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Autore: Allison_McLean    12/08/2017    0 recensioni
Allison McLean è una ragazza tormentata da mille demoni di cui non riesce a liberarsi, ma quando arriva al penitenziario minorile di Alkalie Lake, la sua vita cambia completamente. Qui troverà la sua strada accompagnata dai suoi stessi demoni e da una luce che scoprirà solo dopo molto tempo.
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«Intravide le sue spalle nude spuntare dalle coperte, le braccia cacciate sotto il cuscino e i corti capelli sparsi sulla federa, che le diedero l'idea di un bambino troppo cresciuto. Purtroppo, l'unico disponibile era quel Grande Lupo Cattivo con cui era costretta a condividere lo spazio vitale, un fantasma con cui non parlava mai, con cui faceva fatica a scambiare qualche casuale occhiata. Era sempre e comunque meglio di nulla : le ricordava una specie di Tate Langdon, solo più distante ed enigmatico. Nei suoi silenzi e nella sua distanza, però, trovava conforto, anche se non ne conosceva il perchè. Rimase così, a pensare a lui, non accorgendosi di quanto intensamente di stessero guardando.» dal capitolo 1
AVVERTENZA : la storia è originale, solo alcuni dei personaggi sono tratti da A Tutto Reality, gli altri sono di mia completa invenzione
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Chris McLean, Duncan, Nuovo Personaggio, Scott, Trent
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale
Capitoli:
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BROKEN PIECES - Part 2
 
Dicembre
La neve, finalmente, aveva cominciato ad imbiancare tutto in quella selvaggia campagna del Colorado; tutto sembrava pacifico, a riposo, in attesa che la primavera tornasse con il suo vento tiepido, l'erbetta verde e i fiorellini colorati in mezzo ai prati.
E poi la selvaggia campagna era interrotta da quell'enorme, mastodontico, mostruoso edificio di cemento grigio che si stagliava contro il cielo candido, quel blocco di prigionia che era Alkalie Lake. I secondini che facevano di guardia all'esterno maledissero mille volte, con bestemmie e tanti altri conditi appellativi al tempo metereologico, al lavoro e al riformatorio, il fatto di essere lì fuori a fare i pupazzi di neve; le guardie sulle torrette stavano ancora peggio, per via del vento e dei ritardi nelle comunicazioni. 
Dentro al penitenziario minorile, nulla sembrava essere cambiato, al contrario dell'esterno. Le giornate procedevano monotone, divise tra i soliti compiti e i normali momenti della giornata, in attesa di un insipido e freddo Natale. Tutto era maledettamente uguale.
Allison, in quei lunghi, grigi, monotoni giorni aveva avuto modo di ambientarsi sempre meglio in quel posto. Il suo compleanno era passato liscio come l'olio; niente auguri, niente telefonate, niente disegni o biglietti o mail con degli auguri, soltanto ricordi e un muffin sgraffignato dalla mensa e regalatole da Trent. 
Nel mese precedente era riuscita ad adattarsi alla maggior parte delle cose, quelle di minor importanza : la mancanza dei phon, il doversi lavare sempre un quarto d'ora in ritardo, nascondere il bucato e lavarlo solo nelle ore di lavoro, evitare ogni contatto con i compagni galeotti, eccezion fatta per Trent, condividere lo spazio privato con uno sconosciuto, tenere nascosto il suo MP3. Ora che aveva potuto cominciare ad accettare di buon grado questi cambiamenti rispetto alla sua vita precedente, poteva concentrarsi sulle cose più basilari, come la mancanza di privacy e il continuo timore di un'aggressione. Nonostante l'apparente atmosfera semipacifica di Alkalie Lake che sembrava regnare nel periodo in cui Allison era appena arrivata, tutto era cambiato con l'arrivo -o meglio, il ritorno- di un certo detenuto che la ragazza aveva intravisto solo alla mensa, ma la cui presenza era stata avvertita nell'intero penitenziario, perfino nella biblioteca : era un ragazzo alto circa come Trent, solo più ben piantato e dai corti capelli rossi, quasi arancioni; aveva molte lentiggini e degli occhi verde smeraldo dallo sguardo perennemente diabolico. Da quando quel ragazzo aveva rimesso piede lì, Alkalie Lake sembrava essere diventato il penitenziario minorile che tutti temevano all'esterno, quello di una durezza incredibile e sopportabile soltanto dai più forti, quello che Allison non aveva percepito mai. Ora in biblioteca Carven aveva smesso di leggere e camminava sempre avanti e indietro per la grande stanza, tenendo quasi roboticamente la mano poggiata sul manganello ed evitando qualsiasi contatto con i detenuti; Allison ora era scortata ovunque, dalla lavanderia fino alla mensa, e Berry non la accompagnava fino all'entrata del bagno soltanto perchè si sentiva più in imbarazzo lui di lei. Lo stesso valeva per tutto il riformatorio : regole rispettate con puntualità svizzera o severa punizione. Il margine di scelta si era stato drasticamente ridotto, trasformando Alkalie Lake nel vero incubo leggendario di cui si sentiva sempre parlare fuori da quei muri grigio-bluastri.
Anche se molto spesso avrebbe voluto fare domande, Allison rimase sempre in silenzio. Non sapeva nemmeno il nome di quel vecchio nuovo arrivato, ma solo dalla sua aura e dal suo sguardo aveva capito che era uno da ignorare, uno il cui nome in quel posto era quasi proibito. Persino i gli altri galeotti sembravano essere cambiati : erano più spavaldi con le guardie, eppure più spaventati al tempo stesso. Più cercava di capire il perchè di questo cambiamento, meno ci riusciva. La mente dei ragazzi era troppo complessa, pensava spesso, soprattutto quella dei galeotti. 
Non sapeva perchè, ma ancora non riusciva a chiamarli davvero "compagni" ; forse accettare di essere l'unica ragazza lì dentro, una prigioniera e nulla più, forse era questo che le impediva di definirli "compagni" . Dentro di sè, sentiva perfettamente che ci sarebbe voluto molto più tempo del previsto per accettare quel fatto. 
Allison, per la sua moltitudine di motivi, si fermava spesso a pensare in quei giorni nevosi, incantandosi e guardando per lunghi minuti nel vuoto, proiettandosi davanti un film mentale che sembrava quasi reale, un po' come un incubo da cui non si poteva svegliare, che si interrompeva soltanto nel momento in cui faceva più paura, facendole fare qualche spasmo; e se di giorno andava così, la notte era infinitamente peggio. Si svegliava improvvisamente, saltando sulla branda sudando freddo e con il fiatone, tremando come una foglia; molto spesso, sentiva il suo compagno di cella svegliarsi con lei e una sua occhiata scocciata che durava a lungo, finchè non si rimetteva sotto le coperte a fissare il muro nero per la mancanza di luce. Tutto questo, incredibilmente, era cominciato con l'arrivo del Pel di Carota, il ragazzo dai capelli arancioni che aveva portato cupezza e freddezza all'interno di un riformatorio che non sembrava essere così orrendo; sembrava quasi un presagio, ma in fondo Allison da sempre era empatica, percepiva l'aura delle persone che la circondavano e la loro influenza sull'ambiente circostante e l'influenza di quel ragazzo era davvero negativa. Indubbiamente, anche lei subiva tutta quell'inquietudine, cosa che non giovava al suo animo già logorato, ma cosa poteva farci? Cercava di ignorare quanto più possibile, di vivere la sua vita all'interno del penitenziario minorile e di evitare qualsiasi discorso diretto con altri detenuti oltre a Trent. 
-" Allison? Ci sei? "
le chiese il ragazzo, vedendola immobile con il cucchiaio a mezz'aria e lo sguardo puntato nell'infinito davanti a sè. La bella biondina, un po' sciupata dalla stanchezza e dalla pressione, sembró svegliarsi da un sonno lungo e profondo, un sonno bambino di cui ormai non ricordava più la sensazione.
-" Che succede? "
gli rispose in fretta Allison, ripresa dai suoi funesti pensieri.
-" Non ti piace la zuppa? Sei stata con quel cucchiaio al vento per cinque minuti abbondanti. "
le comunicò McCord con un sorrisetto gentile e divertito; Allison arrossì un pochino, poggiando il cucchiaio nel piatto e rimescolando la zuppa di carne e verdure per poi mangiarne due bocconi. Si guardò attorno per qualche secondo, facendo correre i suoi occhi azzurro ghiaccio tra risate, chiacchiere, rumore di stoviglie e molte anime come un fantasma cacciatore; trovò chi stava indirettamente cercando, quel ragazzo che era diventato più invisibile di prima e che, per l'ennesima volta, aveva appena abbassato lo sguardo sul suo piatto dopo aver osservato per vario tempo quell'unico essere innocente in quel posto maledetto. 
-" Sei sicura di stare bene? Ti vedo strana ultimamente... "
-" N-no, sto be__ "
Non ebbe il tempo di finire la frase, perchè nella mensa irruppero due secondini il cui viso le era più che sconosciuto. Rispetto a Berry, Carven, Finch e il resto di quelle guardie che stavano a stretto contatto con i detenuti, avevano qualcosa di strano, di sinistro; più che sembrare secondini di un riformatorio, parevano agenti dell'FBI vestiti da Carnevale. Il silenzio più profondo calò nella grande sala, anche tra le guardie che la stavano pattugliando; si riuscì perfino a sentire il rumore dei piatti sporchi cacciati in lavastoviglie nella cucina mentre i due quasi-agenti governativi ispezionavano la mensa con uno sguardo degno di un falcone o un avvoltoio, ricambiati allo stesso modo da tutti i detenuti, Allison compresa; dopo qualche secondo, uno di loro fece apparire una cartelletta, a cui diede una rapidissima occhiata con i suoi occhi arcigni.
-" Allison McLean, detenuta AK24ML11 : alzati in piedi! "
ordinò il secondino con la cartelletta, quello più alto tra i due; Allison impallidì dalla radice dei capelli fino alla punta dei piedi, irrigidendosi come un manico di scopa e rimpicciolendosi sotto gli sguardi di duecentocinquanta detenuti; si alzò lentamente, tremando come una foglia e tenendo gli occhi fissi in quelli di Trent finchè non fu completamente in piedi; il suo cuore le martellava nel petto come se avesse voluto esplodere da un momento all'altro, come un cavallo imbizzarrito tenuto faticosamente a freno da catene e corde, e l'aria sembrava essersi rarefatta tutt'a un tratto. Per la prima volta da quando era lì, allungò la mano verso quella di Trent, alla ricerca di un conforto e di forza che ricevette senza esitazione, perchè il ragazzo le strinse subito le dita fine e delicate tra le sue, più spesse e forti; le sue mani erano tiepide, quasi calde, mentre quelle di Allison erano gelide, com'erano sempre state. Quel contatto quasi mistico, tanto per lei che per lui, sugellò la loro alleanza, la loro amicizia, per cui la ragazza ringraziò chiunque comandasse l'andazzo dell'Universo.
