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Autore: killian44peeta    07/08/2017    0 recensioni
Prologo - Gli Elementi - Secondo libro della prima trilogia di ''i sei predestinati'' -
La luce sciamava appena tra le sottili mura di quella che per aspetto poteva apparire una stanza come tante, provenendo da una piccola lampada accesa e appesa alle pareti, la cui fiamma bramava ossigeno per la bassa quantità che c'era nella stanza.
I sibili e gli schiocchi delle lingue di fuoco si ripetevano a lungo, come un tabù tra quel pesante silenzio, dando a Luxor una sensazione di ripetitività insopportabile ed insostenibile.
Se ne stava lì, sul letto, le mani congiunte e chiuse in una stretta ferma e rigida, rigida come la stessa mascella del giovane, talmente tanto serrata che sembrava stesse stringendo i denti per non urlare di rabbia, per non sputare ogni emozione negativa soppressa.
I suoi occhi gelidi fissavano la porta chiusa dall'esterno con ira folle e insistenza.
Dentro stava perlopiù boccheggiando, era una settimana intera che era rinchiuso in quella stanzetta come un animale in gabbia, cercando una ragione per non iniziare rabbiosamente a sbattere il proprio corpo sull' uscita per cercare di buttarla giú.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Gli Elementi- saga'
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Luxor

Scrollai il capo un ennesima volta, cacciando il resto dei ricordi, innervosito.

Dopo quello che era accaduto ero tornato di corsa da Lui , cercando sempre di eliminare i rimasugli delle lacrime che, nonostante tutto l' odio che provavo, non volevano smettere di scendere.

Avevo sofferto molto, troppo, ogni cosa che mi ero immaginato era andata in fumo, tutte le mie speranze di trovare persone dolci, gentili, disposte a parlarmi di tutti i posti che avevano visitato o anche solo delle loro disavventure era sparita come un fiocco di neve in una tempesta.

Mi ero vergognato moltissimo dopo aver mostrato gli occhi lucidi a Lui.

Mi aveva rimproverato a lungo, ma non mi aveva punito, dicendomi che aveva notato un cambiamento in me, una potenza nuova.

Era l' odio.

L' odio era il mio potere più grande, scatenava l' Elemento in me già scalpitante, lo faceva uscire completamente.

Lui mi aveva portato con sé ad una grotta e mi aveva fatto testare la mia potenza su di essa.

L'avevo completamente congelata dentro, avvolgendone le pareti con uno strato ben poco sottile.

Non ero mai riuscito prima di quell'istante a padroneggiarlo in tal modo, non ero mai riuscito a congelare un oggetto e quel giorno avevo tranquillamente ghiacciato tutta una grotta!

Mi ero sentito forte, avevo immaginato di poter congelare quei ragazzi e di poterli distruggere in mille pezzi.

E, dopo averli cercati, a dodici anni, l'avevo fatto davvero.

Li avevo trovati sempre nello stesso posto, seduti su quella maledetta panchina, che bevevano strane sostanze rosso scuro da delle bottigliette di plastica trasparente.

Mi ci ero avvicinato, dicendo loro la stessa frase che avevano detto a me.

Mi avevano guardato, prima ridacchiando.

-Chi ti credi di essere, mammoletta- aveva fatto uno dei quattro, con sempre un sorrisetto malizioso stampato in faccia.

A quel punto avevo sorriso io, gli avevo appoggiato la mano sulla gamba e l' avevo stritolata, facendolo gemere di dolore, mentre i sorrisetti dei quattro venivano completamente cancellati dalla paura.

Tre di loro, quelli che non stavano ricevendo il trattamento alla gamba, si alzarono dalla sedia, sobbalzando, quando videro che il quarto si stava tramutando in Ghiaccio.

Avevano tentato di scappare, ma non ci erano riusciti.

Li avevo uccisi, tutti e quattro, dal primo all' ultimo.

E la gioia mi aveva avvolto, mi aveva beato della sua intensità animalesca.

