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Autore: artemisia reight    10/08/2017    0 recensioni
una relazione complicata e una differenza di età esorbitante. tutto sembra a loro sfavore ma l'amore si dimostra spesso più forte di tutto il resto.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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La luce entra nella camera di Elettra dall’unica finestra, centrale e con le tendine rosa.
La sveglia suona all’improvviso e la ragazza la spegne con un sospiro.
I suoi amici la prendono spesso in giro per la sua abitudine di tenerla accesa anche durante l’estate, ma lei sa che senza di essa sarebbe capace di dormire fino all’ora di pranzo.
Sa di avere molto sonno arretrato. Lavora fino a tardi e spesso fatica a prendere sonno per la quantità di pensieri che l’affollano la mente.
Nonostante non vada a scuola durante quel periodo, ha molte cose da fare e non può permettersi di passare l’intera mattinata a poltrire.
Si alza, quindi, stropicciandosi gli occhi e dirigendosi verso il suo bagno personale.
“E’ una fortuna in fondo che tuo padre abbia un’intera vita lontano da qui” le aveva detto sua madre anni prima, mentre il trucco le colava in grumi scuri sulle guance ed i capelli le ricordavano quelli della signora pazza che viveva nel loro stesso quartiere “questo ci da la possibilità di tenerci questa splendida casa tutta per noi”.
Elettra non riusciva a capire. In fondo quella era sempre stata casa loro, ed era certa che suo padre non avesse nessuna intenzione di togliergliela comunque, ma preferiva non contraddire sua madre in un momento che era per lei così delicato.
Ora, si terge il viso nel lavandino, chiedendosi per l’ennesima volta se ci sia qualche possibilità che suo padre davvero non voglia che loro continuino a vivere lì dopo la separazione.
Scuote la testa, sentendosi come sempre stupida anche solo per averlo pensato.
Esce dal bagno e si stiracchia.
Osserva la sua stanza, come sempre pulita ed ordinata in un modo che potrebbe essere definito maniacale.
È uno dei posti in cui è solita studiare, e detesta farlo in un luogo confusionario.
Per questo motivo ha voluto che ci fosse una sola finestra, grande e posta in modo da poter illuminare l’intera stanza e permetterle di guardare il paesaggio sottostante mentre lavora.
Spesso le piace anche sedersi sul suo letto, rivolta verso il vetro, e leggere un libro lasciandosi trasportare dall’atmosfera dell’esterno.
Ama farlo soprattutto durante le giornate di pioggia.
La maggior parte della sua camera è in effetti ricoperta da libri.
Una libreria gigante si trova dalla parte opposta dell’armadio, mentre il resto di essi sono sparsi qua e là.
E’ l’unico oggetto che non le dispiace trovare in giro.
Quando aveva esaurito gli scaffali su cui impilarli, aveva realizzato che poteva lasciarli dove le pareva senza che questo intaccasse la sua concentrazione quando aveva qualche lavoro da svolgere.
Apre l’armadio e guarda dentro, valutando i posti che deve visitare e quale potrebbe essere l’abbigliamento adatto ad essi.
Opta per un vestito rosa pallido e delle scarpe da ginnastica estive.
Si lega i capelli in una semplice coda, con un po’ di ciuffi ribelli che le ricadono sulle spalle e sul viso.
Non ha mai amato truccarsi, ma ha scoperto da tempo che per sembrare più grande e autoritaria un po’ di trucco è necessario.
Come le dice sempre sua madre, il suo viso è molto bello e delicato.
Anche a lei piace, perché i suoi occhi sono talmente grandi e particolari da non avere bisogno di essere abbelliti ulteriormente, e sa anche che il suo viso struccato e talmente bello da lasciare i ragazzi a bocca aperta.
Ma quello che le importa è il messaggio che il suo viso può mandare a dei futuri datori di lavoro e sa che il suo faccino acqua e sapone sembra quello di una ragazzina e di certo non trasmette sicurezza.
Per questo torna in bagno e apre la sua borsetta dorata.
Estrae un piegaciglia e un tubetto di rimmel. Applica poi sugli occhi un po’ di ombretto marrone scuro e uno strato di rossetto rosso chiaro sulle labbra.
