Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
Segui la storia  |       
Autore: HimeHime    03/08/2017    1 recensioni
Questa storia era partita come una one shot sulla relazione tra Sansa e Jon Snow, che mi sta piacendo tantissimo e che mi sono divertita ad immaginare qualche giorno (o mese) più avanti, rispetto a dove siamo rimasti con la serie tv, e cioè al fatidico momento dello scontro con i White walkers.
Era una One Shot principalmente perchè era da tempo che non scrivevo e che non mi facevo viva su questo sito e non ero sicura di non ritrovarmi troppo arrugginita, per impegnarmi di più.
Poi la storia è andata alla grande, ho avuto riscontri positivi e non me la sono più sentita di abbandonare questi personaggi che amo sempre di più di settimana in settimana. lì dove li avevo mollati.
Quindi spero continuerete a seguirmi e recensire! vuol dire davvero molto per me!!!
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jon Snow, Sansa Stark
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
CIIIIIIIAOOOOOO A TUTTI! 
Mi sono accorta che la scorsa volta non ho messo neanche un accennino-ino-ino di saluto, tanto ero presa dal finire di scrivere e pubblicare il capitolo al più presto. 
Oggi, quindi, me la prendo con più calma. 
Innanzitutto grazieeee infinite a tutti voi che siete arrivati fin qui: spero che continuerete a seguirmi anche dopo questo capitolone stra lungo e "mattonoso".


Per quanto riguarda il capitolo, ecco che entriamo nel bello, la battaglia è arrivata e i nostri si preparano ad affrontare il re della notte. Ovviamente è ancora una Jonsa, ma mi sono trovata a dover far fronte a qualcosa di inaspettato (dal momento che questa storia era stata progettata come una one shot e quindi non sarebbe dovuta arrivare a questo punto): insomma, in questo capitolo, mi sono sentita in dovere di descrivere e far entrare brevemente anche altri personaggi secondari (Tyrion, Bronn, Jaime, Brienne, quelli che noi tutti conosciamo bene, insomma), perchè pur sempre della battaglia finale si tratta, e spostare tutta l'attenzione su Jon e Sansa solamente mi sembrava estremamente oooof topic, ma davvero tanto. Ho cercato di non strafare, di rendere tutto abbastanza piacevole e di condirlo con un po' di romance, quindi spero che mi seguiate anche in seguito e non vi facciate scoraggiare dalla lunghezza della cosa (e soprattutto che mi diciate la vostra, se commenterete, anche su questi altri personaggic he ho aggiunto e provato a descrivere: che cosa ne pensate, vi piacerebbe vederli ancora, o torno a concentrarmi su Jon e sansa??) 

Mi sono dilungata anche troppo, ciao e buona lettura!!!
---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------





Fuori da Grande inverno c’erano gli accampamenti dei Lannister, Tully e Targaryen.
Anche Daenerys aveva dormito fuori, in una tenda sistemata poco più in là, perché molti dei signori del nord non si fidavano ancora, di dormire fianco a fianco con tre enormi bestie sputafuoco.
Avevano cavalcato per quasi mezza giornata, driti incontro agli estranei; La notizia che questi avevano distrutto la barriera, passando il confine, era arrivata solo un giorno prima, assieme a Edd L’addolorato che era riuscito a salvare se stesso e pochi altri pochi altri dalle grinfie del re della notte.
Jon l’aveva abbracciato con aria corrucciata, e aveva sentenziato l’entrata in guerra.
Non ci aveva pensato un attimo, o forse lo aveva fatto, per giorni e mesi, dalla notte in cui la donna rossa l’aveva portato indietro, senza dare da intendere a nessuno ciò che lo turbava.
Sembrava tutto un sogno – un incubo. Sansa non credeva possibile di star vivendo quello che vedeva difronte a se.
L’esercito più grande che aveva mai calcato i territori del Nord, era pronto a scontrarsi con la schiera dei non morti. Se glielo avessero raccontato non avrebbe creduto a quella storia: sembrava uno dei racconti della vecchia Nan, una delle sue vecchie leggende condite di presagi e terrori. A Sansa non erano mai piaciute, si chiedeva perché dovesse raccontare quelle stupide storie dell’orrore quando si poteva parlare di principi e principesse, castelli e atti di coraggio.
