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Autore: mononokehime    10/08/2017    2 recensioni
Elizabeth Thompson abita a Dover, a poche miglia dalle scogliere. La sua vita scorre tranquilla e senza pensieri, fino a che non viene coinvolta in un matrimonio di convenienza con uno degli scapoli più ricchi d'Inghilterra e si ritrova a vivere in una sfarzosa tenuta dello Staffordshire.
Nonostante i mille lussi che la circondano, si sente prigioniera di una vita che non è sua e desidera solo scappare... fino a quando non incontra un affascinante ragazzo dal passato avvolto nel mistero, che complicherà ancora di più la situazione.
***
DAL TESTO:
Infilai le mani nelle tasche della felpa, mentre camminavo lentamente godendomi quel raro momento di tranquillità lontano dall'opprimente sfarzo di Rangemore Hall. Proprio mentre stavo per tornare indietro notai una figura di spalle seduta su un muretto ai limiti del parco.
[...]
Rimanemmo a guardarci in silenzio per alcuni secondi, quando lui accennò un piccolo sorriso.
«Tu devi essere la famosa principessina di Tomlinson»
Storsi leggermente la bocca, contrariata.
«Non è esattamente il modo in cui mi definirei, ma suppongo che ormai tutta Rangemore Hall mi conosca come tale»
Il ragazzo ridacchiò divertito.
«In effetti non posso darti torto. Qui si parlava di te ancora prima che arrivassi»
Genere: Fluff, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Liam Payne, Louis Tomlinson, Niall Horan, Nuovo personaggio
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo
Capitoli:
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Avevo sette anni quando avevo avuto la mia prima cotta.
Lui si chiamava Tom Parker e frequentava la mia stessa scuola; era un vispo ragazzino biondo, sempre pieno di energie, che veniva a scuola con metà delle cose che servivano e doveva immancabilmente chiedere il resto in prestito agli altri. Era simpatico, allegro ed estroverso; l'esatto opposto di me, che da piccola ero timida e riservata.
Avevo avuto una cotta segreta per lui per più di un anno, finché non mi ero decisa a scrivergli un bigliettino in cui gli rivelavo i miei sentimenti. Ero riuscita a farglielo avere senza farmi vedere da nessuno, ma Tom pensò bene di leggerlo ad alta voce davanti a tutta la classe. Naturalmente fui lo zimbello della scuola per giorni; ogni minuto passato a scuola era un'agonia, sarei voluta diventare invisibile per non subire più gli sberleffi dei miei compagni. L'unica consolazione che ebbi fu quando Liam, venuto a sapere della faccenda, andò dritto da Tom e gli tirò un pugno sul naso mentre mezza scuola assisteva alla scena. Da quel momento nessuno mi infastidì più.
La delusione era stata grande, tanto che per diversi anni mi guardai bene dal provare interesse romantico nei confronti dei ragazzi che conoscevo. Inoltre Liam mi stava sempre accanto e non sentivo di avere alcun vuoto da riempire.
Avevo avuto alcune brevi relazioni durante la mia adolescenza; nulla di importante, ma erano bastate a farmi provare il desiderio di incontrare qualcuno con cui avrei condiviso un amore sincero e duraturo.
E invece sono invischiata in un matrimonio di convenienza con un odioso rampollo.
Scossi la testa per allontanare quel pensiero intrusivo che si affacciava troppo spesso alla mia mente, negli ultimi tempi. Con un sospiro lasciai che i deboli raggi del sole pomeridiano filtrassero tra le nuvole sottili ed arrivassero ad accarezzarmi il viso. Ero nella mia stanza, seduta sul davanzale della finestra lasciata aperta. Maggio era ormai alla sua ultima settimana e le rose bianche fiorivano splendide nel parco della tenuta. Phil e Harry avevano fatto un lavoro magnifico per portare i roseti al massimo della loro bellezza.
Harry.
