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Autore: bUdson281    04/08/2017    1 recensioni
"Esporre la verità alla luce del sole è il miglior modo per nasconderla" disse Shinji coprendosi l'occhio destro con una mano. "Tu vedi il mio occhio demoniaco e pensi di aver capito, ma è la cicatrice che devi guardare se vuoi sapere chi sono".
EoE non è NGE e non è il Rebuild, nonostante il tentativo di chiudere i conti che ha informato la nuova versione cinematografica. Quella di EoE è una favola senza lieto fine, né potrà esservi una definitiva redenzione per due personaggi sfortunati la cui ricompensa è stata comprendere la necessità sopportare le difficoltà delle relazioni, poiché l'inaccettabile alternativa è restare soli. Sono partito dal Rebuild sforzandomi di rimanere fedele all'animo tormentato dei due ragazzi e di trarre dal loro vissuto le chiavi della "risoluzione" di e dopo EoE. I personaggi hanno ancora qualcosa da dire, nonostante la fine ufficiale della saga.Un clone non è uguale al suo originale, perciò narra la propria storia. Come direbbe lo Shinji di questa long, si riparte proprio dagli errori commessi, non tanto perché sia saggio o giusto quanto perché alle volte non c'è altro modo per fare un passo. Ok ALLERTA SPOILER.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Asuka Soryou Langley, Nuovo personaggio, Shinji Ikari
Note: OOC | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Camminiamo in direzione nord seguendo Asuka, rigorosamente in fila indiana; Ayanami è dietro di me, silenziosa, eterea come sempre (sebbene l'altra ... non voglio pensarci). Devo concentrarmi per non dimenticare la sua presenza.
Mi manca la stretta di quella vichinga con la benda. Quando mi ha trascinato via dal luogo del mio atterraggio di fortuna, ancora confuso e con gli occhi semi-chiusi ho pensato che quella fosse la mano di Misato, che lei in persona mi portasse via dall'inferno per guidarmi verso la salvezza o, almeno, verso un po' di pace.
Camminare sulle mie gambe mi risulta penoso ... in genere sbaglio strada.
Il chiarore dell'alba incede rapidamente dalla nostra destra scacciando gli ultimi resti della notte, ma non provo conforto, perché di notte puoi vedere le stelle, fisse in cielo, o comunque i miei sensi non possono cogliere il moto dell'universo, che rimane nella mente piacevolmente stabile e ... immobile.
Di notte, quando solo poche luci fanno capolino e tutto è buio, puoi far finta che non ci sia niente, nessun pericolo, nessun Angelo, nessuna illusione che possa trasformarsi in delusione, nessuna speranza ... tradita.
La sabbia rossa intorno a me  si ravviva di macchie rosa e violacee, screziate da schegge dorate che si raggruppano in piccole lingue di un giallo intenso. Sarà una bella giornata, il cielo minaccia di colorarsi di azzurro.
Eppure, mi sembra che questo sole non possa asciugare le mie ossa, né scaldarmi o illuminare il cammino; è come se fosse stato appena dipinto da una mano invisibile ed estranea. E' freddo e incorporeo, un  miraggio, forse un sogno.
Non riesco ancora a provare dolore, vergogna, rabbia per tutto quello che è successo solo ieri, per tutto quello che ho scoperto su me stesso e su mio padre, per la morte di Kaworu. Ma oggi, a differenza di ieri, vorrei ... vorrei tanto perché questa ostinata latitanza delle emozioni rende la percezione del vuoto inaccettabile. Sta svanendo l'effetto del sedativo immesso dal mio cervello per congelare il sistema e impedirmi di impazzire ... del tutto. Mi sento inaridito come una pianta lasciata troppo a lungo al sole; instupidito, quasi incosciente, mi trascino a passi incerti. Non riesco a fermare nessun pensiero, a puntare l'attenzione su qualunque cosa, non posso guardare neanche le mie mani; per questo bramo ancora un contatto.
E' questo desiderio a tenermi ancora in piedi dopotutto. Desidero almeno una sensazione che mi faccia sentire vivo proprio attraverso il corpo che non vuole abbandonare questo mondo e che se ne frega se fa schifo. Persino il sogno della notte appena trascorsa era così sensoriale, corporeo che ancora adesso ne sento il riverbero nelle ossa; lo accetto come un sorso di acqua fresca e al contempo lo rifiuto perché è così fredda che mi tocca lo stomaco. Troppa vita in quel sogno!
 
Osservo Asuka e di colpo penso che, in questo momento, è il centro stabile del mio universo. Per quanto non ne comprenda le ragioni, ho l'impressione che solo grazie a lei ho una speranza di gestire la vita che sta riprendendo dolorosamente a scorrere nelle vene, di sfuggire all'oblio e alla pazzia. Lei mi mantiene a terra, mi riporta a questo mondo, a ciò che esiste in quanto lo posso toccare, ci posso sbattere contro.
Al contrario di Ayanami (una qualunque a questo punto) quell'europea dal pessimo carattere ha ed ha sempre avuto un qualcosa di carnale, di ferocemente vivo. Lei, che cammina davanti a me, è concentrazione, sensazione, vita al di là di ogni ragione e gusto. Ayanami, che mi segue, è rarefatta, eterea, è la vita notturna che si popola di spettri senza ragione né gusto. E io, se non fossi ancora in modalità di riavvio del sistema, sarei solo chiasso e alla costante ricerca di ragione e gusto.
Perché ho sognato proprio lei? Non ricordo di aver provato chissà quale interesse nei suoi confronti. Era pilota di Eva come me, un'amica dal carattere difficile, una persona cara a cui avevo fatto del male; era una strana perché le piaceva pilotare gli Eva.
Nient'altro, anche perché pensavo ad altro. Certo non mi lasciò indifferente vederla irrompere nuda in cucina dopo essere fuggita dal bagno occupato dal nostro pinguino, ma non feci in tempo neanche ad accorgermi della reazione del mio corpo di fronte a quella vista. Prima che mi potessi vergognare per il solo fatto di averla notata, il suo calcio volante spense ogni cosa, anche la mia coscienza.
Figurarsi io e lei che mettiamo su famiglia!
Ti rendi conto, Shinji, di quello che hai combinato, di quello che hai fatto anche e soprattutto a lei? Da dove ti vengono queste idee? Soltanto ieri Asuka era un inutile intralcio all'esecuzione della tua missione: ufficialmente salvare il mondo o, meglio espirare le tue colpe, di fatto farti prendere per il culo ancora una volta da tuo padre.
Soltanto ieri tu l'hai colpita.
Non posso non farle schifo. Si, deve essere questo il significato del sogno.
Mi volto verso Ayanami che incrocia il mio sguardo per qualche istante.
Sto ancora fuggendo

Ma da cosa? Da chi? E Perché?
La risposta credo sia ovvia: dal male che ho provocato. Ho scagliato il mondo nel baratro della distruzione solo per una persona (che non c'è più); ho tradito ancora una volta la signorina Misato e Asuka e gli altri, scegliendo di tornare da mio padre ... solo perché non capivo come mai tutto fosse così drasticamente cambiato;  ho visto morire Kaworu, ucciso da quel collare, quello della sfiducia e della punizione destinato a me...
Si, sto senz'altro fuggendo da tutto ciò... Ma allora perché  in me sembra, invece, radicarsi la convinzione ...

che tu stia fuggendo da qualcos'altro?
 