La seconda guardia, quella più bassa, si diresse a grandi passi verso di lei, raggiungendola e soverchiandola con la sua presenza imponente ed autoritaria, nonostante paresse un vero e proprio leccapiedi; le prese le mani un po' in malomodo e le ammanettò i polsi, per poi afferrarle il braccio con rude delicatezza e invitandola -o meglio, ordinandole, di seguirli. Mentre camminava a testa bassa fuori dalla mensa, sotto gli sguardi predatori degli altri detenuti, mille domande vorticavano nella sua mente e il panico s'impossessava lentamente del suo animo diventato improvvisamente fragile, forse troppo per Alkalie Lake. Avrebbe voluto azzardare a chiedere ad uno di quei due esseri alieni dove la stessero portando, se avesse fatto qualcosa di sbagliato, ma non ne ebbe il cuore : quei due non erano Berry o Carven, non aveva la minima idea di come avrebbero potuto reagire e forse avrebbe peggiorato la situazione, qualunque essa fosse, perciò rimase in religioso silenzio, rivolgendo la parola soltanto a sè stessa.
I tre percorsero corridoi sconosciuti, corridoi il cui accesso era permesso soltanto alle guardie e a qualche detenuto autorizzato; erano corridoi puliti, dalle pareti color cioccolato e l'odore caldo di legno vecchio, ma soprattutto non erano umidi, bensì tiepidi e accoglienti. In fondo a quella lunga traversata, un grande portone di legno di quercia sembrava quello del tribunale, il maledetto tribunale di un mese e mezzo prima, ma guardando bene vi si distinguevano due grandi placche in ottone con l'imponente scritta : DIRETTORE - GRANDE CAPO ABRAHAM BENJAMIN HARRISON. I genitori di quest'uomo dovevano essere molto patriottici per chiamare il figlio come ben due dei presidenti, pensò scherzosamente Allison per calmare i brividi. In realtà, avrebbe voluto soltanto scappare : era del tutto impreparata a quel fatidico incontro con il "Grande Capo" dall'onorevole nome ridicolo, ma forse era meglio così.
Il secondino spilungone bussò con decisione tre volte, e da dietro le solide porte di quercia rispose una voce a dir poco da dittatore megalomane, più o meno uguale a quella di Hartman di Full Metal Jacket, personaggio a cui collegava inevitabilmente il "Grande Capo" .
-" Avanti! "
I tre entrarono come se fossero stati dei soldati e Allison si trovò in una specie di museo della storia militare americana. Le pareti erano tappezzate da foto dei più grandi presidenti, bandiere, medaglie al valore, modellini di aeroplani e quant'altro; a suo padre sarebbe piaciuto molto quel posto, pensò la ragazza, sentendosi infinitamente piccola al cospetto di quell'ufficio pieno zeppo di cimeli di guerra. Quando poi si trovò davanti il direttore in persona ne fu quasi spaventata : molto alto e ancora muscoloso, nonostante l'età già leggermente avanzata, con i capelli puntualmente tenuti a spazzola e ritto come un manico di scopa, l'uomo stava in piedi di fronte a lei, dietro all'enorme scrivania; il suo completo blu era perfettamente stirato e tutto in lui suggeriva una gran autorità, dal portamento fiero fino allo sguardo duro e arcigno che bruciava in quegli occhi blu notte. Ora Allison capiva perchè lo chiamavano "Grande Capo" e perchè aveva il pieno diritto di portare il nome di due presidenti.
Dopo averla squadrata per numerosi secondi dall'alto in basso con l'aria di chi sta guardando la carcassa di una iena, l'uomo si rivolse ai secondini.
-" È questa la nuova detenuta? "
chiese con voce dubbiosa, portandosi una mano al mento e continuando ad osservarla con aria indagatrice, una di quelle che ti legge nel profondo in meno di dieci secondi e che sa sfruttare le debolezze delle persone a proprio piacimento.
-" Come può vedere, signore... "
rispose pazientemente lo spilungone.
-" Io mi aspettavo un mastodonte di novanta chili per un metro e ottantacinque, una specie di orrendo cavernicolo, non una figliola del genere! Chi diavolo è stato il cretino che l'ha spedita qui?! "
sbraitò il Grande Capo, facendo sorridere Allison sotto i baffi; era una domanda che più o meno tutti in quel riformatorio si erano fatti, trovando la risposta nel giudice Jason Miller senior, il quale aveva dovuto scegliere -con l'aiuto di qualche mazzetta di Chris McLean : o cinque anni in un riformatorio femminile, o poco meno di due anni ad Alkalie Lake.
-" Per l'amor del cielo, toglietele quelle manette e lasciateci soli! "
I due secondini ubbidirono all'istante e quando uscirono dalla stanza chiusero le grandi porte di quercia. Passò qualche secondo prima che il Grande Capo si sedesse ed invitasse Allison a fare lo stesso; si accomodó compostamente su una delle sue poltrone rosse di fronte all'uomo che doveva essere stato un soldato, cercando di non incrociare mai direttamente i suoi occhi di ghiaccio bollente. Era uno di quegli uomini il cui sguardo era impossibile da sostenere, anche da infuriati e sul punto di esplodere; era uno sguardo così profondo, così freddo, così terribile, lo sguardo di chi ha vissuto l'orrore sulla sua pelle, lo sguardo che Allison sentiva sarebbe presto diventato anche suo.
-" Dunque, signorina McLean, il suo è il fascicolo più fino di tutto il riformatorio. So solo che è qui per un'aggressione di terzo grado e che ci allieterà con la sua presenza per un anno e nove mesi, di cui ha già scontato un mese e ventidue giorni, prima di ciò non ha avuto neanche una segnalazione dai bidelli della scuola. "
tuonò l'uomo e Allison non si mosse sotto quello sguardo che metteva soggezione e un po' d'ansia, limitandosi ad annuire appena, quasi invisibilmente.
-" Mi può cortesemente spiegare il perchè di quell'aggressione? "
La ragazza rimase perfettamente immobile, come una statua di sale, come il giorno del processo in tribunale, spiazzata da quella domanda tanto diretta ed intima. Mille immagini le scorsero davanti agli occhi, mille parole le rimbombarono in testa, mille sensazioni formicolarono sotto la sua pelle pallida, facendola rabbrividire. Solo spezzoni di tanti episodi, quello più doloroso quello dell'inganno, della presa in giro alla sua famiglia, tanti flashback che non aveva dimenticato, tanti demoni che di notte le si stendevano a fianco per tenerla sveglia.
Quella domanda risvegliava in lei ricordi troppo pungenti, ferite ancora letali da rimarginare.
-" Nessuno può fare del male alla mia famiglia e passarla liscia. "
Harrison la scrutò per qualche secondo, poi annuì.
-" Esattamente quello che ha dichiarato ai poliziotti che l'hanno interrogata dopo l'arresto. Difesa dell'onore familiare : è il primo crimine per cui provo un minimo di rispetto. "
L'uomo chiuse il fascicolo di Allison, per poi tornare a guardarla molto attentamente, come uno scienziato con la sua cavia. 
-" Non riesco a spiegarmi come abbia potuto procurare certe ferite a quel figliolo... Lei è un soggetto interessante, signorina. "
Ma non sono una cavia, pensò irritata; il suo spirito ribelle si stava lentamente rianimando, come una brace smossa da un attizzatoio e pian piano rifornita di ossigeno; le parole di quell'uomo erano l'ossigeno per la sua fiamma.
-" Dunque, Berry mi ha detto che aveva bisogno di chiedermi qualcosa. "
-" No signore, non ho bisogno di nulla. "
Il nervosismo comparve come un fulmine a ciel sereno sul viso di quell'anziano soldato, che scattò, sbattendo il palmo sulla grande scrivania di quercia scura.
-" E allora perchè diavolo quel secondino mi ha detto il contrario?! "
-" Ho appena cambiato idea, signore. Penso di avere il diritto di adattarmi come ogni altro sacco di merda qui dentro. "
Un'occhiata raggelante sfrecciò dritta su Allison, che però sembrò non fare una piega : l'indifferenza causata dalla rabbia e dagli attacchi all'orgoglio erano qualcosa che la rendeva semplicemente unica e spaventosa. Le parole di quell'uomo, non sapeva come, le avevano fatto cambiare idea su tutto : era riuscita a sopravvivere fino a quel momento senza quelle cose di cui non aveva davvero bisogno, e di sicuro ora non le avrebbe chieste a quella testa calda.
-" Stia ben attenta, signorina : odio perdere tempo, perciò le riformulo la domanda in modo che prenda una decisione definitiva. Deve per caso chiedermi qualcosa? "
Allison respirò profondamente, risvegliando quella parte ferina di sè che aveva fatto tremare cinque poliziotti grandi e grossi, quella che nei suoi occhi sembrava fiamma pura.
-" Sì signore : posso tornare alla mia cella, signore? "
Dopo lunghi, silenziosi, tesi secondi in cui i due si osservarono in cagnesco, Harrison sorrise in modo maligno e complice allo stesso tempo. Le puntò un dito in faccia, fissandola dritta nei suoi occhi di ghiaccio puro.
-" Lei mi piace signorina, ha le palle, ma stia attenta : avere le palle fa spaventare le persone, e se si spaventano certe persone... beh, pregheró per lei. "
Allison sorrise nella stessa maniera malvagia, annuendo per ringraziare ma rabbrividendo per quel sinistro avvertimento; Harrison era ammirato dalla sua doppia personalità : ragazza fragile e robot assassino, un po' come sua moglie.
-" Secondini! Riportate la detenuta al suo posto! "
I due uomini entrarono, ammanettarono Allison e la riportarono silenziosamente alla sua cella, dove la aspettava il suo compagno di cella : era la seconda volta che la vedeva così maledettamente soddisfatta.
