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Autore: Echocide    07/08/2017    8 recensioni
[Sequel di Miraculous Heroes e Miraculous Heroes 2]
La minaccia di Maus è stata sventata, ma non c'è pace per i nostri eroi: il mistero dell'uccisione degli uomini del loro nemico non è stato risolto e un nuovo nemico trama nell'ombra...
Genere: Azione, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Altri, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Quantum Universe'
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Titolo: Miraculous Heroes 3
Personaggi: Adrien Agreste, Marinette Dupain-Cheng, altri
Genere: azione, mistero, romantico
Rating: NC13
Avvertimenti: longfic, what if...?, original character
Wordcount: 3.798 (Fidipù)
Note: Eccoci qua con un nuovo appuntamento di Miraculous Heroes 3 che, come sempre, inaugura una nuova settimana di aggiornamenti. E niente, sinceramente non ho molto da dire su questo capitolo perché, alla fin fine, parla di cose note a tutti voi che ormai mi leggete da più di un anno e mezzo, quindi passo subito alle informazioni di servizio.
Come sempre vi ricordo la pagina facebook dove essere sempre aggiornati su capitoli, anteprime e coming soon, senza contare i miei disagi.
Inoltre vi ricordo gli appuntamenti di questa settimana: cominciamo con mercoledì con un nuovo capitolo di La bella e la bestia, giovedì al solito sarà aggiornata Laki Maika'i e venerdì vedrà la luce un nuovo capitolo di Miraculous Heroes 3; infine, sabato sarà il turno di Lemonish.
Vi ricordo inoltre che la settimana dal 14 al 20 agosto non ci saranno aggiornamenti, perché sarò stra-impegnata con il lavoro per via del Ferragosto.
Detto ciò, come sempre, voglio ringraziarvi tantissimo per il fatto che mi leggete, commentate (lo so, sono un mostro perché non rispondo mai, però se mi mandate mp o mi contattate su facebook lo faccio, eh!) e inserite le mie storie nelle vostre liste.
Grazie di tutto cuore!

 

Carezzò il fianco nudo, risalendo con lentezza verso l’alto e sfiorando il costato della ragazza con i polpastrelli, scivolando poi sulla scapola e sentendo sotto le dita la pelle rialzata della ferita: Rafael storse la bocca, lasciando andare un sospiro e ritornando indietro nel suo percorso: «Guarirò» mormorò Sarah, alzando la testa in modo da incontrare lo sguardo grigio dell’altro: «E’ inutile che fai quello sguardo…» continuò, muovendosi e scivolando sopra di lui, sistemandosi a cavalcioni e allungando poi una mano verso il viso di Rafael, carezzandogli le guance e risalendo fino alle tempie, sistemando indietro le ciocche more.
Rafael socchiuse le palpebre, lasciandosi cullare dalla carezza di Sarah e posando le mani sulle cosce di lei, risalendo poi lungo i fianchi e tenendo le dita lì: «Avrei dovuto proteggerti. O pensare io a Thomas.»
«Eri lontano.»
«Tu non dovevi ferirti.»
«Rafael» Sarah mormorò il suo nome, chinandosi in avanti e baciandogli la fronte, rialzandosi e osservando il volto con le palpebre chiuse: «Rafael, guardami» Sarah rimase in attesa, osservando Rafael tenere ostinatamente gli occhi chiusi, finché le palpebre del giovane non fremettero e si aprirono lentamente, rivelando lo sguardo chiaro che, fisso su di lei, attendeva con pazienza che lei continuasse: «Il giorno in cui ho indossato per la prima volta il mio Miraculous, ho deciso che avrei fatto tutto ciò che è in mio potere per non far vincere il mio nemico. Pensavo di essere sola, di non avere compagni, ma poi ho scoperto di Ladybug e Chat Noir, sono giunta qui a Parigi e ho conosciuto i nostri compagni. Ho conosciuto te. E allora ho fatto un’altra promessa con me stessa: avrei fatto tutto ciò che è in mio potere per salvare chi combatte al mio fianco.»
«Sarah…»
«So che tu non vuoi che io mi esponga ai rischi, è quello che provo anche io per te. Ma non voglio nascondermi.»