Ma ora erano quelli di quegli uomini malridotti, bruti e cittadini del westeros, gli unici atti di coraggio che contavano.
Si rendeva conto solo ora di quanto le storie che prima amava sentirsi raccontare fossero ancora più surreali di quegli oscuri racconti nella bocca di Nan.
La verità era un’altra, e Jon ne sapeva qualcosa.
Aveva fatto difficoltà a credergli, qualche tempo prima, quando si erano riincontrati. E invece ora si rendeva conto di quanto ancora una volta era stata lei la stupida, la bambina che non voleva ascoltare, che preferiva dipingersi la vita a colori brillanti, invece che con quelli freddi e cupi del mondo in cui vivevano.
Erano quelli i veri eroi.
Jon, era un vero eroe: l’uomo che combatteva di fronte a lei tra il fango e il sangue dei nemici.
Tyrion, suo marito, con il suo volto tagliato e le gambette di nano, che eppure faceva ciò che poteva.
Brienne, la donna d’onore, l’orsa senza macchia, la possente.
Anche Bronn e Tormund, Dondarrion e il prete rosso di Myr, per quanto mercenari, bruti e fuorilegge.
E Jaime Lannister; anche lui, alla fine, si era schierato dalla giusta parte. Sansa aveva fatto difficoltà ad accettarlo: ogni volta che la guardava, lei sentiva su di se’ lo sguardo idifferente di quei giorni ad approdo del re, quando senza fare una mossa guardava il figlio che la torturava. Ma Brienne aveva un’altra opinione di lui, e lei aveva imparato a fidarsi di Brienne. E poi ora sapeva riconoscere le persone, e vedeva nello sguardo di Jaime qualcosa di diverso, l’umiltà di chi non riesce a perdonarsi per aver commesso un errore.
Jaime, dopotutto, le ricordava così tanto se stessa, quando era arrivata quasi a vendere il padre e la sorella, accecata dall’amore che provava per Joffrey. Dopotutto per il suo stesso errore, Lady, la sua lupa , aveva perso la vita, e Jory Cassel e altri uomini del nord: come poteva, ora, accusare Jaime?  
I veri eroi non indossano armature scintillanti e vesti eleganti, i veri eroi sono sporchi, feriti, ammaccati, perché non si tirano indietro di fronte alle sfide. Non comandano l’esercito dalle retrovie, ma scendono in campo in prima linea.
Ecco perché Jon aveva rifiutato di montare Rahegal, il drago che portava il nome del padre, del suo vero padre: perché voleva stare in mezzo ai suoi uomini, a quelli che si erano battuti con lui fin dall’inzio.
Eppure la bestia lo seguiva dall’alto come un’ombra: sterminava i nemici con il suo alito di fuoco alla sua destra e alla sua sinistra. Lo difendeva con un battito di ali o disarcionando i cavalieri con le zampe anteriori, sembrava che sentisse con lui un legame più forte di quello che aveva con la sua stessa madre.
 
**
 
La battaglia era cominciata da tempo.
I vessilli del Nord e delle casate alleate, dei Targaryen e dei Lannister erano ormai invisibili in mezzo a quel mare di uomini.
I colori terrosi di sangue e fango la facevano da padrone; la neve era diventata una poltiglia sporca, sotto gli stivali dei soldati. Alcuni specchi di ghiaccio qua e là facevano scivolare i cavalli disarcionando i soldati.
Podrik Pain era caduto; Sansa aveva sentito Brienne gemere al suo fianco: la prima e unica reazione da donna, che avesse sentito fino a quel momento in bocca alla donna.
“Puoi andare, Brienne”
Ogni muscolo della donna fremeva, voleva entrare in battaglia. Era come se Sansa potesse vederla sotto i vestiti, l’armatura e la cotta di maglia. L’orsa dell’isola di zaffiro era stata abituata a combattere fin da che ne avesse ricordo; nessuno le aveva mai insegnato ad essere una lady, ad aspettare paziente, mentre gli uomini combattevano nel campo di battaglia. Sansa non poteva nemmeno immaginare come si sentisse, quando anche lei non riusciva più a trattenersi, seguendo il fratello e i suoi cavalieri con gli occhi.
Eppure Brienne era una donna d’onore, e il suo voto la legava a Sansa, e alla promessa che aveva fatto al Re del Nord, di tenerla al sicuro.