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Negli ultimi giorni cominciava a farsi sentire l'aria di Natale. Qualche detenuto si era messo d'impegno per decorare minimamente il riformatorio, appendendo qualche stella di Natale agli scaffali della biblioteca e addobbando un piccolo alberello di plastica nella mensa. Era bello vedere almeno un minimo di umanità in un posto in cui, molto teoricamente, non avrebbe dovuto esserci. Allison guardava con molta malinconia e nostalgia quell'alberello, ricordandosi di tutti gli abeti che aveva decorato con Valery e zio Chris, del profumo che quegli alberi straordinari portavano nel grande salotto di casa, non troppo lontano dal caminetto sempre acceso; avrebbe voluto qualche lucina colorata nella sua cella, imitando un po' la sua cameretta, ma sapeva benissimo che non era possibile : come tutti, lì dentro, doveva accontentarsi. 
E, in attesa del Natale, i giorni procedevano lenti e monotoni, quasi come se fossero stati registrati su una videocassetta e riprodotti in continuazione da qualche psicopatico Creatore dell'Universo che amava rivedere scene di noia e sofferenza che aveva creato.
Allison aveva finalmente spedito le due lettere, pochi giorni prima, e quella notte non aveva dormito. Non aveva idea di cosa sarebbe accaduto quando le due persone più importanti della sua vita avrebbero letto ciò che aveva scritto, francamente non voleva nemmeno pensarci. Zio Chris era forte, ce l'avrebbe fatta in qualunque caso, ma Valery? Valery, la sua sorellina, così maledettamente fragile, avrebbe sopportato le parole impresse su quella lettera o sarebbe tornata a rifugiarsi nelle sue "vecchie abitudini" ? Il "lungo lunedì di paura" si sarebbe ripetuto? La risposta a quelle domande terrorizzava Allison sin dal momento in cui era entrata in commissariato trascinata in manette da cinque poliziotti robusti e questo terrore non la abbandonava mai, si allontanava soltanto e momentaneamente. Come poteva abbandonarla? Di notte, prima di addormentarsi, pregava sempre un'entità superiore, che fosse stata Dio, San Antonio da Padova, o chiunque al di sopra degli umani, di proteggere sua sorella, di non farle fare cose stupide, di darle la forza. Da giorni pregava anche durante il dì perchè le fosse data la forza di resistere a quelle lettere, ma non era sicura che qualcuno avrebbe accolto le sue disperate preghiere. Aveva smesso di essere sicura delle sue preghiere nel momento in cui aveva visto i polsi di Valery in quel "lungo lunedì di paura" , segni rossi più profondi di quelli che aveva visto tante volte prima, i segni di chi vuole trovare più di uno sfogo, uno sfogo da cui non si può tornare indietro. 
Quei segni avevano cominciato ad aprirsi, a diventare sempre più profondi, a zampillare sangue; Non sono riuscita a fermarmi, non sono riuscita a fermarmi; il sangue scorreva, le sporcava le mani, i vestiti; urlava e nessuno la sentiva; il sangue continuava a zampillare a fiotti, rosso, denso, mentre dentro di sè sentiva di non essere stata abbastanza...
Allison si svegliò quasi gridando e, senza che potesse fare nulla per evitarlo, cadde dal letto, atterrando con la spalla sul gelido pavimento di linoleum; a quel violento contatto, ringhiò come un lupo ferito, rigirandosi a pancia in su e tenendosi stretta quel maledettissimo braccio, guaendo pian piano. Rimase così, immobile, a fissare il soffitto buio con il fiatone, la fronte e il collo sudati, il viso bagnato di lacrime. Le si stavano congelando la schiena e le gambe nude, ma poco le importava; forse ne aveva bisogno per ritornare lucida, per tornare a distinguere l'incubo dalla realtà. Ascoltava in silenzio i suoni che arrivavano dal corridoio; qualche galeotto che si rigirava nel letto, qualcun'altro che russava, qualcuno che per prendere sonno ricorreva a metodi non proprio ortodossi. Erano rumori strani quelli, pensava Allison, che si sentiva a venti metri da terra, come se avesse appena fumato uno spinello di quelli potenti, come se la relatà fosse stato soltanto un incubo da cui non si poteva svegliare.
-" Hey, stai bene? "
Fu quella voce, profonda e giovane allo stesso tempo, dalla nota di spavalderia domata, a riportarla a terra, alla realtà. Ora Allison sentiva il gelo del pavimento penetrarle nelle ossa delle gambe e delle braccia nude, percepiva il dolore acuto della caduta e, soprattutto, si era accorta che il Grande Lupo Cattivo, nella penombra, era sporto fuori dal suo letto e la stava osservando, anche se non riuscì ad intravederne l'espressione.
La ragazza alzò lo sguardo verso di lui, cogliendo un minimo luccichio di quegli occhi azzurri talvolta sfolgoranti, talvolta sofferenti, talvolta arrendevoli, talvolta gentili, e si prese qualche secondo per pensare a cosa rispondergli.
-" Mmh mmh... Scusa, non volevo svegliarti. "
mormorò, ancora un po' persa nei meandri della sua mente. Le dispiaceva davvero di averlo svegliato; spesso si chiedeva che tortura fosse averla come compagna di cella e provava un po' di pena per quel povero Lupo Cattivo mezzo fantasma. Doveva essere molto paziente, pensò.
-" Riesci ad alzarti? "
le chiese quasi con timidezza e lei sorrise dentro di sè : era davvero un Grande Lupo Cattivo?
-" Mmh mmh... "
-" Su, allora, torna a letto, prima che arrivi qualche secondino. "
Il tono di quel ragazzo non era di rimprovero, sembrava più quello di un fratello un po' apatico, o almeno fu questa l'impressione che ebbe Allison, che seguì quel consiglio. Si alzò pian piano, cercando di non sforzare troppo la spalla, e ritornò sul suo letto. In barba a regole e compagni di cella, fece apparire da sotto il materasso il suo MP3 e le cuffiette, accendendolo e iniziando ad ascoltare le sue canzoni punk rock e hardcore preferite. Come sempre, la musica era il modo migliore per allontanare i suoi demoni.
 
Quando quella mattina suonó la campanella di sveglia, Allison fece parecchia fatica a tirarsi su dal materasso. Gettò una rapida occhiata alla sua spalla e notò l'enorme livido che si era formato durante la notte; tentando di muoverla, una fitta di dolore sordo le attraversò l'ematoma fino alla clavicola, facendola gemere e ricadere pigramente sul materasso. 
Il suo sguardo assonnato cadde quasi inevitabilmente sul Grande Lupo Cattivo che, come ogni mattina, si metteva a fare i suoi bisogni in tutta tranquillità, senza tirare la tenda dello squallido angolo toletta. Allison aveva ormai superato quasi del tutto l'incredibile imbarazzo nel vivere con un ragazzo che pisciava con non chalanse davanti a lei : tanto, da distesa, non vedeva oltre le sue spalle. Guardò altrove quando il Lupo Cattivo ebbe finito e uscì dalla cella diretto alle docce, poi si decise ad alzarsi e cominciare la sua ennesima giornata ad Alkalie Lake. 
Dopo la consueta doccia, si era diretta alla consueta colazione con la consueta compagnia di Trent, che aveva notato subito qualcosa che non andava nella sua amica. 
-" Buon giorno tigre, tutto okay? "
la salutò teneramente McCord, con il suo allegro sorriso e la sua aria sempre amichevole. Allison si sforzó di ricambiare il sorriso mentre si sedevano al loro solito posto, ma quella mattina le ci volle una grande forza di volontà per piegare minimamente le labbra in un sorriso.
-" Beh, più o meno... Tu? "
-" Pff, solita palla. Hey, oggi ci sono i muffin al cioccolato! "
I muffin al cioccolato risolvono qualsiasi problema, pensò la ragazza, addentando la sua squisita colazione. Il cuoco della mensa cucinava da cani, ma almeno era bravo a fare i dolci.
-" Buon giorno, sacchi di merda! Oggi nuovo cambio di turni lavorativi! "
La melodica voce del Grande Capo rimbombò in tutta la mensa attraverso quei maledetti altoparlanti, rovinando la colazione a tutti. I muffin al cioccolato risolvono qualsiasi problema, tranne Harrison, si ricredette la ragazza, innervosendosi più di prima. La solita guardia iniziò a srotolare la solita serie infinita di nomi, finchè non arrivò a quello di Allison.
-" McLean : lavanderia! "
Un boccone di quell'agognato muffin le andò di traverso e Trent fu costretto ad intervenire, lasciandole qualche bella pacca sulla schiena; si riprese dopo poco e si accorse degli sguardi sottobanco e delle risatine degli altri galeotti. Ci mise un secondo a realizzare ciò che avrebbe dovuto fare per più di un mese : lavare boxer su boxer e altri indumenti di un'accozzaglia di ragazzi in crisi ormonale. Pregò Dio di assisterla.
-" Trent, devo lavarti le mutande per un mese e più. "
disse, con lo sguardo puntato nel vuoto. Dopo qualche secondo, i due amici incrociarono gli sguardi e risero di gusto : era molto divertente immaginarsi Allison che toccava tutti gli indumenti con guanti di lattice e pinze, era molto divertente, finchè non le tornavano in mente tutti i germi. Harrison, sei un gran figlio di puttana, sentenziò orgogliosa la sua mente con un sorriso malvagio. Per la prima volta in tutta la sua permanenza ad Alkalie Lake, la voglia di lavorare le era passata completamente.
Dal momento che per una complessa e malefica legge psicologica della fisica quando vuoi che il tempo si fermi scorre più rapidamente, la campanella di fine pasto trillò molto prima del solito, o questa fu l'impressione che Allison ebbe; Trent le batte fiduciosamente la mano sulla spalla, sorridendo ma trattenendo delle fragorose risate. La ragazza, come usava fare quand'era ironicamente scocciata, incrociò le braccia al petto e si strinse nelle spalle, mettendo un'espressione tutt'altro che simpatica ma parecchio divertente.
-" Eddai, la lavanderia non è poi così male. Sarebbe peggio se fossi ai forzati. "
-" Qui ci sono i lavori forzati? "
chiese Allison, quasi sconvolta da quella scoperta.