Il sole ha da poco superato lo zenit quando la nostra guida arresta il passo, costringendomi a fermarmi di colpo per non urtarla. Sto per chiederle il motivo, ma vengo distratto da ciò che si para dinanzi a me.
Sotto di noi vi è uno strapiombo, alto almeno una cinquantina di metri, e di fronte a poco più di venti un altro muro di rocce scoscese che risplendono di un bianco accecante. Sulla sommità una piana ricoperta da un ipnotico verde...  sono alberi, di diversa specie e grandezza.
Le due pareti formano un canyon, in fondo al quale campeggiano il rosso della sabbia, che lotta per con una ancora rada vegetazione ed il blu di un fiumiciattolo che si riversa in un vasto lago proprio alla nostra sinistra...
Dal punto in cui mi trovo potrei addirittura lanciarmi per assaporare il contatto con quell'acqua scura, probabilmente fredda, che riflette il paesaggio circostante.
Ma non lo farò ...Non so nuotare! E poi da quest'altezza riuscirei solo a frantumarmi.
 
Morire è un conto, ma soffrire ... quella è roba da vivi.
 
Sento rumori in lontananza, rumori di arnesi, di chiacchiere, di esseri umani; rumore di speranza.
Chiudo gli occhi per gustare meglio questi nuovi stimoli che raggiungono i miei sensi e fissarli nella memoria... Una biglia in più da conservare, ma soprattutto posso "liberarmi" per un attimo di Asuka.
<< Dobbiamo raggiungere l'altra parete. Al di là di quegli alberi >> ci informa la guida  << c'è .... casa >>.
Apro di nuovo gli occhi per puntarli ancora una volta sulla distesa verde e ... si, mi sono concentrato troppo sui dettagli. Ho visto solo ciò che volevo, perché oltre gli alberi mi pare di scorgere si alcuni edifici, ma soprattutto un enorme "scheletro di balena" che il mio inconscio deve aver voluto confondere con un massiccio roccioso.
 
Fine delle Bucoliche
 
Il wunder mi strappa da quel piacevole senso di pienezza con cui l'esterno era riuscito a ricoprire i buchi al mio interno, un senso di pienezza che avrei potuto definire "gioia"... se solo ne avessi fatto realmente esperienza.
Odio la realtà. Meglio sognare.
 
Riuscissi a non fare incubi
 
<< Seguiremo il sentiero in terra battuta per scendere a valle >>. Asuka si incammina verso uno stretto budello di terriccio delimitato da file allineate di pietre.
Questa volta, però, non riesco a seguirla , non posso muovermi, non voglio muovermi. Sono stanco di altri soffitti sconosciuti, di un altro ambiente a cui adattarmi, sono stanco degli Evangelion.
 No, non è questo. Ho paura, perché sono passati quattordici anni, perché tutto è cambiato. Non mi accetteranno, perché ho portato distruzione, non sono neanche più utile  ... almeno mio padre mi usava, aveva bisogno di me.
 
Ma che stai dicendo? Sei impazzito?!
 
Mi sento gelare quel poco sangue che ancora mi fluisce nel corpo quanto la mia mente mi scodella questa sentenza: << se non servo a nessuno, se nessuno si cura di me, se nessuno mi accetta, io NON ESISTO! >>
 
Perché  hai voglia di esistere, se fino a poche ore fa volevi solo lasciarti morire?
 
<< Cosa c'è? Hai bisogno di essere accompagnato per mano? Non sai camminare con le tue gambe? >> mi punge Asuka che si è accorta della mia immobilità, pur senza voltarsi né arrestando il passo. Il tono è severo, ma è già tanto che non mi sia saltata alla gola con una lunga teoria di insulti.
<< Asuka >>  non posso tacere, << cosa .... cosa ne sarà di me? >>
<<... Starai con noi >> risponde senza guardarmi.
<< Che cosa vuol dire? >>  non mi bastano tre misere parole.
<< Visto che non puoi stare da solo senza combinare guai ... >> si volta verso di me e si avvicina così tanto che sono costretto a fare un passo indietro per paura che possa tirarmi un pugno << ci occuperemo della nostra ... e della tua sicurezza >>.
<< Quindi ... sono vostro prigioniero? >> la domanda è retorica, ma devo chiedere.
Asuka per un attimo distoglie lo sguardo  (Chiaramente, la risposta è sì), poi i suoi occhi si piantano gelidi sui miei. << Cosa ti aspettavi? >>  attacca. << Dopo tutto quello che hai fatto pensi di meritare un trattamento migliore? Non credevo fossi così stupido! >>
<< Ero sicuro di poter rimediare al mio sbaglio. Volevo salvarvi ... >> provo a difendermi trattenendo a stento lacrime di colpa e rabbia, come se spettasse a lei decretare la mia innocenza.
<< Grazie, moccioso >> ribatte sarcastica la rossa, << ma nessuno te l'aveva chiesto. Dovevi soltanto restare con noi e, invece, hai pensato di nuovo a te stesso. Sei fuggito, ci hai abbandonati ... ancora >> continua ora picchiando l'indice della mano destra contro il mio petto, << e hai deciso di tornare tra le braccia di quella carogna di tuo padre. E naturalmente hai pensato bene di scatenare un altro third impact perché non sopportavi la responsabilità delle tue azioni. O l'hai fatto perché il primo tentativo ti è andato male?  >>
<< Ma io non sapevo... perché non mi avete detto niente? >> lo so che ha ragione, ma se mi avessero spiegato ...
<< Perché avremmo dovuto? Volevi che ti invitassimo a bere il tè? Ti rendi conto di cosa abbiamo passato in questi quattordici anni? Delle battaglie, delle ferite, del dolore, della disperazione, dell'ODIO che abbiamo vissuto in questi anni? Hai idea >> Asuka sembra un fiume in piena, mentre io mi faccio quanto più piccolo mi riesce  << del mondo che ci hai lasciato in eredità, solo per soddisfare il tuo egoismo? Tuo padre era e resta il nemico, ma tu sei la ... COSA più peggiore che potesse capitarci >>.
<< ... Perché? >> chiedo non so per quale masochistico motivo, schiacciato dal peso di quelle parole che riconosco vere anche troppo facilmente vere, come se assecondassi più uno schema collaudato di adattamento che un consapevole giudizio  << Perché non mi hai lasciato lì, dove mi hai trovato? >>
Per tutta risposta, Asuka mi spiattella una smorfia di disgusto prima di voltarsi e riprendere a camminare in direzione del sentiero.
<< Muoviti! >> mi ordina << Non costringermi a trascinarti >>.


In custodia a vita, vestito di collare e museruola, forse mi useranno per esperimenti o sarò il loro cagnolino: ecco la mia condanna! A pensarci bene, non è che cambi molto. Tutto è come è sempre stato e non posso neanche lamentarmi, perché sono stato sempre il cane di ... qualcuno.  Il fatto  è che d'ora in poi mi verrà chiesto solo di stare fermo, di vegetare, e di appassire.
 
Appunto, niente di nuovo. Solo che prima sapevi che qualcuno ti avrebbe innaffiato.
Non sei stato solo in quegli anni. Per questo potevi sentirti solo.
 
Proprio così! Ora che so di essere solo, darei la vita per rivivere "la solitudine" della Neo Tokyo 3.
 
Peccato che hai finito per dare ... la vita degli altri
 
Già! ... Direi proprio che me lo merito. Se non altro, un  po' di giustizia sarà fatta!

Ayanami mi sorpassa come se non esistessi, come se non le importasse niente di quello che ci attende.
 
