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Autore: Vago    05/08/2017    4 recensioni
Questo mondo è impazzito ed io non posso farci nulla.
Non so cos'hanno visto in me, ma non sono in grado di salvare chi mi sta vicino, figurarsi le centinaia di persone che stanno rischiando la vita in questo momento.
Sono un allenatore, un normale allenatore, non uno di quegli eroi di cui si parla nelle storie sui Pokémon leggendari.
Ed ora, isolato dal mondo, posso contare solo sulla mia squadra e sulle mie capacità, nulla di più.
Sono nella merda fino al collo. No, peggio, sono completamente fottuto.
Non so perchè stia succedendo tutto questo, se c'entrino davvero i leggendari o sia qualcosa di diverso a generare tutto questo, ma, sicuramente, è tutto troppo più grande di me.
Hoenn, Sinnoh, due regioni in ginocchio, migliaia di persone sfollate a Johto dove, almeno per ora, pare che il caos non sia ancora arrivato.
Non ho idea di come potrò uscirne, soprattutto ora che sono solo.
Genere: Avventura, Introspettivo, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Rocco Petri
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Videogioco
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L’acqua nella pentola cominciò a bollire vivacemente sul fornello di fortuna che era stato montato sopra la coda fiammeggiante del Ponyta, che, obbediente, rimaneva immobile.
L’anziana donna ripose il coltello che teneva in mano in un cassetto al suo fianco. Nonna Catherine, così l’aveva chiamata la ragazzina poco prima.
Mentre le poche verdure tagliuzzate caddero nell’acqua, una bottiglia che, un tempo, doveva aver contenuto del vino si riempì dell’acqua cristallina prodotta dal Marill.
Quel merdoso vecchio scorbutico mi diede una spallata, portando degli altrettanto merdosi e vecchi piatti in ceramica verso il tavolo in parte apparecchiato.
Non gli dissi nulla. Mi trattenni solo perché, se avessi tolto i freni alla mia lingua, saremmo stati costretti a dormire fuori.
Sentii la manica della mia felpa venir tirata un paio di volte verso il basso.
Cosa. C’è. Adesso?
Cosa diavolo c’è adesso?
Perché non posso essere lasciato in pace?
Voltai la testa con sguardo stanco. Forse, se gli avessi fatto pena, mi avrebbero lasciato in pace, per questa sera.
La ragazzina mi stava guardando con quei suoi maledetti occhioni da bambina.
Ti prego, non usarli con me…
- Ciao. – mi disse, spostandosi una ciocca sporca di capelli dietro l’orecchio con la mano libera – Tu sei un allenatore, vero? –
- Si. – le risposi.
Avevo appena firmato la mia condanna a morte. Avrei passato la serata a fare la tata.
Mi chinai, in modo da portarmi alla sua altezza. – Dimmi, tu hai un pokémon tutto tuo? –
La bambina scosse vigorosamente il capo, facendo ondeggiare la chioma chiara.
- Come ti chiami? – le chiesi.
Mia madre aveva avuto la pessima idea di mandarmi un’estate a fare da animatore a un campeggio dalle parti di Forestopoli. Lì iniziai ad odiare profondamente i bambini, ma, per lo meno, fui costretto ad imparare come farli divertire in modo che non mi seccassero troppo.
- Tania. Mi fai vedere i tuoi pokémon? –
Non perde tempo la ragazzina…
- Va bene. –
Sospirai, portando la mano alle sfere appese alla cintura.
Sharpedo decisamente no. Un simpatico squalo con le squame cartavetrate non è il miglior compagno di giochi per nessuno. Anche se potrei farci un pensiero, ogni tanto.
Blaziken è fuori discussione. Se è possibile ha un carattere peggiore del mio con gli estranei.
Per Mightyena vale quasi lo stesso discorso di Sharpedo. Che male potrà mai fare un grosso cagnone con zanne affilate e una mentalità da branco a una bambina.
I miei polpastrelli scivolarono sulle sfere opache, mentre la mia mente continuava a riflettere su chi far uscire.
Swellow, Umbreon o Absol…  Non sono troppo grossi, per poter stare qui dentro senza fare casini.
- Voglio vedere questo! – mi esclamò in faccia la bambina con quella sua vocetta immatura, quasi strappando il supporto dalla cintura mentre le sue mani si affannarono a prendere la terza sfera.
- Cosa vorresti… -
Impiegai un attimo a capire cosa aveva appena fatto la ragazzina.
Quale sfera aveva preso?
No… non quella. Tutte, ma non quella.
- Aspetta! – dissi, appena realizzai cosa era successo.
Troppo tardi. La sfera stava già volteggiando in aria, con il led rosso dell’interruttore lampeggiante.
Il mio pokémon si materializzò al nostro fianco.
Il becco rosso si voltò prima in direzione del mio viso, per poi puntarsi contro quello della ragazzina, aprendosi di qualche centimetro.
Diverse fiammelle si levarono a sprazzi dai polsi bendati di Blaziken. Le piume, sia quelle rossastre che quelle bianche, fremettero, mentre gli occhi scuri scrutavano Tania, che sedeva rigida a quella vista.