Mi ricordavo perfettamente le loro urla, mentre i rimanenti mi pregavano, mi supplicavano , di non ucciderli.

Quando li avevo eliminati, mi avevano ricordato le mie, quando urlavo loro di smetterla di prendermi a calci e di picchiarmi e mi avevano aggiunto altro odio a quello che già provavo e tutt'ora non riuscivo a cancellarle dalla testa.

Avevo fatto lo stesso con i signori che mi avevano definito una "spazzatura" .

La ragazza invece , quella dai capelli azzurri, non l'avevo cercata, non ne era valsa la pena.

Era stata una codarda, nulla di più e doveva solo ricordarlo a sé stessa.

Osservai la spaggia di Synchrome, la sabbia dorata si muoveva sotto l'andatura di Abdon, schizzando, spostandosi, finendo perfino nell' acqua.

I granelli slittavano, mischiandosi tra loro ad ogni passo del cavallo.

La mattinata, il pomeriggio... scivolarono via lentamente, nel silenzio più totale.

Ogni tanto sentivo lo sguardo di Rhy fissarmisi sulle spalle, che cercava di scrutarmi, osservandomi, credendo di non essere beccata.

Non facevo nulla per impedirglielo nonostante un po' mi infastidisse, soprattutto perché non avrebbe avuto senso come ordine.

Nervosamente, mi girai appena verso di lei -Acceleriamo- dissi, facendo una breve pausa -Facciamoli correre un po', così raggiungiamo prima la fine della spiaggia-

-D'accordo- asserí lei -Poi arriviamo a Rhenn o giriamo direttamente verso Est per raggiungere la tua destinazione il prima possibile?-

-Giriamo, non ho intenzione di perdere troppo tempo- le dissi, per poi dare un leggero colpetto al cavallo con il piede e farlo partire al galoppo.

Cavalcando a miglior ritmo, sempre e comunque zitti, quasi stessimo ad ascoltare il rumore del mare che andava contro gli scogli, provocando un leggero rumore di scontro che sembrava un sottofondo perfetto e rilassante per una mente che desiderava pace o tranquillità.

L'odore di mare mi affondava tra le narici, con quel suo tocco salato, un po' acido e allo stesso tempo dolce, quasi stesse a descrivere gli abitanti che vi abitavano dentro.

Non sapevo definire se mi piacesse o no, aveva un che di organico, di finto e falso ma contemporaneamente accomodante e vivo.

La spiaggia, in lontananza, sembrava interrompersi brevemente, sostituita da uno spiazzo piccolo e da un enorme arena.

Non volli fermarmi ad osservarla, neanche brevemente.

-Come mai c'è un arena nel centro di una spiaggia?- chiese Rhy, con aria confusa

-Non lo so, ma penso che ce l'abbiano costruita per combattimenti uomo contro uomo -

-Ma... nelle arene di solito gli uomini sono contro ai leoni o altre bestie simili-

-Beh, non sempre-

-Mmmmh...- lei aggrottó la fronte e guardó l'arena con non poca perplessità.

Sospettai che volesse darci un occhiata, era più che ovvio, si notava che fremeva per poterla osservare.

Ma io comunque rimasi della mia intenzione.

Non saremmo entrati lí, non l' avremmo proprio fatto.

Feci accelerare ancora il cavallo e -nonostante lo sguardo deluso che ella fece-, mi seguí.

Ritrovammo la spiaggia ad aspettarci e riprendemmo la cavalcata.

-Dan...- fece, prima a voce bassa, per poi ripeterlo a tono più alto

-Che cosa c'è?-

-Non é il tuo vero nome, vero?- disse, fissandomi con uno sguardo intenso che riuscí a mettermi soggezione

-Perché lo credi?- asserii, guardandola, scrutando i suoi occhi oro.

-Non credo, lo so, me lo sento dentro- sorrise dolcemente, con un aria di tranquillità e rassicurazione.

