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Autore: Eleonora Bonora    07/08/2017    0 recensioni
Estratto dalla storia
«E' davvero questo il modo in cui vuoi rendere fiero tuo padre?»
«No, tu non capisci: non ho altra scelta.»
«Tu non sei così e lo sai bene.»
«Lui è mio padre, è mio dovere rispettare le sue scelte.»
«Caleb, lui è malato.»
La fissò, guardava i suoi occhi chiari e cercava le cose giuste da dire. Ma scelse la codardia e scappò.
«No, ascoltami: dimentica. Dimentica tutto quello che ti ho detto. Non avresti dovuto sapere nulla.»
Genere: Romantico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Era la seconda volta che Bonnie rimaneva da sola in quel suo piccolo spazio. Non era terribile, avrebbe solo voluto un riscaldamento. Con quello, poteva benissimo essere una stanza di un motel economico: non la più bella della città, ma nemmeno la più brutta. Avrebbe voluto una finestra, anche piccola, per poter vedere la neve sulle strade della città, non un piccolo vetro opaco che si affacciava, probabilmente, ad un locale. Voleva sapere che ore fossero, ma nella camera non c'era nessun orologio. Era giorno o notte? Non poteva saperlo: non aveva modo di constatarlo e tanto meno poteva chiederlo. Perché pensava a queste cose, invece di cercare un modo per scappare? Perché Bonnie non era una di quelle ragazza a cui piaceva pianificare, lei era impulsiva: faceva tutto quello che il cervello le diceva sul momento. In effetti era meglio così: era convinta del fatto che, anche se si avesse pianificato la vita di ogni essere vivente, questa non sarebbe stata come ci si sarebbe aspettati, poiché ognuno la pianifica in modi diversi e ci sarebbe stato, prima o poi, un pezzo che non avrebbe combaciato. C'è sempre una falla nel sistema. Quando avrebbe avuto occasione di scappare, il suo cervello glielo avrebbe fatto capire. Di questo ne era sicura: è l'istinto umano quello di sopravvivere. Avrebbe voluto addormentarsi e svegliarsi nel suo letto matrimoniale, in cui adorava dormire di traverso, era una cosa che la caratterizzava: lo occupava sempre tutto con la testa a destra, al bordo laterale del letto, ma mai sopra il cuscino -quello lo metteva sopra la sua testa in modo che la luce mattutina non l'avesse svegliata- e i piedi erano inevitabilmente alla sinistra. A volte, in estate, durante la notte, invertiva la posizione per rimanere al fresco. Di sicuro quella volta non avrebbe avuto caldo. Aveva sonno e le opzioni a sua disposizione erano due: rimanere costantemente terrorizzata senza chiudere occhio, oppure dormire sperando che il giorno seguente sarebbe stato quello in cui sarebbe potuta scappare. Ammesso che in quel momento fosse notte, perché lei non ne aveva idea. Scelse la seconda opzione e si coprì quanto più possibile per tenersi al caldo. Si addormentò in breve tempo. Cos'era tutto quel rumore? Lasciatemi dormire una volta tanto! Basta! Se adesso, aprendo gli occhi, scopro chi è che sta piantando un chiodo.. Si alzò di colpo quando sentì un rumore amplificato una trentina di volte rispetto a quello che l'aveva svegliata. Cosa poteva essere stato? Le era addirittura venuta la pelle d'oca a udirlo, le ricordava qualcosa di già sentito, ma non ne era sicura, infondo si era appena svegliata e poteva benissimo essere parte di un incubo. In effetti tutto taceva intorno a lei. Si lasciò andare a peso morto sul letto. Le sue preghiere non erano state esaudite: non si era svegliata nel suo letto matrimoniale, ma ancora nel piccolo letto nella sua fredda stanza. Senza finestre e senza i suoi caldi vestiti. «Smettila di lagnarti e pulisci!» si sentì gridare dall'altra parte. Era una voce maschile, o era il ragazzo, oppure si trattava dell'uomo. A meno che non ci fosse qualcun altro. Ma la voce era così dura e spaventosa che non poteva essere nessun altro che quella persona schifosa. Decise di non dare peso alle frasi sentite: aveva ancora sonno, quindi decise di dormire, finché avesse potuto. Sognò quella vacanza fatta una decina di anni prima, quando lei aveva nove anni e sua mamma era incinta di Travis, suo fratello. Andarono in montagna. La sua famiglia era unita più che mai e Bonnie non vedeva l'ora che il nuovo fratellino nascesse. I due sono sempre stati legati nonostante gli anni di differenza, soprattutto nell'ultimo periodo dopo la perdita del lavoro del padre. Travis era