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Autore: Giulss_    09/08/2017    1 recensioni
Può un messaggio delle 4:06 cambiare qualcosa? O resterà un momento di debolezza in una notte insonne?
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gaetano Berardi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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PUT MY NAME AT THE TOP OF YOUR LIST
 
This is the last time I'm asking you this,
put my name at the top of your list.

 

Non c’è migliore chiacchierata di quella fatta davanti ad un bicchiere pieno, tanto più se ci si deve chiarire su qualcosa. E Camilla e Gaetano, di chiacchierate davanti ad un bicchiere, erano esperti. Infatti, ancora una volta, si ritrovarono seduti in un bar, sorseggiando vermouth.

Deliziosamente demodé, aveva detto qualcuno.

Per qualche minuto, dopo che il cameriere li aveva serviti, erano rimasti in silenzio a riscoprire quei gesti così familiari che l’altro compiva. Paradossalmente, i loro incontri al bar sembravano più distanti in quel momento che quando si erano trovati a Torino per la prima volta dopo due anni.

“Mi spiace per il messaggio” esordì, d’un tratto, Camilla.

“Ti dispiace?” chiese Gaetano, posando il bicchiere sul tavolo.

Camilla annuì. “È stato un gesto infantile, potevo agire diversamente.”

“Non alle quattro della mattina.”

“Anche alle quattro della mattina” rispose lei, a tono, marcando quell’”anche” che lasciava intendere molte cose.

Gaetano scosse il capo, quasi divertito, ma non aggiunse altro.

“Però mi manchi davvero” rilanciò lei, senza distogliere i suoi occhi da quelli di lui.

“Anche tu” rispose, senza esitazione. Era vero, dopo tutto. E non era lì per mentire o nasconderle qualcosa, ma per mettere, finalmente, tutte le carte in tavola.

“Allora perché ci stiamo evitando da un mese?”

“Io sto rispettando una tua decisione.”

“Non l’ho deciso io di non parlarci più!”

“L’hai deciso tu nel momento in cui hai detto di voler essere una nonna libera e indipendente, Camilla” disse, senza riuscire a trattenere quella tristezza e quel sarcasmo che diedero uno strato tono alla
frase.

“Ho detto di voler essere una nonna libera e indipendente, non ho detto di non volerti più nella mia vita.”

“Ma che ruolo avrei potuto ricoprire, che ruolo potrei ricoprire nella tua vita, in questo modo? Perché io non ci sto più a fare l’ultima ruota del carro.”

Non voleva scaldarsi ma arrabbiarsi fu l’unica reazione spontanea possibile, pensando a quel suo ridicolo, triste e pure fuori luogo “amico adottato”.

“Ma non sei mai stato l’ultima ruota del carro, Gaetano! Come puoi anche solo pensarlo?” chiese Camilla, incredula.

“Dimmi una sola volta in cui hai messo al primo posto me, allora” rispose, misurando il tono di voce e tornando calmo. “Perché è sempre stato tutto un ‘Renzo e Livietta di qua’, ‘Renzo su’, ‘Livietta giù’…”

“Ma ti senti?” sbottò, interrompendolo in quel discorso che trovava assurdo, ingiusto e ridicolo. “Ho una figlia e delle responsabilità nei suoi confronti, che devo e soprattutto voglio rispettare! Ed ero sposata,
avevo un marito, il padre di mia figlia, e avevo delle responsabilità anche nei suoi confronti. Erano… sono la mia famiglia!”

“E non ti sto criticando. Amavi tuo marito e tua figlia, com’era giusto che fosse, mentre io e te eravamo solo… amici.”

Se già un tempo non riusciva a definire Camilla sua amica, figurarsi dopo gli ultimi mesi, dopo quanto successo tra loro.

“Livietta era pure una bambina – continuò. – Non avrei mai potuto pretendere né pensare che tu ti comportassi diversamente, anche se avrei voluto il contrario. Ma le cose ora sono cambiate, Camilla:
Livietta è abbastanza grande da mettere su famiglia e tu e Renzo avete divorziato. Allora mi spieghi perché a me tocca restare comunque in disparte? E non ti chiedo” aggiunse, volendo specificare un’ultima cosa prima che lei potesse controbattere, “di mettere me prima di loro, ti chiedo solo di dare una certa importanza al nostro rapporto, perché sembra che per te non ne abbia affatto.”