Tanto vale muoversi.
 
*****
 
La discesa è stata scomoda, ma non particolarmente difficile, il piccolo corso d'acqua che avevo scorto  dalla cima si mostra più "voluminoso" di quanto non apparisse cinquanta metri più in alto, ma è facile da guadare perché l'acqua mi arriva solo al busto.  E' fredda, così piacevolmente fredda che sono quasi tentato di assaggiarla perché soddisfare la sete, ma Asuka ce l'ha caldamente sconsigliato.
La corrente che porta il fiumiciattolo a cadere nel lago è tutt'altro che forte, ma io non mi sento sicuro, non mi piace starmene a mollo. Se dovessi cadere ... una pietra si sposta sotto i miei piedi e rompe l'equilibrio. Istintivamente cerco di aggrapparmi a qualunque cosa a portata di  mano... trovando il braccio di Asuka.
L'afferro con la forza ... della paura.
Lei si volta di scatto, sorpresa come se l'avessi attaccata a tradimento, ma realizza subito. Con aria rassegnata aspetta qualche secondo, il tempo che io riconquisti stabilità; quindi, senza troppi complimenti, si libera scuotendo il braccio.
<< Ehi, vecchio modello >> rivolgendosi ad Ayanami, << Aiuta quest'imbranato! >>
Ayanami mi si avvicina eseguendo alla lettera l'ordine porgendomi la mano. Faccio cenno che non ne ho bisogno.
Non mi sento offeso per la reazione della tsundere, un po' perché ho altro a cui pensare, un po' perché non mi è dispiaciuto tenerle il braccio (mi è tornato alla mente il sogno della notte scorsa). Eccezion fatta per Kaworu, lei è l'unica persona, dal mio risveglio, con cui abbia avuto, direttamente o indirettamente, un ... contatto "umano" (che ironia!). In fondo, mi ha salvato!!!


La salita è tutta un'altra storia. Attraversiamo un  ampio viale semi-asfaltato che costeggia il lago, risalendo dolcemente il versante del colle di cui avevo notato solo lo strapiombo imperlato di rocce bianche e appuntite. La strada è disseminata qua e là di buche che la natura sta lentamente coprendo di verde. Alla nostra sinistra un muretto in cemento, per niente continuo e rovinato in più parti, fa venir voglia di fermarsi ad ammirare il panorama. Niente a che vedere con quell'arido putridume di prima.
Man mano che saliamo, una teoria di cipressi sembra riportare questo mondo indietro nel tempo, prima degli Eva, prima degli impact: niente macchine, niente casino, niente ricordi. Solo pace e quiete.
<< Fate attenzione! >> Asuka rompe il silenzio che ci aveva accompagnati.  << Questa zona non è completamente ... pacificata. Qui ci sono più bande di cacciatori che si contendono lo stesso territorio. Animali!  Sono armati e violenti, e le imboscate sono all'ordine del giorno >>.
 
All'anima della pace!
 
Inizio a guardarmi intorno con una certa apprensione. Per essere uno che ha desiderato lasciarsi morire così tante volte è strano da dire, ma.... pensieri, sogni e rimorsi mi hanno appena abbandonato. Persino quello strano dormiveglia del mio cuore evapora per far posto ad una elettricità ancestrale. Di colpo riesco a concentrarmi, ad essere di nuovo interamente presente a me stesso.
 Che non abbia più tutta questa voglia di crepare?
 
Quando raggiungiamo la cima vengo sopraffatto, per pochi istanti, dalla visione di una fitta boscaglia che si para dinanzi a noi, mi sembra di notare anche salici e querce. Non vedo ancora case, ma i suoni di una zona urbana sono ora inconfondibili.
<< Non sarebbe stato meglio >> ah già Ayanami << superare il burrone usando quel ponte? >>
Lontano, alla nostra destra, in direzione proprio del precipizio che avevamo superato e appena riconoscibile a causa degli alberi che coprono la visuale, si nota un ponte sospeso in legno, sembra anche robusto.
Asuka  fissa per qualche istante la copy - first come a volerle dire "tu apri bocca solo per farmi incazzare, vero?". << Quel ponte è degli abitanti del villaggio >>  chiarisce << quelli che abitano al di là del bosco. Sono prevalentemente dei banditi, ma li stiamo addomesticando >>.
<< Allora perché si trova lì quella ... cosa? >> Domando, riferendomi alla balena gigante che avevo, purtroppo, visto parcheggiata poco prima.
<< Ti ci metti anche tu?! >>, sbotta Asuka che temo stia per piazzare un altro bel gancio ai pochi brandelli del mio coraggio (ammesso che ve ne sia ancora). << Piuttosto >> si rabbuia << cerca di starmi vicino. Con questi selvaggi abbiamo degli accordi, ma la convivenza con loro è ancora tesa. E ricordalo!!! >> fissandomi negli occhi,  << loro non ti amano affatto >>.
<< Intendi dire che potrebbero uccidermi? >> azzardo un'altra domanda retorica. Non chiederò il motivo di tanto odio, c'è solo l'imbarazzo della scelta.
<< Intendo dire >> risponde  << che vogliono ucciderti! Alcuni ... anche più di altri. Sono estremamente pericolosi e non potrai dirti al sicuro fino a quando non saremo rientrati alla base. Questa gente non sa cosa sia un processo, perciò, resta incollato a me... Anche tu signorina. Finché siete vicini a me non vi toccheranno... Ma voi fate ugualmente attenzione >>.
<< Perché? >> mi anticipa Ayanami.
<< Perché tra quelle teste calde ci sono anche degli ottimi cecchini. Non capisco perché non li abbiamo sterminati quando ne abbiamo avuto la possibilità.... Comunque >> scuotendo la testa come per cacciare un pensiero molesto, << muoviamoci ... e non vi fermate per nessun motivo. Ah, Shinbamboccio! Non guardare nessuno! Molti di loro non conoscono il tuo volto, ma a loro basta solo un pretesto per ... >>
Non termina la frase e io non chiedo.  Non c'è bisogno di essere un'aquila per concludere la frase; posso solo deglutire rumorosamente per ingoiare l'ansia prima che azzeri la produzione di saliva. Non mi è nuova la paura, ma questa è la stessa sensazione che ho provato affrontando il mio primo Angelo. Spero solo di non svenire.... E non c'è neanche mamma 01 a proteggermi. Solo Asuka... spero.
 
Questa si che è fortuna!
 