piccolo, ma abbastanza grande per capire che qualcosa non andava nel verso giusto e la sorella era riuscita a spiegarglielo. Non doveva essere arrabbiato con papà, perché lui non ne poteva niente e aveva fatto tanti sacrifici per loro. Quando aprì gli occhi per la seconda volta, si sentì molto più riposata. O forse solo più rilassata: non era stata svegliata da un rumore assordante. Si girò un bel po' di volte nel letto prima di alzarsi. Voleva andare a sciacquarsi almeno le mani, voleva fare qualcosa che la facesse sentire a casa. Poteva sembrare banale, ma anche questa piccola cosa poteva farla stare meglio. Continuava a cercare qualcosa a cui aggrapparsi, per ora aveva sempre trovato un'appiglio. Sperava che tutto sarebbe finito presto ma, in caso contrario, sperava di trovare per tutto il tempo che le sarebbe servito, qualcosa che la facesse continuare ad auspicare. Quando raggiunse il bagno, si ricordò dell'assenza del lavandino, così tirò un pugno alla porta di metallo per scaricare la frustrazione. Decise di aprirla comunque, tanto il bagno doveva usarlo in ogni caso. Sussultò quando notò una ragazza addormentata sul pavimento del bagno. Cosa ci faceva qui? «Pensavo che non potesse entrare nessuno a parte loro due.» disse fra sé e sé. «Scusami.» disse a voce abbastanza alta in modo che la ragazza potesse sentirla. I lunghi capelli castani le coprivano la faccia leggermente inclinata verso destra. Era rannicchiata e, o era molto stanca, oppure aveva il sonno molto pesante, perché non sentì la voce di Bonnie. «Ehi.» provò di nuovo, alzando il tono. Indossava una maglietta bianca e dei leggins neri. Ma non aveva freddo? Vedendo che non avrebbe mai avuto risposta, si decise a cercare di svegliarla scuotendola. Di solito, quando doveva andare a scuola e non si svegliava, l'unico modo per farla alzare dal letto era scuoterla per un braccio. Magari anche per questa ragazza avrebbe funzionato. Quando la toccò cadde a peso morto davanti a lei. D'altronde era solo appoggiata al muro con la schiena, forse avrebbe dovuto utilizzare meno forza. Ma di sicuro non aveva sentito nulla: neanche in questo modo sembrava intenzionata a svegliarsi. «Uffa! Ti vuoi svegliare?» domandò spazientita. Si avvicinò di più quando le sembrò di vedere qualcosa sul retro della maglietta bianca, ma non riusciva a capire cosa fosse, dato che i capelli le coprivano gran parte della schiena. Li scostò e si alzò di colpo gridando. «Oddio.» questo continuò a ripetere per un tempo che sembrò infinito. Doveva essere tutto un banale incubo, non poteva davvero aver visto una cosa del genere. Non riusciva a togliersi quell'immagine dalla testa. La maglietta strappata e il sangue caldo che ancora le macchiava le dita delle mani. La profonda ferita sulla schiena, all'altezza del petto della ragazza. Gli evidenti segni di uno sparo e i lividi lungo le sue braccia che prima non aveva notato. Quale persona sarebbe stata così crudele? Se ne stava lì, incapace di muoversi. Guardava il corpo, senza trovare una spiegazione a tutto quello che stava vedendo. La porta della camera si aprì e Bonnie non si voltò per vedere chi fosse entrato, dato che la voce che parlò le diede la risposta immediata. «Oh, vedo che hai incontrato Lexy.» Si voltò verso quell'uomo che minuto dopo minuto non faceva altro che farle più schifo. Era stato sicuramente lui a farle questo. A quanto pare avrebbe dovuto avere paura di lui più di quanto pensasse. «Cosa le hai fatto?» domandò con voce tremante mentre riportò lo sguardo sulla povera ragazza. «Be', diciamo che non ha rispettato le regole e mi ha infastidito.» «E per questo motivo l'hai uccisa? Perché non ha rispettato le regole e ti ha infastidito?» domandò alzando il tono di voce a causa della rabbia. L'uomo non le rispose, ma le si avvicinò con sguardo duro. Le prese il polso e lo strinse con forza causandole dolore. Soffocò un grido per il gesto violento inaspettato. «Ascoltami tesoro, non ti conviene rivolgerti così a me, perché quello che ho fatto a lei lo posso fare anche a te. E non esiterei, non mi importa niente né di te né di tutte quelle che si trovano qui, io vi sto solo usando per i miei scopi e non ci metterei molto a trovare un rimpiazzo.» «Allora fallo, preferisco fare quella fine che avere a che fare con un coglione come te.» decise di sfidarlo. Non era quello che voleva in realtà, ma stando zitta