Rafael rimase in silenzio, carezzando lieve i fianchi della ragazza e tenendo lo sguardo sulle proprie dita, prima di rialzarlo e incontrare quello di Sarah: «E’ un crimine volerti al sicuro?» domandò, con un sorriso sulle labbra e alzando poi un dito, quando vide la ragazza aprire bocca e fermandola con quel semplice gesto: «Ma so anche che mi uccideresti se provassi anche solo a impedirti di combattere.»
«Vedo che ci capiamo…»
«Ma non per questo…»
«Lo so, lo so. Ti preoccupi» Sarah si chinò in avanti, sfiorandogli le labbra con le proprie e sorridendo divertita, quando nuovamente si tirò su: «E adesso, per quanto io odi quella crema, devi aiutarmi con la ferita che non sopporti vedere.»
«Non possiamo chiamare Xiang?» domandò Rafael, piegando la testa contro il cuscino e guardando la testata del letto: «Sinceramente, quella crema che ti ha fatto è una cosa abominevole.»
«Devo andare a lezione, quindi no. Non possiamo chiamare e aspettare Xiang.»
Rafael sospirò, portando di nuovo lo sguardo sulla ragazza e fissandola: «Sai niente di mio padre?» domandò, carezzandole il fianco con le nocche e vedendola mentre negava con la testa: «E’ sparito nuovamente e inizio a pensare che sia nelle mani di Kwon» si fermò, stringendo le labbra mentre i lineamenti del volto si facevano tesi: «Kang non doveva utilizzare mio padre. Perché non ha preso un archeologo a caso?»
«Tuo padre è bravo nel suo lavoro ed è sempre stato interessato a ciò che ci riguarda, in un certo senso.»
«Questo perché quel vecchiaccio non ha fatto altro che indirizzarlo su questa strada.»
«Se l’ha fatto ci sarà un motivo, no?»
«Ha messo in pericolo mio padre: io non so dove sia adesso, cosa stia facendo e se sia al sicuro. Non so niente di niente.»
Sarah allungò una mano, carezzandogli il volto e lasciando andare un sospiro, prima di adagiarsi sopra di lui e posare l’orecchio all’altezza del cuore, ascoltandolo battere furioso nel petto: «Lo salverò, Rafael» bisbigliò, poggiando una mano vicino al viso e carezzandogli la pelle: «Sconfiggeremo Kwon e lo salveremo da lui.»


Marinette sbadigliò, strusciandosi gli occhi con la mano destra e sorridendo alla piccola kwami rossa che, tranquillamente, stava mangiucchiando uno dei suoi biscotti preferiti: «Vorrei tornare a letto…» mormorò la ragazza, scuotendo il capo e sobbalzando quando sentì i rumori che provenivano dalla camera, rimanendo in silenzio e ascoltando le voci concitate degli altri due inquilini della casa.
«Potevi svegliarmi, Plagg!»
«E da quando in qua dovrei farti da sveglia?»
«Da quando sei diventato il mio kwami.»
«Non ricordo di aver stipulato un simile contratto.»
«Arriverò in ritardo, ed è tutta colpa tua!»
«Sai che esistono delle cose chiamate sveglie, vero? Mi sembra che in parecchi le usano, forse dovresti provare anche tu.»
«Plagg! Maledizione, non è il momento di fare battute!»
«Disse quello che le fa in continuazione.»
Un verso di fastidio fu la risposta di Adrien, prima che il ragazzo apparisse nella sala con le scarpe in mano, i capelli stravolti e lo sguardo che vagava alla ricerca di qualcosa, illuminandosi poi quando vide lo zaino scuro, abbandonato vicino alla finestra: «Immagino che non farai colazione» mormorò Marinette, alzandosi e palesando così la sua presenza al marito; lo vide scuotere il capo, mentre si sedeva sul divano e infilava gli scarponi scuri, rialzandosi poi velocemente: «Vuoi portarti dietro qualcosa?»
«Una brioche. Anzi no, facciamo due» dichiarò sbrigativo Adrien, afferrando il giubbotto e infilandolo alla svelta, recuperando poi lo zaino: «Ti vengo a prendere dopo le lezioni?»