Si guarda allo specchio, inclinando la testa. Tampona un pezzo di carta igienica sulla bocca e, una volta reso il rossetto un po’ meno acceso, si guarda di nuovo.
Esamina il suo sguardo allo specchio, tentando di sembrare il più professionale possibile.
È abbastanza soddisfatta del risultato anche se, come si ripete spesso, si può sempre migliorare.
Scende quindi le scale e si dirige in cucina.
Prende la ciotola con il suo nome scritto sopra, il bricco del latte ed una scatola di cereali.
Si siede su una delle sedie accostate al ripiano di fronte al piano cottura e comincia a fare colazione.
Immerge il cucchiaino nella ciotola, facendo affogare i fiocchi d’avena uno alla volta.
Se ne mette in bocca un paio e mastica pensierosa.
Si sente ancora molto dispiaciuta per il modo in cui Edward soffre la situazione di tensione tra i suoi genitori.
È convinta che sua madre sia davvero una persona orribile per fare una cosa del genere al proprio figlio. Per non parlare di suo marito.
Ricorda il modo in cui John ride e parla tranquillamente quando non è con lei.
Deve essere sicuramente spaventato a morte di parlare in sua presenza visto che, da quello che le ha detto Edward, Julia non aspetta che un pretesto per cominciare a litigare.
All’improvviso si sente furiosa. Furiosa perché il suo ragazzo deve avere molta tristezza dentro se stesso. Lo sa perché anche lei si sentiva così. Non vuole che Edward provi quello che ha provato lei.
È furiosa anche per John. Neanche lui merita di faticare tutto il giorno per poi tornare a casa e sentirsi urlare contro.
Sabato le era sembrato un po’ nervoso, probabilmente per qualcosa successo al lavoro. Ma lei aveva provato a parlarci e pian piano l’aveva visto rilassarsi.
E’ contenta di fargli quell’effetto. Lo ammira sempre di più ogni giorno.
Le ricorda in qualche modo suo padre, molto saggio e di successo.
Nota il modo in cui, in ufficio, tutti lo trattano con rispetto e sa che se lo merita.
Come ha detto anche ad Edward, adora davvero parlare con lui.
Gli piace sentirlo raccontare le sue esperienze passate e ama il fatto che tra di loro si sia creata una sintonia incredibile, che permette ad entrambi di aprirsi senza vergogna sui loro problemi.
“Mi accompagni al centro commerciale?” esclama una voce squillante alle sue spalle.
“Direi di no” risponde Elettra, senza neanche voltarsi.
“Perché no?” piagnucola Eva, sua sorella, appoggiandosi con la testa sulle mani di fronte a lei e guardandola negli occhi “ti preeeeeego” la supplica sbattendo le ciglia.
E’ una ragazza di ventiquattro anni, con gli occhi grandi e blu come quelli di Elettra. È un po’ più slanciata di lei ed è sempre stata l’anima della festa, mentre sua sorella era a casa a studiare.
Da quando i loro genitori si sono separati, al contrario di Elettra che continua a fingere che non sia successo niente di grave, Eva è diventata se possibile ancora più tra le nuvole.
Non è andata oltre la scuola superiore e da anni ormai oscilla tra un lavoretto e l’altro in attesa di trovare qualcosa che possa pagarle una casa lontana da sua madre.
“Ma non dovevi lavorarci, al centro commerciale, oggi?” ragiona Elettra.
“No, oggi no” nega lei “è il mio giorno libero”.
La ragazza annuisce, poi ci ripensa.
“Non era giovedì il tuo giorno libero?”.
Eva esita, guardandosi le unghie.
“E va bene” sbotta “devo lavorare. Ma volevo fingere di sentirmi male e andarmene”.
Sua sorella alza gli occhi al cielo.
“E’ che ho bisogno di un vestito” insiste Eva “voglio un vestito per un appuntamento”.
“Ne hai almeno un milione!” osserva Elettra.
“Nessuno è come lo voglio io” la contraddice la sorella “voglio un vestito che gridi ‘sono una bomba sexy’. Uno che faccia girare i ragazzi quando passo. Mi serve per fare colpo! E mi serve entro stasera”.