*****
 
Il bosco non è particolarmente esteso, almeno attaccandolo dal lato che quasi affaccia sul lago; deve essere stato oggetto di occasionali o comunque razionate attività di disboscamento perché non noto alcuna soluzione di continuità con ....il villaggio!!!
Non è neanche lontanamente paragonabile ad una città; si tratta di un agglomerato di case, prevalentemente in legno con tetti spioventi a falde composti da mattoni, alcune hanno tetti di paglia e quasi tutte affacciano direttamente su un'unica grande strada fatta solo di terra battuta. Più che una via sembra un confine realizzato per distinguere il bosco dalla "civiltà".
Solo due abitazioni si distinguono: la prima è un edificio che si trova proprio all'ingresso, è il primo che riusciamo a vedere. Prevalentemente in legno molto ampio e di forma rettangolare, presenta un'architettura non dissimile a quella delle altre case, se non fosse per le dimensioni ragguardevoli e per il fatto di ergersi su due piani; la seconda, anch'essa a due piani, è invece in cemento e non presenta tetti spioventi, ma un unico lastricato in parte nascosto da un muretto a secco posticcio che si snoda lungo tutto il perimetro (magari lì ci sono i cecchini).  Si trova un po' più avanti in direzione del Wunder che campeggia in lontananza oltre la fine della pseudo strada principale.
Non ci saranno più di trenta case, ma il posto brulica di vita. Vedo operai  intenti a costruire un nuovo edificio, donne e uomini al lavoro in mezzo a piccoli orticelli conquistati al bosco, ci sono anche bambini che giocano... Questo mi rassicura. "Non possono uccidere qualcuno", penso, "davanti a  donne e bambini".
E' un po' meno rassicurante, invece, notare quanti uomini, usciti (neanche li avessero avvisati del nostro arrivo) dall'immenso capannone all'ingresso del paese, siano armati. Fucili a canna corta e coltelli a lama lunga sembrano i più gettonati, mentre quasi tutti indossano dei giacconi o spolverini in simil pelle (o chissà quale altro tessuto), che cade fino all'altezza delle ginocchia. Non sembrano amanti dell'igiene, ma mi dà i brividi riscontrare che le macchie più evidenti negli indumenti di quei bestioni sono di fango indurito e sangue rappreso.
La cosa peggiore è che adesso stanno guardando questi due "stranieri" con la stessa intensità che un cacciatore riserverebbe ad una preda. Non voglio neanche immaginare cosa stia passando nella loro testa, so solo che non vedo l'ora di attraversare il paese.
Rispetto alla lettera la consegna di tenere lo sguardo basso, mantenendomi il più vicino possibile ad Asuka che incede, fiera e distaccata, come se quella gente, quegli sguardi e il brusio che sale minaccioso al nostro passaggio non la riguardassero.
Con la coda dell'occhio localizzo la posizione di Ayanami sulla mia sinistra, forse solo un passo dietro di me. Per la prima volta dal suo volto sembrano trapelare emozioni, ma è difficile intuire quali. In realtà, mi sembra più sorpresa che impaurita... Meglio non dirle niente.
<< Ma guarda guarda, carne fresca! Stasera ci sarà da divertirsi >>; << ehi bambolina, perché non resti con noi? >>; << ma quanto sei carina, dove ti eri nascosta? >>; << per essere piccola sei fatta già bene. Tranquilla, ti faccio crescere io >>.
Ovviamente, Ayanami è la più gettonata, lei non sembra curarsene forse perché non le è chiaro cos'hanno in mente quelle persone. Lei è così ... vuota.
<< Dai non avere paura. Non dirmi che quella mezza cartuccia è il tuo ragazzo? >> adesso è il mio turno. << Non preoccuparti lo sistemiamo noi, così non ti darà mai più fastidio >>; << ma quale fastidio, non è il suo ragazzo, sembra più l'amichetta del cuore >>; << qualcuno è interessato al ragazzo? >>
<< Merda! >> esclamo a bassa voce continuando a simulare la più assoluta sordità - tutt'a un tratto una morte rapida non mi sembra poi così spiacevole.
Perché Asuka non mi ha lasciato morire da solo in tutta tranquillità?
Le lancio un'altra occhiata, nessuno la sta calcolando. E' evidente non possono toccarla anche in ragione della sua forza che di umano ha ben poco. Mi conforta notare che avanza con il suo passo regolare e la sua postura fiera, forse è segno che continueranno a "colpirci" solo con le parole, come normalissimi (anche se mortalmente inquietanti) ubriaconi da quattro soldi.
Un particolare, tuttavia, mi lascia perplesso: perché non risponde? Non che debba abbassarsi a ribattere, soprattutto perché non è oggetto di attenzioni esplicite, ma ... lei è sempre stata una ragazza agguerrita e poco paziente anche verso queste spacconaaa... oh mamma! ...
Alla mia destra, in una piccola e stretta via a neanche dieci metri dal capannone degli alcolizzati, vedo il corpo di un uomo, riverso per terra a faccia in giù, con un  coltello piantato all'altezza della nuca. Altri due stanno armeggiando per togliergli giaccone, stivali e armi. Ce n'è un terzo, però,  un ragazzo non più grande di me.  Esile e alto, capelli di un  biondo più vicino al bianco che al giallo,  indossa una camicia dal colore blu spento con striature di rosso ... scuro... troppo scuro ... che cola giù  ... Con un gesto deciso si fa strada tra i due gentiluomini che sembrano cedergli volentieri il passo e, dopo aver estratto il coltello dalla nuca del cadavere, ne pulisce la lama passandola tra i capelli del malcapitato.
Proprio in quel momento un gruppo di bambini che stava correndo lungo la strada,  gira sul vicolo e ... si divide per evitare il morto, ricongiungendosi una volta superato l'ostacolo... Il tutto senza neanche rallentare la corsa, senza  un grido o un accenno di panico, neanche un'occhiata al cadavere. Quasi fosse normale...
 
Non davanti a donne e bambini, vero?
 
<< Che hai da guardare stronzetto? >> minaccia uno dei due uomini. Non dovevo guardare. Giro subito la faccia ed abbasso lo sguardo il più possibile. Se ci riuscissi, guarderei alle mie spalle attraverso le gambe.
A spaventarmi davvero non è stato, però, il tono di quella voce, ma il ragazzo che, sentendo "l'allarme" del suo ... collega, ha rapidamente puntato su di me i suoi occhi grigi, freddi, mortali.
<< Ti avevo detto di non guardare, stupishinji. Ma sei stupido? >> sibila Asuka.
 
Perché parli a voce bassa? Non hai detto che non possono toccarci se ci sei tu?
 
<< Maledizione! >> l'esclamazione della rossa mi strappa via la possibilità di rispondere. Proprio non ci voleva, soprattutto perché ... non ce l'ha con me.
Davanti a noi un corpulento uomo di mezza età, pelato, si avvicina con passi sgraziati e un'andatura ciondolante. E' vestito come il personale del wunder agli ordini della signorina Misato (in tema di stile sono stati compiuti parecchi passi indietro).
<< Come fa ad essere ancora vivo quel bastardo di Ikari? >> grida il ciccione in vena di complimenti. << Perché l'ha portato qui, comandante? Ci ha quasi uccisi tutti .... di nuovo >>.
Un brusìo sinistro alle mie spalle mi fa intuire che la situazione sta per precipitare, che hanno capito chi sono: quello che non amano. Asuka non degna di una risposta il goffo subordinato e si volta verso gli uomini che ci avevano "salutati" poco prima. La sua espressione rimane all'apparenza composta, ma mi sembra di cogliere una preoccupazione che assomiglia maledettamente all' affacciarsi della  paura.
<< ANDIAMOCENE! >> tuona infine. << E tu avverti la sicurezza della base. Voglio un'unità di scorta. ALL'ISTANTE!!! >>
Ho notato che ha volutamente alzato i decibel per impartire gli ordini, forse vuole farsi sentire dalla piccola orda che, ne sono sicuro, sta muovendo verso di noi.
<< Ma comandante, siete quasi arrivati >> risponde con l'aria di chi non ha alcuna intenzione di collaborare e sfoggiando un sorriso beffardo come se riponesse speranza in quel "quasi". << E poi ... >>
Asuka non lo lascia finire, mi prende per il polso (grazie!) e parte di gran carriera, senza correre (forse solo per orgoglio). Anche Ayanami aumenta la falcata per starci dietro; ancora non sembra spaventata.
 
Ma cosa ti davano alla Nerv?!
 
