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Autore: queenjane    13/08/2017    1 recensioni
Catherine Raulov cresce alla corte di Nicola II, ultimo zar di tutte le Russie, sua prediletta amica è Olga Nicolaevna Romanov, figlia dello zar. Nel 1904 giunge il tanto atteso erede al trono, Aleksej, durante la sanguinosa guerra che coinvolge la Russia contro il Giappone la sua nascita è un raggio di sole, una speranza. Dal primo capitolo " A sei settimane, cominciò a sanguinargli l’ombelico, il flusso continuò per ore e il sangue non coagulava.
Era la sua prima emorragia.
Era emofiliaco.
Il giorno avanti mi aveva sorriso per la prima volta."
Un tempo all'indietro, dolce amaro, uno spaccato dell'infanzia di Aleksej, con le sue sorelle.
Collegato alle storie "The Phoenix" e "I due Principi".
Preciso che le relazioni tra Catherine e lo zar e la famiglia Romanov sono una mia invenzione, uno strepitoso " what if".
Al primo capitolo splendida fan art di Cecile Balandier di Catherine.
Genere: Introspettivo, Slice of life, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Periodo Zarista, Guerre mondiali
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Dragon, the Phoenix and the Rose'
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  Tra il 20 maggio e il 26 giugno 1910,  il giornale “La parola”pubblicò una serie di articoli su Rasputin, il finto monaco,il camaleonte,  descrivendo in dettaglio le sue turpitudini, le sue ubriacature, che aveva molestato e ricattato molte persone, le sue relazioni equivoche con il trono e l’estrema destra, la sua pazza teoria che per salvarsi dal male occorre peccare sempre di più.
Sasha Rostov- Raulov, il fratello di Ella e zio di Catherine, li fece scorrere alla nipote, aggiungendo che una bambinaia dello zarevic Alessio era stata disonorata dal monaco siberiano nel suo stesso letto, che le aveva tolto la verginità e l’onore , e poi presa in giro.
E ancora, Mademoiselle Tjuceva, istitutrice delle granduchesse, persona di stimate ascendenze e ottime doti morali, era indignata che il Sant’Uomo, secondo la definizione dalla zarina Alessandra,  indugiasse nelle stanze delle ragazze quando erano in deshabillé, fissandole in modo lascivo. Mademoiselle T. aveva esternato i suoi dubbi e la zarina Alessandra l’aveva sospesa dal servizio, sostenendo che erano malintesi e che il Siberiano era puro e santo come un giglio, che i santi e i martiri erano tutti incompresi.
Sasha Rostov-Raulov aveva commentato che i gigli nei campi si sarebbero inariditi e, infine, seccati per quel paragone, in ambito privato, con la sorella che non diceva nulla a nessuno, erano sempre amici e confidenti, un solido baluardo.
Lo zar Nicola II scuoteva la testa, seguiva la politica di non agitare una moglie già agitata di suo e taceva il più possibile, Catherine sapeva quei dettagli per la frequentazione con Olga, ma certo non li aveva riferiti a Ella, le pareva un mistero, che non osava varcare.
La ragazza ignorava che lo zar e sua madre avevano ripreso la loro relazione dopo il suo incidente a cavallo, nel marzo 1906.
O,forse, intuiva tra le righe ma  non  era pronta.
Piccoli dettagli, minime sfumature, un sorriso di troppo, uno sguardo in tralice,  dettagli che potevano volere dire nulla e tutto.
E la rabbia di Alix si scagliava a ondate contro la ragazzina, in fondo Catherine era solo una ragazzina, una testarda principessa combattente.
 I membri della famiglia Romanov ignoravano la malattia dello zarevic e temevano l’ascendente di quel pazzo siberiano, Rasputin, sulla giovane zarina, che se lo teneva caro.
Tuttavia,  era facile trarre conclusioni affrettate e maligne, non conoscendo la verità su Alessio e le sue sofferenze.
Alla fine lo zar decretò che Rasputin doveva rendere visita e conforto alla zarina  a casa di Anna Vyribova, che non era il caso di farlo transitare negli appartamenti delle figlie, poi gli venne un’idea.
Lo starec sosteneva di essere stato pellegrino fino al Monte Athos, poteva andare a pregare a Gerusalemme e poteva rendere un efficace servizio a tutti non tornando mai più. Davanti ad Alessandra si presentava come il povero contadino siberiano abitato dagli spiriti, che non accetta denaro, ma fuori dalla vista imperiale incarnava lo  spirito del male e della dissipazione.
