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Autore: AnnabethJackson    07/08/2017    2 recensioni
Zach scosse la testa, facendo un sorriso amaro. «È assurdo.»
«Che cosa è assurdo?» domandò Hailey, anche se sapeva esattamente a cosa lui si stesse riferendo.
Zach rimase in silenzio per qualche istante, poi fece un cenno con il mento. «Questo» disse. «Io e te, qua. Dopo cinque anni.»
Calò il silenzio: che cosa si poteva dire dopo una frase del genere?
"Sì, è assurdo. E sì, sono passati cinque anni. Ma che ti aspetti, Zach?" Se Hailey avesse risposto in quel modo, al suo posto se ne sarebbe andata via senza un'altra parola. Dopotutto, tra i due, era lei a dovergli delle spiegazioni.
«Pensavo di non vederti mai più, sai? Non dopo cinque anni in cui non ti sei più fatta viva.»
«Mi dispiace. Non era mia intenzione andarmene così, credimi.»
«Non era tua intenzione? Davvero?»
«No, Zach» sussurrò. «Te lo giuro. É che... Ho dovuto.»
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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3.MAKE YOURSELF SOME FRIENDS
 


17 ANNI PRIMA


 

Zach doveva catturare quell'ape prima che scappasse. Aveva deciso che era perfetta per la sua collezione di insetti morti che aveva a casa.

Sventolò la sua maglietta arrotolata in aria, cercando nel mentre di non inciampare nei cumuli irregolari di sabbia e nelle alghe che la marea aveva portato con sé a riva poche ore prima.

In realtà, la sua non era proprio una collezione, sopratutto perché la mamma si metteva ad urlare ogni volta che vedeva un animaletto che fosse più piccolo di un canarino. Era più una scatola di latta che in origine conteneva dei biscotti, al cui interno Zach metteva ogni genere di insetto morto che trovava: piccoli ragni nascosti sotto il letto, farfalle bianche con le ali un po' deturpate, libellule pescate nel giardino che confinava con casa sua... Insomma, tutto ciò che riusciva a trovare e a portare a casa prima che la mamma lo scoprisse.

E le api mancavano alla sua lista, forse perché l'ultima volta che aveva provato ad ucciderne una era tornato a casa con la mano gonfia e le lacrime agli occhi. Alcune volte i suoi piani gli si volgevano contro, ma erano rischi del mestiere.

Di darsi per vinto non se ne parlava proprio.

E quello era senza dubbio un giorno perfetto per catturare un'ape. Non solo perché la spiaggia era ancora mezza vuota e il rischio di inciampare in qualche signora che si abbrustoliva al sole era minimo, ma anche perché un uomo si era avvicinato alla mamma e avevano iniziato a parlare.

Di stare a guardare quel brutto ceffo con la pancia e una foresta di peli sulle gambe fare la corte alla mamma non ne aveva voglia. L'ultimo uomo che aveva cercato di intavolare una conversazione con la mamma in spiaggia l'anno prima aveva finito per essere poi quasi morto d'infarto in acqua: non era colpa di Zach se Rudy, il serpente di plastica regalatogli dalla mamma per il suo compleanno, era finito accidentalmente addosso al tipo. Zach di certo non poteva sapere che lo stesso avesse paura di tutto ciò che assomigliava lontanamente a un serpente.

Insomma, chiunque sapeva che i serpenti d'acqua non possono vivere in un lago così freddo! Le due settimane di punizione senza televisione che la mamma poi gli aveva impartito erano senza dubbio valse la pena.

Quel giorno, però, aveva dimenticato a casa Rudy e, in qualsiasi caso, Zach dubitava che l'uomo peloso sarebbe riuscito a vedere il suo giocattolo con quella pancia che gli impediva persino di guardarsi i piedi. Con un sospiro, quindi, si era arreso e aveva deciso di andare a costruire un castello di sabbia in riva al lago quando un'ape gli aveva sfiorato l'orecchio, intenta a volare nella direzione opposta.