<<....è inutile, comandante >> sento dire dal pelato, che non si dimostra preoccupato di essere lasciato indietro.
Ancora cinquanta metri e addio case. Solo ...un enorme (sigh) spiazzo circolare in cemento posato di recente, privo di ogni riparo, e poi il Wunder (non credevo di desiderarti così tanto, schifosa lisca di tonno gigante!).
Trovo il coraggio di voltarmi, il brusìo è finito, ma questo non attenua i miei timori. Anzi, quella che prima sembrava una rumorosa banda di beoni, è diventata una piccola folla silenziosa, in un modo per certi versi surreale. Le loro facce sembrano fameliche e livorose, gli occhi puntati su di me, le mascelle serrate, le mani alle fondine . E' tutta rabbia concentrata e pronta ad esplodere su un solo obiettivo: ME!!!
 Sarebbe un peccato se mi arrivasse una coltellata alla nuca proprio ora, a pochi metri dalla liber ... dalla sopravvivenza.
Il piccolo corteo si ferma, come se una barriera invisibile gli avesse bloccati. Si ammassano sul limitar dello spiazzo come quegli imbecilli che alle due di notte sbavano dietro le porte a vetri di un negozio che sta per lanciare la vendita di un nuovo videogioco o di un cellulare di ultima generazione.
Non riesco a tenere il passo di Asuka, eppure sono convinto che, senza la sua presa, forse sarei riuscito a dileguarmi più rapidamente. Mi volto a guardare di nuovo il Wunder per misurare la distanza da percorrere.
Eccola, la barriera invisibile: una decina di uomini in divisa, con giubbotti antiproiettile e, soprattutto, fucili sta avanzando  nella nostra direzione.
Deve essere l'unità di scorta di cui parlava la donna che prima o poi riuscirà ad amputarmi la mano, tanto forte è la sua stretta. Non so chi li abbia contattati, ma chi se ne frega. Siamo salvi!!! 

 
*****

"Una decisione andrebbe presa nello spazio di sette respiri"[i].
Non deve essere letto come un semplice consiglio ad agire secondo l'istinto o la condizione del momento. Se ci pensate, tutte le decisioni importanti "possono" essere prese in poco tempo, dalla scelta tra la guerra e la pace a quella tra lo spostamento di truppe a destra o a sinistra di uno schieramento per reagire alla mossa dell'avversario. La preparazione non è esclusa, semmai è presupposta.
Se qualcosa va storto può dipendere da tanti fattori: dalle contromosse degli altri, dalle possibilità del campo di battaglia, dall'effettivo valore delle forze in campo, dalle armi di cui disponi.
Se qualcosa va storto, può dipendere anche da un difetto nel tuo "udito".
Si perché, in quei sette respiri, se riesci a fare vuoto dentro di te ed a tenere a bada il rumore della tua mente, puoi ascoltare una "voce" che sa esattamente cosa scegliere e come condurti al successo...fortuna permettendo.
In effetti è applicabile praticamente a tutto: un amore, un hobby, un percorso di studi, uno sport. Non c'è bisogno di pensarci troppo. Sappiamo sempre cosa dobbiamo scegliere se troviamo il coraggio di ascoltare e di compiere il passo successivo: tradurre la decisione in azioni.
Superati quei sette respiri, la mente ordinaria riprende il controllo, al servizio del primo signore della guerra che prende possesso di te (si tratti della paura, di un moto d'ira, dell'impressione lasciata nella tua anima da un trauma del passato, dell'illusione che formuli con la frase "io sono così").
E' più o meno quanto accade nel tuo corpo in situazioni di pericolo. Un predatore sta per saltarti addosso, un camion per investirti o sta per verificarsi una qualunque situazione eccezionale ed imprevista. L'ipotalamo stimola l'ipofisi, che a sua volta stimola le ghiandole surrenali a produrre cortisolo e adrenalina. Attacca o fuggi!
l tuo corpo in quei brevi istanti è pronto e sa, quasi sempre, cosa fare. E' quella reazione che ci ha permesso di sopravvivere quando condividevamo gli spazi con le tigri dai denti a sciabola ...anche se non sempre quest'istinto si dimostra molto "intelligente".
Il problema vero si crea quando il tuo sistema nervoso avverte il pericolo, lo definisce, lo inquadra prima ancora che diventi attuale. Produci gli ormoni necessari alla reazione, ma non sei ancora costretto a reagire ... E' da quel momento parte il countdown.
Sette, sei, cinque .... due - DECIDITI! - uno.... ZERO.
Non hai deciso. La paura inizia a trasformarsi in panico e ad avvelenare il cuore. Chissà quali fattori hanno permesso al tuo cervello di decidere che non c'è niente che tu possa fare? ... E allora più del nemico puoi tu quando si tratta di autodistruzione.
Neanche il pensiero di un'ultima, disperata azione... Accetti il tuo destino come ogni condannato; accetti con remissività e quiete la mano del boia che tira all'indietro la tua testa per calare la lama nella tua gola. Non puoi fare niente perché quegli stessi ormoni ormai sono "decaduti".
Gambe pesanti, fiato corto, mente annebbiata. Il fisico non regge, la coscienza è bloccata, l'anima è perduta.
Non tutti, però, hanno la "fortuna" di poter raccattare tempo sufficiente per accettare la propria fine.
L'azione è cruenta e prolungata, il fisico è già immobile e la mente è, si confusa, ma, ahimé, sei ancora "sveglio".
Sei incapace di reagire, incapace persino di sentire dolore, eppure tutta la gamma delle emozioni sperimentabili esplode a ripetizione nel tuo petto. Se ti va bene, hai solo la forza di chiuderti nella tua ultima difesa: una posizione fetale, il ricordo di un grembo. E provare così a difendere le parti essenziali alla tua sopravvivenza, tutte posizionate sulla centrale del tuo corpo. Ti richiudi in te stesso, schermandoti con un colpo di coda ... dalla realtà.
Che provenga da stimoli interni o dall'esterno, che si manifesti sotto forma di rassegnazione o di blocco, questa incapacità di compiere una qualsiasi azione, in fondo, ha solo un unico nome "TERRORE!"
 
Non so perché,  ma mi sembra di sentire nella mia mente Maya Ibuki che grida "Asuka è ..." . Non ricordo di aver vissuto una simile esperienza. 
Forse l'ho solo sognato, una volta...
... ormai tanto tempo fa ....
 
*****
 
Siamo scortati fin quasi ad una delle porte d'ingresso della nave ammiraglia della Wille - non che ne conosca altre, oltre a quella che vedo. Temo che quella per me sarà solo un'entrata e mai un'uscita, perché di uscite ne ricordo solo una, quella gentilmente aperta senza tanti complimenti dall'attuale versione semi-sintetica di mia madre.
Dubito che questi soldati siano qui per difendermi; probabilmente, sono qui per assicurarsi che non crei altri problemi.
I  miei salvatori diventeranno i miei carcerieri tra pochi metri. Non posso darli torto: due tentate apocalissi sono decisamente troppe perché si possa dimenticare...
A nulla vale sostenere che, senza un EVA, non sono nient'altro che un ragazzino privo di qualità, con una spiccata tendenza all'apatia ed all'autocommiserazione. Me l'avevano detto di non farlo, anche se non mi venne fornita nessuna spiegazione.
Ed io sono risalito a bordo di un EVA dopo essere fuggito per ricongiungermi al mio odiato padre.
La Wille combatte mio padre ... Adesso so che la ragione è dalla parte di questi uomini. Se potessi tornare indietro ...
 