«Va bene» dichiarò Marinette, sistemando due brioche in uno dei sacchetti di carta della boulangerie, che teneva in casa per emergenze come quella, e passando poi il tutto ad Adrien: «Non ho lezioni stamattina, ma devo andare a sentire una professoressa per un progetto.»
Adrien annuì, chinandosi e sfiorandole le labbra in un bacio frettoloso, dirigendosi poi verso la porta e fermandosi con la mano a mezz’aria: scosse il capo, ritornando sui suoi passi e, passate le braccia attorno alla vita di Marinette, la strinse a sé per un bacio più profondo del precedente: «Ci vediamo dopo, my lady» dichiarò, facendole l’occhiolino e dirigendosi per la seconda verso la porta con un sorriso divertito sulle labbra, fermandosi poi con un piede fuori dall’abitazione: «Ah. Stasera andiamo al cinema? Rafael mi aveva parlato di un film da vedere e…»
«Ne parliamo oggi, micetto. Sbaglio o sei in ritardo?»
«Giusto» Adrien si riscosse, uscendo velocemente e chiudendosi la porta dietro di sé, lasciando la casa di nuovo in silenzio, quasi come se non fosse avvenuto nulla nell’ultima manciata di minuti.
«Mi chiedo quando quei due andranno d’accordo» commentò Tikki, ancora comodamente seduta sul tavolo, mentre allungava le zampette e afferrava un secondo biscotto: «Ogni scusa è buona per litigare.»
«Sai come sono fatti, no?» domandò Marinette, stringendosi nelle spalle e facendo vagare lo sguardo attorno a sé, studiando attentamente ogni angolo della stanza e poi scuotendo il capo, tornando al tavolino sotto lo sguardo serio e scrutatore della piccola kwami: «Che c’è?»
«Ancora non ti è passata del tutto, vero?»
«Cosa?»
«Ogni volta che siamo sole in casa, ti guardi attorno come se sentissi ancora la presenza di quell’essere invisibile.»
Marinette rimase immobile, annuendo poi con calma e guardando la tazza piena di latte, abbandonata sul tavolo: «Non è più successo niente da quando abbiamo sconfitto quell’essere, però…» si fermò, inspirando profondamente e lasciando andare il respiro con lentezza: «Mi sento ancora come se avessi quello sguardo puntato addosso.»
«Beh, considerato che Nathaniel è diventato uno stalker…»
«Secondo te è come ha detto Adrien? Non ha mai smesso di essere innamorato di me?»
Tikki addentò il biscotto, masticando con calma, buttando poi giù il boccone: «Non credo, sai? Insomma, quando avete iniziato a frequentare la scuola di moda, lui sembrava essere tranquillo, aveva trovato anche una ragazza. Ricordi?»
«Ma allora perché?»
«Forse il nostro nemico gli ha fatto qualcosa e quello contro cui ci stiamo scontrando non è il vero Nathaniel, ma semplicemente qualcosa che ha solo il suo aspetto. Tu lo conosci, Marinette, ti sembra un comportamento da lui quello dell’ultimo periodo?»
«Assolutamente no.»
«Forse il Quantum ha fatto qualcosa su di lui, a livello mentale, e lo ha trasformato.»
Marinette annuì, poggiando il volto contro il pugno chiuso e girando pigramente il cucchiaino, che aveva lasciato nella tazza: «Perché lui? Perché il padre di Rafael? Quando l’abbiamo incontrato, Kwon non sembrava sapere chi eravamo, quindi perché scegliere loro?»
«Kang ha detto Rafael che Kwon usa persone a voi vicine, no?»
«Ma perché?»
Tikki abbassò il capo, lasciando andare un sospiro e poggiando il biscotto sul ripiano: «Mi dispiace, Marinette. Purtroppo non so darti una risposta. Non conosco l’energia nella quale sono stata infusa e non so come potrebbe essere utilizzata: forse Kwon riesce a usarla per scovarvi, oppure come traccia…» la kwami si fermò, scuotendo la testolina: «Non so proprio che risposta darti.»
«Non importa, Tikki» bisbigliò Marinette, allungando la mano e carezzandola dolcemente sul capino: «Grazie per essere al mio fianco, sempre e comunque.»
«Siamo una squadra, no?»
«Esattamente.»