Zach non si era lasciato sfuggire l'occasione: sfilata la maglietta che indossava, aveva iniziato a rincorrere l'insetto, seguito dalle grida di raccomandazione della mamma che gli intimava di non allontanarsi troppo perché era quasi ora di tornare a casa. Il bambino dubitava che l'uomo peloso l'avrebbe lasciata andare tanto presto, quindi non si preoccupò molto: voleva quell'ape a tutti i costi.

Quando però inciampò accidentalmente in un pezzo di ramo a terra e l'ape sfuggì alla sua vista, Zach dovette abbandonare i suoi piani. Sdraiato a terra ansante per la corsa, con la testa che gli girava un po' per averla tenuta alzata verso il cielo troppo a lungo, cercò di riprendere fiato.

Tirava un vento abbastanza forte e i capelli continuavano a finirgli negli occhi, così come i granelli di sabbia sollevati dal vento. Si mise seduto e indossò nuovamente la maglietta mentre si guardava attorno. Non aveva voglia di tornare dalla mamma e dal pancione, ma l'ape era ormai scomparsa alla sua vista e lì intorno non c'era nessun altro eccetto lui.

Aveva il mare alla sua sinistra e davanti a sé la spiaggia cominciava a restringersi. Qua e là comparivano sporadicamente dei massi irregolari e degli ammassi di cespugli. Era difficile che qualcuno si avventurasse lì, sopratutto chi voleva prendere il sole, perché il terreno era irregolare e molto spesso il vecchio Joe passava con la sua barca disturbando la quiete dell'acqua in riva.

All'improvviso, Zach saltò in piedi e lentamente un sorriso largo andò a distendersi sul suo volto.

Ecco cosa poteva fare! Il sentiero che portava alla casa sul lago di Joe partiva proprio lì davanti, in mezzo agli alberi, ma si poteva raggiungere in meno di cinque minuti a piedi anche attraverso la spiaggia. Arrivato lì, poi, Zach sperava di trovare il vecchio seduto sulla sua sedia a dondolo nella piccola veranda, con un sigaro puzzolente in bocca e un bicchiere di liquido scuro in mano.

La domenica il negozio di pesca di Joe era chiuso e lui passava tutto il giorno fuori in barca o a fumare nella sua veranda, lanciando i sassi ai gabbiani che osavano atterrare nelle strette vicinanze. Quell'uomo era l'incubo degli uccelli, ma, in compenso, era anche l'obbiettivo dei giovani di Manning con età compresa tra i tre e i diciannove.

Non importava quanti anni avessi, né se fossi maschio o femmina: tutti, prima o poi nella vita, in gruppo o in solitario, avevano passato un pomeriggio a organizzare uno scherzo al fine di far imbestialire il vecchio. Era divertente vedere come le vene del suo collo si gonfiassero e come la pelata diventasse scarlatta.

Molti erano stati banditi da quel posto, ma tanti altri erano riusciti a farla franca.

Zach sperava che fosse un giorno buono: con la fortuna dalla sua parte, avrebbe potuto far infuriare Joe soltanto avvicinandosi al portico. Magari ci scappava anche uno scherzetto, chi lo sapeva.

Deciso a non arrendersi, si incamminò in quella direzione, attento a dove posava i piedi. La spiaggia era molto spesso meta dei ragazzi più grandi. Zach li aveva visti alcune volte, sopratutto quando la mamma decideva di restare in spiaggia fino a tardi d'estate: arrivavano con le loro macchine grosse e, schiamazzando, occupavano quel pezzo di riva che si estendeva fino al Grande Masso. Carichi di grandi borse e mini frigoriferi, alcuni di occupavano di accendere il falò, mentre gli altri si sedevano in cerchio, cominciando a stappare lattine di birra e spintonandosi a vicenda. Agli occhi del bambino era uno spettacolo affascinante, ecco perché non vedeva l'ora di andare alle superiori per poter partecipare a uno di quei raduni.

In lontananza, dietro agli alberi, Zach riusciva già a vedere i lineamenti della vecchia baracca di Joe e, tendendo l'orecchio, poteva sentire lo scricchiolare della sua sedia a dondolo, segno che il vecchio fosse proprio dove sperava. Quando, però, Zach fece per scavalcare un tronco d'albero parecchio ingombrante, il suo cervello catturò un colore anomalo sulla sinistra.