Aprii la bocca e poi la richiusi, girando la testa.

-Beh, anche se fosse così, non te lo direi se non in punto di morte- sbottai

La udii ridere.

-Perché ridi ?- esclamai, offeso, voltando il capo una seconda volta, ma stavolta verso di lei.

Rideva davvero, l'espressione serena, le guance che rilasciavano un alone di arrossatura.

Imbarazzata, divertita : queste erano le uniche due parole che mi venivano in mente a vederla così.

Ma anche qualcos'altro, che non sapevo bene tradurre.

Cercai di capirlo, scrutandola meticolosamente, ma proprio non avevo la più pallida idea di cosa fosse o cosa significasse quella risata in un momento così inopportuno.

-Rido perché... no, non importa- sorrise, mordendosi il labbro -Va bene così, ti chiameró Dan, anche se so che non é il tuo vero nome-

-Mph...- la guardai brevemente e storto, prima di fissare di nuovo difronte a me.

La spiaggia sembrava infinita mentre cavalcavamo, ma non volevo perdermi d'animo.

L'avrei percorsa tutta, anche se avrei dovuto dormire di giorno.

Non volevo rischiare intoppi, sarebbe stato troppo pericoloso, troppo rischioso.

Dovevo assolutamente tenere duro, reggere fino alla conclusione della spiaggia di Synchrome.

Presi un grosso respiro e, ancora più deciso, feci accelerare ancora il cavallo.

Eravamo già velocissimi, ma più di tanto non mi importava, dovevamo riuscire.

Sfrecciavamo nella sabbia,facendo accumulare la polvere nell' aria, scaturita dall' innalzamento degli zoccoli degli animali dal terreno.

-Non mi fai nessuna domanda, tu?- chiese ancora lei, inclinando il capo

-Che domande dovrei farti, scusa?-

-Non so... una del tipo 'perché hai deciso di seguirmi' o 'perché i tuoi all' inizio volevano che tu venissi'?-

-Sinceramente, non mi interessa né una né l'altra cosa, ma visto che smanii per dirlo, fai pure-

-Non smanio per dirlo...- ribattè, aggrottando la fronte.

-Sí... certo... parla pure, ti ascolto-

Per un istante mise il broncio, ma poi, quando le feci cenno di iniziare con la mano, prese a parlare.

-Beh, la risposta della prima é facile... ho sempre desiderato poter vedere il mondo, esplorarlo, diventare davvero parte di esso, non essere un semplice puntino che ci ha vissuto in mezzo e non ha mai avuto la giusta conoscenza su cosa la circonda- prese un lungo respiro -Ci sono vite da scoprire, la realtà é quella che incontri, non ciò che ti raccontano e l'esterno é una meraviglia che puoi condividere, ma che non può essere tuo fin in fondo- le brillarono gli occhi, cosa che dimostró in maniera fin troppo plateale quanto credesse in tale concetto.

-Io non sono affatto d'accordo- borbottai, seccato -Ti fai troppe fantasie-

-No, non sono fantasie- scosse leggermente il capo, sorridendomi ancora -Tu devi aver visto molto del mondo- fece, fissandomi con l'oro liquido dei suoi occhi, ammirati, brillanti, che per un attimo mi sembrarono eterei, quasi di un altro mondo.

Mi fece salire un brivido sulla pelle quando mi resi conto che il suo parere pareva coincidere con il mio da bambino.

-Ne ho visto un po', ma non posso definirmi totalmente un esperto- risposi frettolosamente

-Ma tu stai viaggiando... quindi anche tu vuoi vederlo, come me-

-Non é deltutto così- mi interruppi -Non stavamo parlando di te e delle domande di cui volevi che ti chiedessi?-

-Uh... ehm...- lei guardó in basso - Già. La seconda é complicata... direi. Loro volevano che me ne andassi prima che i banditi provassero a chiedermi in sposa o peggio... e questo... purtroppo stava per accadere... e sarebbe successo se tu non ci avessi aiutati-

-Come ho già detto,  non l'ho fatto per carità ma...-

-Non mi importa, non mi importa il motivo che ti abbia spinto a fare quello che hai fatto con i barbari... ma non posso non ringraziarti-

-Non ringraziarmi... piuttosto... come mai, tu, al contrario dei tuoi genitori,  non hai paura di me?-

Lei mi guardó, sorpresa dalla domanda che, al contrario delle precedenti che lei stessa aveva formulato, non si aspettava.