-" Dalla bonifica del cortile fino alle scorte di legna : l'assortimento è più che vario. "
affermò Trent, leggermente incupito, chiarendo alla sua amica il perchè di tutti quei lavori così isolati dagli altri detenuti e così "rilassanti" : come avrebbe potuto sopravvivere ad una giornata nel bosco con altri trenta detenuti? A quella domanda mentale, un brivido rapido le scivolò lungo la schiena, facendole scuotere nervosamente le braccia; la lavanderia andava benissimo, concluse.
Mentre Trent si dirigeva verso la palestra, a cui era stato assegnato insieme ad altri tre galeotti, Allison fu puntualmente scortata da Berry nella lavanderia. Durante l'inverno, non c'era posto più bello in cui stare : il caldo di quel locale era invitante ed accogliente, un posto decisamente migliore che il boschetto dei lavori forzati. 
Allison si concentrò sul grandissimo cesto di rete metallica che vedeva ogni volta che andava lì per fare il bucato, il quale conteneva letteralmente una montagna di vestiti : dalle canottiere ai calzini, dalle tute arancioni fino ai tanto temuti boxer. Quando Allison vide il terribile disastro che l'aspettava, non potè fare a meno di schiaffarsi la fronte e pregare tutti i santi perchè le dessero la forza.
Anche Berry fissava piuttosto perplesso quel mucchio indefinito di indumenti, e si chiedeva piuttosto stupidamente da quanto tempo certi detenuti indossassero la stessa tuta.
-" Ti prego, dammi mascherina e guanti di lattice. Ti supplico. "
chiese la ragazza, ritratto della più assoluta disperazione. 
-" McLean, n-non sono sicuro che sia permesso... E poi non saprei dove trovarle, sinceramente... "
cercò di scusarsi Berry, levandosi il suo solito cappello a tesa larga e asciugandosi la fronte con il dorso della mano, come faceva sempre quand'era imbarazzato. Allison respirò profondamente e si convinse che avrebbe dovuto adattarsi e superare la paura di quel mostro di vestiti sporchi; in fondo, stava disinfestando quel cesto dai germi : era un'opera pia.
-" Dopo aver lavato e stirato le tute, dovrai consegnare il tutto ai legittimi proprietari. Tranquilla, tutto è contrassegnato dai codici. "
Dopo una breve preparazione psicologica, la ragazza si mise timidamente al lavoro, avvicinandosi all'enorme cesto e analizzando la merce con occhio critico e schifato allo stesso tempo; spostava pian piano una camicia, una canottiera, dei pantaloni con la punta del mignolo, alla ricerca delle cose a cui poteva fare fronte senza problemi e a quelle che non avrebbe toccato nemmeno con i piedi. Preso un cestello, lo riempì di camice, un altro di pantaloni, un altro ancora di canottiere e fece così per tutti gli indumenti -boxer a parte, ovviamente. Si meravigliò nel non sentire un fetore troppo osceno e ne fu infinitamente sollevata : in fondo, tutta quella roba non doveva essere lì da ere geologiche se non puzzava troppo.
Data la lunga serie di lavatrici e asciugatrici, Allison si organizzò per usarne il più possibile, dividendone due per le tute e tre per indumenti più intimi, mentre una era indubbiamente riservata alle sue cose. 
E, mentre tutto era finalmente a lavare, andò a cercare un ferro da stiro e un'asse, per poi mettersi a stirare quei pochi capi che erano stati appesi ad asciugare. Si sentiva incredibilmente ridicola : fare la casalinga non era mai stata la sua passione, figurarsi farlo nel carcere, ma ogni volta che si lamentava mentalmente di quel nuovo, dannato lavoro pensava al cortile da bonificare con -5 gradi in pieno dicembre ed era più che sollevata di trovarsi in quella calda ed accogliente lavanderia, che ora cominciava a profumare incredibilmente di muschio bianco. 
Berry, nel frattempo, si era seduto non molto lontano da lei, abbastanza vicino alle caldaie per godersi il piacevolissimo calduccio, una manna dal cielo per un secondino che lavorara ventiquattro ore su ventiquattro negli umidi corridoi di Alkalie Lake; osservava la sua protetta lavorare diligentemente e silenziosamente e pensava a che cosa diavolo ci facesse in quel posto. Era solo una ragazzina, molto bella oltre che intelligente, che di norma non avrebbe fatto del male ad una mosca. Per come l'aveva sempre vista lui, aveva paura perfino a respirare, il che significava che quella Allison era soltanto l'ombra della lupa solitaria che era stata fino a quel giorno di metà ottobre in cui la sua vita venne sconvolta definitivamente. La Allison di qualche mese prima era libera, selvaggia, uno spirito animale in un corpo umano, una forza prorompente della natura, pronta a sfidare angeli e demoni, dei e mortali per la sua libertà e quella dei suoi cari. Ormai, purtroppo, di quella Allison restavano solo gli occhi, specchio di un'anima ribelle domata dalla mancanza di libertà.
-" Come sta tua moglie? "
chiese improvvisamente la ragazza, rompendo il silenzio e sorprendendo il secondino : non le aveva mai detto di essere sposato.
-" M-mia moglie? "
Allison si voltò verso di lui, sorridendo malinconicamente.
-" Hai una fede all'anulare. Non significa che sei sposato, possibilmente con una donna? "
Resosi conto della sua stupidità, Berry le sorrise di rimando, carezzando automaticamente la fede nuziale con la punta delle dita. 
-" In teoria non dovrei parlarne. "
-" In teoria non avresti dovuto fare molte cose, a quanto ho capito, ma se non ti va di parlarne, è ovvio che non ti posso obbligare. "
Il secondino allargò il suo sorriso, chiarendosi sempre di più perchè andava d'accordo con quella ragazza : era troppo adulta, forse più adulta persino di lui. C'era rispetto reciproco, non come guardia e carcerato, bensì come persona e persona, un contatto umano, come se fossero stati due persone qualsiasi in un posto qualsiasi e non vincolati da due pezzi di carta di natura totalmente differente. C'era stato fin da subito un accordo segreto e non scritto tra i due, una specie di formula chimica che avrebbe aiutato entrambi a vivere meglio ad Alkalie Lake. Era bello non sentirsi completamente soli, pensarono entrambi.
-" Mia moglie sta bene, ti ringrazio. "
-" Da quanto siete sposati? Se posso chiedere... "
-" C-certo, chiedi pure... Beh, noi siamo sposati da dieci anni. "
affermò Berry orgoglioso, sorridendo intenerito. Anche Allison sorrise dalla tenerezza nel vederlo sciogliersi in quel modo. Doveva amare molto sua moglie per sorridere in quel modo al solo pensarla.
-" Wow, vi siete sposati giovani... Come si chiama? "
-" Elizabeth. Si chiama Elizabeth. "
-" Avete un figlio? "
-" Sì, Elijah. "
Allison scorse commozione nello sguardo piacevolmente nostalgico di London Berry, secondino quasi perfetto duro con ogni carcerato che s'inteneriva al solo suono della parola famiglia. Era semplicemente favoloso osservarlo pensare alla sua famiglia e la ragazza non potè fare a meno di chiedersi se un giorno lontano qualcuno, pensandola, avrebbe sorriso in quel modo. Per un secondo, s'immaginò a trent'anni, con un lungo vestito azzurrino e i capelli raccolti, un bambino tra le braccia, a salutare suo marito che andava a lavoro. Trattenne le risate : no, non avrebbe mai avuto quella vita, non sapeva nemmeno se ci sarebbe arrivata ai trent'anni.
-" Su, parlami un po' di loro. "
A quella richiesta, il secondino non seppe come reagire. Era strano sentirsi chiedere qualcosa sulla sua famiglia da una detenuta, soprattutto perchè non era permessa l'interazione personale con le guardie, ma tanto lì non c'era nessuno e la McLean non era un soggetto pericoloso, non per lui almeno. A dir la verità, era felice di poter parlare un po' delle sue più grandi gioie nella vita, non aveva mai occasione di farlo con nessuno, nemmeno con i suoi colleghi. Per una volta, era bello evitare l'argomento lavoro in una conversazione.
-" Ehm... Elizabeth è una donna bellissima. Ti somiglia molto, in realtà : ha lunghi capelli biondi, tutti mossi, e gli occhi color cielo. Adora cucinare e stare all'aperto, infatti abbiamo un giardino fantastico in cui passa la maggior parte delle giornate estive. Elijah ha sette anni, è un diavoletto della Tasmania. Gli piacciono le macchinine e detesta i suoi coetanei : dice che sono tutti stupidi. Da grande vorrebbe fare il paramedico sugli elicotteri, vorrebbe aiutare la gente e allo stesso tempo vedere il mondo con gli occhi delle aquile. "
A quelle dolci e commosse parole, Allison smise per un secondo di stirare e si voltò commossa a sua volta verso il secondino, che aveva fatto in tempo ad asciugarsi le lacrime di nostalgia prima che lei lo vedesse. La ragazza s'immaginò nuovamente qualcosa, il suo amico secondino Berry a casa sua, che giocava a baseball con il figlioletto mentre sue moglie coglieva un magnifico mazzo di fiori. Bella vita, pensò amorevolmente sognante e invidiano per un secondo il piccolo Elijah.
-" E tu? Che mi dici della tua famiglia? "
Allison non si era aspettata quella domanda di rimando e Berry lo intuì immediatamente dall'incupimento del suo sguardo; tornò a puntare lo sguardo sui suoi capi da stirare, ma non si tirò indietro da quella domanda, non era nella sua natura.
-" Ehm... Mio zio Chris è un produttore e conduttore tv. È un eccentrico zuccone, un po' matto, ma è l'uomo migliore di questo mondo. Gli piacciono le vasche idromassaggio e la musica pop anni Ottanta. Poi... mia sorella Valery. È la ragazza più splendida di questo pianeta, sia fuori che dentro. A volte è una zucca di legno e dice tante stupidaggini, ma in realtà è buona come pochi. H-ha lunghi capelli castano-rossicci e un paio di occhioni quasi viola che ti toccano nel profondo. Adora la musica, in particolare il Kpop, e ama i libri e i manga più delle persone. Le piace fare lunghe passeggiate al lago con il suo cane, sogna di diventare una grande scrittrice e, anche se dice che non è così, per me ci riuscirà... "
Le lacrime e i singhiozzi cominciarono a farsi strada negli occhi e nel petto di Allison, che dovette interrompere bruscamente ogni azione che stava compiendo, dal respirare al pensare. Si abbandonò a qualche lacrima di sfogo sotto gli occhi pieni di dispiacere di Berry, a sua volta commosso dalla passione delle parole di quella ragazza. 
