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Autore: Stella Dark Star    04/08/2017    1 recensioni
Per Andrea Pazzi e Lucrezia Tornabuoni è amore a prima vista quando s’incontrano nella basilica di San Lorenzo durante il funerale di Giovanni de’ Medici. Il problema è che entrambi sono sposati e per di più le loro famiglie sono nemiche naturali. Ma questo non basterà a fermarli. Tra menzogne e segreti, l’esilio a Venezia cui lei prenderà parte e il ritorno in città della moglie e i figli di lui, sia Andrea che Lucrezia lotteranno con tutte le loro forze per cercare di tenere vivo il sentimento che li lega. Una lotta che riguarderà anche gli Albizzi, in particolar modo Ormanno il quale farà di tutto per dividerli a causa di una profonda gelosia, fino a quando un certo apprendista non entrerà nella sua vita e gli farà capire cos’è il vero amore.
Consiglio dell'autrice: leggete anche "Delfina de' Pazzi - La neve nel cuore", un'intensa e tormentata storia d'amore tra la mia Delfina e Rinaldo degli Albizzi.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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Capitolo quarantadue
Un brivido nel cuore
 
Ancora non riusciva a credere che fosse accaduto davvero. Era rimasto sveglio tutta la notte a pensare a Rinaldo, al modo in cui la politica e gli interessi li avevano divisi e avevano distrutto la loro amicizia. Ma soprattutto, aveva pensato ad Ormanno e versato lacrime silenziose per lui. Aveva amato quel ragazzo come un figlio, prima di fargli del male, e alla fine si era rivelato un pessimo padre per lui tanto quanto lo era per i propri figli naturali.
Quel mattino, il Papa in persona si era offerto di officiare il rito funebre, ogni parola che pronunciava era sincera poiché era stato amico intimo degli Albizzi. Se solo anche lui non avesse fatto loro un grave torto, alla fine, come tutti quanti. Andrea lasciò un leggero sospiro, gli esseri umani erano davvero creature ingiuste. Diede un’occhiata alla propria sinistra, verso Caterina. Era bellissima con la sua pelle d’alabastro e i lunghi capelli corvini, ma nella sua espressione si poteva leggere chiaro il turbamento e l’insicurezza. Al suo fianco vi erano Francesco, Jacopo e Antonio. Aveva concesso loro di presenziare, ritenendoli abbastanza grandi per capire la gravità della situazione. I loro sguardi erano puntati sulla figura di Sua Santità e sembravano davvero interessati alle sue parole. Poi Andrea passò lo sguardo sui volti delle altre persone presenti, in particolare si soffermò su quelli che come lui avevano contribuito alla rovina di una famiglia che prima era una delle più rispettate della città, su quelli che come lui avevano votato per la pena di morte. Chi avrebbe immaginato che sarebbero stati accontentati? Anche se in un modo molto diverso e con l’aggiunta della morte di un innocente. Poi il suo sguardo arrivò a Lucrezia. Era pallida, come tutti del resto, e anche lei teneva lo sguardo fisso sul Papa. L’unica differenza era che i suoi occhi non stavano davvero guardando. Era chiaramente assente, persa in chissà quali pensieri. Anche lei aveva voluto la morte di Rinaldo, ma di certo non poteva dirsi soddisfatta. Giusto? Doveva assolutamente incontrala e parlare con lei di questo, condividere le sue emozioni. Istintivamente strinse la mano per sentire il rassicurante spessore del biglietto che le avrebbe consegnato una volta terminata la funzione.
*
Lucrezia attraversò l’intero corridoio di corsa, un lembo di gonna sollevato per non rischiare di inciampare e finire rovinosamente a terra. Quando giunse di fronte alla stanza che ormai conosceva bene, non esitò ad aprire la porta ed entrare. La richiuse subito e vi si posò di spalle, quindi riprese fiato e si riavviò i capelli giusto per essere presentabile. Attraversò il salottino ed aprì un’altra porta, quella che conduceva alla camera da letto del ragazzo che amava. Lo trovò con addosso solo le braghe e i bei riccioli scuri erano chiaramente bagnati. Evidentemente aveva appena fatto il bagno. Seguì una linea immaginaria sul suo corpo che disegnò prima le atletiche braccia, le spalle abbastanza robuste ed infine scese lungo la schiena bianca come latte. Si sentì avvampare.
“Ormanno…” La voce le uscì spezzata dall’emozione.
Lui si voltò di scatto. L’espressione inizialmente sorpresa venne subito sostituita da una di gioia nel vedere che si trattava di lei.
“Lucrezia!” Le corse incontro e l’avvolse in un abbraccio, sorridendole.
Lucrezia, ancora rossa in volto ma con un sorriso luminoso, disse timidamente: “Volevo vederti, non potevo più aspettare.” Gli portò le braccia al collo e gli sfiorò le labbra con un bacio.
Lui la guardò malizioso: “Forse dovrei vestirmi. Non vorrei farti cadere in tentazione.”
Lei scosse appena il capo e sussurrò: “No. Ti voglio così.” E lo baciò ancora, ma questa volta con passione.