Merda.
Provai a sporgermi in avanti, frapponendo il mio braccio tra il pokémon e la bambina.
Di Blaziken potevo dire veramente tante cose, che fosse forte, irascibile, inadatto al mondo al di fuori delle lotte, ma, sicuramente, non avrebbe mai provato a nuocermi, anzi. L’avevo cresciuto io, avevamo viaggiato insieme per degli anni, progredendo di pari passo nelle nostre esperienze.
Non mi avrebbe fatto nulla.
Fiamme più alte si alzarono, scaldandomi la guancia.
Sarebbe bastato il mio braccio a trattenerlo?
No, l’avrebbe potuto aggirare.
Merda.
L’aria tornò a raffreddarsi.
Cosa?
Le ultime lingue di fuoco si esaurirono. Il pokémon fiammeggiante, quindi, si sedette a terra, permettendo alla ragazzina di appoggiare le sue mani tra le piume tiepide.
Grazie al cielo.
- Il mio fratellone ne aveva uno con le piume molto simili. Però è tutto nero. –
- Chi è tuo fratello? Andy? –
- No! – esclamò lei, smettendo per un attimo di accarezzare le piume rosse – Andy lavora solo per i miei nonni. Chris è il mio fratellone. –
- Perché hai detto che ne aveva uno così? Non ce l’ha più? –
La bambina tornò a scuotere la testa in maniera negativa. – Aveva lasciato tutte le sue sfere a casa, quando siamo venuti ad aiutare i nonni. –
Tania tornò ad accarezzare le morbide piume davanti a lei, sotto lo sguardo serio del pokémon.
Appoggiai la mia mano sul polpaccio del mio compagno.
Per quanti giorni saranno stati bloccati qua dentro?
Avrei dovuto informarmi di più sulla loro condizione… ma non da Tania.

La minestra calda venne versata nei sette piatti.
Immersi il cucchiaio nel brodo scuro, isolandomi per un attimo dal mondo esterno mentre un pezzo di carota rimasto integro galleggiava lentamente verso l’interno della posata che tenevo in mano.
Nessuno sembrava aver intenzione di aprir bocca ed io, di certo, non sono il tipo adatto a iniziare un discorso.
- Ditemi, - l’anziana alzò lo sguardo verso me e Jacob, seduti uno accanto all’altro a lato del tavolo – cosa vi ha portati qui da noi, con un tempaccio del genere? –
- Vengono a portar guai. Ecco cosa. – Borbottò suo marito, con la fronte bassa puntata sul suo piatto.
- Vincent! – lo riprese la moglie, per poi tornare a guardarci.
- Vedete… - dissi, appoggiando il cucchiaio a lato del piatto – Hoenn ha cominciato da poco ad accusare gli stessi sintomi di Sinnoh. Sono state create delle squadre per cercare le possibili cause di tutto questo ma, finora, non abbiamo avuto molto successo. – mi passai una mano tra i capelli, guardando il mio riflesso nella minestra fumante – Non avevamo ricevuto notizie o aggiornamenti da questa regione, quindi una delle otto squadre è venuta a controllare di persona la situazione, assolutamente impreparata per questi eventi…  è da una settimana che non abbiamo notizie di loro, per questo sono corso fin qui da Hoenn . –
- Oh! Poveri ragazzi! – disse l’anziana, coprendo con la sua voce lo sbuffo  del marito – E te… Jahkob? –
L’allenatore dagli abiti viola le sorrise in risposta, appoggiando il cucchiaio all’interno della ciotola mezza piena. – Jacob, ma non importa… Sono nato e cresciuto a Giubilopoli e non ho nulla di speciale, assolutamente. Ho ricevuto alcuni giorni fa un messaggio di un mio caro amico, mi ha lasciato scritto di trovarci nella sua base a Memoride, solo che… sono rimasto senza compagni di viaggio a Pratopoli, almeno finché Nail non è piombato fradicio nel centro pokémon in cui sostavo. –
Il discorso non ebbe vita molto lunga.
Dalle risposte frammentarie dell’anziana capii che i suoi due nipoti sarebbero dovuti rimanere ad aiutarli nella pensione solamente per un paio di settimane, prima di tornare in città, ma la piena del fiume li aveva colti impreparati, costringendoli a barricarsi in quella casa in attesa che le condizioni meteo migliorassero.
Per loro culo, la terra che era riuscita ad entrare al piano inferiore gli aveva permesso di mantenere ancora qualche pokémon per sostentarsi.
Certo che rimanere chiusi nella propria casa per tutto questo tempo non deve essere la migliore esperienza che si possa sperare…
Quando le minestre furono consumate fino all’ultima goccia, l’anziana Catherine si alzò dal suo posto, raccogliendo le ciotole e richiamando a sé il Marill perché l’aiutasse a lavarli.
- Posso aiutare? – chiesi, alzandomi a mia volta dalla sedia.