Chiusi Orgoglio e Pregiudizio, rassegnata. Non riuscivo a concentrarmi su quello che leggevo, nonostante ormai ricordassi ogni dettaglio della storia. Mentre scendevo dal davanzale con un piccolo salto, il libro mi sfuggì di mano e cadde sul pavimento con un tonfo sordo.
Raccogliendolo notai le punte blu della campanula spuntare tra le pagine. Aprii il libro e osservai per qualche secondo il fiore ormai secco, sfiorandolo con le dita, e richiusi di scatto il volume non appena sentii un nodo formarsi in gola.
Nei giorni seguenti alla chiacchierata con Phil ero uscita alcune altre volte nel giardino della villa, stando sempre ben attenta a non ritrovarmi faccia a faccia con il ragazzo. In una di queste uscite l'avevo visto da lontano mentre curava i roseti insieme al vecchio giardiniere. Li avevo osservati lavorare per una buona mezz'ora, restando nascosta dietro ad una siepe.
Vedere Harry ridere allegramente mi aveva provocato una dolorosa stretta al cuore e avevo ricacciato indietro le lacrime che spingevano per uscire. Ad un certo punto si era girato nella mia direzione, probabilmente vedendomi, al che ero subito scappata via. Mi era anche parso di sentirlo chiamare il mio nome, ma non mi ero fermata a verificare la mia impressione.
Quanto vorrei poter passare del tempo con lui. Chissà se...
«Elizabeth!»
Roteai gli occhi quando sentii la voce di Louis chiamarmi dal corridoio al di fuori della mia stanza.
«Cosa c'è, Louis?»
Senza darsi la pena di bussare, il ragazzo entrò esibendo il suo sorrisetto più irritante. Istintivamente strinsi il libro tra le mani.
«Potresti anche bussare» dissi senza riuscire a trattenermi.
Louis si avvicinò a passo lento con una risatina, tenendo lo sguardo inchiodato al mio.
«E perché mai?» ribatté, una nota beffarda nella voce. «È casa mia, e poi cosa c'è di male? Hai qualcosa da nascondere per caso?»
Serrai le labbra, mentre in me cresceva il desiderio pungente di tirargli un pugno.
Calma, Liz. Fai un respiro profondo e rilassati.
Si fermò a pochi centimetri dal mio viso e chiuse gli occhi, inspirando rumorosamente.
«Hai sempre un profumo così delizioso, Elizabeth» mormorò, con le labbra arricciate ad un ghigno. Puzzava di alcol.
Faticai a reprimere un brivido di disgusto mentre lui mi attirava a sé, premendo una mano alla base della mia schiena per avvicinarmi ancora di più.
«Louis, lasciami! Hai bevuto» esclamai, cercando di divincolarmi.
Lui non mi diede retta e iniziò a lasciare umidi baci lascivi lungo il mio collo, tenendomi stretta contro il suo petto. Le sue mani si chiusero intorno al mio sedere, stringendo ad intermittenza.
Quando feci per scappare mi prese per i polsi, strattonandomi fino al letto su cui mi spinse con brutalità. Senza darmi il tempo di rialzarmi mi bloccò con il suo corpo, sovrastandomi e prendendo possesso della mia bocca. Il sapore di alcol mi dava la nausea, sommandosi al disgusto che ormai provavo in tutto il corpo ad ogni contatto tra di noi.
Louis mi teneva le mani ancorate al letto e si era infilato in mezzo alle mie gambe, dimodoché i miei tentativi di divincolarmi erano del tutto inutili. In un impulso disperato gli morsi il labbro inferiore più forte che potei, al che lui si tirò di scatto indietro con una bestemmia portandosi una mano alla bocca e tastando il punto in cui l’avevo morso. Le dita erano sporche di sangue.
Approfittando di quell’attimo di distrazione riuscii a sfuggire alla sua presa e corsi fuori dalla stanza, con il cuore che mi batteva così forte da sembrare che mi stesse sfondando la gabbia toracica. Mi precipitai fuori dalla villa, dirigendomi alla cieca il più lontano possibile da Louis. Le lacrime che avevano iniziato ad uscire mi offuscavano lo sguardo impedendomi di vedere dove stessi andando, ma non mi importava. Volevo solo scrollarmi di dosso quella sensazione viscida e disgustosa il prima possibile.