Da quel momento, nessuno dei due parlò più ed entrambi si concentrarono sul loro lavoro, dimenticando a loro volta le loro famiglie lontane.
 
All'ora di pranzo, l'intera cesta metallica era stata sgomberata, più di metà dei vestiti era pulita, profumata, stirata e consegnata nelle celle dei rispettivi proprietari. Era stata una mattinata impegnativa per Allison che, quando si accomodò a tavola, si accasciò sulla fredda lastra di metallo lucido e chiuse gli occhi, godendosi appieno la sensazione di essere finalmente seduta. La biblioteca, in confronto a quel lavoraccio, era un vero Eden.
Come sempre, Trent si sedette di fronte a lei e la guardò trattenendo le risate : non osava immaginare che disastro avesse combinato alla lavanderia.
-" Allora tigre, com'è andata? "
La ragazza rispose con un esausto mugolio, per poi sedersi composta e cominciare a mangiare quello stramaledetto hamburger a malavoglia. Piuttosto che di mangiare, aveva moltissima voglia di dormire.
-" Sono distrutta... E dopo pranzo devo consegnare ancora qualche tuta... "
Trent si abbandonò ad una risatina divertita che non potè trattenere. Con tutti quei ciuffi biondi scappati alla treccia e l'aria di chi non dorme da anni, Allison sembrava uno zombie ed era uno spettacolo troppo buffo.
Il pranzo terminò in fretta e la ragazza, prima di potersi riposare, consegnò le ultime due tute rimaste, per poi trovare la forza di correre verso la sua cella. Quando vi arrivò, s'infilò le cuffiette nelle orecchie e si cacciò sotto il piumone, addormentandosi felicemente sotto lo sguardo vigile del Grande Lupo Cattivo.
~~~
Come ogni anno, inesorabilmente, arrivò anche il Natale. Quella mattina, Allison si svegliò più allegramente del solito, consolata dalla festività che ricorreva quel giorno. Si prese qualche minuto sulla sua calda branda, fissando il soffitto grigio e sorridendo al pensiero di zio Chris che stava per svegliarsi e correre a scartare i regali e di Valery che avrebbe cercato ovunque il suo consueto biglietto d'auguri disegnato personalmente da lei. Sapeva benissimo che quel Natale non sarebbe stato così : zio Chris non avrebbe avuto molti regali da scartare e Valery non avrebbe avuto il suo biglietto di auguri, ma ad Allison piaceva pensare che sarebbe stato tutto uguale agli altri anni. Forse anche loro se la stavano immaginando in pigiama, ancora piacevolmente addormentata e destata soltanto dalle urla eccitate di Chris che correva a zonzo per casa con il suo nuovo regalo preferito come un marmocchietto di otto anni. Sorrise a quei dolci ricordi, promettendo a sè stessa che quel giorno non avrebbe dovuto piangere la nostalgia dei suoi cari. 
In sala mensa, l'aria era completamente diversa dagli altri giorni : l'odore di pan di zenzero e latte caldo infestava la grande sala come un felice fantasma, mentre i detenuti sembravano completamente diversi dai ragazzi problematici che vedeva ogni giorno. Ridevano e scherzavano tra loro con risate sincere, si scambiavano auguri con vero affetto e, per la prima volta, Allison si sentì al sicuro. Era bello sentire tutta quella gioia, quell'euforia che solo il Natale portava; quella mensa non era più un contenitore di gusci vuoti, ma una vera esplosione di anime ed emozioni.
-" Hey, tanti auguri tigre! "
esclamò Trent, correndo verso di lei con un sorriso a trentadue denti. Ecco, perfino lui sembrava più pimpante del solito. Forse il Natale era davvero qualcosa di miracoloso. 
-" Buon Natale Trent. "
disse semplicemente la ragazza, sorridendo freddamente e malinconicamente come al solito; allungò una mano verso il suo amico, con il quale fece un affettuoso pugno-a-pugno natalizio.
-" Eddai, cos'è questa tristezza? Su, è Natale! Anche tu devi sorridere oggi! "
Come per magia, Allison ridacchiò, facendo contento Trent, il quale la trascinò al loro tavolino. Lì li stava aspettando un banchetto da re : pan di zenzero, biscotti al cioccolato e alla cannella, torta di zucca e latte caldo; un profumino tiepido ed invitante saliva da quel ben di Dio, facendo venire l'acquolina in bocca alla biondina e al suo amico un po' emo. 
-" Ingozzati come se non ci fosse un domani. "
le ordinò il suo compagno, per poi cominciare a mangiucchiare golosamente insieme a lei. Tutto era delizioso e per questo Allison maledisse mille volte il cuoco, il quale era capace di cucinare qualsiasi cosa se solo ci avesse messo l'impegno; probabilmente l'aveva fatto solo perché anche le guardie e il Grande Capo avrebbero mangiato quelle delizie, e a quel pensiero gli lanciò ancora più maledizioni. 
-" Buon Natale, sacchi di merda! Le funzioni religiose si svolgeranno nella cappella, come ogni anno, e, come ogni anno, siete esonerati dai vostri lavori giornalieri fino a dopo Capodanno! Potete scambiarvi qualche piccolo regalo e chiamare i vostri familiari, oppure vederli se si presentano qui! Godetevi questo giorno : dovrete aspettare un altro anno prima di poter godere di nuovo! "
Il discorso incoraggiante del mattino del Grande Capo, per una volta, aveva raggiunto l'obbiettivo sperato e tutti erano più motivati che mai a sfruttare quelle ore di semilibertà. Allison più che mai era felicissima di non dover aver più a che fare con mutande e camice per qualche giorno, nonostante avesse ormai fatto abitudine a quel lavoro, che non era poi così terrificante. 
-" Oh, a proposito di regali... "
disse Trent, infilando una mano nella tasca della camicia e tirandone fuori un paccetino di carta cerata verde; lo poggiò sul tavolo di fronte ad Allison, che lo guardò perplessa e insofferente, come se le avessero cacciato davanti al naso un topo morto.
-" È uno scherzo? "
-" No, ti ho fatto un regalo. Su, scartalo. "
Anche se a malavoglia, la ragazza ubbidì. Si ritrovò in mano una bellissima bandana con sopra stampata la Dixie Flag, di una stoffa resistente ma incredibilemente soffice. Era una bandana particolare, qualcosa che percepì avere un grande significato, forse perchè era il regalo di un nuovo amico sincero, perchè era l'ennesimo segno che suggellava il loro mistico rapporto, distante e profondamente attaccato allo stesso tempo.
-" È il mio portafortuna, ma volevo che lo avessi tu. "
-" Non lo posso accettare. Davvero. "
Allison fece per porgergli indietro la bandana, ma Trent rifiutò categoricamente.
-" Voglio che la tenga tu. Starai qui per molto più tempo di me, ne avrai bisogno. E poi non voglio che tu ti senta sola. Prendilo come un pegno d'amicizia : quando uscirai, me la restutuirai. "
Senza pensarci due volte, la ragazza si slacciò dal collo la bella e preziosa catenina con San Antonio, cacciandola in mano al suo amico.
-" Accetto solo se tu accetti questa. "
-" Non se ne parla! È la tua medaglietta, non posso tenerla io! "
-" E allora io non terrò la tua bandana. "
Trent sbuffò innervosito : quella ragazza era una testa di legno! 
-" Per favore, accetta il mio regalo senza che sia un debito. Non voglio nulla in cambio, per questo si chiama regalo. "
Allison, irritata più che mai, si rimise la collana al collo e si passò la bandana tra le dita con aria colpevole. Aveva sempre odiato che la gente le facesse regali proprio perchè la facevano sentire in debito. Dopo qualche secondo, la piegò accuratamente, proprio come se fosse stata una bandiera, e se la infiló in tasca, ringraziando mentalmente qualsiasi entità superiore per averle donato un amico come Trent, il quale sorrise più felice che mai nel vederla accettare il suo regalo.
I due ripresero a mangiare e parlare tranquillamente, osservando come sempre la mensa, che quella mattina sembrava un raduno di giovani squinternati e non un riformatorio. Incredibilmente in ritardo, si presentò in tutta la sua gloria il Grande Lupo Cattivo; anche lui sembrava essere diverso, meno misterioso, meno cupo. Molti ragazzi gli andarono incontro, facendogli gli auguri e scherzando tranquillamente, e lui ridacchiò di gusto; aveva un sorriso molto bello, pensò Allison, il sorriso delle persone tristi, quello capace di togliere il fiato a chiunque sapesse guardarlo con gli occhi giusti.
Inevitabilmente, i due incrociarono i loro sguardi per l'ennesima volta, ma, al contrario delle aspettative, nessuno abbassò gli occhi; si osservarono per lunghi secondi, finchè Allison non azzardò un timidissimo sorriso. Il ragazzo le rispose allo stesso modo e per entrambi quello fu un gran colpo : era la prima volta che si sorridevano, così naturalmente, così tranquillamente, come se fossero stati due ragazzi qualsiasi in mezzo alla mensa della scuola. Era una sensazione anomala per Allison sentirsi "normale" ; prima di quel solo, banale istante non si era mai davvero sentita una ragazza come le altre. Ma forse non era questione di sentirsi come le altre, bensì umana. In quel preciso istante, lei si sentì umana, anima e corpo, e non un fantasma in mezzo a carcasse ancora in grado di respirare, parlare, sanguinare. Che sensazione mistica era quella?
Ad interrompere quel momento arrivò un altro galeotto, uno dei frequentatori incalliti della biblioteca, che era venuto a fare gli auguri a Trent.
-" Auguri McCord! "
esclamò, stringendogli vigorosamente la mano, per poi rivolgersi sorprendentemente anche ad Allison.
-" Auguri anche a te, canarino. "
e le porse orgogliosamente la mano. Nonostante fosse perplessa, la strinse comunque con la sua solita stretta feroce, quella che aveva preso indubbiamente da papà, ma in buona parte anche dalla mamma.
-" Mannaggia, il canarino è forte! "
-" Hey mafioso, guarda che il canarino è qui per aggressione di terzo grado, che credevi?! Ti conviene non provocarla... "
lo avvertì scherzosamente Trent e il cosidetto Mafioso alzó le mani in segno di scherzosa resa, sorridendo affabilmente.
