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Autore: Alison92    16/08/2017    1 recensioni
Fra le tante attrattive della scuola privata Thomas Dreier, i cinque giorni di vacanza offerti ai migliori quindici studenti della scuola sono certamente un richiamo per tutti i giovani allievi.
Lyvia Sommers fa parte di quei quindici eletti scelti per partire verso la splendida isola di Everdove, dalle acque limpide e dal cielo cristallino.
Un'antica leggenda però si nasconde fra quelle coste, insidiandosi nelle vite serene e felici dei giovani.
La storia oscura della famiglia Rosenburg, seminata di odio e terrore, conduce Lyvia e gli altri studenti verso differenti orizzonti, verso una casa maledetta che cela un passato grondante di sangue e vendetta.
Genere: Drammatico, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Due giorni. Erano passati due giorni. Nessuno aveva forse notato ciò che era successo? No, non era possibile che nessuno avesse sentito la terra tremare, spezzarsi e allontanarsi. La notte potevamo vedere le luci dell’isola di Everdove, migliaia di piccole luci sfavillanti che probabilmente non potevano vedere noi. La nostra speranza era Camille Belle, lei era con noi e avrebbe fatto di tutto per capire cosa stava succedendo.
-Quindi aspettiamo?
Era stato Michael stavolta a porre quella domanda. Tutti ci chiedevamo le stesse cose, venti, quaranta, cento volte. Non c’era mai risposta. Lily se en stava stretta a lui, come se potesse scacciare ogni malevolo presagio solo stando vicina al suo bel ragazzo.  
-Sono solo io o la Taller è strana?
No, non era solo Mya che lo credeva. Nessuno aveva potuto smuovere la sua determinazione a restare lì ed aspettare pazientemente.
-Lyvia?
-Sto ascoltando!
Esclamai quando Lucy cominciò a scuotermi. Eravamo tutte sedute in riva al mare, con i nostri bei vestiti sporchi di sabbia e i volti tesi.
-Lasciala stare, sta pensando al biondino.
Sussurrò Auria ridacchiando.
-Smettetela, vi sembra il momento?
-Oh avanti Lyvia, lasciaci scherzare un po’!
Mi voltai verso Lucy e le sorrisi ripensando a quello che mi aveva detto la sera precedente.
-Perché non scherziamo su te e Derek allora?
Il volto di Lucy divenne rosso e m’intimò subito di stare zitta. Le altre scoppiarono a ridere, persino Mary scoppiò in una fragorosa risata. Sembrava che fossimo tornate a scuola, a casa, lontane da quel luogo misterioso e carico di timore. In quel momento pregai solo che l’incubo finisse, presto.
Ritornai nella biblioteca, leggere mi aiutava a liberare la mente da quei pensieri malinconici. Alla fine però decisi di esplorare la casa prima, seguendo l’esempio di Francis. Entrai in uno studio che si trovava nel secondo piano. Odorava di legno e libri, sembrava il posto perfetto per rifugiarsi dai problemi. Avrei voluto restare lì, in mezzo a quei mobili antichi per un po’, ma poi scorsi Lily e Michael accovacciati sul divano rosso. Prim’ancora che Lily potesse aprire bocca farfugliai delle scuse e corsi fuori dalla stanza.
-Se non volevano essere disturbati, potevano anche appendere un cartello.
-Perché girovaghi sempre per i corridoi?
Chiesi stupita a Francis. La sua vicinanza aveva sempre un effetto disarmante su di me.
-Potrei chiederti la stessa cosa, Lyvia.
Abbozzai un sorriso ed incrociai le braccia al petto.
-Come faccio a sapere che sono lì? Semplicemente li ho visti entrare poco tempo fa. E poi…
-Ecco dov’eri finito!
Alle sue spalle vidi arrivare Amy che lo interruppe. Amy non lo degnò di uno sguardo, fissava invece me, come per ricordarmi che ricordava le parole che le avevo rivolto.
-Ciao Sommers, che ci fai da queste parti?
-Lyvia.
La corressi con una punta di rabbia.
-Non importa. Allora, andiamo Francis?
Titubante Francis la seguì verso le scale, lontano da me. Ecco fatto, Barbie mi aveva portato via il ragazzo che sentivo di amare. Adesso che la mia attenzione non era più su di lui, continuai la mia esplorazione. A dispetto di come appariva esternamente, la casa all’interno celava un labirinto di corridoi e stanze, cosicché orientarsi non fu semplice. Una porta fra tutte mi colpì, era in legno di ciliegio, con intricati intarsi lungo lo stipite.  Il pomello di ottone sembrava brillare di una luce fiammante. Appena afferrai il pomello, ritrassi subito la mano, sentendo un dolore lancinante all’indice destro. Sotto il pomello c’era una sporgenza acuminata dalla quale stillavano gocce del mio sangue scuro che caddero tingendo di rosso il pavimento candido. Con molta più attenzione, riprovai ad aprire la porta.
Un fascio di luce m’investì e fui costretta a chiudere gli occhi. Dopo qualche secondo riuscii a vedere chiaramente cosa si trovava all’interno della stanza. Era una finestra spalancata la fonte di tanta luce, ma c’era qualcosa di macabro nelle tende bianche che si libravano nell’aria. No, in realtà non si muovevano. Con estrema cautela feci un passo verso la stanza, quasi come se quel luogo fosse un mausoleo nel quale non sarei dovuta entrare. Ogni cosa era impregnata di polvere, i tasti bianchi del pianoforte a coda che si trovava nella stanza apparivano consumati più dal tempo che dalle dita di un musicista. I fiori che adornavano i mobili erano completamente secchi, ne rimanevano solo gli scheletri. Le tende, semitrasparenti ed ingiallite, erano immobili a mezz’aria, squarciate come da grossi artigli. Tutto era immobile in quella stanza, persino il pulviscolo appariva stazionario nell’aria.    
Urlai talmente forte che gli altri, quando giunsero, credettero che io avessi visto un fantasma. In effetti era così, quella casa era un fantasma e noi i suoi giocattoli preferiti. 
  
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