Il corpo di Podrik, ora, era in balia dei cavalli e degli estranei. Era uno spettacolo difficile da guardare:
“ Puoi andare, ho detto. So che hai fatto una promessa a Jon, ma il tuo voto ti lega a me. Prometto che rimarrò al mio posto.”
Brienne non sembrava convinta, ma Sansa intuì che era solo una cosa quella che stava aspettando:
“Te lo ordino. Vai e porta indietro il corpo del ragazzo. Poi torna in dietro e vendica la sua morte”
L’Orsa sembrò sollevata, e senza farselo ripetere lasciò le redini in una corsa all’impazzata verso il centro della battaglia.
                Anche Bronn era stato ferito, insieme a una manciata di uomini delle tribù delle montagne che, una volta ancora, combattevano al fianco del folletto.
Aveva preso un colpo di spada in piena guancia, e stava sanguinando così copiosamente che Sansa si chiedeva come facesse a respirare. In tutta risposta aveva sfilato un arakh dalla cinto del primo dothraki che gli era capitato a tiro, e aveva sbudellato due o tre uomini di ghiaccio con un colpo solo. Sapeva che non sarebbe servito a niente, visto che l’arma non era fatta di vetro di drago, ma era un modo per prendersi la sua rivincita, prima di dar loro il colpo di grazia con la sua spada d’ossidiana.
Lui e Jaime combattevano uno alla destra e uno alla sinistra di Tyrion, proteggendo quello che in un modo o nell’altro era un fratello per entrambi.
Sansa si disse che il folletto non aveva niente da invidiare agli altri cavalieri, in quanto a grinta. Era stato lui a voler combattere, sostenendo che non era più tempo per le parole, seppure quella era la cosa in cui era più bravo “se perdessimo la battaglia, dubito che il Re della Notte mi accetti come suo consigliere, tanto vale dare prova di quel poco che ho imparato da quel bastardo di mio padre”.
Anche l’altro Lannister si batteva con ferocia: pur con la mano sinistra il suo modo di combattere era leggero come una danza, agile  e sgusciante come un animale selvatico.
                Tormund e Spettro erano due belve, al fianco di Jon Snow:era difficile dire chi fosse l’animale e chi la persona.
Se suo “fratello” non avesse portato i bruti, chissà a quel punto dove sarebbero finiti.
                E poi la regina dei draghi, che volava distante e imperiosa sopra le teste degli altri. Cavalcava Drogon, il drago rosso, incenerendo i nemici più lontani, prima ancora che si avvicinassero agli altri.
Daenerys, l’ultima Targaryen, o almeno così si pensava prima che Jon venisse a sapere la verità sulla sua nascita. Daenerys nata dalla tempesta, la non bruciata, la regina venuta dall’est.
Daenerys.
Solo al pronunciarlo, molti uomini dell’ovest rabbrividivano.
Le casate del sud si erano inginocchiate al suo passaggio; tutte all’infuori di cersei e i pochi che le erano rimasti fedeli. Prima che lei li bruciasse.
Ma gli uomini del Nord erano diversi. Per quanto non volessero ammetterlo, gli uomini del Nord erano più simili ai bruti che ai signorotti delle terre del sole: quegli uomini sceglievano il loro comandante secondo la forza e la giustezza che dimostrava al comando, e non a seconda del suo nome.
Jon Snow li aveva liberati dall’incombenza di doversi inginocchiare a colei che si proclamava regina, quando egli stesso non l’aveva fatto. E loro avevano scelto Jon Snow, di nuovo, anche dopo aver saputo. Perché Jon aveva tenuto quel suo nome da bastardo, perché Jon non aveva mai voluto essere Re, eppure aveva combattuto per il Nord con piùà ferocia di un vero lupo.
“Sei uno Stark, per me” gli aveva detto Sansa una volta.
Ora lei vedeva negli occhi di quegli uomini che lo era anche per loro: si fidavano, lo rispettavano, non l’avrebbero tradito come avevano fatto i suoi confratelli guardiani della notte.
                Jon era così diverso da quella regina di fuoco la cui espressione sembrava ghiacciata in uno sguardo inperioso.  C’era un fuoco, dentro Jon, che a Daenerys mancava.