-Perché dovrei averne? A me sembra che il tuo potere sia meraviglioso- sorrise ancora e sentii il mio cuore perdermi un battito a tale frase, mentre sentivo uno strano calore nel petto.

Un calore che respinsi subito, giudicandolo inquietante.

-Io non ne sarei così sicuro- asserii, spostando lo sguardo.

-Solo perché non lo guardi dal lato positivo- Rhy sorrise di nuovo e entrambi rimanemmo in silenzio.

Io per l'improvvisa ansia, lei per altri strani motivi che non ero capace di decifrare.

Era calata la sera ormai, l'ambiente notturno iniziava a prendere il posto di quello pomeridiano.

Il cielo si stava scurendo, il sole iniziava a scendere e la luna era già in parte evidente, anche se non abbastanza per vederla brillare per davvero.

Sentivo il mio cuore battere, quasi sfrenato e, più procedevamo e più sentivo le palpebre abbassarsi.

Ero stanco, le mie gambe irrigidite e la mia testa mi girava.

Se avessi cavalcato ancora, ci sarebbe stata la possibilità che sarei caduto dal cavallo.

La mia ostinazione lottava contro i miei bisogni fisici, perché nonostante stessi letteralmente crollando, non volevo dovermi fermare.

Non seppi decidermi fino a che non rischiai davvero di addormentarmi a cavallo.

-Scendiamo- sussurrai -Fermiamoci qui-

-Ne sei sicuro?- chiese Rhy, la voce impastata di sonno e l'aria assonnata

-Sí-

Scesi da cavallo, attento a non cadere.

-Sono abbastanza obbedienti da stare fermi anche se non legati?-

-Ahá... non si muoveranno-

Annuii appena, sdraiandomi sulla sabbia, per poi chiudere gli occhi e addormentarmi profondamente.

-Non farlo- disse una voce nella mia mente, mentre mi sembrava di star camminando in una totale oscurità, avanzando in una strada che non portava da nessuna parte.

Era la stessa voce, quella che si era messa ad urlare nella mia testa dopo essere uscita dalla casa di Lui .

-Perché? Cosa sto facendo di male? Sto solo prendendo la mia vendetta sul mondo!- gridai alla voce, continuando a guardarmi attorno, cercando colei a cui proveniva.

-Non farlo ! Non portarmelo via!- continuó la voce, tremando brevemente prima di abbandonarsi ad un singhiozzo soffocato.

-Chi?! Chi non devo portarti via? Dimmelo e facciamola finita!- sbottai, tra il frustrato e l'angosciato.

Non ne potevo più, volevo risposte, volevo che mi dicesse chi e perché non voleva che glielo portassi via.

Ma niente, adesso vi era silenzio, ma non del tutto, vi si aggiungeva anche un leggero cigolare, come di ruote.

Ed ecco, di nuovo quelle urla strazianti, che riuscivano a colpirmi dentro come non aveva mai fatto nulla.

Avrei voluto piangere, urlare a mia volta, implorarla di smetterla, avere spiegazioni...

Tutto pur di fermare quelle grida che, ogni volta che le udivo, sembravano consumarmi dentro, come una fiamma in una stanza senza più ossigeno.

Mi contorsi, piegando la testa, scuotendomi, mentre un intenso bruciore iniziava a farsi vivo in un punto della nuca.

Desideravo che tutto quello che mi stava accadendo, la smettesse.

Faceva male, troppo, troppa intensità, troppo dolore concentrato in un unico punto.