Lui la strinse più forte a sé, esplorò le sue curve con bramosia, come sempre. Solo che, rispetto alle altre volte, il suo corpo reagì in fretta e in men che non si dica la sua virilità premette sfacciatamente contro il ventre di lei. La situazione stava diventando pericolosa per entrambi. Da quando si erano dichiarati l’un l’altra avevano trovato molte occasioni per stare soli, per baciarsi, per accarezzarsi e per entrare in zone proibite al di sotto dei vestiti, ma mai si erano spinti fino in fondo.
Ormanno si interruppe bruscamente: “Basta così. Lo sai che non possiamo. Ma quando avrò convinto mio padre a parlare col tuo riguardo il nostro fidanzamento ti prometto che sarai mia, anche prima del matrimonio se lo vorrai.”
Lucrezia ridacchiò: “Non m’importa niente dei nostri padri! Tu hai chiesto la mia mano ed io ho accettato. Solo questo conta. Voglio essere tua, amore mio.” Come attratta da una forza invisibile, si attaccò alle sue labbra ancora una volta. Era una sete implacabile. Per avvalorare le parole appena dette, pensò bene di aggiungere qualcosa, si scoprì le spalle e tirò giù la stoffa fino a lasciare i seni nudi, quindi prese una mano di lui e ve la portò. Ormanno non si fece pregare, ne tastò la morbidezza, il calore, la rotondità e si dilettò nel sentire una delle gemme indurirsi sotto il suo palmo. Complice la prepotente virilità che pulsava nelle braghe, accantonò ogni principio e si mise ad armeggiare con i lacci del vestito di lei. Lasciò che la stoffa scivolasse dal suo corpo come acqua ed interruppe il bacio per ammirare la bellezza delle sue curve. Per niente intimidita, Lucrezia fece la propria mossa e slacciò le braghe di lui che lasciò ricadere allo stesso modo. Si avvinghiò a lui, il tempo dei giochi era finito. Raggiunsero il letto dove si lasciarono cadere e leggermente affondare nella sua morbida superficie. Scambiarono uno sguardo d’intesa, come per chiedersi conferma di proseguire, quindi Ormanno si adagiò su di lei e prese posto fra le sue delicate cosce. Per lui non era la prima volta, aveva avuto modo di imparare qualcosa sull’arte dell’amore da una fanciulla, tanto deliziosa quanto disponibile, che gli era stata presentata da un amico, prima della dichiarazione d’amore che poi l’aveva legato a Lucrezia. Però, consapevole che invece lei era vergine, fu molto gentile e cercò di interpretare i segnali del suo corpo per sapere quando fermarsi e quando proseguire.
Per Lucrezia fu un’esperienza travolgente e appagante. Anche se all’inizio aveva dovuto stringere i denti, poi il dolore si era attenuato quasi fino a sparire e al suo posto era giunto il piacere. Più questo aumentava più il suo corpo reagiva, sapendo cosa fare pur senza saperlo davvero. Era come se al mondo non esistesse altro che loro due, l’unione dei loro corpi in una dimensione che va oltre il cielo. Raggiunsero quasi contemporaneamente la vetta del più intenso piacere paradisiaco.
Con il dolce peso del capo di lui sul petto e le dita ad accarezzargli i capelli, Lucrezia pose una domanda a fior di labbra: “A cosa pensi, amore mio?”
La voce un po’ roca per la piacevole fatica, lui rispose: “Preferisci la verità o una romantica bugia?”
“La verità, ovviamente.”Gracchiò lei, tra il sospettoso e il divertito.
“Bene.” Ormanno lasciò un sospiro, quindi disse: “Vorrei che Piero ci sorprendesse in questo momento, solo per il gusto di vedere la sua faccia sconvolta!”
Inevitabilmente scoppiarono a ridere entrambi, a conferma della loro grande intesa. Anche se era a danno del loro amico d’infanzia.
“Oddio quanto sei cattivo! Povero Piero! Io mi sento già in colpa per quando dovrò dirgli che il fidanzamento è annullato.”
Ormanno non solo smise di ridere, ma anche di respirare. Che cosa aveva appena detto? Sollevò il capo di scatto e la guardò dritto negli occhi: “Annullato? Vuoi dire che sei stata promessa a lui?”
Lucrezia si sentì sporca ai suoi occhi e questo la indusse a coprirsi con il lenzuolo: “Ormanno, io…”
“Quando è stato deciso? Dimmi la verità, Lucrezia.” 
Lei abbassò lo sguardo. Sapeva che la risposta non gli sarebbe piaciuta: “Prima che io venissi qui. Ma ti giuro che non ne sapevo niente, i nostri padri ce lo hanno detto durante il pranzo.”
Ormanno lasciò subito il letto, non riusciva a starle vicino dopo una tale confessione. Andò verso un mobile a cui si poggiò facendo pressione sui palmi delle mani.
Sentendosi in colpa, Lucrezia cercò di rimediare: “Adesso non ha più importanza. Mi hai resa tua e nessuno potrà impedirci di stare insieme.”
“Mi hai ingannato!” Gridò Ormanno, per poi riprendere con tono più mite: “Hai voluto fare l’amore con me anche se eri già stata promessa  a lui.”
“Lo so, ho sbagliato. Ma l’ho fatto a fin di bene, devi credermi!” Incalzò Lucrezia.
Lui però era di tutt’altra opinione, come poteva perdonarla? Si voltò verso di lei e gli uscì un vomito di parole senza controllo: “Vuoi sapere cosa penso? Ora ti vedo per ciò che sei davvero. Non voglio che una persona così falsa diventi mia moglie. Tu e Piero siete fatti l’uno per l’altra, sempre ad agire nell’ombra per ottenere i vostri scopi. Avete la mia benedizione. Auguri e figli maschi!”
Lucrezia si sentì come se le avessero trapassato il cuore con una lama. La voce le tremò nel dire: “Non posso più sposarlo. Mi dono donata a te, ormai.”