Sansa la rispettava, è vero: da quello che aveva saputo la sua vita era non era stata meno difficile della sua. Sapeva che voleva dire essere promessa sposa, maritata e stuprata da un uomo di un popolo sconosciuto, un uomo brutale. Essere venduta, perdere la propria casa, venire tradita da coloro che si credeva amici, ma non riusciva più a vedere benevolenza  nello sguardo della Khaleesi.
Quella ragazza così giovane sembrava all’esterno una donna matura, anziana, con il cuore tramutato in pietra. Tutto quello che aveva vissuto l’aveva attaccata al cuore, agli organi vitali, espandendosi dentro di lei come una malattia, veloce e letale come il morbo grigio si narrava che fosse.
E poi c’era in lei quella consapevolezza di essere una Targaryen, quel sentirsi l’unica vera erede del sangue di drago che la rendeva così distante e inarrivabile. Se sansa aveva imparato qualcosa guardando la madre, Cat, e poi Cersei e Margaery, quel qualcosa ora le suggeriva che Daenerys non sarebbe mai stata una buona regnante, non come lo sarebbe stato Jon.
**
Jon ora avanzava verso la collina a nord ovest, dalla quale il Re della Notte comandava il suo esercito.
Spettro al suo fianco e Rhaegal al seguito.
Il lipo e l’uomo mordevano, fendevano e artigliavano un white walkers dopo l’altro, facendosi strada in mezzo all’orda dei non morti.
Sansa fu presa da una stretta allo stomaco, non potè farci niente, anche se sapeva che sarebbe toccato a lui: capiva che era compito del Re del Nord, scontrarsi finalmente con il re della notte. Non poteva esserci altra via, non c’era uomo più valoroso: quella sarebbe stata la battaglia decisiva.
Se ci fosse stato Ditocorto, pensò, sarebbe stato contento, nel vedere il ragazzo correre di così buona lena verso una morte quasi certa. Avrebbe messo su quel suo solito ghigno maligno, e avrebbe pensato che, per una volta, non aveva dovuto nemmeno perdere tempo a tramare, per ottenere quello che voleva.
Era sicura che anche una buona parte degli uomini del nord la pensavano allo stesso modo: non era così stupida da pensare che una piccola fetta degli Umber, dei Karstark e dei Mormont, che già non vedeva di buon occhio il giovane Snow, non aveva fatto i salti di gioia a venire a conoscenza del suo sangue Targaryen. Molti di loro, pensava, avevano accettato di chiamarlo ancora “Re del Nord”, solo perché sapevano che sarebbe toccato a lui, poi, vedersela nella battaglia più dura.
Quello era il modo più veloce per ammazzarlo. Quegli uomini avevano piantato un coltello nel petto di Jon, ancora più a fondo di quanto non avessero fatto i suoi confratelli, lì sulla barriera.
Sansa avrebbe voluto stanarli e ucciderli lei stessa uno per uno. Passarli a fil di lama come il padre usava fare con i traditori, per aver anche solo pensato che Jon potesse tradirli, e per aver accettato che si immolasse per il regno.
Al solo pensiero le sue dita fremevano. Si accorse di stringere tra le mani il pomo della spada che Jaime le aveva allacciato alla sella.
                Jon.
Erano così distanti, ora.
Jon. Avrebbe voluto dare di speroni e raggiungerlo; poter chiamare Viserion, il drago bianco, come riusciva a fare Bran, per farsi portare in volo fin da lui, ora che la battaglia era cominciata.
Jon.
Sansa sentiva una nuova stretta allo stomaco, ogni volta che il ragazzo menava un fendente o ne riceveva uno in risposta.
Fremeva dal sentirsi ancora una volta impotente, ancora una volta impossibilitata a far niente.
Jon!
Anche con Spettro al fianco quel mostro era più potente, più forte di lui. Lo superava di quasi due spanne e fendeva l’aria senza sentir ragioni.  Sembrava non provare stanchezza, implacabile, mentre il Re del Nord sudava e ansimava, boccheggiando ossigendo ad ogni stoccata.
Jon, Jon, JON!
Guardati alla destra, Jon.
Alla sinistra, ora: arrivano anche da là!
Come avrebbe fatto a vincere? Dopotutto, l’esercito dei non morti non conosceva nobiltà d’animo. Non avevano un etichetta da seguire, loro, potevano semplicemente attaccare alle spalle o sferrare un colpo a tradimento mentre il nemico era già impegnato ad affrontare qualcun altro. E pure con Spettro alle spalle, Jon rimaneva spesso scoperto, vulnerabile.
