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Autore: Allison_McLean    21/08/2017    1 recensioni
Allison McLean è una ragazza tormentata da mille demoni di cui non riesce a liberarsi, ma quando arriva al penitenziario minorile di Alkalie Lake, la sua vita cambia completamente. Qui troverà la sua strada accompagnata dai suoi stessi demoni e da una luce che scoprirà solo dopo molto tempo.
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«Intravide le sue spalle nude spuntare dalle coperte, le braccia cacciate sotto il cuscino e i corti capelli sparsi sulla federa, che le diedero l'idea di un bambino troppo cresciuto. Purtroppo, l'unico disponibile era quel Grande Lupo Cattivo con cui era costretta a condividere lo spazio vitale, un fantasma con cui non parlava mai, con cui faceva fatica a scambiare qualche casuale occhiata. Era sempre e comunque meglio di nulla : le ricordava una specie di Tate Langdon, solo più distante ed enigmatico. Nei suoi silenzi e nella sua distanza, però, trovava conforto, anche se non ne conosceva il perchè. Rimase così, a pensare a lui, non accorgendosi di quanto intensamente di stessero guardando.» dal capitolo 1
AVVERTENZA : la storia è originale, solo alcuni dei personaggi sono tratti da A Tutto Reality, gli altri sono di mia completa invenzione
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Chris McLean, Duncan, Nuovo Personaggio, Scott, Trent
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale
Capitoli:
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BROKEN PIECES - Part 3
 
Febbraio
Si svegliò un po' di soprassalto a causa della solita sirena che accompagnava la chiusura automatica delle celle, un momento della giornata che per Allison era opprimente e maledettamente soffocante.
Tutta rannicchiata in un angolino della sua branda, si era appisolata con il block notes sulle ginocchia e la matita rosicchiata tra le dita. Stava disegnando il Rockford Lake, il grande specchio d'acqua che sembrava allargarsi direttamente ai piedi di Blanca Peak, dove lei e zio Chris andavano spesso a ritirarsi per qualche weekend sabbatico lontani dal caos della città e da tutti i problemi esistenziali. Amava ricordare quel lago, il profumo dell'umidità e del muschio, degli aghi degli abeti e del pungente sentore selvatico che tanto amava; ricordava gli ululati lontani dei lupi, gli orsi che ogni tanto passeggiavano nel cortile della baita preceduti da qualche cervo o puma e qualche volpe solitaria che vagava senza meta. Non sapeva come, ma quei boschi, quegli odori così forti e inebrianti, quella vista mozzafiato, gli animali che si voltavano a guardarla, tutto di quel luogo sembrava essere parte di lei allo stesso modo in cui lei sentiva di essere parte di quel luogo. Quello era uno dei pochi posti in cui si sentiva sè stessa, in cui si sentiva a casa. Lo stava disegnando da qualche giorno con molta pazienza, riportando alla mente il lago, la baita e le montagne da un particolare punto in mezzo agli alberi, il punto perfetto da cui di solito i lupi spiavano. Ricordava che la casetta di legno si trovava a vari metri dal cristallino specchio d'acqua limpida e gelida, il tutto circondato da una fitta radura di abeti verde scuro che profumavano costantemente di resina e neve o pioggia; le montagne a nord erano enormi, sembravano dei giganti di roccia costantemente ricoperti da un freddo manto bianco e soffice così grandi da far sentire Allison insignificante. Ricordava l'estate, l'aria fresca che scendeva proprio da nord e che rendeva il clima subito più freddo ma incredibilmente piacevole con il suo profumo di neve imminente, che peró non avrebbe coperto la valle fino ai primi di ottobre. 
Quei magnifici ricordi li stava materializzando con brillante successo, ma in fondo disegnare era una delle poche cose che sapeva fare e in cui ci metteva il cuore. E come ogni cosa in cui metteva il cuore, l'aveva imparato da Valery.
Ripose con calma il blocco e la matita sul suo comodino, si tolse la camicia arancione a cui aveva faticosamente fatto abitudine, rimanendo solo in canottiera, e sgusciò rapidamente sotto il suo orribile ma caldo piumino grigio topo; s'infilò le cuffiette nelle orecchie e, dopo aver acceso il suo mitico MP3, rivolse le sue attenzioni al Lupo Cattivo. Stranamente, quella sera si era cacciato sotto le coperte appena dopo la cena. Ultimamente aveva notato che era parecchio stanco, un po' assente e anche battuto; ogni tanto, nel pomeriggio, scompariva per ore fino alla cena, dopo il quale non leggeva, una cosa molto insolita, dal momento che ogni settimana chiedeva in prestito un libro diverso.
Il ragazzo era rivolto verso di lei, gli occhi acqua marina teneramente nascosti sotto le palpebre e uno sguardo truce rivolto ai demoni dei suoi sogni; stava tutto scomposto, con le braccia sotto il cuscino e la coperta che gli scopriva parte del petto e una gamba. Allison osservava attentamente le sue spalle alzarsi e abbassarsi tranquillamente al ritmo del suo respiro calmo e intanto pensava che, anche dopo quasi cinque mesi di convivenza, non conosceva il nome del Grande Lupo Cattivo. 
