I miei venti
metri quadrati
Capitolo Undici
La dura vita del Pungball
Il
giorno seguente, quando mi svegliai, avevo già la luna storta. Mi sono
sempre chiesta perché di notte i termosifoni vengano spenti, nessuno ha
mai pensato a chi soffre d’insonnia e si alza di notte per distrarsi?
Feci
qualche passo sul pavimento gelido sbuffando e imprecando a bassa voce decisa
ad andare in cucina a mangiarmi una ciotola di fiocchi d’avena,
nonostante fossero le tre di notte.
Mi
ero illusa che i miei incubi avessero avuto una definitiva fine, invece…
in quel momento mi resi conto che non mi sarei mai liberata dei miei spaventi
notturni, e ciò non migliorò di certo il mio umore già
nero.
Rimasi
ferma all’inizio del corridoio a guardare Mei
seduto per terra davanti alla porta aperta della sua camera, con la faccia
illuminata dal lampione. Gli
lanciai un’occhiata scocciata mentre lo superavo scavalcandogli le gambe
stese, lui si raggomitolò subito dopo il mio passaggio come per
nascondersi, io non ci feci caso ed entrai in cucina.
Rimasi
per un secondo a guardare il vuoto buio, poi feci dietro front
e sbuffai “Rimetti la catenella al suo posto deficiente!”.
Fatto
il mio dovere mi diressi alla dispensa mentre Mei si
rifugiava in camera sua. Fissai per un attimo i cereali indecisa
sul da farsi poi presi il cordless e digitai un numero che conoscevo a memoria,
dall’altra parte mi rispose la voce di qualcuno che di certo si era
svegliato solo al suono del telefono, e sicuramente non connetteva ancora
granché.
“Joyce”
tuonai “Ho bisogno di te!”comandai.
“Ma
sono le tre…” mugugnò lui disperato probabilmente
rintanandosi sotto il cuscino.
“Ti
sembra che io mi faccia dei problemi a stare sveglia a quest’ora?”
lo rimbeccai. “E adesso ascoltami!”
Mezz’ora dopo stavano scendendo in uno
scantinato dall’aria umida. “Che cos’è questo
posto?” biascicò Mei
perplesso guardando i muri scuri, mentre sua sorella scendeva i gradini con un
rumore ritmico di tacchi.
“La palestra delle sorelle di
Joyce” spiegò Rachele sbrigativa, ma a giudicare dalla faccia
nemmeno lei era particolarmente entusiasta della sistemazione.
“Certo che l’avevo proprio
sopravvalutato questo posto… diamine fa schifo!” sbuffò
arrivati in fondo alla scala ripida e buia, mentre si fermava davanti a una
porta metallica di un color verde arrugginito. Abbassò la maniglia ed
entrò. La sala era grande, e una delle pareti era coperta da un lungo
specchio, Mei sbatté un po’ le palpebre
per abituarsi al buio, rotto soltanto dalla luce fioca che veniva dalle
feritoie laterali.
Quando i suoi occhi si abituarono alla
penombra riuscì a distinguere una figura che man mano si rivelò
essere un Joyce prontamente impellicciato affianco ad
un sacco da box.
“allora è questa la famosa
palestra…” commentò Rachele guardandosi in giro scettica.
“Me la immaginavo più carina
sinceramente”continuò con una faccia da schiaffi che avrebbe fatto
alterare chiunque.
“Nessuno l’ha mai definita
carina… le mie sorelle si lamentano sempre…” rispose lui
tranquillo facendo dondolare il sacco. “E quando vedranno questo si
lamenteranno ancora di più” ridacchiò indicando il sacco
che aveva appena fatto dondolare.
“Cos’è?” chiese poi a
bassa voce Mei.
“La saletta dove le mie sorelle si
allenano per le loro gare di danza” rispose Joyce
svagato “…ne avessero mai vinta una…” concluse
però come se parlasse a sé stesso.
Rachele fece un sorrisetto strafottente che
nella penombra nessuno notò, entrambi i ragazzi invece notarono lo
spintone che diede al malcapitato Joyce.
“Allora hai quello che ti ho
chiesto?” chiese.