 Ed Alessandra si sentiva in colpa per avere trasmesso al suo unico figlio maschio il morbo dell’emofilia, potenzialmente letale. E non se la sentiva di provare un’altra gravidanza, stanti i rischi elevati di un secondo emofiliaco-Sua sorella, la principessa Irene di Prussia aveva avuto tre maschi, due con il morbo. E avevano già troppe femmine.
Questione di statistica e di fortuna.
 Quindi la giovane imperatrice vedeva solo quello che voleva vedere e non si fidava di nessuno, era cieca e suo marito passivo, che idillio.
Poi Rasputin andò a Gerusalemme, due piccioni con una fava, si allontanava dai suoi detrattori e assecondava la sua fama di essere un santo.
Una tregua.
Che nel mentre un monaco, Ilidor, che era stato amico di Rasputin, salvo rimanere scandalizzato dalle sue turpitudini, pubblicò delle lettere che il siberiano gli aveva fatto prendere, millantando la sua familiarità con i sovrani. Le granduchesse erano state abbastanza generiche, annotando che parlavano di religione, chiedendo preghiere e poco altro, ma la loro madre si era superata.
Mio amato maestro, redentore e mentore,  come è penoso senza di voi. La mia anima è in pace e io mi riposo solo quando voi, mio maestro siete accanto a me..(..) Desidero solo una cosa, addormentarmi per sempre tra le vostre braccia (..) dove siete? Quando tornerete? (..) Beneditemi,. Vi amo per sempre..”  quella era la lettera di Alix.
Tutta la capitale parlò delle missive, venne insinuato che fossero amanti. La zarina scriveva in modo audace e fiorito ai suoi corrispondenti, era una balla, ma le voci, l’odio e la malevolenza aumentarono.

Nell’estate del 1910 la famiglia imperiale si recò in Germania, per un ciclo di cure termali vicino a Friburgo.  E venni invitata pure io, non commentai, appresi poi come il mio tesoro si fosse fatto furbo.
“Zarevic ..”
“Cat.. “ un dolce e sghembo sorriso, aveva perso i denti da latte davanti.”Lo sai che accarezzo le pecore  e gli agnellini.. “ una pausa, mi si buttò addosso, lo serrai contro di me, ascoltando le sue buffe e grandi imprese, aveva spinto uno dei suoi cuginetti, uno dei figli del Granduca Ernie,  su una macchina-giocattolo e poi sul’altalena e accarezzato agnellini, appunto.
  Quando voleva era dolce, e comunque era ben conscio del suo rango  di erede ed era spesso preda dell’arroganza.
Una volta, appurato che gli avrebbero obbedito, chiese agli appartenenti di un reggimento di cui era comandante onorario di buttarsi dentro una fontana, con uniformi e sciabola sguainata, venne obbedito  e ne rise fino alle lacrime.
Alle parate cui lo conduceva suo padre, urlava i suoi motteggi, “  Bravo, avanti così, ma cosa fai, i bottoni sono sghembi.”
Entrando talvolta nello studio dello zar, pretendeva che il ministro di turno si alzasse in piedi per salutarlo e, cortese, gli stringeva la mano.
Con lui ve la caverete male, asseriva ridendo Nicola quando si allontanava.
Per timore che, preda di un capriccio, si facesse male tirando un calcio a un mobile come tutti i  bambini normali, nessuno lo riprendeva, così che il fanciullo faceva tutto a modo suo, con il risultato che divenne recalcitrante e maleducato, viziato oltre ogni dire e obbediva solo a suo padre, atteso che la servitù aveva la consegna precisa di non contrariarlo in nulla, pena la scomunica, ironizzava Olga con me, di contrabbando, è proprio l’imperatore dei viziati, la tua è una definizione azzeccata.
Le sorelle, ormai cresciute, dinanzi agli estranei  restavano sedute a braccia incrociate o  ricamavano, la voce bassa, sempre composte a tavola, salvo scatenarsi quando erano da sole.
Uno sfogo di energia, dai doveri declinati dalla inesorabile volontà della loro madre.
“Sono contento che sei qui..” ancora “Tu?”