“Non posso accompagnarti, mi dispiace” ripete Elettra “devo andare in redazione e temo di rimanere lì per un bel po’ di tempo”.
“La scuola è finita, El!” le ricorda la sorella “è estate! Quando avevo la tua età non vedevo l’ora che arrivasse l’estate per godermi un po’ di meritato riposo. Non mi passava nemmeno per la mente di continuare a lavorare”.
“Già” acconsente lei “ma c’è chi deve farlo se vuole diventare qualcuno”.
Quel commento si riferisce chiaramente al modo in cui Eva non si preoccupa minimamente del suo futuro e continua a farsi licenziare per delle stupidaggini, ma lei si stringe nelle spalle come se non l’avesse neanche sentita.
“Secondo me esageri” commenta “e comunque, non sei per niente curiosa di sapere perché mi serve così urgentemente un vestito?”.
“Scommetto che muori dalla voglia di dirmelo” di arrende Elettra.
“Ho conosciuto un tipo!” esplode subito Eva “un tipo fantastico! E’ bellissimo, e ha frequentato una famosa scuola di cui non ricordo il nome. È venuto al negozio in cui lavoro e mi ha chiesto di provare alcune cravatte. Abbiamo parlato e lui continuava a provare cravatte nonostante gli stessero tutte benissimo. Alla fine ho capito che lo faceva per parlare con me!”.
“Che romantico” commenta la sorella minore.
“Da morire!” prosegue lei “quindi gli ho chiesto se quelle cravatte gli servivano per un appuntamento. E sai lui cosa mi ha risposto?”.
“Cosa?” domanda automaticamente Elettra.
“Mi ha detto ‘beh, lo saranno solo se accetti di venire a cena con me lunedì’. Non è la cosa più romantica dell’universo?”
“Ma certo” l’accontenta El.
Quest’ultima fa per prendere la ciotola ormai vuota, residuo della sua colazione, ma si ferma ad osservare sua sorella.
“Quella canottiera mi è familiare..” le dice, in tono sospettoso.
“Questa?” Eva si guarda il petto in modo teatrale “oh, questa l’ho.. presa al negozio.. sai quello..”.
Comincia a sudar freddo e si arrende.
“E va bene, l’ho presa dal tuo armadio” ammette.
“Lo sapevo!” sbraita Elettra “devi smetterla di fregarmi i vestiti! Ne hai un sacco, non capisco perché senti tutta questa necessità di rovistare nel mio misero armadio quando potresti mettere su una sfilata con tutti gli abiti che hai tu!”.
“Ma che diavolo succede qui?” interviene una donna in pantaloncini e canottiera.
“Mamma, Eva mi ruba i vestiti” annuncia Elettra.
“Beh, sei tu che non vuoi accompagnarmi a comprarne di nuovi!” replica la sorella maggiore.
“Sei piena zeppa di vestiti” commenta Loren “perché dovresti comprarne altri o rubarli a tua sorella? E tu” prosegue voltandosi verso la più giovane “perché non vuoi accompagnarla?”.
“Devo lavorare” risponde lei.
“Tu lavori troppo..”
“Lo dico anch’io” interviene Eva “sono d’accordo”.
“E tu non lavori abbastanza” Loren si massaggia le tempie.
“A proposito, El” continua sua madre “vedo che esci più spesso ultimamente. Che c’è? Fai lavoro extra? Spero proprio di no”.
“In realtà mi sono fidanzata” ammette la ragazza.
Eva soffoca una risata e lei la guarda in cagnesco.
“Finalmente!” Loren batte le mani “era ora che una ragazza splendida come te trovasse qualcuno interessato a lei. Ma devi assolutamente farmelo conoscere!”.
“Anche io sarei molto curiosa di conoscerlo” aggiunge Eva, in tono aspro.
“Cos’è, pensi me lo sia inventato?” chiede la sorella.
“Certo che no” Eva scuote la testa “ma le possibilità sono infinite. Potrebbe essere brutto, fastidioso, stupido, pieno di brufoli, insopportabile quando mangia, fissato con le farfalle o gli animali morti.. per non parlare del tuo incubo peggiore: potrebbe andare male a scuola!”.