Nessuno ti avrebbe tolto il collare che ti avevano infilato e che stanno per rimetterti.
 
Dovrei fuggire, ma non saprei dove né saprei cosa fare. Cos'è meglio: il carcere a vita o gettarsi nella mischia e farla subito finita?
E' evidente che sto scegliendo il carcere a vita. Forse così potrò espiare le mie colpe, forse sono davvero soltanto un vigliacco egoista, non ho il coraggio di Kaworu, né quello di Asuka. La sentenza è giusta, la sua esecuzione inevitabile.


<< Comandante, temevamo di averla persa. Non abbiamo sue notizie da circa ventiquattr'ore >> dal centro della pattuglia si stacca per venirci incontro un uomo sulla quarantina non molto alto, piuttosto magro ma all'apparenza ancora atletico. E' vestito come i soldati della scorta, ma, a differenza di questi, la sua divisa non dà sul verdastro. Ha una giubba nera con sulle spalle delle mostrine che non riconosco, neri sono anche i pantaloni e gli anfibi che calza, nere le sue iridi. Dai fianchi penzola un cinturone ai cui lati sono appese due pistole a canna lunga. Deve essere un ufficiale.
<< Non potevo mettermi in contatto con voi >> risponde decisa Shikinami  << perché la densità della barriera dimensionale era troppo alta per consentire le comunicazioni. Inoltre >> il tono e l'espressione tornano a tradire un punta di velenoso sarcasmo,  <<  non avreste potuto raggiungerci, né muovere una nave della flotta per recuperare una sola persona >>.
L'ufficiale guarda me con aria perplessa. << Lui? >> chiede.
<< Ma no! >> sbotta la rossa. << Parlavo di me. Del resto, non l'avete mai fatto, perché questa volta avreste dovuto fare un 'eccezione? Questo qui >> riferendosi a me << ... è stato un incidente. Piuttosto ... i sistemi di rilevamento della flotta avrebbero dovuto captare la nostra presenza già da qualche ora. Come mai non ci avete raggiunti prima ? >>
<< La "quasi" singolarità prodotta dal Mark 13 >> risponde mentre mi lancia un'occhiata carica di odio << ci ha resi momentaneamente sordi e ciechi... Ma ho già disposto ... sono stati già avviati i lavori di riparazione. Al massimo tra dieci ore saremo di nuovo connessi. I cacciatori, per il momento, ci stanno fornendo assistenza >>.
<< Quale gruppo? >>, domanda Asuka.
<< Tutti! >>
<< Anche ... >>
<< Si anche quello di Kosuke >>.
<< Dove sono adesso? >> chiede la rossa guardandosi intorno come se temesse di incrociarli. Indugia un attimo su di me e questa volta la sua espressione non lascia spazi ad interpretazioni: si tratta di paura e non credo tema per sé.
<< A quanto ne so presidiano la zona del ponte >>.
<< Ok, Kuchinawa[ii] >> ribatte Shikinami che non riesce a trattenere un sospiro che sa di sollievo. << L'importante è che siate arrivati in tempo. Quello stupido di Kohji[iii] stava per scatenare quelle bestie contro di noi, rivelando l'identità di questo .... >> mi indica con un leggero scatto della testa << bamboccio >>.
<< Questo criminale >>  anche Kuchinawa non è un mio tifoso, << vorrà dire? >>
<< Se fosse un criminale meriterebbe almeno un minimo di considerazione >> e figurati se Asuka si lascia sfuggire l'occasione. << Questo qui non vale i vestiti che porta. Non è neanche capace di fare danni consapevolmente. Come ho detto, è solo un bamboccio >>.
<< Capisco! >> risponde l'ufficiale allargando la bocca in un sorriso malizioso. << E' per questo  che tiene la mano del bamboccio. Per paura che combini altri danni?! >>
 Eh si, nella fretta della .. ritirata strategica, la mano della tsundere  era scivolata giù verso la mia ... Sarà stata la paura, ma l'ho afferrata senza alcuna esitazione; in fondo, quella mano era la mia unica sicurezza.
Asuka si accorge solo ora di aver portato a spasso, tenendolo per mano, il bamboccio più pericoloso dell'intero pianeta, per giunta davanti a soldati addestrati a combattere, come lei, quelli come me.
<< IDIOTA! >> esplode dopo qualche secondo necessario per il caricamento dell'ordigno. << Che razza di uomo sei? Se non scappi da papino, hai bisogno della protezione della mamma? Non farlo mai più! >>
<< E la ragazza? >> chiede Kuchinawa indicando Ayanami. << Immagino sia l'esca che ci ha attaccati qualche settimane fa >>.
<< Si, ho catturato anche lei >> si affretta a precisare Asuka che si para prontamente davanti al graduato, quasi a voler ostacolarne la visuale, invece fermamente concentrata sulle fattezze della ragazza dai capelli bianchi. << Adesso porto entrambi dal colonnello Katzuragi e dalla dottoressa Akagi >> precisa con fermezza prima di scartare il suo interlocutore per proseguire verso l'astronave. Le basta un'occhiata per intimarci di seguirla.
Il soldato dalla giubba nera lascia passare il suo comandante e me, ma si sposta quanto basta per costringere Ayanami a fermarsi. Ancora di fronte a lei continua a fissarla con un sguardo che non mi piace affatto.
<< Non vedo cosa potreste farvene di lei >> commenta come se le parole di Asuka, ormai alle sue spalle, non lo avessero raggiunto, << visto che è solo il pezzo di un lotto. Ma tu sta' tranquilla, piccola, sapremo come utilizzarti! >> dichiara afferrando  il mento di Ayanami tra pollice ed indice e piegandosi leggermente in avanti.
 
Eh no, NON TOCCARLA!!!
 
Torno sui miei passi, spingendo leggermente Ayanami verso la sua sinistra quanto basta per "liberarla". Non sarà la ... mia Ayanami, ma ... quelle manacce deve tenerle a posto.
Sostengo per qualche secondo lo sguardo di Kuchinawa, ma davvero solo per qualche secondo, perché non mi ci vuole molto per ricordare che: a) sono prigioniero, b) alcuni fucili erano già da un po' puntati contro di me, c) anche senza fucili, l'uomo davanti a me è sicuramente in grado di farmi a pezzi.
<< Andiamo! >> sussurro mascherando a stento un tremolio nella voce che tradisce i mio disagio. << Il ... comandante vuole che la seguiamo >>.
<< Qualcosa non va? >> anche Asuka è tornata indietro. << Questi due sono sotto la mia custodia, Kuchinawa. Non dimenticare la gerarchia. E voi >> rivolgendosi ai soldati << puntate quei fucili da un'altra parte! >>
L'ordine non viene eseguito subito, le guardie sembrano attendere una conferma dal loro superiore, che a sua volta appare divertirsi a dilatare l'attesa prima di scuotere debolmente la testa in un cenno affermativo.
Forse per evitare altre sorprese, la rossa guerriera riprende l'iniziativa ed artiglia questa volta la mano della nostra compagna di viaggio. << Muoviti anche tu, bamboccio, e cerca >> aggiunge tagliente, sotto voce << di non fare l'eroe. Non è nelle tue corde e non te lo puoi permettere >>.
<< Lui NO !!! >> giubba nera mi blocca. << Lui è sotto la mia custodia >>.
<< Come sarebbe a dire? >> domanda sorpresa Asuka.
Già, come sarebbe a dire?