La mia corsa disordinata si interruppe ben presto contro il petto di una persona che barcollò, presa alla sprovvista dal brusco scontro.
«Ma che... Lizzie??»
Oh no. Non questa voce. Non adesso, no, ti prego...
Due occhi verdi carichi di sorpresa ed apprensione mi si puntarono addosso, mentre tentavo di riprendere il controllo delle mie gambe e fare dietrofront.
«Aspetta, Lizzie! Cosa succede? Fermati un secondo...»
Mi afferrò un braccio quando feci per scappare via di nuovo, una presa salda ma gentile. Dovetti fermarmi, ma non avevo il coraggio di guardarlo in faccia. Rimasi ferma, la mano libera stretta a pugno, gli occhi serrati, il labbro tremante. Le lacrime riuscirono comunque a farsi strada lungo le guance; ogni tanto qualche leggero singulto si liberava dal mio petto, nonostante i miei tentativi di reprimere il pianto.
La presa sul mio braccio si sciolse, e Harry appoggiò le mani sulle mie spalle facendomi delicatamente voltare verso di lui. Mi costrinsi a tenere basso lo sguardo, sapevo bene che non sarei riuscita a sostenere la tempesta verde dei suoi occhi. Non cercò di farmi sollevare il viso; si limitò ad ad avvicinarmi a lui, avvolgendomi con le sue braccia e accarezzandomi la schiena in un silenzioso gesto di conforto.
A quel punto non riuscii più a trattenere il pianto che esplose in una serie di singhiozzi rotti, mentre le lacrime inzuppavano il tessuto morbido della sua t-shirt bordeaux contro cui nascondevo il viso. Non era un pianto liberatorio; era un pianto frustrato, confuso, pieno di sconforto. Harry sembrò capirlo, poiché mi strinse più forte a sé appoggiando le labbra sulla mia testa e cullandomi lievemente, cercando di aiutarmi a calmarmi.
Dopo qualche minuto i singhiozzi iniziarono ad indebolirsi fino a sparire, e lasciai la presa sulla sua maglietta che non mi ero accorta di aver stretto nel pugno per tutto il tempo. Emisi un sospiro ancora un po' tremante, senza ben sapere come comportarmi.
Devo ringraziarlo? Chiedergli scusa? Scappare senza dire nulla?
Mi asciugai rapidamente gli occhi con il dorso della mano, indecisa sul da farsi. Stavo quasi per scegliere la terza opzione quando la sua voce ruppe il silenzio.
«Non sei costretta a spiegarmi cosa sta succedendo, Liz. Vorrei solo assicurarmi che tu stia meglio prima di lasciarti correre via di nuovo»
Mi sentii ragionevolmente divorare dai sensi di colpa. Non era arrabbiato con me per essere sparita nelle ultime settimane e riusciva a starmi vicino a modo suo senza fare domande a cui sapeva che per me sarebbe stato difficile rispondere. Avrebbe avuto tutte le ragioni del mondo per pretendere almeno una spiegazione sul mio comportamento, ma aveva scelto di capirmi e assecondarmi. Come faceva sempre.
Alzai finalmente lo sguardo e il mio cuore saltò un battito quando finalmente incontrai i suoi occhi; potevo chiaramente leggervi la preoccupazione che li pervadeva. Meritava che gli dicessi tutto, glielo dovevo. Aveva perlomeno il diritto di capire perché non mi fossi più fatta vedere, ma non potevo raccontare solo una parte della storia. Non avrei potuto spiegargli la situazione senza far trasparire i sentimenti che provavo per lui, cosa che non potevo assolutamente permettermi.
«Scusami» riuscii solo a farfugliare, sentendomi un'idiota. Harry sospirò, chiudendo gli occhi per qualche secondo. Quando li riaprì la sua espressione era più seria di prima, ma in qualche modo ancora gentile.