Girandosi in quella direzione, vide qualcosa che lo lasciò basito per un istante.

Seduta da sola sul Grande Masso, c'era una bambina che gli dava le spalle. In testa aveva un vistoso cappellino a visiera giallo sgargiante, quel genere di colore che è impossibile non vedere anche a centinaia di metri di distanza.

Ciò che stupì Zach non fu la presenza in sé della bambina, né che fosse da sola, bensì il cappello, il cui colore era imparagonabile a qualsiasi altre cosa Zach avesse mai visto nella sua – seppur breve – vita. Voleva anche lui qualcosa che attirasse l'attenzione di chiunque avesse un paio di occhi funzionanti.

Dopo qualche attimo in cui rimase incantato, si ridestò e, spostando lo sguardo incuriosito sulla figura della bambina, dovette socchiudere le palpebre per l'improvviso cambiamento di intensità di colore.

La bambina aveva dei lunghi capelli biondi che al momento volavano in tutte le direzioni. Il vento sollevava le ciocche dorate in modo da formare delle onde di crini, come l'acqua del lago nei giorni di tempesta.

Da dietro, Zach non riusciva a capire chi fosse.

Molte sue compagne della scuola materna avevano sì i capelli biondi, ma dubitava che andassero in giro da sole su quel pezzo di spiaggia. O almeno, era scettico nel pensare che le sue compagne si divertissero a dar fastidio al vecchio: erano tutte così tranquille durante la ricreazione.

Bah, femmine.

La sua curiosità però era tale che gli fu inevitabile cambiare rotta e deviare, dirigendosi verso il Grande Masso. Sentiva solleticare i talloni dai granelli di sabbia che, a sentire alcuni suoi compagni, erano più grandi rispetto a quelli che si potevano trovare in riva al mare. Zach al mare non ci era mai stato e trovava difficile credere a quelle chiacchiere: come potevano esistere dei granelli ancora più piccoli di quelli?

Con lo sguardo seguì le impronte che lasciava dietro di sé finché non appoggiò i piedi sulla superficie liscia della roccia.

Il Grande Masso era esattamente ciò che diceva il nome: una distesa stranamente piana di lastra grigia, larga una decina di metri, che sporgeva sul lago in modo da creare un trampolino di lancio per i più spericolati. L'acqua, lì sotto, era parecchio profonda e quindi adatta per i tuffi durante l'estate. Ma era un posto perfetto anche per sdraiarsi a prendere il sole e, infatti, quando le vecchie stendevano i loro teli sulla superficie rocciosa, non c'era verso per coloro che si volevano tuffare di divertirsi finché quelle non se ne andavano.

Zach temporeggiò a un paio di metri dalla bambina per qualche istante, accorgendosi solo allora del blu candido della maglietta che indossava. Era un'accozzaglia di colori che, da vicino, facevano quasi male agli occhi. Era la prima volta che vedeva una femmina indossare qualcosa di blu.

« Ciao! »

Si lasciò cadere a terra al suo fianco, incrociando le gambe in modo da esserle quasi seduto difronte con la schiena semirivolta al lago, e sorrise. Un sorriso largo che inevitabilmente andò a disegnargli una piccola fossetta sulla guancia destra.

Non era sua intenzione spaventarla né farla sussultare, ma pensava che una minima reazione di sorpresa da parte della bambina ci sarebbe stata. Ciò che ottenne, invece, fu solo uno sguardo corrucciato e una fronte aggrottata.

« Lo sai che non ho mai visto una femmina indossare qualcosa di blu? Tutte le femmine della mia classe di solito hanno dei vestiti rosa o bianchi, ma mai blu. Il blu è da maschio » disse Zach imperterrito, deciso a non abbandonare il sorriso.

La frase non dovette piacerle molto perché il suo volto si corrucciò ulteriormente e gli occhi le si scurirono.