Manon strinse gli spallacci dello zaino, mentre entrava nel cortile della scuola e lo sguardo veniva immediatamente catturato dal piccolo gruppo di benvenuto: Noemie era davanti l’entrata della scuola, le mani poggiate sui fianchi e l’attenzione completamente rivolta verso di lei, mentre la piccola corte che la circondava cicalava sé.
Era impossibile non capire chi Noemie stava aspettando e, sfortunatamente, era proprio lei la persona tanto attesa.
«Manon Chamack» cinguettò la ragazzina, non appena lei fu abbastanza vicina da vedere lo sguardo verde e risoluto dell’altro e il sorriso che le piegava le labbra: uno di quelli che non prometteva nulla di buono.
Assolutamente niente di buono.
«Ciao, Noemie» mormorò, fermandosi a pochi passi dall’altra e cercando di comprendere cosa l’altra volesse da lei a quel giro: «Tutto bene? Sempre a fare la reginetta del nulla?» Manon serrò i denti, storcendo le labbra e maledicendosi mentalmente per la sua lingua che, prima ancora di pensare, aveva sputato fuori la frecciatina verso l’altra.
Bene.
Adesso sì, che Noemie non l’avrebbe lasciata in pace.
«Manon ha sempre così tanta voglia di scherzare» tubò l’altra, voltandosi verso le altre e ridendo con loro: «Soprattutto adesso che ha conoscenze.»
«Io non ho…» iniziò Manon, lasciando morire le parole e sospirando, mentre roteava il capo e lo piegava all’indietro: «Senti, sai che c’è? Non mi interessa minimamente quello che hai da dire.»
«Oh, invece dovrebbe» mormorò l’altra, con un sorrisetto sulle labbra: «Perché io potrei renderti ogni giorno un inferno. Ti pentiresti di non avermi ascoltata.»
«Sai, una cosa del genere, io la chiamo bullismo» dichiarò decisa la voce di Thomas, mentre il ragazzo si fermò a pochi passi dal gruppetto, lo sguardo completamente rivolto a Noemie; Manon si voltò, sorridendo appena all’entrata in scena dell’amico e girandosi nuovamente verso le altre: «Mi sembra che anche alla vostra classe sia stato fatto quell’incontro con psicologi ed esperti» continuò Thomas, spostando la propria attenzione su Manon: «O non l’avete ancora fatto?»
«Qualche mese fa.»
«Oh, bene. Sa di cosa parlo, quindi.»
Noemie inspirò profondamente, alzando il mento e stringendo i pugni, facendo un passo verso di loro mentre lo sguardo si posava su Manon: «Il tuo fidanzatino non ci sarà sempre a salvarti» dichiarò, stringendo poi le labbra e tornando indietro, non appena notò Thomas avvicinarsi alla ragazzina: «Sei avvisata.»
Thomas fissò Noemie, osservandola mentre se ne andava, seguita dal gruppetto di accolite ed entrava nell’edificio, senza voltarsi: «Ma si può sapere che le hai fatto?» domandò, voltandosi verso l’amica e fissandola in volto, incontrando lo sguardo di lei e sentendosi il calore salire al volto, catturandolo nelle sue spire infuocate: «Insomma…non è normale che…ecco sì…»
«Esisto? Semplicemente questo è un affronto per lei» Manon sospirò, scrollando le spalle e guardandolo in volto: «Come sta Sarah?»
«Meglio» dichiarò Thomas, chinando lo sguardo per terra e trovando interessante le punte delle proprie scarpe: «Xiang l’ha curata con una specie di impasto che facevano a Shangri-la e lei si sta riprendendo velocemente; il maestro Fu mi ha spiegato che, essendo Portatrice di un Miraculous, ha un recupero molto più veloce rispetto a quello di un normale essere umano.»
«I Miraculous vi fanno guarire più velocemente?»
Thomas annuì con la testa in risposta alla domanda dell’amica, infilando le mani nelle tasche dei jeans e cercando di ricordare le parole dell’anziano maestro: «Con la loro magia – chiamiamola così – ci fanno guarire velocemente e rallentano il nostro invecchiamento: ecco perché, nonostante abbia quasi duecento anni, il maestro Fu è ancora vivo. Non so per Bridgette e Felix, con quello che mi hanno raccontato ho capito che per loro è un po’ diverso.»