avrebbe solamente dato ragione a quella persona malata. Lasciò di colpo il polso della ragazza e sfilò la pistola dalla tasca posteriore dei Jeans neri puntandogliela contro. I respiri di Bonnie iniziarono a farsi via via più corti, quasi faticava a respirare. Le mani iniziarono a tremarle e chiuse gli occhi in attesa che tutto finisse il prima possibile. Chissà, magari lei e Lexy avrebbero avuto la tomba vicina. «Ma cosa stai facendo?» una seconda persona aprì bocca. La bionda aprì gli occhi e trovò il ragazzo della biblioteca dietro all'uomo. «Ti ricordo che non ci serve morta.» continuò non ricevendo risposta. «Giuro che se mi rivolgi ancora la parola, senza che ti venga chiesto, ti sparerò all'istante senza lasciarti tempo di aprire bocca una seconda volta.» la minacciò, poi uscì dalla stanza. Bonnie buttò fuori tutta l'aria che aveva trattenuto fino a quel momento. «Tieni, mettiti questo.» le disse il ragazzo porgendole una felpa pesante nera e dei leggins del medesimo colore. «Grazie.» sussurrò. Si voltò per uscire dalla stanza. «Dovrà rimanere lì a lungo?» domandò Bonnie riferendosi alla ragazza in bagno. «Finché non troviamo un altro posto in cui farla marcire.» rispose prima di chiudersi la porta alle spalle. Finché non troviamo un altro posto in cui farla marcire. Questa frase continuava a tormentarla, l'essere umano doveva davvero fare così schifo? Persino Bonnie, che non aveva idea di chi fosse, era rimasta sconvolta nel vederla morta. Mentre loro, che probabilmente la conoscevano, non si sono preoccupati neanche di comunicare alla sua famiglia della morte. O forse era stata rapita come lei, magari da più tempo e i genitori si erano convinti che fosse già morta. Non aveva il coraggio di andare in quel bagno. Vedendola, avrebbe di sicuro provato quella stretta al cuore che sentì quando, entrando a casa della zia, la trovò addormentata sulla poltrona. Ma poi si rese conto che sarebbe stato un sonno molto lungo. Stava meglio ora che indossava vestiti più pesanti, ma i brividi continuavano a tormentarla e ogni volta che chiudeva gli occhi, vedeva una ragazza dai capelli castani che si divertiva con i suoi amici. Chissà qual era la vita di quella Lexy prima che venisse qui. Non aveva molti anni in più di lei. Le dispiaceva. Perché non poteva essere solo un banale incubo? Voleva svegliarsi, scendere in cucina, vedere una donna bionda, una bellissima donna bionda, prepararle la colazione, voleva vedere un uomo molto alto, dai capelli scuri, seduto a tavola con lo sguardo puntato sull'orologio per cercare di non fare tardi al lavoro. Anche se era consapevole che non sarebbe arrivato in orario, dato che il piccolo figlio si inventava milioni di scuse per trattenerlo. Sorrise a quel ricordo. Voleva tornare indietro di un po' di anni per dimenticarsi delle preoccupazioni. Tutti i ragazzi vorrebbero crescere in fretta, mentre chi è già cresciuto vorrebbe tornare indietro per rivivere la propria vita. E, anche se Bonnie non era ancora adulta, avrebbe comunque voluto tornare ad essere la piccola bambina bionda che non si preoccupava di nulla. Si riscosse dai suoi pensieri quando sentì delle voci in lontananza, ma non riusciva a riconoscerle. Decise di ascoltare comunque. «Non ancora, sarebbe una perdita di tempo.» «E' comunque una perdita di tempo.» «Tanto non l'hai presa per lo stesso motivo delle altre.» «Dovrei già avere le mani sporche del suo sangue.» «Non otterresti quello che vuoi in questo modo.» «Sai troppe cose, avrei dovuto stare zitto e obbligarti ad obbedirmi senza spiegazioni.» «Erano spiegazioni che mi dovevi dare.» Silenzio. Di chi parlavano? «E tu che diavolo ci fai qui?» la voce dell'uomo terribilmente vicina la spaventò. Voltandosi, lo vide accanto a lei con sguardo più cupo del solito. «Non è educato ascoltare le conversazioni degli altri.» continuò a parlare. «Non stavo ascoltando niente.» rispose subito. «Hai risposto troppo velocemente, ciò dimostra che sapevi già di cosa stessi parlando e che probabilmente ti aspettavi questa domanda.» «Tu non mi ucciderai.» «Questo non puoi dirlo, potrei farlo anche ora.» «Ma non lo farai.» «Ne sei convinta.» domandò tirando fuori la sua amata pistola. Bonnie annuì convinta di ciò che stava affermando. L'uomo gliela puntò contro, mirando alla sua testa. Un rumore, uno sparo.
   
 
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