembravano essersi organizzati per convergere verso il Gigante Bestiale e difenderlo dall’assalto dei soldati. << Non sto dicendo questo. Ci sono ancora molti nemici di cui occuparsi… Se eliminaste quelli, ve ne sarei molto grato. >>
Connie e Sasha rivolsero lo sguardo al villaggio: la distruzione e la morte erano ovunque in quel luogo. Ormai i Giganti avevano messo a soqquadro l’intero avamposto Gloria e ciò che ne era rimasto andava difeso con i denti e con le unghie per evitare che quella si trasformasse in una vera e propria carneficina. Connie e Sasha avevano compreso l’importanza della loro missione, anche se non comprendevano appieno la decisione di Levi di andare da solo… Pensava di essere l’unico in grado di fronteggiare il Gigante Bestiale, oppure c’era qualcosa di più a spingere il soldato?
<< D’accordo, capitano… >> Disse Connie a un certo punto, suscitando l’avversione di Jean. Ma il ragazzo mise una mano sulla spalla al suo amico per trasmettergli di restare calmo e ascoltare bene le sue parole:<< Lasci a noi il compito di tenere lontani gli altri Giganti! Lei si concentri su quello… >>
<< E faccia in modo di tornare sano e salvo! >> Concluse la sua frase Sasha, facendo un passo in avanti per avvicinarsi di più a Levi.
Il capitano guardava con occhi infossati il Gigante Bestiale. Sembrava non aver nemmeno sentito le loro risposte, ma comunque lasciò intendere di non avere alcuna intenzione di morire quel giorno. << Ho fatto una promessa… >> Mormorò quasi a sé stesso, sollevando una spada e portandola vicino al viso. << Farò a pezzi quel bastardo, costi quel che costi! >>
Dopo aver pronunciato quelle parole, Levi scattò via dal tetto e cominciò ad avvicinarsi a gran velocità al Gigante Bestiale. Anche da lì si poteva vedere la furia nei suoi movimenti e molti dei soldati che erano impegnati a lottare con il Bestiale sembrarono farsi da parte quando videro arrivare il capitano Levi a quella velocità.
Jean si voltò verso Connie, infuriato. << Ma che ti è saltato in mente?! Vuoi mandare il nostro capitano a lottare da solo con il più forte di tutti loro? >> Chiese alzando la voce con il ragazzo più basso di lui.
Connie non staccò gli occhi dal capitano Levi e rispose con calma:<< Quello è Levi! Lui ha affrontato il Bestiale, sa quello che fa, ed è il più determinato di tutti noi ad affrontarlo. Se dovessimo unirci a lui, gli saremmo solo d’intralcio in questa battaglia… >>
Jean sembrò calmarsi, ma continuò comunque a protestare. << Sì, ma… Non abbiamo idea di cosa potrebbe accadere! >>
Connie sorrise voltandosi a guardare Sasha. << Io direi di dargli fiducia… >>
La ragazza rispose con un altro sorriso a quello mandato dal suo amico. Levi, proprio come Connie, aveva fatto una promessa a qualcuno riguardante il Gigante Bestiale; questo significava che si sarebbe impegnato al massimo per portare a compimento quella promessa, proprio come avrebbe fatto Connie. Si erano capiti subito con uno sguardo.
Prima che i tre potessero tornare a guardare avanti, un altro lampo nell’aria illuminò l’intero avamposto: una luce accecante, dorata, un fulmine che questa volta venne fuori dal terreno dando forma a una figura alta e muscolosa, fumante e in preda alle convulsioni. Per un attimo avevano temuto al peggio, l’arrivo di un altro Gigante speciale, ma poi i tre ragazzi riconobbero in quella figura agitata e muscolosa il Gigante del loro amico Eren, che probabilmente doveva essersi stufato di restare nascosto e aveva deciso di entrare nella battaglia sotto forma di Gigante.
Jean non sembrò essere contento come i sue due amici, alla vista di Eren. << Quell’idiota… >> Mormorò stringendo con rabbia un pugno.
Eren cominciò a ruggire con rabbia verso il Gigante Bestiale, che si voltò verso di lui con aria di superiorità, e prese a corrergli incontro deciso ad affrontarlo apertamente.