«Duecento anni…» mormorò Manon, inspirando profondamente: «Quindi anche tu?»
«Cosa?»
«Diventerai vecchio lentamente?»
«A quanto pare sì. Chiunque abbia posseduto un Miraculous ha questa caratteristica» mormorò Thomas, sorridendo appena: «Sinceramente è una cosa a cui non avevo mai pensato, mentre adesso ogni tanto lo faccio: fra cento anni sarò ancora qui – se tutto va bene – e ho iniziato a pensare a come sarà Parigi o il mondo in generale.»
«Macchine volanti?»
«Realtà virtuale alla Sword Art Online?»
«Tu hai visto Sword Art Online?»
«Ovviamente. E anche l’altro. Come si chiamava?»
«Accel World?»
«Esattamente.»
Manon aprì la bocca, scuotendo il capo e chiudendo le palpebre, prima di lasciare andare un lungo sospiro: «Stavo per dire una frase di cui mi sarei sicuramente pentita subito dopo.»
«Cosa? Che volevi dire?»
«Niente, niente.»
«Dimmelo!»
«No, no, no. Non sono così masochista da dirla.»
«Non puoi gettare lo spoiler e poi non dire nulla.»
«Posso e lo farò!»


«Marinette Agreste!»
La ragazza alzò la testa verso la scala che dominava l’entrata della scuola, osservando la proprietaria della voce che l’aveva accolta, e sorridendo dolcemente alla professoressa, mentre questa la raggiungeva: «Buongiorno, madame Leroux»
«La mia studentessa preferita» esordì la donna, prendendola per le spalle e sorridendo soddisfatta: «Come stai?» le domandò, studiandole il volto quasi come se stesse cercando qualcosa: «Ho notato che, ultimamente, non sei molto attiva a lezione.»
«Sono solo un po’ stanca.»
«Immagino non sia facile abituarsi al matrimonio, eh? Ricordo ancora i primi mesi con il mio Pierre: un incubo! Ma sapeva farsi valere quando si spegnevano le luci.»
Marinette chinò il capo, non sapendo cosa rispondere e sentendo il calore salire al volto, leggermente imbarazzata dalle confidenze della donna: «Stavo cercando il professore de Foer, dovrei consegnargli alcuni disegni. Per caso sa dove si trova?»
«In aula magna» le rispose sbrigativa la donna, indicando la porta rossa a doppia anta, sotto la rampa di scale: «Se non erro sta sistemando della roba per quell’evento degli studenti dell’ultimo anno.»
«Grazie mille.»
«Questo è altro per la mia studentessa preferita» dichiarò madame Leroux, facendole l’occhiolino mentre Marinette le regalò un nuovo sorriso, prima di raggiungere veloce la porta dell’aula magna: premette il maniglione, spingendo la porta verso l’interno e osservando stranita la stanza.
Era abituata a vedere quel luogo con file e file di sedie, mentre adesso l’intera sala era stata sgombrata e solo poche cose la riempivano: alcuni manichini ancora senza niente e un cubo di plexiglass che dominava il centro; Marinette si guardò attorno, facendo alcuni passi nella stanza, cercando con lo sguardo il professore ma senza trovarlo.
Possibile che fosse uscito?
Possibile che qualcosa fosse sfuggito allo sguardo onnipresente della Leroux?
Marinette poggiò la borsa vicino a uno dei manichini, avvicinandosi al cubo trasparente e posando una mano sulla superficie di plexiglass, mentre la sua mente cercava di comprendere il motivo della struttura; camminò lungo il perimetro, carezzando con le mani il materiale liscio e trovando una piccola porta che sembrava fungere da entrata per la gabbia trasparente.
Forse all’interno ci sarebbero state delle modelle?
Socchiuse gli occhi, immaginandosi la sala durante l’evento che sarebbe avvenuto: le luci sarebbero state soffuse, la musica avrebbe fatto da cornice, mentre le persone avrebbero camminato per la sala, sorseggiando qualcosa e allungando le mani per afferrare gli stuzzichini dai vassoi dei camerieri. Il cubo di plexiglass sarebbe stato al centro, catturando l’attenzione di tutti con le modelle all’interno, mentre sfoggiavano le creazioni migliori degli studenti dell’ultimo anno e stilisti come Gabriel e Willhelmina potevano trovare lì qualche talento nascosto da inserire nel proprio organico.