Ride di gusto e anche Loren non riesce a trattenere un sorriso.
Elettra si sente per un attimo in imbarazzo ad ammettere che in effetti Edward non è affatto una cima, per cui decide di sorvolare sull’argomento, almeno per il momento.
“Vorrei farvelo conoscere, davvero” dice, in parte sincera “ma sono proprio piena di impegni ed è difficile fare tutto. In più sto facendo una specie di stage.. diciamo che più che altro il padre di Edward mi permette di stare nel suo ufficio per prendere appunti per il mio prossimo articolo due volte alla settimana”.
“Edward, che bel nome!” commenta sua madre.
“Comunque ragazze” prosegue la donna “stasera farò tardi a scuola. Iniziano gli orali e sarà tutto un pandemonio. Di sicuro mi chiederanno di fermarmi a sistemare e vorranno chiacchierare. Vi cucinate da sole?”.
La madre di Elettra è una professoressa di letteratura da più di vent’anni e spesso d’estate ha orari più pesanti che durante l’anno scolastico vero e proprio.
“Non importa mamma” le risponde Eva “tanto stasera sono a cena fuori..”.
“Ti prego, dimmi che non è di nuovo uno dei miei studenti” la interrompe Loren, alzando gli occhi al cielo.
“E’ successo solo una volta! Al massimo due!” ribatte lei “e comunque no, non è uno dei tuoi studenti. E’ un tipo bellissimo”.
Comincia quindi a ripetere a sua madre quello che ha raccontato a sua sorella pochi minuti prima, arricchendo la storia di ancora più particolari fino ad arrivare a mimare il modo in cui il ragazzo le aveva sfiorato la mano per prendere una cravatta e tutti e due si erano guardati come se fossero fatti l’uno per l’altra.
Nel frattempo, Elettra decide di scrivere ad Edward per chiedergli di cenare con lei, in modo da non rimanere a casa tutta sola.
La risposta affermativa del suo ragazzo le strappa un sorriso e si incammina verso la redazione, ancora con quel sorriso sulle labbra.
 
 
 
 
Seduta sull’autobus, con la testa appoggiata al vetro, Elettra osserva come suo solito le casette a schiera che la separano dalla sua destinazione.
Oggi deve essere un giorno produttivo, si ripete ancora ed ancora.
“El?” domanda la voce accanto alla sua “Elettra?”.
Lei si gira di scatto e riconosce una sua compagna di scuola.
“Ciao, Amanda” esclama, dandole un rapido abbraccio.
“Come va l’estate?” si informa la ragazza.
“Sto andando in redazione” le risponde lei “sai, continuo a lavorare per il giornale della scuola”.
Amanda annuisce, pensierosa.
“La nostra futura scrittrice” commenta.
“Lo spero” ridacchia Elettra.
“Lo diventerai sicuramente” la rassicura Amanda “con tutto l’impegno che ci metti, sarebbe strano il contrario. Io non mi immaginerei mai di lavorare anche d’estate dopo tutta la fatica di quest’anno”.
Sa che Amanda non va male a scuola, ma non si è neanche mai distinta. Le risulta difficile immaginare che abbia faticato a raggiungere la media più anonima possibile, ma annuisce comunque.
“Comunque, io tra un paio di giorni vado alla mia abitazione estiva, quella vicino alla spiaggia, hai presente?”.
Elettra fa mente locale, ricordando che quando era più piccola era stata invitata a quella casa un paio di volte e si era divertita molto.
“Ma certo che mi ricordo” conferma “hai dato un paio di feste di compleanno lì. Facevamo i falò sulla spiaggia?”.
Amanda conferma.
“Un po’ di amici di scuola vengono con me” la informa, elencando tutti nomi a lei famigliari “potresti unirti a noi se riesci a trovare un attimo di pausa”.
“Non so..” Elettra esita “mi piacerebbe davvero tanto Amy, ma sono così impegnata..”.