Lui rise amaramente: “Non è un problema mio! Tu hai creato l’inganno e ora tu vi porrai rimedio.”
“Ma io ti amo!” Gridò Lucrezia, disperata, per poi saltare già dal letto con l’intenzione di ricercare il suo abbraccio. Lui però la respinse e la fece cadere a terra. La guardò con sguardo carico di odio: “Per quanto mi riguarda tra noi è finita. E adesso vattene.”
Lucrezia si rimise in piedi e fece per allungare una mano verso di lui: “Amore, ti prego…”
“Vattene!” Gridò lui a pieni polmoni.
Spaventata e tremante, Lucrezia recuperò il proprio abito da terra e uscì di corsa dalla stanza. Una volta fuori, però, le gambe le cedettero e si lasciò scivolare sul pavimento del salottino. Faceva fatica a respirare e il cuore le doleva da impazzire. Aveva commesso un errore, uno stupido errore, al quale non poteva porre rimedio. Dei singhiozzi si levarono dalla sua gola seguiti dalle lacrime che presero a cadere come gocce di pioggia dai suoi occhi. Aveva agito d’impulso e ora aveva perso sia la purezza che il ragazzo di cui era innamorata.
Una lacrima le attraversò il viso mentre la sua mente lasciava quel ricordo per tornare al presente. Il Papa stava ancora parlando, ma dalle sue parole capì che il rito stava ormai per concludersi. Percepì sul viso la fredda scia umida lasciata dalla lacrima, si asciugò la guancia con il dorso della mano. Una lieve stretta alla spalla le fece voltare il capo, incontrò gli occhi tristi di Piero.
“Dispiace anche a me per Ormanno. In fondo un tempo eravamo amici.”
Piccolo e miserabile ignorante, se solo avesse saputo la verità su di loro…
Il funerale terminò e le famiglie andarono una alla volta a porgere le condoglianze a Madonna Alessandra. Quella povera donna era distrutta dal dolore per quel lutto che l’avrebbe accompagnata fino alla fine dei suoi solitari e vuoti giorni. Lucrezia le baciò le mani, ma non ebbe il coraggio di guardarla negli occhi. Non dopo ciò che aveva fatto. Se solo avesse potuto tornare indietro ed impedirsi di commettere un gesto così mostruoso…
Lei e Piero lasciarono la Cattedrale preceduti da Cosimo e Contessina, anch’essi turbati e silenziosi. S’incamminarono lentamente per il breve tragitto verso casa, quando lei venne leggermente urtata.
“Perdonatemi, Madonna Lucrezia.”
Volse lo sguardo e si ritrovò di fronte Andrea. Con lui vi era anche la moglie Caterina e tre ragazzi che lei, pur non avendoli mai visti, riconobbe come i loro figli. Dischiuse le labbra per dire una semplice frase di cortesia, ma si bloccò nel sentire la mano di lui stringere la sua. Fu un attimo, il tempo di percepire il familiare calore e poi tutto svanì. Nella sua mano non restò altro che la sottile presenza di un biglietto ripiegato più volte.
*
Andrea rincasò al crepuscolo, di pessimo umore. Il messaggio che aveva consegnato a Lucrezia indicava luogo e ora di un appuntamento, ma lei non si era presentata. L’aveva aspettata per tre ore, camminando attorno alla Cattedrale e all’interno, addirittura si era recato fino a Palazzo de’ Medici nella speranza di vederla uscire o anche solo di intravederla da una delle finestre. Niente. Si era rifiutata di incontralo. Fu un boccone davvero amaro da mandare giù.
Gettò il mantello a terra, all’ingresso, e si avviò verso le sue stanze. Guendalina sbucò da un corridoio e gli si piazzò davanti.
“Messere, bentornato. Avete una visita.” Gli disse, facendo un cortese inchino.
Ad Andrea si spezzò il respiro per la sorpresa. Possibile che Lucrezia fosse lì, nonostante lo spiacevole episodio di pochi giorni prima? Si schiarì la voce: “Di chi si tratta?”
“Tommaso Innocenti, la guardia personale di Messer Ormanno.” Fece il segno della croce in rispetto della sua anima, quindi riprese: “Dice che deve parlarvi di un argomento delicato e della massima importanza. Ho visto che teneva in mano un sacchetto col vostro stemma, ma non so cosa…”
Andrea sollevò una mano per farla tacere: “Va bene, ora vado da lui.” Sicuramente si trattava del denaro che gli aveva dato. Il che significava che aveva un ripensamento, che non voleva più essere alle sue dipendenze. Sciocco ragazzino.
“Oh un’altra cosa! Perdonatemi, stavo per dimenticarmene.” Guendalina mise mano ad una tasca nascosta della gonna e ne estrasse un foglio di pergamena arrotolato. Glielo porse: “E’ da parte di Madonna Lucrezia. Lo ha portato la sua serva personale mentre voi eravate fuori.”
Quello gli interessava di più di Tommaso. Andrea afferrò la pergamena dicendo: “Puoi andare.”  L’aprì in tutta fretta, impaziente di sapere cosa contenesse. Che fosse una lettera d’amore? Un messaggio per spiegare per quale motivo non si era presentata? Il suo sguardo si velò di delusione nel vedere di cosa si trattava in realtà. Che il loro amore fosse ormai in frantumi lo aveva capito, ma non si sarebbe aspettato tanto disprezzo. Lucrezia aveva messo in poesia tutto ciò che pensava di lui, senza risparmiarsi:
“Non mi curo più di te:[10]
Aggio preso forti rami, 
Non rispondo perché chiami, 
Beffe mi farò di te. 