Un sorriso piegò le labbra di Marinette, mentre tornava indietro con la mente e raggiungeva la se stessa quattordicenne: aveva sempre sognato di partecipare a un evento simile, fantasticato su come Gabriel Agreste l’avrebbe notata e Adrien, improvvisamente conscio dei suoi sentimenti, le avrebbe chiesto di uscire.
Riaprì gli occhi, alzando la testa e sorridendo ai suoi sogni di adolescente e a quanto non si discostassero dalla realtà che stava vivendo: Gabriel l’aveva notata come stilista e Adrien, l’amore della sua vita, adesso era suo marito.
Una realtà pressoché perfetta.
Si voltò, sobbalzando quando notò la figura di Nathaniel poco distante da lei: «Nathaniel» mormorò, portandosi una mano al petto e sentendolo battere furioso mentre il corpo tremava per lo spavento che aveva preso: quando era giunto vicino a lei? E come aveva fatto a essere così silenzioso?
«Sarà un bell’evento, vero?»
«Co-cosa?»
«Quello degli studenti dell’ultimo anno.»
«A-ah. Sì, vero» Marinette sorrise appena, spostando lo sguardo sulla borsa e notando quanto fosse distante da lei, constatando che sia Tikki che il cellulare erano lì dentro: «Stavo cercando il professor de Foer. L’hai visto, per caso?»
«Non oggi» mormorò Nathaniel, facendosi più vicino a lei e tenendo lo sguardo fisso in quello di Marinette: «Ho trovato solo te, Marinette.»
La ragazza annuì, piegando appena le labbra e facendo un passo indietro, sentendo la porta del cubo cedere contro il suo peso; cadde all’indietro, trovandosi all’interno della stanza dalle pareti trasparenti e osservando Nathaniel all’esterno.
L’energia ocra del Quantum l’avvolse, trasformando gli abiti in qualcosa di completamente diverso e molto simile a quello che indossavano gli altri sottoposti di Kwon, mentre il volto era coperto da una maschera di metallo: «Nathaniel?»
«Io sono Taowu» mormorò il giovane, mentre alzava una mano e stringeva le dita a pugno, mentre un sorriso gli piegava le labbra: «Dovevi diventare mia, Marinette. Se tu fossi diventata mia, non saremo giunti a questo.»
Il rumore di sabbia che scivolava arrivò alle spalle di Marinette che, con lo sguardo sgranato, si voltò notando la rena dorata scivolare velocemente lungo la parete e osservandola depositarsi sul pavimento, mentre il piano di Nathaniel le diventava immediatamente chiaro nella mente: si rialzò, sentendo le gambe pesanti e si abbatté contro la parete di plexiglass, cercando di aprire la porta da cui era caduta ma senza riuscirci, abbattendo i pugni contro la superficie e fissando il ragazzo dalla parte opposta.
«Nathaniel! Fammi uscire!»
«Non posso, Marinette.»
«Sì, che puoi. Nathaniel, questo non sei tu!»
«Chi te lo dice, Marinette?»
«Perché io ti conosco!»


Tikki fece capolino dalla borsa, osservando la scena che si era palesata davanti ai suoi occhi e sentendo il suo corpo completamente in preda al terrore: avrebbe perso Marinette? Si sarebbe dovuta mostrare, fregandosene altamente di tutto, e aiutare così la sua Portatrice?
Scivolò all’interno della borsa, cozzando contro il cellulare della ragazza e venendo subito colta da un’idea.
Sarebbe giunto velocemente, Tikki lo sapeva bene.
E l’avrebbe aiutata.
Come sempre.
Annuì decisa, sbloccando il telefono di Marinette e aprendo immediatamente il registro delle chiamate, selezionando il numero e rimanendo in attesa, ascoltando il suono degli squilli e pregando che Adrien rispondesse velocemente.