«Posso almeno farti compagnia fino a quando non sarai più tranquilla?»
La sua domanda mi spiazzò completamente. Non avrei mai immaginato che nonostante tutto volesse passare del tempo con me, senza fare domande né aspettarsi risposte. Mi ritrovai ad annuire debolmente, anche se il mio cervello mi stava urlando che era sbagliato e che avrei solo reso più complicata la situazione. Ma in quel momento non mi importava; avevo bisogno di lui, mi era mancato più di quanto fossi in grado di esprimere a parole.
Harry sorrise – da quanto tempo non lo vedevo sorridermi? – e con un cenno mi invitò ad incamminarmi con lui. Fu una passeggiata breve e silenziosa; nessuno dei due aprì bocca, ma potevo percepire l'atmosfera alleggerirsi lentamente passo dopo passo.
Ci fermammo in riva allo stagno, nel punto più remoto del giardino della tenuta. Harry si sedette a terra e mi invitò a fare altrettanto. Restammo alcuni minuti ad ascoltare il cinguettio degli uccelli, il lieve ronzio delle libellule ed il fruscio delle foglie; un soffio di brezza ci sfiorava la pelle, passando poi oltre a giocare con i corti fili d'erba.
Ero così rapita dalla pace di quell'angolo di paradiso che quasi sobbalzai quando sentii il ragazzo canticchiare a bocca chiusa. Mi girai sorpresa verso di lui; aveva gli occhi chiusi, le braccia buttate indietro a sostenere il corpo, le gambe distese sul prato, il viso sollevato. Lo ammirai per diversi secondi prima di riconoscere la canzone.
«Elton John...» mormorai, quasi sovrappensiero.
Harry sorrise, sempre ad occhi chiusi, ed iniziò a cantare.
 
And while I'm away
Dust out the demons inside
And it won't be long before you and me run
To the place in our hearts where we hide...
 
La sua voce era particolare, limpida ma leggermente graffiata. Mentre lo ascoltavo il mio cuore faceva le capriole e non tentavo nemmeno più di tenerlo a bada; mi godevo semplicemente la sua presenza, di cui avevo così tanto sentito il bisogno. Quando smise di cantare riaprì gli occhi, ed il sorriso sulle sue labbra si trasformò in un'espressione preoccupata.
«Lizzie, stai piangendo di nuovo?»
Mi toccai le guance e mi sorpresi di sentirle umide. Non mi ero nemmeno accorta delle lacrime che erano uscite nei minuti precedenti. Mi asciugai il viso e scossi la testa.
«Non è nulla, sto bene. Hai una voce stupenda»
Harry mi rivolse il più luminoso dei suoi sorrisi, facendo spuntare le fossette.
«Grazie, ma esageri. Dovresti sentire Phil sotto la doccia, sono sicuro che poi gli chiederesti un autografo»
Mi ritrovai a ridere mio malgrado. D'un tratto era come se fossi tornata a qualche settimana prima, quando ancora potevo essere spensierata accanto a lui, prima di scoprire il suo passato ed i miei sentimenti nei suoi confronti.
Il ragazzo rise insieme a me, distendendosi sull'erba e portando le braccia dietro la testa. Mi abbracciai le ginocchia, poggiandovi il mento. Tra noi scese di nuovo il silenzio. Osservai Harry coprirsi gli occhi con un braccio mentre si metteva più comodo.
«Louis ha bevuto e mi ha messo le mani addosso» sussurrai poco dopo senza quasi rendermene conto.
Harry con uno scatto tolse il braccio dal viso e sollevò la schiena dal prato, guardandomi con gli occhi spalancati e carichi di apprensione.
«Che cosa?»
«Il motivo per cui ti sono venuta addosso prima...» mormorai, chiudendo gli occhi e nascondendo il viso contro le mie ginocchia. «Stavo scappando da Louis. Era ubriaco, ha tentato di... v...»