“non vedi?” commentò il
ragazzo dando un colpetto al sacco. Rachele lo scrutò con aria scettica,
mentre Mei si guardava in giro spaesato.
“Che devo fare?” domandò
avvicinandosi. Non si rese bene conto di cosa succedesse quando si sentì
colpire in piena faccia. Cascò sul sedere strizzando gli occhi e
toccandosi la guancia, mentre sentiva il sapore metallico del sangue scorrergli
in bocca.
“Dovrai fare questo”
esclamò Joyce tutto orgoglioso della sua performance. Rachele al suo
fianco lo guardava sbigottita.
“Hai tirato un pugno a mio
fratello?” strillò coi capelli che per poco non le si rizzavano sulla testa. Solo in quel momento Joyce si rese
conto di aver compiuto una suprema idiozia e cercò di scagionarsi
balbettando e arretrando.
“era … era a scopo educativo…” farfugliò
camminando all’indietro cercando di allontanarsi al più presto da
quella belva blu che era diventata Rachele.
“E poi non ti sei fatto male
vero?” chiese speranzoso.
“Mi sa che mi hai rotto un dente”
commentò dubbioso Mei ancora seduto a terra,
mentre perlustrava la parte contusa con la lingua.
Fu allora che Rachele saltò addosso al
povero mal capitato che aveva perfino paura di difendersi e mugolava “No,
ahi… Rachele … c’è stata
un’incomprensione… io… ahi.. non
volevo”
“Incomprensione un corno!!” urlò lei mentre Mei
li ignorava bellamente.
Fu solo dopo il massacro di Joyce che Mei annunciò “Falso allarme… i denti ci
sono ancora tutti…”.
Fu molto più tardi che il campanello di
casa Pavesi suonò sfacciatamente. Rachele inguaiata in un troppo
ingombrante vestito nuziale si avviò imprecando alla porta cercando di
portarsi dietro lo strascico per limitare i danni. Aprì scocciata, e la
sua espressione non si addolcì certo quando vide una sorridente Nikka
dondolarsi dalle parti del suo zerbino.
“Oh, finalmente ti sposi e ti togli
dalle scatole?” disse con un sorriso plastico. Rachele non
ricambiò neanche per finta.
“ La spagnola del terzo piano si
sposa… e ha chiesto a mia madre di cucirle il vestito”
spiegò seria, “ma purtroppo Mr. Manichino non ha il seno… quindi
l’aiuto io”.
Nikka alzò le
sopracciglia beffarda “Come se tu le avessi” commentò
incrociando le braccia e lanciandole uno sguardo sbieco.
“Scusami, quando Dio distribuiva le
tette io ero in fila per il cervello… ma comunque non mi pare che tu sia
una maggiorata…” la rimbeccò seria.
“Comunque non stavo cercando te”
continuò con un finto cipiglio allegro.
“Chissà perché lo
immaginavo…”sbottò incrociando le braccia e alzando un
sopracciglio come aveva fatto prima la sua interlocutrice.
“Mei oggi non
è venuto a scuola” spiegò saccente.
“Sarà in giro… cercalo se
vuoi… chissà se vuole vederti però…” rispose a
una domanda che non c’era stata chiudendole la porta in faccia
soddisfatta.
Il sorriso plastico le sparì dalla
faccia mentre sospirava a occhi chiusi. Fece dietrofront e scese stancamente le
scale.
Il cielo era coperto da nuvole che non
minacciavano pioggia ma che comunque non mettevano certo allegria. Si accese
stancamente una sigaretta e si avviò a passo lento verso il centro.
Non sapeva esattamente cosa stava facendo. Si
sentiva in colpa , aveva decisamente esagerato con Mei… e per di più l’aveva messo nei guai
con quell’idiota di Pallotti. Non è che
volesse chiedergli scusa, non gli avrebbe chiesto scusa no, ma almeno metter
una toppa. Almeno tornare sul suo piedistallo. O forse non sapeva esattamente cosa
voleva fare, però avrebbe dovuto parlarci.
Costeggiò il canale
dall’acqua decisamente sporca, che sembrava intonarsi col tempo uggioso.