Rafael osservò pigramente la commessa mentre incartava l’acquisto di Adrien, spostando poi l’attenzione proprio su quest’ultimo: «Sai, mi hanno sempre insegnato che se regali un gioiello a una donna è per due motivi: il primo è un evento particolare, il secondo è per farti perdonare di qualcosa. Ora, che cosa il boss deve perdonarti?»
«Perché vai subito sul secondo?» domandò Adrien, voltandosi verso l’altro modello e tirando fuori la carta di credito, passandola alla commessa: «Non devo farmi perdonare niente.»
«Quindi è un evento particolare?»
«Ho visto il ciondolo, ho pensato che fosse perfetto per Marinette. Fine.»
Rafael assorbì le parole dell’amico, annuendo poi con la testa e poggiando gli avambracci sulla teca di vetro che fungeva da bancone: «Devi farti perdonare di qualcosa.»
«Ti ho appena detto che non è così.»
«Certo, certo.»
Adrien aprì bocca, rimanendo con le labbra semiaperte e sentendo il cellulare vibrare nella tasca del giubbotto: velocemente prese l’apparecchio e sorrise al nome del mittente della chiamata: «Mon amour, avevi bisogno di sentire la mia voce?» domandò, ridacchiando quando vide Rafael sbuffare e roteare gli occhi.
«Adrien. Sono Tikki.»
«Tikki?»
Sentì il respiro della kwami nell’orecchio, mentre il cervello cercava di collegare il fatto che la piccola avesse chiamato: «Marinette è in pericolo» mormorò sottovoce: «Nathaniel l’ha imprigionata, ed io sono nella borsa e non posso andare da lei. Adrien, sbrigati.»
«Arrivo subito» dichiarò il ragazzo, chiudendo la chiamata e voltandosi verso Rafael: «Puoi pensarci tu?»
«Che è successo?» domandò Rafael, tirandosi su e tenendo lo sguardo sull’amico: «Problemi.»
«Marinette è in pericolo.»


Aria.
Aveva bisogno di aria.
Marinette colpì il plexiglass, osservando la figura di Taowu dall’altra parte e sentendo la sabbia fine che continuava a crescere nella sua gabbia trasparente mentre l’aria diventava sempre meno: portò indietro il pugno, colpendolo di nuovo contro la parete e stringendo poi con forza le dita.
Non sapeva che fare.
E sentiva l’ansia e la paura salire velocemente e impadronirsi di lei.
Cosa poteva fare?
Come poteva liberarsi?
Il suo sguardo corse alla borsa, abbandonata poco lontano da Nathaniel, ben conscia della presenza di Tikki al suo interno: come poteva richiamare la kwami e trasformarsi senza rivelare la sua identità?
La sabbia continuò a salire, raggiungendo velocemente l’altezza delle sue spalle e continuando a riempire il cubo di plexiglass: presto sarebbe stata sommersa e questo avrebbe decretato la sua fine.
No. Non poteva finire così.
«Liberami, Nathaniel» mormorò, colpendo nuovamente il plexiglass con il pugno e cercando lo sguardo dell’altro: «Questo non sei tu.»
«Questo sono io, Marinette» dichiarò Taowu, allargando le braccia e sorridendo divertito: «Il vero me.»
«Non è vero! Io lo conosco il vero te: è un ragazzo dolce, che ama disegnare e che non farebbe male a nessun…» le parole le morirono in gola, mentre un po’ di sabbia le entrò fra le labbra, costringendola a tossire e a sputacchiare, mentre socchiudeva gli occhi e alzava il volto verso il cielo, cercando di afferrare ogni secondo in più di aria. Si issò sulle punte dei piedi, sentendo la sabbia circondarle il volto e respirando quel poco d’aria che era rimasta nel cubo, finché tutto non finì.
Marinette si ritrovò a cadere sopra una montagnola della rena che, fino a un secondo prima, stava decretando la sua fine e respirò a pieni polmoni, sentendo l’aria impadronirsi di nuovo di lei; inspirò profondamente, mentre alzava la testa e notava al figura nera davanti a lei: «Stavolta l’hai fatta grossa, Testa di pomodoro» dichiarò la voce di Chat Noir, affilata e piena di rabbia: «Ti cataclismo l’esistenza.»

 

 

   
 
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