«Lizzie»
Prima che potessi sollevare il viso sentii Harry stringermi a sé in un abbraccio che mi fece mancare il respiro. Dopo qualche momento di iniziale sorpresa ricambiai l'abbraccio, aggrappandomi alla sua maglietta come poco prima.
«Mi dispiace» lo sentii dire con delicatezza, anche se sentivo la sua voce tremare di rabbia. «Vorrei poter fare qualcosa per farti stare meglio, ma in questo momento riesco a malapena a trattenermi dall'andare da quel bastardo e fargli saltare la testa»
Deglutii nel tentativo di sciogliere il nodo che mi si era formato in gola a quelle parole. Scossi piano la testa, stringendolo di più a me.
«A-allora... fammi rimanere così ancora un pochino» balbettai senza avere il coraggio di guardarlo, sperando che non mi considerasse una povera stupida in cerca di compassione. Ma Harry appoggiò la guancia alla mia testa, accarezzandomi dolcemente la schiena. Dai suoi gesti sembrava quasi che stesse cercando di calmare anche se stesso oltre che a me, e questo se possibile mi fece battere il cuore ancora più forte.
Rimanemmo abbracciati per un tempo indefinito, nessuno dei due intenzionato a lasciar andare l'altro. Io sapevo bene che se me ne fossi andata sarei dovuta tornare alla villa, dove probabilmente c'era Louis ad aspettarmi; d'altra parte però restare con Harry era sbagliato, come mi ero resa conto un paio di settimane prima. Ma come potevo allontanarmi da lui? In quel momento non avevo bisogno di altro che delle sue braccia che mi tenevano strette a sé, del suo profumo fresco e familiare, del suo sorriso...
«Vieni alla dépendance con me»
Cosa?
Sollevai lo sguardo, incontrando i suoi occhi fissi su di me. Era serio.
«Non posso, Harry... L-Louis mi...»
«Solo per stanotte. Non puoi tornare alla villa adesso, lo sai meglio di me»
Sapevo che aveva ragione. Però, in ogni caso... andava bene così?
«Se dipendesse da me ti impedirei con tutte le mie forze di mettere di nuovo piede in quella villa, ma so che se sei a Rangemore Hall devi avere le tue ragioni. Perciò almeno permettimi di proteggerti adesso, in questo modo» disse ancora, con quegli occhi impossibilmente verdi inchiodati ai miei. Sospirai prima di annuire.
Perdonatemi, mamma e papà... Ho bisogno di questo, per il momento, ma prometto che sistemerò tutto quanto.
Il viso di Harry si distese; il ragazzo sciolse l'abbraccio per alzarsi in piedi, scrollandosi via l'erba rimasta attaccata ai jeans, poi mi tese una mano per aiutarmi ad alzarmi a mia volta. Ci incamminammo verso la dépendance, nella luce dorata del tardo pomeriggio, e io non riuscii a non sentirmi – nonostante tutto – felice.



Spazio autrice
Salve! Scusate il ritardo, ma sono stata in Dolomiti in questo paio di giorni ed ero leggermente impossibilitata a pubblicare :/
Dunque... immagino che non vi sareste aspettati eventi così drastici tutto d'un tratto 
– in realtà nemmeno io, ma chi scrive sa che spesso gli eventi delle storie sembrano prendere la piega che vogliono indipendentemente dalla volontà dell'autore, ahah
Questo è stato indubbiamente un capitolo molto difficile da scrivere; corrisponde al punto della storia in cui sono rimasta bloccata per mesi, ero già convinta di voler abbandonare ma ad un certo punto ho ripreso in mano il file e mi sono imposta di proseguire.
L'incontro tanto atteso tra Harry e Lizzie avviene nel più inaspettato e scomodo dei modi, ma forse questa situazione disperata potrebbe essere l'unica soluzione per farli avvicinare di nuovo... oppure allontanarli irrimediabilmente.
Come andrà a finire? Ve lo racconterò mercoledì prossimo <3

Un abbraccio,
mononokehime

P.S.: ho iniziato ad usare Wattpad e a pubblicare anche lì High Society. Vi lascio il link qui <3
   
 
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