Si fermò un secondo accanto a un vaso dai fiori fucsia che abbelliva la
veranda di un bar, aperta al pubblico nonostante la stagione.
L’angolo della bocca le si
increspò in un sorriso quando intravide Mei
seduto a un tavolino tondo, mentre digitava veloce sui tasti del suo portatile,
con gli occhi coperti da dei grossi occhiali da sole.
Spense la sigaretta sotto la suola della
ballerina rossa. Scivolò felpata e Mei si
accorse della sua presenza solo quando si fu seduta dinanzi a lui.
Sobbalzò per lo stupore.
“Opplà”
fece lei sorridente, appollaiandosi sulla sedia in ferro battuto. Era un
sorriso meno tirato del solito, ma Mei
non se ne accorse. Forse non si era mai accorto di quanto fossero plastici
quelli che aveva sempre visto.
Mei si appoggiò
allo schienale della sedia , sembrava che volesse
starle il più lontano possibile.
Nikka appoggiò il viso sulle mani messe
a coppa e lo guardò di sbieco con aria furba, ma non era rilassata come
voleva far sembrare.
“Allora abbiamo cominciato a marinare la
scuola?” fece con un sorriso dolce che mostrò tutti i denti a Mei.
“Non volevo farmi vedere
così” spiegò indicando gli occhiali cercando di non
incontrare lo sguardo della ragazza. “Sono belli” commentò
lei sincera senza capire.
Lui schioccò le labbra vagamente scocciato e con uno scatto si levò gli occhiali
mostrando un livido che gli passava da sotto un occhio, a sotto l’altro,
passano per il naso.
“E’ sexy” disse alzando le
spalle. Il ragazzo non aveva idea se fosse sincera o meno, ma forse non lo
voleva nemmeno sapere.
Lo aveva più o meno ammesso a sé
stesso, che Nikka non gli dispiaceva, gli piaciucchiava…
sì, ma non si sarebbe fatto prendere in giro da due parole carine, e
commentò rimettendosi gli occhiali “ Sexy per te forse… a me
ha fatto male”.
Nikka si irrigidì sulla sedia e
allungò il collo mentre guardava Mei
rimettersi gli occhiali e sistemare il portatile nella custodia, dato che
c’era lei non era più un luogo sicuro.
“Hai un livido anche sulla
guancia?” chiese d’istinto senza pensare che avrebbe potuto
peggiorare la sua già fragile posizione.
Mei si immobilizzò
e si passò una mano sulla guancia, fece un respiro profondo e rispose
“indirettamente potrebbe essere anche questa colpa tua… se il tuo
amico non mi avesse tirato un pugno a quei due non sarebbero venute in mente
soluzioni strane…” sbottò irritato. Prese su baracca e
burattini sotto braccio e si avviò lungo il canale il più
possibile lontano da lei.
Nikka si alzò
di scatto e lo rincorse “In fondo però non è colpa mia se Pallotti ti ha picchiato! Io credo che sia
stato davvero un idiota, e l’ho mollato subito…!!”
cercò di dire mentre a fatica gli stava dietro, con le gambe che erano
la metà di quelle del ragazzo.
“Forse tu non mi hai picchiato, ma mi
hai fatto fare il bagno del ghiaccio e mi hai fatto fare i tuoi compiti e mi
hai fatto sentire un idiota…” esclamò fermandosi di scatto.
Storse la bocca e alzò le sopracciglia .
“Per sabato ho organizzato una festa di
Halloween… vieni anche tu?”rilanciò senza un senso logico
montando il solito sorriso plastico.
Lui la guardò da dietro gli occhiali , ma le rispose solo dopo essersi girato per andarsene.
“no”
Nikka si sentì sgonfiata come con un
palloncino bucato. Rimase a guardarlo darle la schiena per qualche secondo,
prima di ricordarsi
di cosa era lei.
Rimontò il sorriso plastico e
strillò allegra “Se cambi idea sai dove trovarmi!!”
Quella sera scesi le scale
del seminterrato di quello scellerato di Joyce imprecando per
l’umidità e lo squallore. La porta si aprì con un cigolio
sinistro e io rimasi un attimo sulla soglia per abituarmi alla penombra.