Perché nessuno lo aiutava? Perché nessuno gli guardava le spalle?
Sansa si guardò intorno: certo. Che stupida. Erano in mezzo a una guerra, nessuno poteva aiutare Jon perché ognuno era impegnato a salvare se stesso. Ognuno cercava di mantenersi in vita, come poteva, di vincere.
E che cosa stava facendo lei?
Li guardava morire.  Da tutte le parti: a destra a sinistra, dovunque girasse lo sguardo vedeva uomini del Westeros, Dotraki o immacolati cadere a terra incoscienti, formando ampie pozze di sangue che ormai non potevano più colorare quel ghiaccio già saturo.
Aveva perso di vista Brienne, ma Tyrion e Jaime erano sempre lì, davanti a lei, a metà della distanza che la separava da Jon. La situazione per Bronn era peggiorata: con il braccio sinistro già grondante sangue, per averlo usato come scudo, tra se stesso e un fendente a tradimento, ora anche l’altro era stato passato a fil di lama, tanto che faticava a stringere la spada. Le braccia gli cadevano lungo il corpo, come se le spalle non potessero più sostenerle.
Così gli uomini della notte si erano ricavati una via verso di Tyrion, che ora aveva il fianco sinistro scoperto. Il folletto, inesperto com’era, aveva iniziato a vedersela brutta e si era preso un colpo frontale in pieno elmo, che però gli aveva riaperto la cicatrice che portava nel volto e l’aveva fatto svenire.
Jaime, invece, non aveva perso un colpo. A vedere il fratello cadere era diventato una furia, proprio come Spettro accanto a Jon. Era irriconoscibile, ma sempre leggero, nella sua danza.
Aveva caricato il fratello sulle spalle e l’aveva messo su un cavallo, che aveva appena disarcionato il suo cavaliere moribondo. Ora menava fendenti a destra e a manca, dalla groppa dell’animale, arpionando Tyrion con il braccio monco di mano e tenendosi in equilibrio sulla sella con i soli muscoli delle gambe.
Una piccola parte di Sansa, sperò che potesse fare lo stesso per proteggere Jon; poi si morse la lingua, perché in fondo Tyrion era stato un uomo buono con lei,non meritava di morire.
Ora ser Davos si stava avvicinando al Re del Nord, ma era lento, e vecchio, e sicuramente non era un soldato.
Clang! Un’ascia risuonò cozzando contro la placca frontale di Jon, lacerandogli in parte le vesti sotto la spalla destra: un altro colpo a tradimento, che fece raggelare la ragazza per un attimo. Aveva sentito il suono chiaro e cristallino come se tutto fosse avvenuto lì, a due centimetri dal suo naso.
Il brivido di terrore che la percorse le diede una scossa di adrenalina tale da speronare il cavallo più forte di quanto avesse voluto, tirare le redini e buttarsi alla carica.
Jon intanto sie era sbilanciato indietro di un solo passo, alzando lungo artiglio in difesa.
“Sto arrivando!”
Il cavallo di Sansa filava dritto attraverso la battaglia, verso la collina in cui si trovava il suo Re come se i cavalieri e i non morti attorno a loro fossero fragili fili d’erba: non potevano farle del male, lei era immune dalla battaglia, immune da tutto quel dolore lì attorno, perché in quel momento c’era solo Jon.
E per un attimo ricordò Brienne e ciò che le aveva detto in uno dei loro addestramenti:
“ quando sei in battaglia, tutto cambia. Non avere paura, non ti preoccupare di non saper reagire, perché quando arriverà il momento, il tuo corpo e la tua mente sapranno esattamente cosa fare. Quando vedo un nemico, la mia testa si libera, e non riesco a pensare ad altro che al mio obiettivo; è l’istinto di sopravvivenza, e sono sicura che tu ne hai uno tanto forte quanto il mio, mia Signora.”
Brienne aveva ragione. Aveva sempre le parole giuste: Sansa, ora, vedeva solo Jon e i suoi avversari, il suo nemico. Si era lanciata nella mischia senza neanche il bisogno di pensare, e ora il suo braccio segnava archi attorno al cavallo con la spada senza che lei dovesse comandare di farlo. Anche il cavallo sembrava sentire quella sua stessa sensazione: erano come una cosa sola, lei e la bestia, a protendersi in avanti o ai lati per tracciare un cerchio attorno a Jon o scalciare un nemico sotto le zampe anteriori.  