<< Vuole davvero combattere contro il Gigante Bestiale? >> Commentò incredulo Connie, pensando che il loro amico, nonostante la sua forza, non fosse ancora all’altezza di un elemento come il Bestiale.
Jean era furioso. Sguainò le sue spade e saltò via dal tetto gridando:<< Brutto bastardo, se metti in pericolo Mikasa con i tuoi istinti suicidi te la vedrai con me! >>
Vedendolo andare via, Sasha chiamò Connie. << Andiamo! >> Gli disse con un rapido cenno della testa. << Dobbiamo fermare i Giganti! >>
Connie la guardò confuso. << Ed Eren? >> Chiese sapendo che il capitano Levi non sarebbe stato contento dell’intervento del ragazzo.
<< Lasciamo fare a loro! In un modo o nell’altro, riusciranno a prevalere… >> La risposta di Sasha chiuse il discorso, ma dal suo tono la ragazza non sembrava per niente sicura di quello che aveva appena detto. Eren aveva dimostrato spesso di essere sempre un gradino più in basso rispetto agli altri avversari che si era ritrovato davanti, qualunque fosse stato il suo addestramento; la sua irruenza e il suo temperamento lo avevano portato spesso a combattere senza metterci testa. Entrambi lì speravano che avesse imparato dai suoi errori precedenti…
Connie annuì pensieroso e si mise subito a inseguire la sua amica. Ora la battaglia si faceva seria: Eren era sceso in campo contro al Gigante Bestiale, loro erano rimasti senza il capitano Levi e un esercito di Giganti si faceva sempre più vicino; forse anche le navi dall'altra parte della Barriera stavano attaccando, ma loro non lo potevano sapere. Loro dovevano restare ai loro posti, portare a termine il loro compito fino alla fine e restare fedeli ai propri compagni!
Se si fossero fidati tutti l'uno dell'altro, la cooperazione tra le forze sarebbe stata molto più efficace e non ci sarebbe stato pericolo di perdere inutilmente dei soldati. Ognuno doveva svolgere il proprio compito, e quello di Connie, Sasha e Jean era quello di tenere lontani i Giganti dal capitano Levi e difendere i civili ancora dispersi.
Ma un piccolo bagliore attirò l'attenzione del ragazzo mentre volteggiava tra i tetti delle case, appigliandosi alle torri e agli alberi poste appositamente per favorire la manovra tridimensionale. Fugace, traballante, impercettibile: avrebbe potuto chiamarlo in qualunque modo, eppure in quel momento Connie sapeva benissimo di aver visto qualcosa di ben chiaro.
Non poteva lasciare il gruppo, ma il suo istinto gli diceva che avrebbe dovuto farlo: avrebbe dovuto venire meno al suo giuramento di difendere i civili ed eliminare i nemici per andare a seguire una sua fantasia che forse avrebbe potuto rivelarsi nient'altro che del fumo nei suoi occhi… Eppure doveva andare, sentiva che se non lo avesse fatto si sarebbe pentito amaramente della sua scelta.
<< Sasha! >> Chiamò ad alta voce mentre la ragazza continuava ad avanzare rapidamente tra le case. << Faremmo meglio a dividerci per poter coprire una zona più vasta ed eliminare più Giganti. >>
La ragazza sembrò non apprezzare quella idea, che tentò di bocciare. << Eh? >> Chiese contrariata. << Ma siamo la squadra Levi. Siamo l'elite della Legione. Dobbiamo restare uniti! >>
<< L'elite dovrebbe andare ad aiutare quei gruppi più deboli che non ce la fanno da soli, non restare a concentrarsi solo su un punto! >> Ribatté prontamente lui, sapendo come rispondere a ogni evenienza.
<< Ma… >> Sasha si voltò per un attimo a rivolgere uno sguardo incredulo a Connie, prima di voltarsi di nuovo e deviare la sua traiettoria per evitare di andare a sbattere contro l'albero a cui si era agganciata. Connie approfittò di quel momento di incertezza per convincerla con qualche altra parola.
<< O forse hai paura che io non torni indietro? >>
Sasha rallentò nello stesso istante in cui Connie disse quelle parole e si voltò nuovamente a guardare con serietà il ragazzo, fissandolo negli occhi e cercando di decifrare quel suo sguardo determinato; Connie non avrebbe lasciato trasparire alcuna emozione.