“Puoi venire anche solo per un pomeriggio!” la rassicura la sua amica “quella casa è aperta per tutti i miei amici. Puoi portare le tue cose e fermarti una settimana o venire solo a dare un’occhiata durante il weekend. Sentiti libera di scegliere. Apprezzeremo molto la tua compagnia”.
Elettra ne dubita, in fondo non è mai stata molto loquace in un gruppo di amici, ma sa anche che le vogliono davvero bene. Decide quindi di pensarci su e Amanda le suggerisce di mandarle un messaggio una volta deciso.
“E’ la mia fermata” annuncia poi, guardando fuori “vado a trovare mia nonna”.
Elettra la saluta cordialmente, mentre le porte dell’autobus si richiudono lasciandola fuori.
Alla redazione manca ancora un po’, e questo le permette di ragionare meglio sull’invito di Amanda.
Senza riuscire a spiegarsi bene il perché, sa che i suoi amici apprezzano la sua compagnia. Molti ragazzi sono contenti della sua presenza in quanto è una delle ragazze più affascinanti della scuola, ma di certo non è una di quelle che si mette a chiacchierare e provarci con loro.
Spesso quando i ragazzi capiscono che è la stessa ragazza che viene menzionata spesso a scuola per i suoi risultati eccellenti, si allontanano velocemente.
Ma nonostante questo, sa che le persone si trovano bene con lei. Probabilmente è perché ha un’innata capacità di mettere tutti a  proprio agio ed è una brava ascoltatrice.
Sa che, in un gruppo, la sua parte non è di certo quella di animatrice, ma apprezza il fatto che vogliano comunque che lei ne faccia parte.
Potrebbe raggiungere Amanda e gli altri alla sua abitazione estiva? Probabile. Lo farà? Quasi sicuramente no.
Non se la sente proprio di prendersi una pausa ora. Le sembrerebbe di star sprecando del tempo prezioso e non riuscirebbe di certo a rilassarsi con quel pensiero in testa.
Ma decide di mantenere aperta la possibilità.
Non si sa mai, sua sorella potrebbe farla uscire fuori di testa come suo solito e lei potrebbe decidere di voler staccare la spina per un po’, dopo tutto.
Chissà se Amy le permetterebbe di portare Edward.
Non ricorda di averle detto che si era fidanzata, ma è abbastanza sicura che se lo avesse saputo le avrebbe detto di portare anche lui.
Amanda è sempre stata molto carina con lei. Nonostante non parlino di certo tutti i giorni e i loro discorsi non vadano mai troppo sul profondo, quando parla con lei si sente come se stesse parlando con una sua cara amica, e questo le fa molto piacere.
Comunque, se per caso decidesse di raggiungerla dovrebbe assolutamente chiedere prima conferma che anche Eddie abbia il permesso di venire.
A volte le dispiace non essere mai in grado di rilassarsi. Vorrebbe fare come le sue amiche e staccare totalmente la spina d’estate.
Vorrebbe poter fare una vacanza tranquilla senza che il panico l’assalga ogni volta che realizza di non star facendo niente di produttivo.
Si ripete che è solo perché quello per lei è un periodo importante, in cui tutto quello che fa influenzerà il suo futuro, e per questo non può permettersi pause.
Si convince che, una volta ottenuto il lavoro dei suoi sogni, sarà abbastanza tranquilla da poter fare tutte le vacanze che vuole e riuscire a dormire la notte senza pensare a cosa dovrà fare il giorno dopo.
Purtroppo, è consapevole che quello è solo un modo di rassicurarsi e niente di più. In realtà sa che una ragazza ossessionata dalla carriera rimarrà tale.
Se pensa a sé stessa una volta ottenuto il suo lavoro ideale, riesce ad immaginarsi solo intenta a studiare il modo migliore per svolgerlo. Si vede rimanere in ufficio fino a tardi. Le viene il panico a pensare di avere dei figli perché non vuole sottrarre del tempo al suo lavoro rischiando così di perderlo.
Quando pensa al suo futuro, si agita perché sa che la sua mania di perfezionismo non farà che aumentare e teme di non poter mai vivere in pace.