Lacrime iniziarono a scendermi sulle guance, tracciando percorsi simili a rami d'albero.

-Basta...- la pregai, con voce soffocata, per poi prendere un respiro profondo.

-Basta!- urlai, tanto che la mia voce rimbalzó tra pareti invisibili, o più che altro, tra specchi.

Già, perché erano comparsi improvvisamente sette specchi in quel buio così intenso e oscuro.

La donna smise di gridare, permettendomi di riprendere un battito cardiaco più naturale e un respiro meno affrettato.

Sei di quelli erano interi, uno aveva invece delle crepe.

Mi avvicinai ad esso, tremante, appoggiandovi la mano, quasi indeciso sul farlo o no.

Era ruvido e potevo sentire l'incostanza che divideva i pezzi.

Mi sembrava davvero di poterlo toccare.

"Ma questo é solo un sogno"mi dissi, aggrottando la fronte, sentendo il pulsare del mio cuore anche nelle mani.

Un improvviso sapore metallico inizió a farsi vivo nel mio palato.

Era... sangue?

Perché avevo il sapore del sangue in bocca?

Mi spostai dallo specchio rotto e mi trovai di fronte a uno perfetto, non vi era nemmeno un singolo segno di rottura o un minuscolo graffio.

Fissai la mia immagine riflessa a lungo.

Ero sfocato, ma potevo vedere con chiarezza il rivolo di sangue che mi scendeva dal labbro.

E soprattutto potevo vedere il pezzo di vetro incastrato nel centro del mio torace.

Boccheggiai.

Nello specchio si cancelló la mia immagine e ne comparve un altra.

Era Guy, ma aveva delle ali nere dietro, degli occhi completamente neri al di fuori della pupilla rossa e un liquido tra nero, verde e viola che gli scendeva da quelli.

Aveva un aspetto raccapricciante, da brivido.

Sorrideva maliziosamente, con un taglio che gli percorreva la guancia, mostrando del sangue nero che colava ad una lentezza disarmante.

Indietreggiai appena, spostandomi verso un altro specchio.

Sempre la mia figura fu riflessa, inizialmente.

Non sanguinavo più, ma iniziavo a vedere delle piume azzurre, o più che piume, schegge, crescermi sul braccio, mentre anche i miei occhi facevano come quelli del Buio.

Si annerivano, con la pupilla rossa e una sorta di scudo a scaglie iniziava a formarsi attorno al mio stomaco, con vicino dei rimasugli che formavano una X.

Si mosse.

Rabbrividii, indietreggiando di un passo.

Eppure il me nello specchio continuó a camminare.

Mi si avvicinó ancora, fino al punto che uscí dallo specchio.

E prima che potessi fare un altro passo all' indietro, il secondo me mi fu davanti.

Mi abbracció e così facendo, mi trapassó con una parte della X.

Non urlai, il fiato mi si strozzó in gola.

Volevo svegliarmi.

Dovevo svegliarmi.

Perché questo era un sogno, giusto?

Il sapore di sangue riprese ad albergarmi nel palato, appiccicoso e disgustoso, metallico e caldo.

Mi svegliai di scatto, ricevendo un calcio in faccia, sentendo l'odore del sangue permearmi il naso.

Davanti a me c'era quel tizio.

Il capo della banda che aveva aggredito i genitori di Rhy.

-Sir Cadefrìn, la ragazza continua a tentare di assaltarci-

-Legatela meglio-

-Le imbavagliamo anche la bocca, signore?-

-Ovviamente, volete che vi morda il braccio o una gamba? Sbrigatevi!-

-E se non ci riusciamo?-

-Che domande sono Gravis?! Dovete riuscirci. Se oppone resistenza, datele quello che si merita-

-Sissignore- concordó Gravis, facendo per obbedire immediatamente.

Gravis era un uomo robusto dai capelli a cresta, di un viola acceso, tenuti ben fermi, le pelle rovinata da cicatrici.