-" Wooo wo wo, fermi tutti. Aggressione di terzo grado? La ragazza è tosta quindi... Sarà meglio avvisare gli altri! "
I tre si fecero una risatina, prima che il Mafioso tornasse a pensare agli affari suoi; nel frattempo, Allison rimase scioccata. Un detenuto estraneo a Trent e al Lupo Cattivo le aveva rivolto pacificamente la parola : era un grande progresso, o forse un miracolo di Natale, non lo sapeva, ma di certo le aveva fatto piacere. Per la prima volta in vita sua, desiderò che fosse Natale tutto l'anno. 
La colazione terminò e, molto a sorpresa, Trent si diresse alla cappella per assistere alle funzioni. Era stato molto bravo a celare la sua fede, pensò Allison mentre si dirigeva alla sua cella; non aveva mai dato il minimo segno di essere un credente, ma a lei non faceva differenza, anzi, le faceva quasi piacere : era un bene trovare ancora qualcuno che credeva in qualcosa di più che carne e sangue.
Nel suo lungo percorso verso la cella, in quel corridoio per la prima volta accogliente, dall'aria tranquilla e sicura, stava pensando intensamente a quello che avrebbe potuto fare quel pomeriggio o quella mattina stessa per quanto riguardava la sua famiglia. Nonostante le avesse spedite da tempo, non sapeva se le lettere fossero giunte a destinazione o meno e da questo arrivarono anche moltissime altre domande. Devo chiamarli? O mi verranno a trovare? Mi ricorderanno nelle preghiere del pranzo? Mi avranno spedito una cartolina? La sua mente era un turbinare di queste continue questioni a cui non sapeva o non voleva trovare risposta. Era così maledettamente combattuta tra il correre da Berry e chiedergli di portarla al telefono e il rifugiarsi nella sua cella e rifiutare momentaneamente qualsiasi contatto umano; fortunatamente, non scelse nessuna delle due, si limitò ad arrivare alla sua cella e sospirare per soffocare i suoi pensieri.
Quando si volto verso la sua branda, però, ci trovò una sorpresa a dir poco meravigliosa. Un bellissimo e tenerissimo peluche a forma di unicorno rosa era accuratamente disteso sul suo cuscino, con attorno al collo un fiocchetto fucsia con la scritta Pinky, ma senza alcun biglietto da alcun mittente. Era uno di quei peluche morbidissimi con le zampe riempite di sabbiolina che lei adorava, con un musetto adorabile e un cornetto fucsia e luccicante di strass che la fecero impazzire. Lo prese tra le mani delicate con gli occhi illuminati da una luce divina e si mise ad urlare e saltellare ipereccitata. Lo trovava la cosa più bella e tenerosa mai vista.
In quel momento entrò nella cella il Grande Lupo Cattivo con un nuovo libro tra le mani; lanciò alla ragazza un'occhiata che sembrò di sufficienza, ma poi sorrise sotto i baffi prima di rintanarsi sulla sua branda a leggere in tranquillità. Dopo di lui entrò Berry, preoccupato per le urla che aveva sentito dal piano superiore.
-" McLean, tutto okay? "
le chiese e lei gli rivolse un sorriso bambino che sembrò illuminare la cella sempre così cupa e grigia; gli piantò quasi in faccia il suo nuovo amico Pinky, ma il secondino dalla scorza apparentemente dura non sembrò troppo sorpreso di vederlo.
-" Me l'hai regalato tu, vero? "
gli chiese Allison, che pareva la ragazzina più felice del mondo, e Berry lanciò impercettibilmente un'occhiata al Lupo Cattivo, il quale contraccambiò con un certo disappunto e parecchia ostilità. La guardia fece spallucce, sorridendo complice più al ragazzo che alla ragazza.
-" Può darsi. "
disse semplicemente, facendo infuriare Allison, la quale non sopportava risposte vaghe ed elusive, come da sempre era scritto nel suo complesso carattere.
-" Ma che vuol dire può darsi?! Sì o no?! "
-" Beh... Puó darsi. "
Dopo averlo fulminato malamente, gli sorrise con complicità e gli battè un bel pugno-a-pugno natalizio, lo stesso che aveva dato a Trent.
-" Auguri Berry. "
-" Auguri McLean. "
e il secondino tornó al suo turno di guardia, per poi far finalmente visita alla sua famiglia.
Nel frattempo, in attesa che le funzioni religiose terminassero e perciò che Trent tornasse, Allison non seppe cosa fare. Si sedette gambe incrociate sulla sua branda con in braccio il suo amico Pinky, a cui legò al collo la preziosa bandana del suo amico; il fiocchetto rosa lo legò al palo del letto, accanto al suo cuscino, in modo da essere circondata da tutto ciò che le ricordava affetto e che non era sola. Con le cuffiette nelle orecchie e pezzi metalcore sparati nelle orecchie, si mise a giocare distrattamente con il suo peluche, per poi rivolgere lo sguardo a quello che in quegli ultimi tre minuti stava tormentando i suoi pensieri.
Il Grande Lupo Cattivo se ne stava lì, disteso sulla branda con una gamba piegata e l'altra accavallata, il piede che si muoveva a ritmo della canzone che stava ascoltando in quel momento; la canottiera bianca e i pantaloni arancioni della tuta piegati fino al ginocchio, il libro tra le grandi dita e lo sguardo profondamente concentrato sulle parole di quello che sembrava essere Racconti del Terrore di Poe. Notó il suo comodino spoglio, i vestiti di ricambio che lei stessa aveva consegnato piegati in un angolo del letto, nulla di più. Si chiese se mai qualcuno, da quando era lì, si fosse mai preoccupato di fargli un regalo o anche solo di stargli davvero accanto, ma la risposta era molto probabilmente no. Erano in un riformatorio maschile, il più duro del Colorado : nessuno si preoccupava degli altri, soltanto di riuscire a sopravvivere in un posto in cui o sei qualcuno o sei morto.
Aveva un'aria molto solitaria, quella del classico eremita della situazione, un po' com'era lei a scuola e com'era tutt'ora nel riformatorio. Ne dedusse che, nonostante alla mensa fosse circondato da "amici" , se era lì nella cella con lei il giorno di Natale, era un ragazzo molto solo.
Allison mise in pausa l'MP3, togliendosi le cuffiette; respirò profondamente e prese tutto il coraggio che aveva in corpo. Tremava dalla timidezza, si sentiva il cuore martellare freneticamente perfino nella punta delle dita. Aveva fatto spesso stupidaggini del genere, ma non sapeva perchè questa volta la spaventava. Forse era la cara vecchia paura del rifiuto, uno dei demoni che la notte le si stendeva accanto per tenerla sveglia, o forse era semplicemente il fatto che quello era un galeotto grande e grosso, o ancora perchè era un ragazzo tutto sommato carino e si sentiva ancora come ai tempi del primo anno di liceo. In effetti, era da quasi due anni che non provava quell'assurda sensazione di timidezza, di inferiorità, di "inadeguatezza" , ma, a dirla tutta, non le dispiaceva riscoprire la vecchia lei, tornare indietro nel tempo e sapere di nuovo cosa voleva dire provare emozioni reali e non emozioni che erano conseguenza di una maschera o una corazza.
-" H-hey? "
cercò di attirare la sua attenzione, riuscendoci con successo. Il ragazzo voltò il suo impassibile sguardo verso di lei, incrociando i suoi bellissimi occhi acqua marina con quelli di ghiaccio della ragazza. Per un attimo, si ritrovò paralizzata da quelle iridi così particolari, ma ritrovò subito la forza per parlare.
-" Ehm... Buon Natale... "
mormorò timidamente, arrossendo come mai in vita sua e maledendo sè stessa per la stupidaggine appena combinata. Che banalità aveva appena detto?! Perchè le era venuta in mente quest'idea idiota?! Solidarietà?! Beh, mannaggia alla solidarietà, allora!
-" Buon Natale anche a te. "
Dopo un altro respiro profondo e tante preghiere, Allison lanciò il suo MP3 dall'altra parte della cella, facendolo atterrare fortunatamente prima sull'addome e poi sul materasso del Lupo Cattivo. Il ragazzo chiuse il libro, poggiandolo al suo fianco, e si mise ad esaminare piuttosto dubbioso lo strumento che stava tenendo in mano. Non che non avesse mai visto un lettore MP3, ma quello era il suo MP3, unica fonte di gioia e rassicurazioni, e si fece parecchie domande sul perchè gliel'avesse lanciato.
Quando Allison si vide rivolgere un'occhiata piena di dubbi, sorrise timidamente, arrossendo di nuovo e sentendosi una bambina che condivide il suo gelato.
-" P-puoi tenerlo, se ti piacciono il punk e il metalcore. "
-" Davvero? "
La voce profonda -e molto sensuale- del ragazzo la fece rabbrividire, ma le diede la forza di annuire. Il sorriso che le rivolse indirettamente la riempì di una sensazione nuova, qualcosa che non aveva mai provato prima : la soddisfazione di aver compiuto una buona azione e di esserne consapevole. 
Nonostante non lo desse a vedere, quel Lupo Cattivo le era grato come non mai, ma Allison, occhio d'aquila, l'aveva già intuito. Si distese con lo sguardo rivolto verso il suo compagno di cella, il quale si era immediatamente messo ad ascoltare musica; ora teneva le braccia incrociate dietro la testa e gli occhi chiusi, a godersi appieno il piacere che solo qualche buon assolo di chitarra elettrica e screamo poteva dare. Sorrise e, osservando quel ragazzo che la spaventava e la inteneriva ad un tempo, ringrazió Valery per essere lì con lei in quel momento.
~~~
Quando si svegliò, quella mattina, vari minuti dopo il suono della campanella, Allison si ritrovò da sola nella sua cella. I rumori lontani delle docce in funzione e delle voci e risate dei ragazzi, come tutti i giorni, facevano da sottofondo al suo pacifico risveglio. 
Carezzò rapidamente la soffice testolina di Pinky, appurando che l'aveva aiutata a dormire molto bene quella notte, e gettò una rapidissima occhiata alla branda del Lupo Cattivo : era disfatta, il piumino grigio topo ancora ammucchiato da una parte del letto e il libro abbandonato sul comodino. Il suo sguardo vagante cadde sul suo di comodino, dove riconobbe la forma del suo MP3 e delle cuffiette ordinatamente arrotolate. Sorrise automaticamente, anche se non seppe perchè. 