“Certo..”gli presi una mano, gli scaldai le dita, e arrivò una confidenza “Volevo un cavallo, sai uno di quelli alti.. Mamma ha detto che devo aspettare ancora, ma che potevo chiedere quello che volevo .. tutto. E ho chiesto che venissi”
“Bravo Aleksej, sei magistrale” diplomaticamente parlando era stato impareggiabile.
“Mica rivai in Spagna?”rievocando i miei giri
“Fatto questa primavera”Ahumada era il mio posto magico. E avevo avuto altre proposte di matrimonio, per mia somma perplessità.
“Va a finire che ti stabilirai là” rise Tatiana avvicinandosi“Quanti figli ha il tuo parente..?”
“Tre maschi, Enrique, Jaime e Andrej” pronunciai quel nome in fretta, alla russa, ricordando un giovane malinconico dai grandi occhi verdi, in spagnolo era Andres “Tutti scapoli, peraltro..” vai a vedere che trame imbastiva mia mamma, se non accalappiavo il granduca Dimitri, che peraltro si svagava correndo dietro a molte sottane, come da tradizione Romanov, insieme alla carriera militare che aveva intrapreso di recente.
“Vedi..?” Tanik non continuò il suo ragionamento, che ci ero arrivata “Ma la religione qual è?”
“Cattolica romana”
“Allora nulla.. che ti dovresti convertire” per lei la questione era chiusa, allora, io soprassedetti, la giovane età per un matrimonio poteva reggere ancora come scusa(.. e quando sposai Andres mi convertii di corsa al cattolicesimo, che la madre di un principe Fuentes deve seguire quella religione e tanto è un’altra storia)
“Oggi andiamo a Friburgo”disse Aleksej e quindi “Cat.. non ti sei accorta di qualcosa?” malizioso.
“Zarevic.. possibile che ..”esasperata, realizzando che abile come un prestigiatore mi aveva tolto il nastro e sciolto i capelli, non gli avevo badato per mezzo minuto  e mi aveva fatto quel dispetto.
“Tienili sciolti, grazie”  e mi sorrise “Prendimi in braccio”
Incrociai le mani sui gomiti “Che hai saltato? Un per piacere o simili” sorridendo, ogni tanto ci provavo e avrei ceduto in pochi attimi
“Principessa Raulov, per cortesia, prendetemi in braccio”
“Con piacere, grazie”
“Prego”mi appoggiò la testa sulla spalla, me lo allacciai addosso “Sei stanco?”
“Ho corso vicino alle fontane, abbiamo giocato a nascondino vicino ai cespugli di rose”era stanco, allora.
“Molto carino.”
“Cat.. ho fame” Tanik si mise a ridere “Questa la segno sul calendario..”
Quindi "E dai Aleksej, come sei permaloso" aveva messo il broncio, serrandosi contro di me, mi misi a ridere "Zarevic, tu non hai mai appetito.. va bene, vediamo di assaggiare qualcosa della cucina tedesca..che è ora di pranzo" Scese e si avviò, tenendo me e Tanik per mano, mangiò mezza porzione di pollo arrosto e insalata di patate, per i suoi standart un pasto abbondantissimo. Tralasciando che l'altra metà del pasto me la rovesciò addosso, eravamo seduti al tavolo dei bambini, lo avevo messo sulle gambe e lo imboccavo, non si vergognava nè all'estero o in patria di essere viziatissimo. Che pazienza, Aleksey, rilevavo e rilevo, dopo avevi sonno, e non volevi mollare., mi stesi vicino a te dopo averti messo il pannolone, un patto, io rimanevo, come volevi, te non facevi troppi capricci, Una concessione, tanto i pannolini ti toccava portarli a prescindere, per il riposino nel pomeriggio e la notte, tua madre voleva così. Eri buffo, severo e tenero"Non sono un bimbo piccolo" Avevi voglia di giocare, sempre, la tua volontà si scontrava con le debolezze fisiche, ti strinsi forte, ei stanco "Sei il mio tesoro e mi fai compagnia" una pausa "Io ho sonno, dormo, mi fai compagnia? Da sola dormo poco" Chiusi gli occhi, ti avevo distratto, sancisti che ero sempre una fifona, avevo paura dei temporali e di stare da sola, variavo sempre con qualcosa. .. Sweet dreams, Aleksey, sleep well.
 
   
 
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