“Ti avevo detto di stare lontana”
Sansa non aveva neanche risposto, intenta com’era a guardarsi a destra, a sinistra e anche alle spalle.
E poi non le importava: se fosse dovuta morire, lo avrebbe fatto proteggendo Jon, al suo fianco, e non dopo, da codarda. Se c’era invece anche una sola chance di vincere, lei avrebbe aiutato a far possibile che si realizzasse.
Non riusciva neanche a immaginare un mondo senza Jon, per quanto la morte la spaventasse. Da quando l’aveva riincontrato a Grande Inverno, aveva passato la maggior parte del suo tempo al suo fianco: quello, ormai, era il suo posto; non alle sue spalle, a guardarlo morire.
Ma Sansa non era una guerriera, e al seguente attacco, uno dei White walkers, l’aveva disarcionata.
“Spettro!” : Jon, per quanto in difficoltà, per quanto preso dalla battaglia, riusciva ancora a guardarsi attorno, e pensava a venirle in soccorso. Al comando del suo padrone, l’enorme metalupo bianco le fu al fianco, azzannando tre nemici in un solo agguato.
Sansa si diede ancora della stupida: ora Jon era di nuovo in difficoltà, solo davanti al nemico.
Stupida, Stupida, stupida, mille volte stupida!
Cercava come poteva di difendersi dagli attacchi che trapelavano oltre la guardia di Spettro, mentre il ragazzo si buttava alla carica contro il Re della Notte. Il mantello caduto ormai da tempo, sul campo; Lungo Artiglio era poco più che una visione fugace, veloce com’era il braccio di Jon, seppur ferito; colpiva l’uomo di ghiaccio a destra e a manca, ma quello sembrava non sentire dolore.
Jon lo colpì dietro alle ginocchia, e poi alla destra, ma quello  schivò  perdendo parte dell’orecchio come fosse poco più che un granello di roccia, che si stacca da un’enorme montagna. Poi fu il turno del nemico, di contrattaccare: con un fendente orizzontale sorprese Jon tagliando di netto la sua cotta di maglia allo stomaco, e proseguendo dritto fino al polso destro, disarmandolo.
Ora Jon sanguinava, ma non si piegò neanche un secondo, mentre Sansa aveva tirato un urlo, correndogli incontro.
Il Re della Notte aveva alzato la lama sopra la testa, per abbassarla definitivamente sull’uomo del Nord: era arrivata la sua ora… fino a che qualcosa non glielo impedì.
L’uomo di ghiaccio si bloccò di colpo, emise un alito di ghiaccio e rantolò lievemente, prima che il suo torace iniziasse a disintegrarsi in piccoli pezzi, e dal suo stomaco emerse una lama, nera come la pece, e alla sua estremità la mano dalle dita mozzate di Ser Davos: a quanto pare, il vecchio contrabbandiere aveva ancora qualche asso nella manica da sfoderare.
Ora il Re della Notte, o quello che ne rimaneva, stava collassando in avanti, verso Jon, che alzò di fronte a se la sinistra, dove stringeva il pugnale di ossidiana che una volta era appartenuto ai Lannister, e poi a Ditocorto,  Sansa e infine a lui.
Gli aprì un buco nel cranio, spaccandolo in due come un frutto maturo delle terre del sole. Tutto il resto si disintegrò in neve limpida, e poi uno a uno, tutti i suoi uomini, si dispersero nel vento come granelli di sabbia, lasciando nel campo di battaglia un silenzio surreale.
Gli uomini, ora, si guardavano intorno come paralizzati dal terrore che quelle bestie del diavolo potessero tornare. Non si fidavano di abbassare la guardia.
Eppure i draghi avevano smesso di sputare fuoco, e i lupi e i cavalli si erano calmati, prendendo a leccarsi le ferite: il loro sesto senso diceva che la battaglia era finita.
Solo i più vecchi, si erano concessi di cadere a terra, stremati, e Ser Davos tra loro: si era abbandonato con le ginocchia a terra, le mani sulle cosce a riprender fiato, e sembrava ora riacquistare in una volta tutti quegli anni che aveva dimenticato di avere sulle spalle durante l’attacco.