Si alzò dalla sua calda branda, indossò i suoi indumenti un po' alla carlona, si prese il suo cambio e si diresse verso le docce. Distratta dai suoi continui cupi pensieri, quei pensieri che nei momenti di solitudine fanno sempre compagnia, una compagnia non sempre desiderata, non si accorse di quel gruppetto di tre ragazzi che stava venendo verso di lei. A capobranco c'era il Pel di Carota, il galeotto dai capelli arancioni la cui aura aveva fatto ammalare ulteriormente quella degli altri ospiti di Alkalie Lake. Per tutto quel tempo, Allison era riuscita ad evitarlo, ignorava bellamente la sua presenza come ignorava quella di ogni altro galeotto, vivendo pacificamente la sua permanenza nel riformatorio, ma quella maledetta mattina lui era lì, probabilmente per volere di quel sadico Creatore e Gestore dell'Andazzo Universale che l'aveva già avvisata indirettamente che quell'essere portava brutte cose.
S'incrociarono in quel corridoio e il Pel di Carota, ridacchiando malvagiamente, la urtò con una pesante spallata, risvegliandola molto bruscamente dai suoi pensieri. Allison si aggrappò alla parete per non cadere di faccia sul pavimento di linoleum e qualcosa in lei scattò. Era il ricordo di una fiamma che molto spesso si accendeva dentro il suo petto, si diffondeva in tutto il suo corpo e dava vita al demone incendiario che dormiva dentro di lei, il demone che odiava superbia e prepotenza, il demone che a volte era angelo. Era una sensazione così poco familiare ora, mentre pochi mesi prima era qualcosa di quotidiano, qualcosa di abituale; Allison, in pratica, viveva con il suo demone interiore, il demone buono che le dava la vita. Ma tutto questo prima di Alkalie Lake.
La ragazza ritrovò per un momento quella fiamma, incrociando il suo sguardo di ghiaccio bollente con quello macchiato, sporco e cattivo del Pel di Carota, il quale ghignava con malvagità, troneggiando su di lei e sul suo corpo minuto.
-" Che hai da guardare, biondina? "
-" E tu che hai da ridere, pel di carota?! "
Per quell'attimo, l'antica Allison McLean sembrava essere tornata in quel suo guizzo di ribellione contro la paura delle persone, delle reazioni, quella che mai aveva avuto e che aveva sviluppato solo lì ad Alkalie Lake, una Allison che metteva paura in chi non poteva sopraffarla nell'animo.
-" Ma sentitela, la biondina... "
Il Pel di Carota si avvicinò rapidamente con il passo di un leone pronto ad accogliere una sfida; non era di certo un piccoletto, anzi, era ben piantato, anche se non come il Lupo Cattivo. Non sarebbe stato un brutto ragazzo, ma quell'aura di malvagità lo precedeva e automaticamente lo definiva qualcuno da evitare, una mela avvelenata da gettare via. Allison fece un solo passo indietro, sfidandolo con lo sguardo e con tutto il coraggio che aveva in corpo. Non sapeva perchè, ma sentiva che in quel momento essere forte non le avrebbe giovato, eppure sembrare debole non era un'opinione da prendere in considerazione.
-" Dove pensi di essere, mh? Nel cortile della scuola? o nel parchetto di paese? Beh, ti sbagli. Qui sei un semplice cerbiatto tra i lupi, biondina. Guardati le spalle, perchè qui dentro non sei altro che... un succulento bocconcino. "
sibilò il ragazzo, e un incontenibile brivido gelido le attraversó la schiena lentamente, come un serpente che scendeva pian piano da un albero per attaccare. 
Gli occhi rapaci del Pel di Carota vagarono lascivamente sul suo corpo prima che lui e i suoi scagnozzi se ne andassero, lasciandola sola con il suo demone; non appena i tre scomparvero e il suo cuore ricominciò a batterle nel petto, si sentì mancare la forza nelle gambe e per un attimo dovette inginocchiarsi e poggiare la tempia contro il muro freddo. Chiuse gli occhi, visualizzò nella sua mente un prato verde, balle di fieno, il vento che faceva ondeggiare dolcemente i fili d'erba su una collina, tutto per cancellarle dalla mente quelle raggelanti parole. 
Era una strana sensazione quella della minaccia, quella di sentire certe parole e percepirle sul serio. Prima erano le sue, di minacce, ad essere temute per la loro veridicità e molto spesso anche lei aveva provato le conseguenze di avvertimenti funesti di altre persone, ma ora, in quel preciso istante, capiva come ci si sentiva davvero privati della propria libertà. Libertà alla fine non era poter uscire e respirare aria fresca, bensì vivere senza paura. Purtroppo peró, Allison la libertà l'aveva persa tutta, perdendo con essa tutta la sua combattività contro la paura.
Eppure quel demone che le dava vita, forza, che la rendeva quella creatura quasi disumana era ancora lì con lei, l'unico demone buono che in quel momento era seduto accanto a lei e le carezzava affettuosamente la spalla. Sarebbe stato proprio il demone della sua forza a condannarla, proprio come Harrison aveva annunciato.
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Gennaio
Tante cose erano cambiate in quei mesi a casa, lontano dalle spesse mura blindate di Alkalie Lake.
Chris sembrava aver perso la voglia di fare qualsiasi cosa. Andare al lago, fare scherzi ai suoi colleghi, svegliarsi la mattina... Nulla aveva più senso senza sua nipote. Se n'era accorto in una grigia mattina di dicembre, la prima volta in cui aveva nevicato. Si era svegliato come al solito, con in mente il suo primo pensiero mattutino : abbuffata di pancake con Ally. Si alzò, si preparò per la giornata, ma quando arrivò in sala da pranzo non vi trovò nessun altro a parte Chef, il suo amico di una vita e secondo zio di Allison. Lei non c'era. Non c'era la sua bellissima nipotina, vestita sempre di nero e con lo sguardo stanco e svogliato, annoiata dal dover andare a scuola e stare in mezzo alla gente, che giocava per tre minuti esatti con la colazione prima di iniziare a mangiarla; gli mancavano i suoi lunghi capelli biondi, sempre raccolti in una treccia o in una coda di cavallo legata in più punti, e gli mancavano i suoi braccialetti tintinnanti. 
Da quel momento, quando realizzò che Allison sarebbe mancata per altri lunghi, lunghissimi, interminabili mesi, la sua vita aveva perso di significato. Si svegliava, si vestiva, faceva colazione, lavorava, pranzava, lavorava, cenava, lavorava, andava a letto, fine. Nulla di più, nulla di meno. Una vita monotona, incolore. Una vita senza significato. 
Le feste sembravano quelle della pubblicità delle promozioni natalizie : un branco di scrocconi che si approfittava indebitamente di un povero riccone che non aveva nessuno con cui dividere davvero la gioia delle festività. Una palla al piede, insomma, senza senso nè colore. A Natale non aveva scartato regali ed era stato in religioso silenzio sia al pranzo che alla cena, a cui lui e i suoi genitori, i nonni di Allison, avevano invitato la famiglia di Valery e Viktor. 
Per quei due, invece, sembrava diverso. In quei mesi, chissà come, avevano trovato in entrambi la forza di andare avanti. Certo, la luce negli occhi di Valery non era più la stessa : era spenta, cupa, ma pur sempre una luce, la quale si ravvivava in compagnia di Viktor. Il loro rapporto sembrava essersi evoluto e la ragazza aveva trovato qualcosa di nuovo per cui vivere, ovviamente sempre nella promessa che di lì ad un anno e più avrebbe rivisto sua sorella. Quel giovanotto sembrava averle ridato speranza dopo aver perso tutto, dopo aver visto crollare ogni sua certezza. Era tornata ad uscire, a disegnare, a vivere una vita degna di essere chiamata tale, eppure non dimenticava mai sua sorella e, d'altronde, come avrebbe potuto? 
Aveva fatto una sola volta visita all'Angel Of Mercy Hospital di Castle Rock, il giorno prima del compleanno di Allison, giusto per andare a vedere come stava Alexander. Sua sorella non avrebbe sicuramente approvato, avrebbe sbottato e forse le avrebbe tirato uno schiaffo, urlandole i peggiori insulti del mondo, ma sentiva di doverlo fare. Doveva tornare indietro un'ultima volta.
Il pargolo Feltman giaceva sul letto d'ospedale ancora messo male, ma a Valery quella vista non fece altro che ribrezzo. Il ragazzo magnifico che aveva amato, abbracciato, baciato non esisteva più. Era morto il giorno stesso in cui quella maledetta chiamata di Carminati le aveva cambiato la vita. Dopo una semplice occhiata, si voltò e se ne andò, non tornando mai più a quell'ospedale. Non aveva notizie di lui da molto tempo, e forse era meglio così. Ora stava meglio, era in via di guarigione e stava scrivendo una nuova pagina nel grande libro della sua vita : non c'era motivo di riaprire le ferite.
Le feste erano passate normalmente, senza l'allegria funesta di Allison, a cui era stato dedicato un angolino pieno di candele sia in casa McLean che in casa Johnson. Era terribile, però, pensava Valery : sembrava che sua sorella fosse morta.
Dopo le prime e uniche due lettere che lei e Chris avevano spedito, avevano deciso insieme di non fare altro. Conoscendo Allison, sapevano che avrebbe avuto bisogno di tempo e che avrebbero dovuto aspettare una sua risposta, una risposta che stava tardando ad arrivare. Ogni giorno la posta veniva puntualmente controllata, ma vi trovavano soltanto bollette, pubblicità e il Castle Rock Quotidian, su cui per un mese Allison era stata sulle prime pagine; puntualmente, la delusione rovinava la mattina ad entrambi, ma era subito sostituita dalla speranza del giorno seguente, e ogni giorno era così. 
Ogni giorno fino a quella nevosa mattina dei primi di gennaio, appena dopo le feste.
A casa McLean, una delle più grandi -se non la più grande- di Castle Rock, entrò come sempre l'enorme Chef, uomo di colore alto due metri e decisamente muscoloso, con il suo piumino blu e il colbacco rubato a Chris sette Natali prima; tra le sue grandi mani, teneva un pacco di lettere, tra cui una molto particolare, una busta indaco di dimensioni non troppo anomale, fatta con della particolare carta che sembrava quella riciclata.