Non ci misi tanto ad
accorgermi di Joyce che stravaccato s’un materassone
mi fissava, del famigerato sacco appeso in mezzo alla stanza e di
un’altra figura supina sul pavimento.
“Che sta
facendo?” domandai intuendo che quello immobile per terra era mio
fratello.
“Prima è
svenuto per colpa del rinculo del sacco” spiegò Joyce
pacato, il cuore mi balzò in gola, e fui accecata da una specie
di rabbia folle , perché quell’idiota non faceva nulla se Mei era
svenuto?
Probabilmente la mia
espressione rivelò i miei pensieri perché lui si affettò a
proteggersi la faccia e a dire “Poi però è rinvenuto e
adesso dorme”
Mi rilassai e la mia
espressione si rilassò. Quello stupido opossum mi faceva sempre
preoccupare.
“Sembra
crocifisso” commentai in modo strascicato notando come era sdraiato, poco
prima di collassare sul materassino dove già stava Joyce.
Non so cosa avesse la mia
espressione, perché lui mi guardò con un sorrisetto strano. Non
volli approfondire l’argomento e gli pestai un piede concludendo tutto
quello che poteva essere iniziato nella sua testolina.
“Ha detto che Nikka
è andata a cercarlo” disse nell’ombra, mentre nessuno dei
due guardava l’altro.
Alzai le spalle “Lo
immaginavo” risposi mentre mi accendevo una sigaretta.
“Alle mie sorelle
non fa piacere che si fumi qui” mi avvertì tranquillamente.
“Perfetto, la spengo
subito” feci pratica prima di schiacciargliela sul dorso della mano.
“Ahi!”
Ciao a tutti!!! E alla fine ho
aggiornato prima del previsto!! Comunque devo avvertirvi che l’aggiornamento
è un avvenimento eccezionale, il prossimo potrebbe arrivare dopo
l’esame o addirittura dopo l’estate se non trovo il tempo per
scrivere…=_= mi dispiace tanto!!!
Ringrazio tantissimo per tutte le e-mail che mi sono arrivate , mi avete davvero dato la carica per scrivere questo nuovo
capitolo ^_^ e ovviamente ringrazio anche chi ha commentato l’ultimo
capitolo :
Lidiuz93: grazie davvero per il commento, eh lo so che
Nikka è un po’ strana…ma forse con questo capitolo si vede
che poi non è così stronza… ^_^spero che ti sia piaciuto!!
Niggle: alla fine sono guarita! Adesso
c’è l’ansia da esame ma spero sopravvivrò!! Sono felice che Mei sia un bel
personaggio *_* spero che sia abbastanza realistico nella sua irrealisticità ( cosa sto dicendo?) comunque si è
scelto un brutto momento per uscire dal suo guscio dato che è finito
nelle grinfie di Nikka!!! Spero che il capitolo ti sia piaciuto!! Alla prossima!!
Prue786: ti ho fatto aspettare un
po’… mi spiace che tu sia arrivata proprio quando gli aggiornamenti
diventano più radi!!! Comunque mi ha fatto
davvero piacere il tuo commento, per gli errori di battitura devo dire che mi
impegno per non farli, ma a volte anche se rileggo mi sfuggono lo stesso (sono
un’inguaribile distratta). Temevo che prima o poi qualcuno mi avrebbe chiesto se Mei e
Rachele fossero gemelli… in realtà ci ho pensato prima di iniziare
a scrivere la storia, prima Rachele era più piccola, poi ho deciso che
fosse meglio che fosse più grande, ma non mi convinceva nemmeno quello e
sono giunta alla conclusione che fosse meglio che fossero della stessa
età. Ma come gemelli non mi convincevano, quindi ho optato per una
soluzione semplice quanto abbastanza irrealistica, sono nati nello stesso anno,
Mei a gennaio e Rachele a dicembre :p… che
stupidaggine!!
Grazie ancora a tutti, spero che vi sia piaciuto il capitolo e a
presto!!!(spero!!)
Aki_Penn