Si sforza quindi di pensare ad altro e, per fortuna, dopo un paio di minuti l’autobus si ferma alla sua fermata.
Scende, con le gambe tremanti per la quantità di pensieri irrequieti che le hanno affollato la mente.
Una volta fuori, respira l’aria fresca dell’esterno e si decide a concentrarsi solo sulla giornata di oggi e di non andare oltre.
Attraversa la strada e si incammina verso l’edificio freddo e grigio che rappresenta la sua scuola.
Nota un paio di ragazzi che fumano una sigaretta seduti su dei gradini esterni e si sente sollevata a vedere che non è l’unica a lavorare in quel periodo.
La loro scuola è molto seria quando si parla del giornale, perché sa che ci sono studenti ambiziosi come lei e vuole dargli la possibilità di esprimersi.
In effetti, nonostante la concorrenza le crei sempre il desiderio quasi malato di prevalere ad ogni costo, la redazione le da anche un senso di sicurezza.
Quando è lì, si rende conto che non è la sola a preoccuparsi per il futuro e a non pensare esclusivamente alle vacanze.
I due ragazzi le fanno un cenno con la testa e lei ricambia il saluto, mentre apre la pesante porta a vetri ed entra nel palazzo.
Il piano terra è deserto. Classi vuote circondano un ingresso ampio e privo di vita.
La ragazza si dirige verso le scale e sale al piano superiore. Lì la situazione è diversa.
Da una stanza in fondo al corridoio proviene un brusio che aumenta di intensità mentre lei si avvicina.
Una volta arrivata alla porta, la apre e rivela una decina tra ragazzi e ragazze intenti a leggere e rileggere pile di fogli.
Si sente finalmente a casa.
“No, no, questo pezzo non va” un ragazzo basso e sovrappeso si lamenta con una ragazza castana ed impaurita.
“Non mi piace, sembra scritto da una bambina” continua, scuotendo il foglio in faccia alla poverella.
Si interrompe sentendo la porta richiudersi e si volta verso Elettra.
Smette di agitare il foglio e sorride.
“Ecco il nostro fenomeno” annuncia, dirigendosi verso di lei e lasciando finalmente stare la ragazza ormai terrorizzata “sei venuta a vedere il tuo ultimo articolo stampato?”.
“Sì, Andrew” ammette Elettra “in realtà volevo sapere in che pagina lo avreste messo”.
“Quinta pagina” la informa lui, sorridendole senza sosta “una delle pagine che vengono lette di più, secondo recenti studi”.
Elettra è consapevole dello sforzo incredibile che Andrew fa per piacerle.
In teoria è di un grado superiore al suo, ma entrambi sanno che l’unico motivo è che si trova nel giornale da più tempo ed è più grande.
Sa che ha un debole per lei e una volta le ha persino chiesto di uscire. Lei è riuscita a rifiutare senza offenderlo, e sperava che quel giorno suggellasse la fine del suo eterno corteggiamento disperato, ma così non era stato.
Le faceva comodo, perché Andrew riusciva spesso a mettere una buona parola per lei, ma le dispiaceva vederlo perennemente alla ricerca di un suo coinvolgimento emotivo.
“Beh” gli risponde esitante “la quinta non è proprio una delle pagine principali..”.
“Elettra mi dispiace da morire” interviene subito lui “ho tentato di farti mettere in prima o seconda pagina, lo ammetto. Ho amato il tuo articolo, come d’altronde tutti quelli che ho letto fin’ora”.
Lei abbozza un sorriso.
“Purtroppo però” continua il ragazzo “Sarah non ha voluto sentirne. Il fatto è che Jonathan ha scritto quell’articolo sull’incendio e poi c’è stata la statistica sulla mensa scolastica e altre cose interessanti. Tu hai scritto delle biciclette e, come ha detto Sarah, quasi a nessuno interessa molto. In realtà, lei non voleva neanche che andassi tra le prime dieci pagine. Ti ha salvata il fatto che scrivi meglio di chiunque altro qui. Se fosse in base al modo in cui è scritto e non all’argomento, quell’articolo sarebbe in copertina”.