-" Buon giorno Chef, buone nuove? "
L'omone non rispose, gli porse semplicemente quella singolare busta. 
Penitenziario minorile di Alkalie Lake. Non appena lesse quella frase, Chris abbandonó colazione e parenti e si rinchiuse nel suo studio.
 
A casa Johnson, quella mattina, era stato Peter, il padre di Valery, a portare in casa la posta. Stava esaminando con la sua solita pigrizia le mille buste di bollette, pubblicità e cavolate varie, finchè non gli capitò in mano una particolare busta azzurra, quasi indaco, fatta di un tipo particolare di carta che ricordava quella riciclata. Quando lesse da dove veniva, rivolse uno sguardo più che preoccupato a sua moglie Emily, che comprese la sua preoccupazione solo dopo aver letto a sua volta il mittente.
-" Vado a chiamare Valery... "
disse Emily con l'aria di chi sta per annunciare la morte di un caro parente, alzandosi da tavola e dirigendosi verso la camera della figlia maggiore. La trovò seduta davanti allo specchio a truccarsi accuratamente, in modo semplice, come le piaceva; quel giorno portava i capelli bruno-rossicci legati in una coda di cavallo e indossava proprio una maglietta che aveva comprato insieme ad Allison. 
-" Val... "
la chiamò semplicemente, fingendo un sorriso commosso che Valery interpretó immediatamente; i suoi occhi quasi viola s'illuminarono come stelle nel cielo nero e corse subito in cucina, strappando di mano la busta a suo padre e chiudendosi nuovamente nella sua stanza tra le sue foto con Allison e quelle con Viktor. Aprì in fretta e furia la lettera, riconoscendo la scrittura particolare e quasi incomprensibile di Allison. Non era una lettera troppo lunga e questo avrebbe già dovuto suggerire molte cose.
 
Cara Valery,
scriverti mi solleva l'animo e mi distrugge allo stesso tempo. Mi ci è voluto coraggio per scrivere queste parole e per non piangere, e ora capirai perchè.
Mi fa male dirlo, davvero male, è stata la scelta più difficile che io abbia mai fatto in vita mia. Probabilmente, questa sarà l'ultima lettera che ti scriverò. Non ti chiedo di smettere di scrivermi, sarebbe come chiedere a zio Chris di non mangiare più pancake, semplicemente penso che sia meglio che io non ti risponda.
Non ho dimenticato il filo rosso, non lo farò mai, e sarà proprio quello a farci incontrare di nuovo tra quasi due anni, ma fino ad allora tu dovrai ricostruirti una vita senza di me. Come hai detto tu, questa è una sfida per diventare più forti, ma non ce la faremo mai se continuiamo a sentirci. Se io non ti risponderò, tu un giorno ti stancherai e smetterai di perdere tempo con me, andrai avanti con la tua vita bellissima e, quando il momento verrà, staremo di nuovo insieme. 
Per lo stesso motivo, non voglio che tu venga a trovarmi al penitenziario. Voglio che mi ricordi come sono semlre stata, con abiti sempre neri, gli occhi fiammeggianti e dei capelli guardabili, e non voglio che tu veda dove vivo adesso. Devi andare avanti, okay?
Perdonami per questa lettera, so che ti aspettavi molto altro e non certo queste parole, ma mi conosci : sono un pezzo di merda. Sei tu che mi hai sempre resa migliore e, anche se non sei davvero qui con me, ci sei in ogni caso. Ci sarai sempre. 
Spero vivamente che tu vada bene a scuola e che abbia smesso di addormentarti sulla scrivania per via dello studio. Spero anche che ti vesta decentemente, ben coperta, e che non ti sia ammalata o che tu abbia scoperto troppo le tue grazie : sono ancora capace di evadere e venirti a vestire come Allison McLean comanda. Mi raccomando : non drogarti, non bere, non frequentare brutte compagnie e non uscire sola di notte, ma soprattutto, non tornare alle vecchie abitudini. Non ho altri pensieri dalla mattina alla sera, ma sono quelli che mi fanno andare avanti.
Alkalie Lake non è così uno schifo, sto relativamente bene, anche se si mangia da cani. Mi auguro che anche tu stia bene e che starai bene anche dopo questa maledetta lettera. 
Sii forte sorellina, io sono lì con te.
Tua per sempre, Ally
 
Il crack di un cuore spezzato di nuovo rimbombò in tutta la casa.
~~~
Caro zio Chris,
io sto bene. Vorrei dirti tutto il resto e non dirti nulla contemporaneamente, perciò opto per un "Qui butta bene" . Spero vivamente che anche a casa sia così. 
Ad Alkalie Lake non si sta male, si mangia solo un po' da schifo, per il resto tutto regolare. Mi annoio, dormo male, non ho un phon e la pizza sembra non esistere in questo postaccio. Quando uscirò, non voglio mai più vedere un hamburger in tutta la mia vita.
Ho scritto anche a Valery, non so se ho fatto una stronzata o meno, questo me lo dovrai dire tu, perchè spero proprio che venga a parlare con te. Hai la mia benedizione per venire in riformatorio e tirarmi un calcio nel sedere qualora lo ritenessi necessario.
Mi piacerebbe che mi scrivessi, sei l'unica persona a cui avrei minimamente il coraggio di rispondere, visto che ogni volta che mi viene in mente anche solo il nome di Val il mio livello di autostima passa da "umano pezzente" a "stronzo con le gambe" . Non ti risponderò in tempi brevi, ma qualche riga la riceverai di sicuro, se non anche una telefonata.
Per quanto riguarda i vecchi, spero che tu ti stia godendo la pace della loro noia. Anche io lo posso fare, per fortuna, visto che stanno a cento chilometri dal magnifico ospizio in cui mi trovo. Dì a Sophie che deve imparare a cucinare e a Lucien che deve usare l'apparecchio per l'udito e che se rompono le scatole devono andare a quel paese, con affetto.
Non fare l'eremita asociale, per l'amor del Cielo : esci, fai una partita a Black Jack con Chef (a proposito, salutalo), mangia pancake fino a scoppiare, ma non chiuderti in quel maledetto ufficio che puzza di colonia. Ti ammalerai. Promettimi che uscirai e che ti godrai la vita, okay?
Forse ultima cosa : grazie per essere orgoglioso di me. È l'unica cosa che conta, com'è da quasi nove anni ad oggi. Sei i genitori che mi sono morti anni fa e più o meno tutto quello che mi resta davvero della mia famiglia oltre a Valery, perciò grazie per essere con me in ogni caso : è tutto quello che importa.. Questa è una prova inconfutabile sul fatto che io e te siamo pazzi allo stesso modo.
Ti voglio bene zio, sei il migliore, sempre.
Tua nipote, Ally
 
Chris si asciugò una lacrima di commozione. Da molto non piangeva, eppure quella furfante della sua bellissima nipotina aveva il potere di far uscire tutto il tenero che c'era in lui.
Tutto ciò che c'era scritto in quella lettera lo sentiva anche lui. Allison era la figlia che non aveva mai avuto, era da sempre il suo appiglio per non sprofondare, il suo motivo di andare avanti da quand'era morta anche Adeline, oltre a suo fratello e sue cognata.
Ci sarebbe voluto tempo, ma avrebbe rispettato le condizioni di sua nipote. In fondo, lei non gli aveva mai chiesto nulla -qualche verdone a parte, soltanto l'affetto dei genitori che le erano stati strappati tanto prematuramente e violentemente da un dannato incidente che il maledetto Creatore e Gestore dell'Andazzo Universale aveva desiderato. Fu infinitamente consolato dall'aver esaudito quell'unico, fondamentale desiderio.
~~~
Oggi è il compleanno di zia Adeline. Chissà se zio Chris sarà andato in cimitero... pensava Allison, puntualmente sveglia nel cuore della notte. Da ore teneva lo sguardo puntato sia sul soffitto che sul suo ectoplasmatico compagno di cella e continuava a rigirarsi in vano sulla sua branda, insieme a Pinky, che le teneva almeno un minimo di compagnia insieme ai suoi cari amici demoni interiori. 
Continuava a ricordare la cara zia Adeline, i suoi lunghi capelli neri e mossi che avevano cominciato appena appena a sbiadire, poco prima che il cancro se la portasse via. Aveva solo quarantun'anni. Se la ricordava sempre con quei suoi bellissimi capelli sciolti, un vestito azzurro o bianco e un mazzo di narcisi in mano, a passeggiare sulla riva del lago a fianco di zio Chris, quando ancora amava sorridere per le stupidaggini. Aveva rimosso tutti i ricordi della clinica, delle ciocche di capelli che le cadevano ogni volta che si pettinava, della flebo che forse la stava uccidendo più della malattia.
Allison aveva smesso da tempo di piangere ricordando sua zia, si ripeteva sempre che ora era in un posto migliore e che stava sicuramente meglio, che era lì con lei insieme a mamma, papà, Valery e zio Chris. Alla fine, nessuno di loro se n'era mai andato e non se ne sarebbe andato mai finchè lei non li avesse dimenticati. Pensando così, ricacciava indietro tutte le lacrime e trovava la forza di sorridere. 
Un movimento dall'altra parte della cella attirò la sua attenzione, scacciando per un secondo demoni e angeli del suo passato costantemente presente. Nella penombra della cella, Allison intravide il luccichio degli occhi aperti del Lupo Cattivo che si voltava verso di lei.
-" Ti ho svegliato io? "
gli chiese, cercando di mormorare il più possibile.
-" No. Non riesci a dormire? "
le domandò inaspettatamente di rimando e lei sorrise al buio, sentendosi come in un universo parallelo.
-" No, non ci riesco. "
-" Nemmeno io. "
La risata cristallina di Allison sembrò portare un po' di luce in quella cella, una luce che purtroppo scomparve in fretta. Quando si voltò di nuovo, il luccichio degli occhi acquosi del ragazzo era scomparso; percepì appena appena il suo respiro tornato regolare e intravide nella penombra le sue spalle che si muovevano al ritmo lento e tranquillo del suo respiro. Gli sorrise nell'oscurità, pensando per la prima volta da quand'era lì che aveva qualcun'altro oltre a Trent e Berry.
Prese tra le braccia il suo Pinky e, prima di chiudere gli occhi, sorrise realmente felice al soffitto e ringraziò chiunque la stesse ascoltando per averle dato quello che aveva, anche amici che alla fine non erano tali. Non ancora del tutto.
   
 
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