« Cosa vorresti dire? Che le femmine non possono indossare il blu perché è un colore da maschio? »

Zach ammutolì per un istante. Non si aspettava quella reazione né lo sguardo che lei gli lanciò subito prima di tornare a guardare il lago. Non era sua intenzione offenderla, ma il modo in cui gli aveva risposto sembravano suggerire il contrario.

In un decisione che si rivelò saggia, decise di lasciare perdere il discorso. Non voleva insinuare che il blu fosse da maschio, non lo credeva. Anzi, se proprio voleva essere sincero, considerava quella bambina forte: seppur femmina, si distaccava molto dalle sue compagne di scuola che mai volevano giocare ad acchiapparello o nascondino.

Era forte.

« Mi piace il tuo cappello » disse. « Sembra che abbia una luce propria, sai? Ne vorrei anch'io uno così. Dove lo hai comprato? » chiese tanto per dire qualcosa.

Per qualche motivo voleva che quella bambina gli parlasse ancora e che la smettesse di ignorarlo. Magari potevano giocare assieme.

« È impossibile. I cappelli non risplendono di luce, lo sanno tutti. »

La bambina lo guardò per un breve istante, alzando un sopracciglio. Il tono della sua voce era saccente, ma Zach non se la prese più di tanto, anche se capiva che la risposta di lei era volta a sottolineare l'assurdità detta da Zach.

Bensì, il modo in cui la fronte della bambina si corrucciò fece nascere in lui una risatina inevitabile dal profondo: era molto buffa. Cercava di fare la superiore, ma con quell'accozzaglia di vestiti e le ciocche di capelli che le finivano in bocca ogni volta che l'apriva, non incuteva tanto timore.

« Io mi chiamo Zach. Tu come ti chiami? » domandò dopo un po' di tempo che lei lo fissava. Almeno era riuscito ad attirare la sua attenzione.

« Mi sembra di averti già vista, ma non mi ricordo il tuo nome. Di solito sono bravo a ricordare i nomi, ma il tuo proprio non me lo ricordo. » Zach era consapevole di star dicendo una bugia: era vero che ricordava bene i nomi delle persone, di solito, ma era certo di non averla mai vista, altrimenti se ne sarebbe ricordato sicuramente. Trovava difficile dimenticare qualcuno come lei.

Purtroppo quella che voleva essere una provocazione per farla parlare, si rivelò inutile: la bambina si girò poco dopo verso l'acqua, senza rispondere alla sua domanda.

Guardandola attentamente, Zach notò che il suo volto aveva perso il cipiglio che era riuscito a suscitarle con i suoi interventi, e ora gli angoli della bocca di lei tendevano verso il basso, mentre la fronte le si era distesa. Dalla posizione in cui era, Zach non riusciva a vederle bene gli occhi, ma per qualche motivo capì che qualcosa in lei era cambiato. Sembrava triste.

« Sembri triste » disse, curioso. « Perché sei triste? »

Zach non conosceva molto bene la tristezza, ma sapeva cosa poteva suscitarla. L'aveva vista molto spesso in faccia alla sua mamma quando gli uomini uscivano da casa sua la mattina e lei era seduta al tavolo della cucina con una tazza di caffè bollente i mano. Saltuariamente, l'aveva vista anche quando i suoi compagni di scuola cadevano accidentalmente e si graffiavano il ginocchio. Ma il modo in cui quella bambina guardava imperterrita le acque scure del lago suscitarono in lui una sensazione strana.

Qualche istante dopo il labbro inferiore di lei cominciò a tremolare e finalmente tornò a guardare Zach negli occhi. Occhi pieni di lacrime trattenute.

« Mi manca la mia mamma » mormorò, alzando le spalle. Arricciò il naso e la bocca, passandosi una mano sotto il naso. « E poi non voglio vivere qui. Mi piaceva la mia vecchia casa, quella che abbiamo ora puzza di uova marce, e non posso più giocare con la mia amica Claire. »

Zach annuì.

« Sai, anche a me manca il mio papà a volte, anche se in realtà non so chi sia. » Si strinse nelle spalle mentre faceva rotolare un sassolino tra le mani.
« Però poi la mamma mi compra il gelato e me ne dimentico. »

In realtà la mamma gli comprava il gelato solo quando faceva il bravo, ma il modo in cui lo stava guardando quella bambina, come se si aspettasse una qualche rassicurazione, gli aveva fatto venir voglia di aggiungere quell'ultima frase.