Anche Connie rallentò per non rischiare di andare a sbattere e rimase ad attendere una risposta da parte di Sasha, sicuro di ottenere il suo permesso per lasciare la squadra e andare a cercare quel bagliore che aveva notato prima.
Alla fine, con uno sbuffo spazientito, la ragazza distolse lo sguardo scuotendo la testa e tornando a guardare avanti. << E va bene! Muoviti a raggiungere la zona ovest del cerchio, io parlerò della tua idea a Jean e lo convincerò a lasciarmi andare a est… >>
Connie esultò in silenzio prima di ringraziare Sasha, ma la ragazza lo fermò prima che potesse concludere la sua frase.
<< Connie! >> Disse chiamandolo con tono gelido. << Ricordati la promessa che mi hai fatto! >>
Gli occhi di Sasha fulminarono per un attimo il volto di Connie, di sbieco e molto rapidamente, ma nonostante ciò il ragazzo sentì su di sé una forte pressione che lo fece rabbrividire. Non sapeva cosa avrebbe trovato una volta allontanatosi, non sapeva se sarebbe stato qualcosa di positivo o se ci avrebbe rimesso la vita… Ma aveva fatto una promessa, e avrebbe dovuto mantenerla a qualunque costo!
<< Sì! >> Esclamò stringendo con forza le impugnature delle sue spade, mentre intanto la ragazza tornava a guardare davanti a sé e segnava così la loro definitiva separazione.
Connie deviò subito la sua traiettoria per andare a seguire quel bagliore che aveva avvistato prima. Si era allontanato molto dal punto dell'avvistamento, quindi a quel punto aveva quasi dovuto invertire completamente la rotta e ripercorrere la sua strada. Quando fu tornato al punto dove aveva avvistato quel bagliore, cominciò ad aguzzare la vista e si guardò intorno freneticamente, infilandosi tra le viuzze strette e poco illuminate tra le poche case rimaste in piedi.
Si appollaiò su una trave di legno che passava da una casa a un'altra e buttò un occhio nella strada che passava perpendicolare alla sua direzione, facendo girare la testa da destra a sinistra in modo molto ampio. Il ragazzo rimase in silenzio per alcuni secondi, concentrato su qualunque tipo di suono che potesse raggiungere le sue orecchie; stava cercando di mettere a frutto gli insegnamenti sulla caccia di Sasha, anche se in quella situazione il ragazzo non avesse idea di cosa stesse cacciando veramente…
A un tratto un movimento attirò la sua attenzione giusto in tempo per farlo reagire saltando via dalla trave e schivando così il morso di un piccolo Gigante che si era avvicinato con passo felpato e gli era saltato addosso proprio all'ultimo istante.
Connie attivò la manovra tridimensionale e si allontanò da terra per poter osservare con più calma quel Gigante che procedeva saltando su quattro zampe, e che adesso lo guardava sbavando e masticando inconsapevolmente il legno che aveva catturato tra i suoi denti. Ci era mancato poco perché non diventasse uno di quei tanti soldati morti senza che nessuno sapesse come; aveva rischiato di fare la fine di tanti altri suoi vecchi amici, diventare un altro cadavere senza nome…
Era tutto qua quello che aveva notato prima? Si trattava solo di un Gigante di piccola taglia? Una grande rabbia salì dentro Connie, che con una smorfia infuriata si lanciò addosso al mostro saltando giù dal suo punto sicuro.
I rampini si incagliarono nel lastricato a terra, ai fianchi del Gigante mentre questo fremeva per l'arrivo del soldato, e Connie si lasciò tirare verso di lui a grande velocità. Cominciò a roteare e prima che fosse troppo vicino, arrestò con un colpo secco la sua avanzata sganciando i rampini da terra e sferrando un colpo violentissimo alla bocca spalancata del Gigante, che si ritrovò senza più i muscoli che gli consentivano di chiudere la mandibola. Prima di cadere a terra, Connie scagliò tre colpi consecutivi che ferirono il volto del Gigante e gli impedirono di contrattaccare in alcun modo: finendo il suo giro, il ragazzo alzò prima il braccio sinistro in senso trasversale, poi quello destro, e infine incrociò le lame di entrambe le spade per dare un colpo netto e violento al volto del mostro e accecarlo in questo modo.