- Puoi asciugarli, se ne hai voglia. – mi rispose con un largo sorriso che rimarcava le già profonde rughe – Lo straccio è li. –
Mi avvicinai al cencio che mi aveva indicato, rigirandomelo per una attimo tra le mani, mentre l’acqua cristallina prodotta dal paffuto pokémon azzurro eliminava le tracce di verdura dalla ceramica.
Alle mie spalle, colsi con la coda dell’occhio Jacob avvicinarsi alla finestra dalla quale eravamo entrati, per poi aprirla, permettendo a una fresca e umida brezza notturna di entrare nello stanzone.
Dal suo pacchetto venne estratta una sigaretta rovinata dal viaggio e l’accendino.
Tornai a guardare l’anziana al mio fianco, mi passò la prima ciotola gocciolante.
- Perché non avete provato a raggiungere un’altra città, quando il temporale si attenuava? – le chiesi, facendo scorrere lo strofinaccio sulla ceramica.
- Chi lascerebbe un posto così sicuro per trovare chissà cosa? Appoggialo su quella mensola, quando hai finito. –
Alle mie spalle sentii Jacob bofonchiare qualcosa.
Mi voltai, portando la ciotola verso l’armadio che mi era stato indicato.
L’allenatore dagli abiti viola stava scuotendo vigorosamente l’accendino che teneva in pugno, con la sigaretta ancora spenta tra le labbra.
Chris, il nipote maggiore della coppia, gli si avvicinò, porgendogli un rettangolo metallico, mentre l’altra mano era impegnata ad estrarre una sigaretta da una scatoletta in latta.
Jacob gli disse qualcosa sorridendo, troppo piano perché io potessi capire le parole, per poi prendere l’oggetto e aprirlo con uno scatto, innescando una fiammella nella porzione dell’accendino nascosta sotto il coperchio.
Ritornai alla mia postazione di fianco all’anziana, lasciando i due fumatori alle loro chiacchiere.
- Vuoi andare a fargli compagnia? – mi chiese Catherine, indicando con un cenno del capo i due uomini alla finestra – Qui posso finire anche da sola. –
- No, grazie. Non fumo. – le risposi, riponendo l’ennesima ciotola al suo posto.
- Fai bene. Quella roba non è per niente salutare. –
La mia felpa consumata venne tirata un paio di volte verso il basso.
Non che mi importasse particolarmente, in quel momento. L’ambiente di quella casa, tolto il vecchio scorbutico, era riuscito a farmi rilassare i nervi.
Guardai in direzione della cosa che mi tirava.
Tania era lì, a fissarmi con i suoi occhioni da bambina.
- Posso giocare con un altro dei tuoi pokémon? –
- Tania! – la rimproverò l’anziana al mio fianco – Non disturbare il nostro ospite! –
- Scusa… -
- Non importa. – le risposi.
Blaziken aveva avuto una mezzora di buon cuore, prima di cena, ma non avrei messo ulteriormente alla prova la mia fortuna.
Sarei andato sul sicuro, questa volta.
Sfilai la prima sfera e gliela porsi.
- Trattalo bene. – le dissi, per poi vederla correre via.
Umbreon comparve in un angolo dello stanzone, fissando come confuso con i suoi occhi rossi la bambina che aveva lanciato la sua sfera.
Quando le sue pupille strette mi trovarono, gli feci un cenno del capo, come per rassicurarlo.
Il pokémon si sdraiò quindi a terra, permettendo alle piccole mani di Tania di appoggiarsi sul pelo scuro della sua nuca, scompigliandogli i peli gialli e il cerchio che questi formavano.
Quando tutta questa faccenda sarebbe finita, mi sarei preso una pausa, se fossi stato ancora vivo. Magari avrei anche seguito il consiglio di Jacob, sarei andato da qualche parte in campagna, per stare un po’ più vicino ai miei compagni e meno alle lotte.
- Sei un bravo ragazzo, Nail. – disse all’improvviso Catherine, togliendo il largo tappo che impediva all’acqua che riempiva il lavandino di proseguire il suo percorso lungo la tubatura a stento nascosta dalla muratura.
- Se davvero fossi bravo, avrei già trovato la causa di questo casino. – le risposi, riponendo lo strofinaccio dove l’avevo preso.
- Non devi essere così duro con te stesso. I migliori allenatori di questa regione sono morti cercando una risposta. –
La mia borsa, ai piedi dell’attaccapanni sotto cui l’avevo buttata, cominciò a vibrare.
Maledizione! Mi ero dimenticato del PokèNav!
- Devo fare solo una cosa per un attimo. Scusami. – dissi rapidamente all’anziana, raggiungendo a passo veloce il mio zaino.
Il vecchio mi guardò di storto quando gli passai accanto, ma non avevo il tempo di riservargli la sua dose di rancore oraria.
Estrassi l’apparecchio rosso dalla sua sacca stagna, fissando l’icona indicante la chiamata in entrata. Poi il mio pollice premette il pulsante per rispondere.




Comunicazione di servizio

A causa della mia arretratezza con i capitoli delle mie storie e la mia totale assenza la settimana prossima, il prossimo capitolo verrà pubblicato sabato 19 agosto.
Grazie a tutti per essere qui a leggermi e buona continuazione.
Vago
   
 
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