“È qui che ti sbagli. Prima hai detto di dirti una sola volta in cui ho messo prima te della mia famiglia, ebbene vuoi che te lo dica? Pensa alle ore che trascorrevamo assieme, già a Roma, ai nostri incontri e alle volte in cui partecipavo nelle indagini. Spesso uscivo da scuola nelle ore in cui non avevo lezione, mi facevo addirittura sostituire quando sarei dovuta essere in classe, per poterti aiutare nelle indagini.
Mi piaceva indagare, certo, ma erano momenti che trascorrevo con te, Gaetano, con te. Erano momenti che decidevo di trascorrere con te anziché con la mia famiglia o al lavoro. Pensa solo a quando tornavamo a casa tardi la sera, a quando pranzavamo fuori, pensa a Renzo che mi chiamava rinfacciandomi di non essere ancora tornata. E, quando poi rientravo, dovevo anche sorbirmi le prediche perché mi divertivo a giocare a far il poliziotto, lasciando da soli lui e mia figlia. E lo facevo perché mi piaceva, sì, indagare, soddisfare la mia curiosità e aiutare le persone a me care, ma lo facevo perché mi piaceva stare con te, perché a te ci tenevo. Perché ad un certo punto non si è più trattato di indagini, tra noi due.”

“Forse un tempo” rispose, ricordando con tanta malinconia i loro primi casi insieme, i primi anni a Roma, e pensando a quanto erano cambiate anche le dinamiche tra di loro. “Ma da quando abbiamo iniziato a… da quando abbiamo iniziato questa pseudo-relazione, non hai fatto altro che allontanarmi e allontanarti. Tornavi da Renzo appena potevi e la scusa di Livietta, tra matrimonio e non averle ancora parlato di noi, era sempre lì pronta, e poi Michele Carpi. C’era sempre qualcuno da mettere prima di me, per un motivo o per l’altro. E quello che avevamo contava così poco, per te, da sentirti in diritto di lasciarmi davanti a tuo marito, nemmeno ex, perché ancora non avevi trovato il tempo di divorziare.”

“Sei proprio stronzo, lo sai?” Non riusciva a credere alle proprie orecchie. Non riusciva a credere che Gaetano potesse trattarla così. “Quello che dici può anche essere vero ma ti sei mai chiesto perché mi sono comportata così? O hai semplicemente deciso che dare la colpa a me era più facile?”

“Me lo sono chiesto tante, troppe volte, ogni giorno e ogni notte, ogni volta che non riuscivo a mangiare perché lo stomaco mi si chiudeva, ogni volta che la fitta al cuore era troppo forte e dovevo solo aspettare che il dolore sparisse, anche se poi tornava sempre. Me lo sono chiesto, e so di averne colpa anche io, so di averti fatto pressione, di non averti lasciato il tuo spazio ed il tuo tempo, lo so, ma so anche perché l’ho fatto. In un rapporto si è in due, si sbaglia e ci si corregge in due, si impara in due, si migliora in due, si dà e si riceve in due, si ama in due ma io ero l’unico, ero da solo.”

“Non eri da solo.”

La tristezza nella voce di Gaetano aveva cancellato la rabbia di qualche secondo prima. Sapeva benissimo cosa volesse dire essere l’unica a combattere per un rapporto e non aveva mai pensato che Gaetano potesse sentirsi a quel modo. Avevano sbagliato entrambi. Non si erano nemmeno sforzati di capirsi l’un l’altro e avevano reagito nel peggiore dei modi, una scappando e l’altro gettando la spugna.

Ma non è così che si affronta una relazione e Camilla lo sapeva fin troppo bene.

Non si scappa, non ci si nasconde; si dovrebbe parlare, rispettarsi, prendersi per mano e affrontare tutto insieme.