“Andrew, non sono io a scegliere gli articoli” spiega pazientemente Elettra “siete voi ad assegnarmeli. Se scrivo bene come dite, potreste evitare di darmi argomenti così noiosi. Non è colpa mia se mi sono trovata a dover parlare di biciclette”.
Andrew annuisce, comprensivo.
“Sai come funziona, El” dice, stringendosi nelle spalle.
“A proposito di questo” aggiunge poi “Sarah ha detto che voleva vederti. Suppongo voglia parlare del nuovo articolo che stai scrivendo”.
“Mh, ok” risponde la ragazza, guardandosi intorno “dov’è?”.
“Credo sia qui a fianco a fumarsi una sigaretta” la informa Andrew.
Elettra si dirige quindi alla classe vicina, che a prima vista sembrerebbe totalmente vuota.
Solo una volta entrata nota una ragazza bionda seduta su un banco vicino alla finestra, con una sigaretta accesa tra le dita.
È una diciannovenne alta e formosa, con dei capelli lisci e chiarissimi che le ricadono sulle spalle e gli occhi azzurri molto scuri. Indossa una camicetta chiara e quasi trasparente e pantaloni lunghi color crema.
Elettra ha da sempre ammirato il suo modo da vestirsi, che la fa sembrare allo stesso tempo professionale e provocante.
“Volevi vedermi?” le chiede, facendola voltare.
“Oh, sì El” conferma con voce soave “vieni qui”.
Il suo tono, come sempre, risulta ad Elettra molto finto.
La ragazza si siede sul banco di fronte al suo e Sarah, come sempre, le offre una sigaretta nonostante sappia perfettamente che non fuma.
Lei rifiuta, sforzandosi di essere gentile, ripetendole per l’ennesima volta che non ha mai fumato una sigaretta né ha intenzione di fumarla in futuro.
“Il preside è molto interessato ai tuoi articoli” la avvisa, riempiendole il cuore di gioia “ha detto che vuole che tu ne faccia altri in modo da poterti scrivere delle buone referenze per il futuro”.
“E’ fantastico!” esclama Elettra.
“Sì, lo è” conviene Sarah, suonando poco convincente.
“Il fatto è che..” Elettra si fa forza per continuare a parlare “gli articoli che mi assegnate.. insomma, continuo a ricevere complimenti per il mio modo di scrivere e tu stessa hai detto che ho molto talento. Pensavo che magari.. potreste darmi degli argomenti di maggiore spessore, in modo da poter scrivere articoli più interessanti, ecco”.
“E la finanza non ti sembra di maggiore spessore?” ride malignamente Sarah.
“Nessuno legge articoli sulla finanza” mormora Elettra.
“Vedi El, è questo il tuo problema” Sarah le poggia una mano sul ginocchio “devi imparare a sacrificarti. Tu vuoi che tutto sia facile e veloce. Vuoi gli articoli migliori, la strada più semplice. Vuoi che tutti ti lascino passare senza che tu faccia nessuno sforzo”.
“Non è così” nega la ragazza.
“Ci vuole impegno per riuscire ad avere buoni risultati” la informa Sarah, materna.
“Ma io mi sto impegnando” risponde lei lentamente, cercando di mantenere la calma “mi sto impegnando moltissimo tutti i giorni, Sarah, mi sto dedicando anima e corpo a questo giornale. Come ho già detto, vorrei solo che il mio impegno venisse ricompensato”.
“Sai che non ruota tutto intorno alla bravura” le fa notare Sarah “ci sono delle gerarchie qua. Persone che sono qui da molto tempo, persone che si impegnano da molti più anni di te. Dovresti essere felice anche solo di essere qui”.
Sarah sta per finire la scuola superiore e vuole diventare capo di qualche giornale o rivista famosa.
Elettra sa che si sta allenando per quello scopo e le dispiace ritrovarsi a pensare che fallisca nell’intento, in modo da risparmiare ad altri in futuro di essere trattati come vengono trattati loro da lei all’interno di quel giornale.
Quello che non sa è che Sarah non è mai stata neanche lontanamente brava come Elettra o altri scrittori di lì.
Nonostante la sua passione per la scrittura non è mai stata capace di scrivere qualcosa di più che articoli e storie mediocri.