Sansa era corsa verso Jon, quasi di riflesso: aveva abbandonato la spada a terra, come si fosse fatta d’improvviso bollente ed era corsa da lui, che a differenza del vecchio cavaliere delle cipolle non aveva dato segni di cedimento, anzi aveva raccolto la spada con la sinistra, e si era tirato più ritto nelle gambe.
Il Re del Nord rimaneva Re del Nord anche a battaglia terminata.
Umile, ma allo stesso tempo fiero, solido, saldo come una roccia, nonostante il combattimento fosse stato lungo, e per niente semplice.
Eppure, quasi per contrasto, c’era quel lato tenero in lui, amorevole, che non ti aspetteresti di vedere in un uomo del nord e che per questo era tanto singolare da osservare, quanto incantevole.
Jon non si era fatto sorreggere, quando Sansa gli era scivolata sotto la spalla, anzi era stato lui a portarsela tra le braccia , alzandola al cielo quel tanto che l’armatura gli permetteva. L’aveva stretta al petto tanto forte, da aver avuto paura di farle del male, fino a che lei non aveva ricambiato l’abbraccio con ancora più forza, fino quasi a soffocarlo.
Sansa aveva respirato il profumo maschile del corpo di Jon, di sangue e di guerra, infilando il naso tra i suoi capelli e l’armatura fredda, e poi non aveva più resistito: era scoppiata in un pianto a dirotto, inaspettato e rumoroso come non faceva dai tempi in cui era ancora attaccata alle sottane della madre, a Grande Inverno.  Era come se in quel preciso momento, in quell’abbraccio, avesse sentito tutta la tensione di quei giorni, mesi, anni, svanire di colpo, e non era più riuscita a resistere.  Non si vergognava di quelle lacrime, che non stavano facendo altro che portare via anni di sofferenze, sopprusi e tutte le difficoltà che aveva dovuto superare: quelle gocce erano il suo bagno di vita, una pioggia rigenerante che le avrebbe lavato solcato le guance, il mento, il seno, giù fino ai piedi, portandosi via la pelle morta, da depositare a terra come le spoglie di ciò che era stata.
Sarebbe rimasta solo Sansa Stark, poi; La lady di Grande Inverno, il lupo dai capelli rossi e gli occhi di ghiaccio, la principessa che tutti gli uomini del nord avevano imparato a rispettare e amare.
Jon lo sapeva, il significato di quelle lacrime, per questo non disse niente.
Anche ser Davos la guardava apprensivo, come fino ad ora aveva solo guardato Shereen, la piccola lady di Roccia del drago.
                Poi da lontano qualcuno aveva iniziato a produrre un rumore metallico, ritmato, ed altri avevano seguito. Tormund si era ricavato uno scudo ed era salito sulla carcassa di un cavallo, facendo cozzare forte la sua ascia su di esso.
E così tutti i bruti. Era il loro modo per inneggiare alla vittoria.
Poi, pian piano, anche gli uomini del Westeros avevano seguito le loro mosse, ed iniziato a battere le loro spade, picche o coltelli lunghi contro qualsiasi altra superficie metallica capitasse a tiro.
Daenerys era scesa a terra, e gli uomini degli Stark avevano preso a inneggiare al Re del Nord, mentre gli immacolati erano imperturbabili e silenziosi, come loro solito.
Sciolto l’abbraccio, Jon Snow aveva mandato Spettro a dare una mano a Ser Davos ( il lupo ormai era più grande di un cavallo, e non faceva difficoltà a farsi carico di una persona sul dorso), mentre lui aveva accettato infine l’aiuto di Sansa, che non aveva voluto sentir ragioni, e gli si era offerta a stampella.
Dal suo torace, effettivamente, scendeva un rigolo leggero di sangue; la cotta e la veste di cuoio spesso erano squarciate quasi a metà, mentre la sua mano destra era ormai completamente coperta del sangue che stillava dal polso.
“Dobbiamo fermare l’emoralgia”
“Sto bene.”
“Devo fermare il flusso sanguigno o morirai dissanguato.”
“Andrà tutto bene”
“Jon!”
“Va bene, prendi il mio pugnale, strappa un pezzo del mio mantello.”

“E adesso andiamo, torniamo a casa”
 
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones / Vai alla pagina dell'autore: HimeHime