“Io non ero pronta, ho avuto paura e sono scappata e ho sbagliato, lo so, ma non eri da solo” disse. “Ho sbagliato anche io e vorrei avere la possibilità di correggermi con te, ho imparato dai miei errori e spero di poter migliorare; non ti ho dato abbastanza ma vorrei potertelo dare ora che sono pronta, perché da te ho ricevuto più di quanto potessi meritare o anche solo sperare.”

“Non ti chiederei mai più di quanto mi hai dato in questi anni, ti chiedo solo di rivalutare la nostra relazione e di capire se è quello che vuoi davvero. Perché adesso ti manco ma vorrei che tu fossi certa che non ti manchi il Gaetano amico ma che ti manchi il tuo compagno, l’uomo con cui vorresti trascorrere il resto della tua vita e che ti è amico, sì, ma non solo. Non posso rischiare di essere di nuovo l’unico ad amare tra di noi.”

L’avrebbe baciata sul momento e non farlo gli costò parecchia forza di volontà ma uno dei due doveva tirarsi indietro e, paradossalmente, quella volta sentiva che lei non l’avrebbe fatto e che, quindi,
toccava a lui. Lo faceva quasi ridere pensare a tutti i baci cui Camilla si era sottratta, baci che lui non aveva resistito a darle, ed ora pensare di dover avere la forza di non baciarla perché, dall’altro lato, non ci sarebbe stata Camilla a tirarsi indietro.

“Non lo sei.”

“No, non lo sai, non puoi dirlo ora. Abbiamo entrambi bisogno di tempo per pensarci.”

“Non sei più sicuro di…” il verbo le morì sulle labbra ma non ebbe bisogno di riprendere la frase, ché Gaetano stava già rispondendo.

“Io ti amo, Camilla, non è di questo che parlavo, ma, per fortuna, non sono più l’uomo di un tempo e non voglio avere una relazione tanto per averla, quindi voglio prendermi del tempo per riflettere su me stesso e sui miei sbagli e voglio farlo ora che abbiamo chiarito come stanno le cose.”

Camilla annuì.

“E voglio che anche tu ti prenda il tempo che ti serve, questa volta. Tanto aspettare è il mio forte” aggiunse, facendole l’occhiolino.

La Baudino scoppiò a ridere e la sua risata riempì l’aria. Era da un bel po’ di tempo che non si sentiva così leggera.

“Questo giro te la sei cercata tu, però.”

“E non ne sono mai stato così felice.”

“Mmh, vedremo” rispose lei, lanciandogli un’occhiata di sfida inequivocabile.

“Professoressa, stia attenta che so giocare sporco anche io, molto meglio di lei, quindi non le conviene giocare col fuoco.”

“Ah lo so benissimo quanto sporco puoi giocare, devo ricordarti i tuoi dieci anni di avances e stuzzicamenti ben poco velati?”

“Ma guarda un po’, il bue che dice cornuto all’asino!”

“Cosa vorresti insinuare, scusa?”

“Lo sai benissimo cosa voglio insinuare, non fare la finta tonta che nemmeno tu sei mai stata uno stinco di santo, eh.”

“No, non so assolutamente di cosa stai parlando” rispose, trattenendo a stento un’altra risata.

“Attenta” l’avvertì Gaetano, fulminandola con lo sguardo.

Camilla non reagì, perdendosi in quell’oceano che la disarmava ogni volta e capì che non aveva più intenzione di difendersi da quella sensazione di essere nuda e indifesa davanti a lui. Gli occhi di Gaetano la facevano sentire come un libro aperto ed era finalmente pronta a farsi leggere interamente.




Eccomi qui,
ok allora, questo è l'ultimo capitoletto di questa short.
Non so esattamente cosa sia venuto fuori e come, non sono più nemmeno sicura che sia quello che avrei voluto che fosse, ma sono abbastanza soddisfatta. Potevo pubblicarla in un capitolo solo ma non mi sembrava il caso, anche perchè sono tre episodi che mi sono venuti in mente in tre momenti differenti, e mi sembrava giusto dare ad ognuno la giusta importanza. 
Detto questo, fatemi sapere cosa ne pensate,
Alla prossima (spero),
Giulia.
 
  
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