L’invidia che prova per quei ragazzi talentuosi e con un brillante futuro davanti la spinge a trattarli come se non valessero niente, approfittandone finché può.
Dubita che in futuro ne avrà ancora la possibilità..
Elettra si congeda, sfruttando il fatto che riesce ancora a rimanere calma, e si dirige verso il bagno.
Una volta lì, si chiude in una delle cabine e si tiene la testa fra le mani.
Le viene da piangere, ma si sforza di non farlo.
È da quando i suoi hanno divorziato che per lei vige questa regola. Si proibisce di versare lacrime per qualsiasi cosa.
Non sa neanche lei perché. A volte crede sia perché teme che, una volta avuta la libertà di sfogarsi, comincerebbe a piangere e non smetterebbe più.
Altre volte pensa che sia perché vuole dare a tutti un’immagine di sé che sia quella di una donna forte. E con tutti intende anche sé stessa.
Non vuole essere ‘la ragazzina che piange’.
Si preme quindi i palmi sugli occhi finché non è sicura che le lacrime non siano più una minaccia.
Fa respiri profondi e lunghi. Costringendosi a mantenere la calma, sentendo che il solito attacco di panico è in arrivo.
Non mi sentirò male, si convince, non devo sentirmi male.
Sente la gola stringersi e fatica a respirare. Apre istintivamente le labbra, in cerca d’aria.
Poi si ricorda nuovamente di calmarsi e le richiude. Rallenta il respiro e lo controlla il più possibile.
Sente il cuore pompare sangue, che le martella le orecchie. Il suo battito aumenta pericolosamente.
Si concentra su un’immagine, come spesso fa in queste situazioni.
Pensa a suo padre, seduto su una poltrona marrone nel loro salone. Lei aveva sei anni. Era seduta sul divano e si strofinava gli occhi con le mani mentre le lacrime continuavano a scenderle continuamente lungo le guance.
Ha preso un brutto voto a scuola e la maestra le ha detto che deve impegnarsi di più o riceverà una nota di demerito.
Una volta a casa si era vergognata di dirlo a suo padre ed era scoppiata quindi in un pianto isterico, ma lui l’aveva fatta sedere in silenzio finché non si era calmata.
“Non riuscivo a concentrarmi” gli aveva spiegato, singhiozzando “continuavo a pensare che volevo prendere il massimo e non sono riuscita a scrivere niente”.
“Mi dispiace, Elly” le aveva risposto la voce profonda di suo padre “ma non posso dirti di non pensare a prendere il massimo”.
La bambina lo aveva guardato, stupita.
“Io lo so che tu puoi prendere il massimo” le aveva spiegato “ne sono sicuro. Quello su cui dobbiamo lavorare, è fare in modo che la tua ambizione non ti impedisca di raggiungere i risultati che desideri”.
La bimba aveva annuito, smettendo momentaneamente di singhiozzare.
“Punta al massimo, se è quello che vuoi” l’aveva rassicurata suo padre “ma ricorda che l’unico modo per arrivarci è essere sicuri di farcela. Tu puoi farcela senza problemi, quindi smettila di preoccuparti. Lascia che il tuo talento ti porti dove vuoi arrivare, senza stare a tormentarti troppo”.
Quel consiglio le era servito più di quanto pensasse. Suo padre era la persona di cui si fidava di più e, da quel momento, si era finalmente convinta di potercela fare. Se lo diceva suo padre, doveva essere per forza così. E con quella nuova convinzione in mente, era riuscita quasi sempre a mettere da parte l’apprensione e raggiungere le vette più alte.
Il respiro di Elettra si fa più controllato e il cuore smette di batterle all’impazzata.
Si leva le mani dal viso e fa un piccolo sorriso.
Ce la farà anche questa volta, come sempre.
Suo padre credeva in lei e ci crede ancora. E anche lei, di conseguenza, crede in sé stessa e nelle sue capacità.
Si sente improvvisamente capace di qualsiasi cosa si metta in testa di fare, proprio come le dice sempre lui.
Esce dal bagno e torna in redazione, tranquilla.
  
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