Quando Connie si ritrovò a terra, non perse tempo: si mise subito a correre lateralmente e cominciò a ferire le gambe e le braccia del Gigante per farlo cedere, mentre intanto questo brancolava nel buio e cercava di voltarsi per non essere colpito ancora. Connie scagliò un rampino sul muro di una casa per ruotare rapidamente attorno al Gigante e poter così attaccare i suoi arti dall'altro lato, ma con un movimento scomposto quello intercettò il suo spostamento e lo fece cadere a terra, dove strisciò per parecchi metri infilandosi in una stretta viuzza in cui forse sarebbe riuscito a passare anche il Gigante.
Il ragazzo si rialzò da terra con fatica e cercò di trovare un appiglio valido che lo aiutasse in quella situazione; prima che riuscisse a sollevarsi in aria, però, Connie fu assalito dal Gigante, che lo prese a testate come un animale inferocito facendolo volare per una ventina di metri nella strada.
Connie finì per essere scaraventato fuori dalla via e si ritrovò in uno spiazzo dove non erano rimaste nient'altro che macerie delle abitazioni, e sbatté con forza a un muro quasi del tutto distrutto. Guardò con la coda dell'occhio il Gigante che lo caricava furiosamente, desideroso di mangiare la sua carne, bramoso di morte. Non era quello il momento di morire!
Connie si rialzò da terra dandosi un grande slancio e sguainando le spade, che rimasero puntate verso il terreno sotto i suoi piedi; raccogliendo le gambe e sperando che il Gigante non cambiasse improvvisamente direzione, calcolò il punto in cui si sarebbe fiondato il mostro per azzannarlo e si rese conto di poterlo facilmente scavalcare con un salto. Così strinse i denti e sperò di avere ragione: quando la testa del Gigante passò appena pochi centimetri sotto le suole dei suoi stivali, con gli occhi opachi fissi su dove aveva focalizzato la figura di Connie un momento prima, il ragazzo sentì di aver vinto la sua scommessa.
Con una punta di euforia dentro di sé, Connie lasciò che le lame tagliassero in profondità la nuca del Gigante e tranciassero via il suo punto debole, mentre questo andava a schiantarsi con la faccia al muro dove aveva sbattuto lo stesso Connie un momento prima. Il ragazzo quasi non riuscì a credere di essere sopravvissuto e quando mise di nuovo piede a terra si sentì cedere le ginocchia.
Tremante, euforico, in preda a una crisi nervosa, il ragazzo si lasciò andare a numerosi sospiri affannosi, cercando di dare un senso a tutto quello che stava facendo. Si era allontanato dal gruppo costringendo Sasha ad accettare la loro divisione, aveva lasciato che il suo istinto lo guidasse senza alcuna prova certa verso nient'altro che un semplicissimo Gigante classe cinque metri e aveva lasciato ai suoi pensieri di offuscare la sua mente, rischiando così che quel piccolo Gigante lo divorasse senza problemi. Ma che diavolo gli stava succedendo?! Qual era il suo problema quel giorno? Perché non riusciva a mantenere la concentrazione alta per più di dieci minuti, lasciandosi trasportare dalle emozioni come un idiota? Che cosa gli aveva fatto pensare che quel bagliore che aveva intravisto prima fosse qualcosa di importante? Che cosa aveva creduto che fosse realmente?
<< Guarda chi si rivede… >> Disse una voce da una posizione sopraelevata. I pensieri di Connie smisero istantaneamente di scorrere quando quella voce raggiunse le sue orecchie, e il ragazzo si ritrovò immobile a fissare il vuoto, incredulo di aver sentito proprio quella voce. << Non mi aspettavo di vedere proprio te, tra tutti quanti… >>
I suoi occhi guizzarono verso il punto di provenienza della voce e avvistarono una sagoma in controluce alta e statuaria, posta in cima a un cumulo di macerie, visibile attraverso i fumi emanati dal corpo del Gigante rapidamente in decomposizione. Quella voce, quel tono, quella figura così fiera… Un nome apparve nella mente di Connie, ma il ragazzo non riuscì a pronunciare le parole e rimase a boccheggiare con occhi sgranati mentre il ragazzo biondo in cima alla montagna di macerie gli rivolgeva uno sguardo mesto, impietosito.
   
 
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