La bambina alzò le sopracciglia in un'espressione al contempo sorpresa e pensierosa. I suoi occhi leggermente spalancati, che solo in quel momento Zach si rese conto essere azzurri come l'acqua del lago nei giorni di sole, erano grandi rispetto al resto del volto. Gli ultimi residui di lacrime facevano in modo che le sue ciglia fossero più scure ed evidenti, ma con un gesto di stizza si asciugò gli occhi.

« Mi chiamo Hailey » disse lei dopo un po'.

Zach fece un piccolo sorriso involontario, il quale si allargò inavvertitamente poco dopo. Fu come se la sua faccia si fosse illuminata.

« Ehi, mi è venuta un'idea geniale! » esclamò, mentre Hailey gli lanciava uno sguardo dubbioso. « Potremmo fondare il club dei bambini senza un genitore! Un po' dei miei amici hanno i genitori divorziati e potrebbero unirsi al club. »

« Okay, ci sto » disse Hailey dopo qualche istante, aprendosi in un piccolo sorriso. « Però tutti i club hanno delle regole. Forse dovremmo avere delle regole anche noi. »

Zach annuì concorde mentre il silenzio calava tra di loro. Entrambi si misero a pensare a quali potessero essere le regole. Zach guardò Hailey con il manto tra le mani e gli occhi socchiusi, e poi all'improvviso si illuminò in volto, alzando un dito verso la testa di lei.

« Nel club sono ammessi solo coloro che hanno un solo genitore e che portano un cappello giallo, proprio come il tuo » disse sorridendo, fiero della sua idea.

Hailey scosse il capo. « Ma tu un cappello giallo non ce l'hai. L'hai detto prima. »

Con uno scatto repentino, Zach balzò in piedi e acchiappò il cappello di Hailey con una mano, superando il Grande Masso con un balzo e cominciando a correre lungo la riva.

« Ehi, dammi il capello! » urlò Hailey mentre lo inseguiva a qualche metro di distanza.

Si rincorsero per parecchi minuti mentre Zach le faceva le linguacce ed Hailey rideva, forse per la prima volta quel giorno. Zach era proprio buffo quando incrociava gli occhi e tirava fuori la lingua, utilizzando le mani per farle cenno di venire a prenderlo.

Quando alla fine Zach rallentò la sua corsa volontariamente per farsi prendere – adorava giocare ad acchiapparello ma cominciava ad avere il fiatone ed Hailey non era veloce come lui – lei gli saltò addosso, rubandogli il cappello di mano e indirizzandogli una linguaccia di scherno.

Zach rise mentre cercava di riprendere fiato, poi allungò una mano in avanti, il palmo rivolto all'insù e il capo leggermente piegato.

« Amici? »

Voleva davvero farsi amica quella bambina, non solo perché sembrava forte sotto molti punti di vista. Non aveva mai avuto un'amica femmina e, da quello che aveva capito, lei si era appena trasferita, quindi molto probabilmente non conosceva nessuno. Magari poteva diventare il suo primo amico di Manning e fare in modo che quello sguardo triste rivolto all'acqua non si ripresentasse troppo spesso.

Hailey lo guardò per un secondo, mentre il suo petto si alzava e abbassava velocemente. Zach era davvero strano e di certo non poteva rimpiazzare Claire, ma in fin dei conti doveva pur farsi qualche amico visto che non conosceva nessuno con cui poter giocare, così strinse la sua mano e annuì, l'angolo della sua bocca leggermente sollevato.

« Sei buffo e un po' strano, sai? Però sei anche abbastanza simpatico » disse.

Lo guardò per un istante, soffermandosi sui suoi riccioli sbarazzini che svolazzavano dappertutto, un po' a causa del vento, un po' perché probabilmente era solo la loro natura, e sorrise. Allungando il braccio, gli mise in testa il suo capello giallo.

« Tieni, te lo regalo. Ne ho un altro a casa. »







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