<< Dovrebbe saperlo >> risponde con malcelato disprezzo <<... comandante! Io sono il capo del personale militare addetto alla sicurezza all'interno del complesso. E lui rappresenta un problema di sicurezza. La sua autorità prevale solo in caso di operazioni di guerra che comportino l'uso di EVA. Rispetti i ruoli! Comunque >> aggiunge sarcastico, << può sempre presentare reclamo direttamente al colonnello. Ma non servirà a niente. E' stata proprio lei ad affidarmi la ... cura di questo ragazzo >>.
<< Non ti credo >> replica inviperita la rossa, che però sembra più arrabbiata che convinta. In effetti, trattandosi di me, il ragionamento del serpente fila dopotutto.
<< Non  è importante, ... comandante >> sorride trionfante Kuchinawa.
<< Parlerò subito con il colonnello! >> minaccia furiosa incamminandosi come una furia verso l'entrata del Wunder e tirandosi appresso la pilota turchina. << ... E, finalmente, ci libereremo delle corde marce! Tu aspettami li, Shinji e non ti muovere! >>
<> sputa viscido a denti stretti, sicuro di non essere sentito dal suo comandante.
 
Asuka è fuori dalla mia vista. Sono nuovamente solo ... Non mi piace per niente! Non è che non voglia ubbidire al suo ordine; è che non credo di avere chissà quali possibilità di decidere il corso dei prossimi minuti. Spero torni presto, perché non sono ancora fuori pericolo. E questo mi piace ancora meno.
<< Sai, quando pilotavi l'unità EVA 01 >> esordisce affabile Kuchinawa dopo qualche minuto di imbarazzante silenzio passato a squadrarmi come se fossi un animale raro, << facevo il tifo per te >>.
<< Davvero? >>, fingo interesse mentre in cuor mio prego che tutto fili liscio; darei un braccio per ricadere nell'apatia di poche ore fa.
<< Davvero! >> risponde. << Certo trovavo assurdo che la salvezza del mondo dipendesse da tre ragazzini, ma, tra il personale della Nerv, si parlava del figlio del comandante Ikari capace di pilotare quelle ... cose senza neanche un giorno di addestramento. Non fraintendere! Io sono dell'idea che solo allenamento e pratica costanti formino i veri soldati ... Ma tu eri capace di cose incredibili... >>
<< Beh, a dire il vero, non è che fos ... >>
Un violento destro alla bocca dello stomaco spezza la frase e mi fa sputare tutta l'aria che avevo in corpo.
<< Non ti ho dato il permesso di interrompermi! >>  ringhia mentre mi aiuta a rimettermi in piedi.
<< Scusi >> è il massimo che riesco dire e non perché mi manchino le parole. Un altro pugno a segno al bersaglio grosso mi rispedisce carponi. Mi abbraccio lo stomaco, ma non serve a niente. Dannazione, fa male!
<< Non ti ho dato il permesso di parlarmi >>.
E' evidente che non vuole insegnarmi la disciplina. Aveva già deciso di usarmi come sacco da boxe, aspettava solo il momento in cui sarebbe stato più divertente colpirmi. Che gusto c'è, del resto, a terrorizzare una preda se prima non fai almeno la finta di metterla a proprio agio?
Inizio a sentire un fastidioso ronzio e un brivido gelido che parte da non so che punto del mio cranio e si espande come una macchia oleosa su tutto il volto. Non so se sia diventato più rosso o più bianco, io vorrei solo piangere.
Mi fa di nuovo rialzare.
<< Inoltre, quando parlo con una donna non voglio che un moccioso come te si metta in mezzo >> si riferisce chiaramente al mio gesto "eroico". << sono stato chiaro? >>
Accenno un si con la testa e ... mi arriva un destro in faccia.
Mentre sono a terra, sento a malapena il mio aggressore dirmi: << pretendo che tu risponda "SI, SIGNORE!". Con chi credi di avere a che fare? Qui non c'è spazio per i mocciosi. Figuriamoci per i mostri come te >>.
Ancora in ginocchio vengo raggiunto da un pestone sul petto che mi caccia schiena a terra.
<< Non ti ho detto che potevi alzarti!... Avete visto ragazzi? Questo è un chiaro esempio di insubordinazione >>.
Le risate grottesche e distorte dei soldati intorno a me intonano la colonna sonora del mio stato d'animo. Sto tremando, il petto mi fa male ma è il prossimo colpo che temo; è qualcosa di peggio che temo. Perché non grido aiuto?
 
Chi credi che verrà a salvarti?!
 
Sono morto!
 
Non era quello che volevi?
 
Non così!
 
Già! Questa volta non puoi startene fermo ad aspettare una morte che in fondo non vuoi veramente!
 
Che ne sai tu?
 
Allora perché hai paura come contro gli Angeli?
 
L'innato istinto di conservazione scaccia via ogni senso di colpa, ogni tendenza autodistruttiva. Non c'è da starsene fermi. Potrei scappare ... ma se ci provo mi arriveranno altri colpi. Forse mi spareranno.
<< Adesso puoi alzarti, moccioso >>.
 
Spiacente, Shinji. credo ne arriveranno ancora prima che ti sparino.
 
Per quale dannato motivo ubbidisco al comando?
Un altro potente calcio frontale, scagliato ancora contro il busto dal serpente, mi fa indietreggiare di qualche metro. A fermarmi ci pensa una della guardie, che rincara la dose piazzandomi il calcio del suo fucile tra i reni. E sono di nuovo carponi a guardare il cemento sotto di me che si arrossa del mio sangue.
Non posso più scappare,ono come una volpe dell'artico circondata da un branco di lupi che l'hanno sorpresa a rubare un po' del loro cibo. Tra poco mi sbraneranno, e potrò solo contorcermi e gridare ... e mordere senza speranza. Forse non riuscirò neanche a mordere ... Potrebbero sbranarmi con più cattiveria.
 
Questo si che è stupido!
 
Sono aperto a suggerimenti di ogni tipo!
 
 ....................
 
Morirò come sono vissuto ... come "una palla al piede". Meno male che non c'è Asuka a guardarmi.
<< Sei già cotto, lurido cane? >> infierisce l'ufficiale. << Non pensavo fossi così debole. Ti ho appena toccato, vedrai tra un po'. Adesso alzati, ché non abbiamo ancora finito >>.
Con fatica riguadagno una posizione vagamente eretta. Obbedire è l'unica cosa che so fare.
 
Bravo cagnolino, lecca la mano che ti sta uccidendo!
 