O nimico, i' ò passato 
Oramai la dubia strada; 
Gesù mio m' à liberato, 
Non istare a quella bada. 
Grazia ò auto ch' io non cada, 
Non provar più l' esca e gli ami; 
Non rispondo, perché chiami, 
Beffe mi farò di te. 

Credesti aver gran faccenda, 
Con piaceri a me mostrare; 
Non che 'l mio Signore offenda, 
Non ci voglio pur pensare. 
Deh omai lasciami stare! 
I' non vo' più tuo' richiami; 
Non rispondo, perché chiami; 
Beffe mi farò di te. 

Deh omai lasciami stare 
Con la tua mortal ferita! 
A' peccati i' vo' pensare 
Ed a Dio, bontà infinita, 
Io vo' metter la mie vita 
In far tanto che Dio m' ami. 
Non rispondo, perché chiami; 
Beffe mi farò di te. 

Or ne mostra quanto puoi 
De' piacer quanti ne sai. 
Se tu fussi tu e' tuoi, 
Da me altro non arai. 
Deh pel resto sia ormai
Questi modi falsi e grami! 
Non rispondo, perché chiami: 
Beffe mi farò di te. 

Tu se' stato molto atento
Farmi, dico, a Dio lontano. 
I' t' ò fatto malcontento: 
Or sarebbe morto invano

Dato gli ò nella suo mano 
L' alma ch' a sé la richiami. 
Non rispondo, perché chiami; 
Beffe mi farò di te."



[10]: “Non mi curo più di te” è una poesia scritta dalla vera Lucrezia Tornabuoni.
 
  
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