-Oh. Vedo che ti sei svegliato Dan- disse fintamente allegro il capo, piegandosi leggermente su di me.

-Ohhh... ma non ti era bastata la sconfitta ricevuta?- sbottai, sputando del sangue.

-Beh, sai, sono duro di comprendonio-

-Già, lo vedo, perlopiù hai anche un intelligenza tale che quella di un primate fa invidia alla tua-

Lui mi fissò, assottigliando lo sguardo, per poi mollarmi un secondo calcio in faccia.

Ebbi un gemito, la testa che già mi girava prese a farlo ancora di più e con ancora più intensità.

Avrei voluto ribellarmi seduta stante, ma le mie mani erano completamente bloccate in delle manette che ogni tanto mi rilasciavano delle scosse elettriche che non mi aiutavano a utilizzare le mie emozioni.

Le mie gambe invece erano semplicemente legate in un laccio che sembrava essere stato annodato tre volte.

-Sai, se avessi accettato la proposta che ti avevo fatto, probabilmente non sarebbe capitato tutto questo-

-Io non accetto le proposte... dei vermi-

Un ennesimo calcio mi fu mollato in faccia.

Non gridai per non dargli la soddisfazione.

Doveva avermi rotto il labbro perché il sangue, a fiotti, mi percorreva il mento, per poi scendere verso il collo ad un ritmo troppo rapido, troppo svelto.

Cercai di rompere le corde che mi intrappolavano le gambe, ma senza ottenere risultati di alcun tipo.

Mi sentivo così impotente.

Vidi con la coda dell' occhio che alcuni dei barbari stavano infilando una siringa nel braccio di Rhy.

Innervosito, cercai di rompere le corde nuovamente.

Niente da fare.

Non ci riuscivo.

Ringhiai di rabbia e vidi Sir Cadefrìn ridere sotto i baffi, con un ghigno decisamente bastardo.

Più i secondi passavano e più volevo ucciderlo.

Detestavo la razza umana.

Dovevano morire !

Con la rabbia che mi infuriava nel petto, udii un ticchettio e ricevetti una scarica elettrica che mi fece agitare e lanciare un grido di dolore.

Chiusi gli occhi, percependo l' intensità del dolore fermarsi al petto, mentre stringevo i denti in una morsa che avrebbe sicuramente staccato un dito ad una persona.

-Bene, carichiamolo, lei puó restare qui, non durerà a molto- disse sogghignando

-No!- sussurró Rhy, a bassa voce, così bassa che alle mie orecchie parve un sibilo soffocato.

-Sí- rispose invece il capo, con un sorriso mellifluo che gli albergava sulle labbra.

Uno dei barbari mi tiró su, ma prima che potesse anche solo fare un passo, gli mollai entrambe le gambe in faccia.

Erano legate tra loro, era vero, ma questo non voleva dire che non riuscivo ad agitarle.

Rhy, anche lei legata, fece la stessa cosa, a terra, facendo lo sgambetto ad un altro di loro, per poi agitarsi e fare scivolare la fascia giú dalle gambe.

La imitai rapidamente, per poi avvolgere la catena delle manette attorno al collo del capo.

Ci fu un ennesimo ticchettio e una scossa si accese nuovamente, colpendo sia me che lui.

Dovette probabilmente fare più male a lui che a me, perché svenne.

Gli altri si guardarono tra loro e iniziarono a fuggire da tutte le parti, lasciando i due cavalli che possedevamo -e che stavano cercando di fregare- per poi salire su un carro e partire, come dei vermi striscianti.

"Codardi" pensai.

Io e Rhy, con entrambi gli animali, riprendemmo la corsa, per andarcene, via da quella spiaggia.

Cavalcammo spediti fino a che, ad un tratto, fermammo i cavalli di fronte alla fine della spiaggia.

E proprio in quel momento udii un tonfo.

Rhy era a terra, pallida come uno straccio, con un segno violastro che le percorreva il braccio  

  
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