Cos'altro potrei fare? Sento le gambe svuotate, le braccia molli, sono del tutto in confusione, riesco solo a chiedermi quando finirà. Però, ho ancora i riflessi necessari per schivare la sventola tremenda che stava per precipitare sulla mia guancia sinistra e che invece si infrange sulla testa di una delle guardie, facendola stramazzare.
<< Come hai osato? >>  Kuchinawa è livido dalla rabbia, dal suo punto di vista io l'ho offeso.
Magra soddisfazione, perché subito mi afferra per le spalle e mi assesta una dolorosa ginocchiata al fegato, bissata da due ganci ai reni... Non resisterò a lungo.
<< Ehi! Non spetta a te ammazzarlo, bastardo! >> sento una voce in lontananza. << Già non erano questi i patti, vipera maledetta >> le fa eco un'altra.
Per un attimo torno a sperare, perché quelle parole hanno presa su Kuchinawa, che molla l'osso e mi dà la possibilità di respirare  (che male!!! Devo essermi rotto qualcosa); ma la speranza dura appunto un attimo, perché mi accorgo che a fermare lo spettacolo sono quelli ... che non mi amano! Sono rimasti dove li avevo lasciati, bloccati al confine del paesino, immobili a fissare la loro preda finire in pasto ad altri carnivori. E adesso vogliono la loro fetta di carne.
<< Si, si >>  Kuchinawa sorride con finto imbarazzo << mi sono lasciato prendere la mano. Non pensavo fosse così fragile >>.
Detto questo, mi afferra per un braccio costringendomi a seguirlo ...dalla parte opposta del Wunder verso quel branco di tagliagole - e pensare che ce l'avevo quasi fatta!
Il muro umano formato da quei predatori si divide al passaggio di Kuchinawa ... e del sottoscritto trascinato già come una carcassa.
Si vede che hanno una gran voglia di estrarre i loro coltelli e piantarmeli in corpo, ma si trattengono. Per quale motivo poi?
Ci seguono mentre proseguiamo in direzione del capannone che avevo notato all'uscita del boschetto; le guardie, invece sono rimaste indietro.
Ogni tanto qualcuno mi centra con un calcio o con qualche sonoro ceffone, ma tutto sommato mi aspettavo di peggio. A metà strada, però, un pugno ben piazzato contro la mascella mi mette quasi a nanna. Un imperativo si impossessa di me: "non svenire!".
L'unica parte del mio corpo ancora non a contatto con il suolo è il braccio sinistro, saldamente tenuto dal serpente .  << Su ragazzi, non esagerate! >> dice candidamente la corda marcia. << L'avete detto voi. Non erano questi i patti. Ci sono dei diritti di prelazione, ammesso che sappiate cosa significhi prelazione, stupidi ignoranti! >> 
<< Chi se ne frega! Questo lo voglio sgozzare io >> minaccia un uomo che, giusto per attirare ulteriormente la mia attenzione, accompagna alle parole un ennesimo calcio alle costole. E' piuttosto basso, dall'aspetto trasandato e sporco, sembra più brutto della media con quei capelli biondo-canarino lunghi e oleosi alla nuca e ai lati, ma completamente latitanti all'attaccatura.
<< Se ne hai il coraggio >> lo ammonisce un altro, << fai pure. Poi, però, non provare a chiederci aiuto. Contro quei tre non ci mettiamo >>.
<< Quello che a me interessa >> interviene Kuchinawa  << è che lo togliate di mezzo. Non mi curo di altro >>.
L'ufficiale si piega per afferrare una mia gamba e riprende la marcia. Non ricordavo che la strada fosse così lunga e dissestata, I bambini mi si avvicinano incuriositi; di tanto in tanto qualcuno li spinge via in malo modo, ma non sembrano darsene troppo per intesi. Sono pieni di infantile e crudele stupore di fronte allo svolgersi di una battuta di caccia proprio davanti ai loro occhi.
Occasionali pestoni mi impediscono di divagare. Posso solo cercare di coprire la testa e inarcare, per quanto possibile, il busto a protezione della mia centrale.
Se non altro, non mi pare di avvertire  più dolore. Si, sta arrivando la rassegnazione, non voglio neanche più cercare un motivo per oppormi all'inevitabile, voglio solo che finisca ... il più presto possibile. Non ce la faccio più.
Anche i brividi mi hanno abbandonato; non saprei dire, invece del colore del mio viso.
Per accedere all'unica porta d'ingresso della lunga casa rettangolare a due piani, è necessario salire tre gradini, anch'essi in legno. Supero l'ostacolo abbastanza agevolmente ... con la nuca.
Le due ante della porta sono aperte verso l'interno e mi offrono l'immagine di un numero imprecisato di tavoli sparsi lungo l'area di un ampio salone di forma anch'esso rettangolare; c' è odore di alcool, mi ricorda il classico saloon che si vede nei film western.
Scorgo due persone sedute a qualche metro di distanza l'una dall'altra. Il primo, un po' defilato sulla destra, ha i capelli bianchi e incolti, indossa uno spolverino color cuoio e sta pulendo un coltello a lama lunga e seghettata; più avanti il secondo è un uomo brizzolato, corpulento, sicuramente alto. Indossa anche lui uno spolverino che, però, dà sul blu scuro, fatta eccezione per degli aloni bianchi all'altezza delle scapole. Picchietta ritmicamente un accendino sul tavolo. Nessuno dei due si volta, nonostante il casino.
Insieme a me saranno entrate poco più di dieci persone, le altre attendono, rumorose, sull'uscio... forse non avevano i soldi per il biglietto.
<< Fine della corsa >> annuncia Kuchinawa che lascia la mia gamba proprio davanti all'uomo con l'accendino. Ha l'occhio sinistro bendato e deve essere sulla cinquantina.
<< Ehi dico a te, verme! >> rincara la dose con un calcio alle gambe. << Rimettiti in piedi e crepa da uomo ... se ti riesce >>
<< Si ... da uomo >> il bruttone se la ride mostrando quei pochi denti  che si ostinano a resistere nella sua bocca, << quello lì!? Non sarà mai un uomo. E' pericoloso solo quando sale su quelle scatole giganti >>.
L'uomo con un occhio solo e l'aria truce non mi degna di uno sguardo e continua ad accompagnare con l'accendino qualsiasi stramaledetto motivo gli stia passando per la testa. Deve essere il capo perché ho l'impressione che basterebbe una sua parola ... Forse è lui che avanza diritti sulla mia salma.
La punta di uno stivale all'altezza della spalla destra mi ricorda ch devo alzarmi .... Va bene, così sia!
<< Come vedi, rispetto sempre la parola data >> afferma Kuchinawa sorridendo riverente e ingessato all'indirizzo di occhio bendato (fino ad ora nessuno ha pensato di presentarsi), che, per tutta risposta, interrompe il suo personale concerto per sputare teatralmente a terra fissando quel bastardo negli occhi.
A giudicare dall'espressione, carica di rancore a stento represso, direi che il messaggio è arrivato forte e chiaro alle sinapsi della vipera.
La scena mi provoca un certo compiacimento, sebbene non abbia alcun motivo per essere allegro. E infatti ... mai distrarsi!!!
Un discreto manrovescio dello sdentato, che, nel frattempo, deve aver ceduto alla tentazione di saltare la fila, restituisce alla mia mente ancora una volta il senso della realtà e delle priorità su cui concentrare l'attenzione.
Mi accorgo solo ora di sgocciolare sangue dal mento. Chissà come sono ridotto?! Ma non importa, sono un condannato a morte, in fondo. E' giusto che reciti il mio ruolo. Se solo avessi studiato la parte...
 
*****
 
<< FATEMI PASSARE! Dove sei, Shinji?!? >>
Un bagliore di lucidità, un senso di vergogna, una fitta alla cuore. E' Asuka.
Si fa strada spintonando senza grazia gli spettatori accalcati all'ingresso del saloon per assistere all'esecuzione. E' trafelata come quando ha aperto l'entrata dell'entry plug. Non saprei dire sè infuriata o ... preoccupata, non riesco a metterla a fuoco.
Lei da sola, troppo sola, contro tutti. Se le facessero del male non me lo perdonerei mai; se le facessero del male non potrei fare niente. Dio, che nausea! Non voglio che tu mi veda così... "inerme".
<< SHINJI!!! >> grida non appena mi vede.
Perché sei venuta? ...  Dannazione!  Perché ti ostini a riportarmi indietro, in questo mondo?
   
 
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