Cinque mesi? Sono già passati cinque mesi? si chiese, rendendosi conto dei calcoli mentali che aveva inconsciamente fatto, e sì, erano già passati cinque brevi, eterni mesi lontana da casa, rinchiusa ad Alkalie Lake. 
Ripercorse rapidamente tutto quel lasso di tempo, accorgendosi anche dei netti cambiamenti che l'aveva caratterizzato. Ora non era più un cerbiattino in un branco di lupi, ma un giovane lupo che si stava adattando alla vita del branco; a dirla tutta, quella vita non le dispiaceva : se ne stava per conto proprio, senza che nessuno le desse fastidio, con la sola e piacevole compagnia di Trent. Una vita come aveva sempre voluto, o quasi. 
Ora aveva anche cominciato a chiamare i galeotti "compagni" , un grande passo avanti. Osservando bene i detenuti, con cui ormai aveva instaurato un rapporto di piacevole tolleranza e con cui ogni tanto scambiava perfino qualche parola amichevole, aveva capito che non erano altro che persone, esattamente come lei, che stavano pagando per i loro errori e che si erano adattati come la loro psiche gli aveva dettato di fare. Guardando sempre più a fondo, riusciva persino a dedurre la storia di ognuno di loro, trovando il buono sotto a cumuli e cumuli di marcio; stava scoprendo un nuovo lato degli umani, un lato che le piaceva molto, un lato che non si era mai preoccupata di trovare nelle persone di fuori, un lato che nella libertà non esisteva.
Ovviamente, c'era anche quel gruppetto di detenuti il cui lato buono non sembrava esserci, fatto scomparire dalle cattive azioni del tempo e dei demoni che non avrebbero dovuto ascoltare. Uno di questi detenuti era il Pel di Carota, di cui non aveva mai dimenticato le parole, parole di ferro bollente solidificato nella sua mente, impresso per l'eternità a ricordarle costantemente che, nonostante si stesse ambientando, sarebbe stata sempre e comunque in pericolo, in un modo o nell'altro. Cercava sempre di allontanare quei pensieri dalla sua mente : non voleva tornare ad essere quella ragazzina paurosa che era stata solo pochi mesi prima, voleva continuare pacificamente e tranquillamente la sua permanenza ad Alkalie Lake fino a quel lontano giorno che sarebbe arrivato solo un anno e quattro mesi dopo. 
La sua mente ritornò alla sua cella, alla realtà materiale in cui era rinchiusa, a fissare il Lupo Cattivo teneramente addormentato. Si strinse tra le braccia il suo adorato Pinky e cercò di osservare meglio i particolari di quel ragazzo di cui faceva ancora fatica a ricordare il viso, quello che nella sua vita era ancora un fantasma. Era strano, visto che erano compagni di cella.
Guardandolo per la prima volta, di sfuggita, una ragazza avrebbe potuto reagire in due modi. Il primo : trovarlo un ragazzo bellissimo e poi rendersi conto che non era questa gran bellezza; il secondo : non trovarlo una gran bellezza per poi rendersi conto che era un ragazzo bellissimo. Allison non sapeva quale reazione le avesse suscitato, ma lo trovava un tipo piuttosto attraente. Era di una bellezza barbara, quasi volgare, spregiudicata, quella che solo i criminali o i cattivi hanno, una bellezza che aveva sempre attratto pericolosamente Allison. In quegli occhi spesso malinconici o apatici ci aveva notato una scintilla di pazzia domata, una scintilla che adorava, una scintilla che anche lei aveva; incrociando lo sguardo con quel ragazzo non si sentiva sola, sapeva che c'era qualcun'altro come lei, cattivo a scopi buoni domato da un volere superiore e per la propria sopravvivenza. Ecco cos'aveva trovato in quel solitario Lupo Cattivo.
Quando si spensero le luci, decise che era ora anche per lei di spegnere tutto, cervello compreso. Ripose il suo prezioso MP3 sotto il materasso, si accoccolò sotto le coperte con Pinky tra le braccia e, prima di addormentarsi, lanciò uno sguardo e un sorriso bambini a quel ragazzone cattivo che, nella sua branda, sognava una dolce biondina con un unicorno rosa tra le braccia.
~~~
Quella mattina, quando Allison si svegliò, pioveva a dirotto. Nuvoloni plumbei erano accumulati su Alkalie Lake e la campagna circostante, rendendolo un posto ancora più opprimente e triste alla vista. L'acqua sembrava voler spazzare via i pochi accenni di primavera che stavano faticosamente facendo capolino dal terreno ancora giallastro e batteva con violenza contro i vetri e i muri della struttura mentre i fulmini cadevano uno dopo l'altro, facendo da colonna sonora alla mattinata di detenuti e secondini. Il cortile era di nuovo quell'orrendo mare di fango di cui si ricordava bene, nonostante non lo vedesse da cinque mesi, e anche all'interno del penitenziario l'aria era umida e pesante.
Come ogni mattina di pioggia, Allison non aveva la minima voglia di alzarsi dalla sua calda e soffice branda. Per la prima volta dopo molto aveva avuto una lunga notte di sonno, circa quattro ore ininterrotte, finchè quella maledetta campanella era suonata e la porta della cella aveva cominciato ad aprirsi sferragliando fastidiosamente. 
A malavoglia, si stiracchiò e come ogni giorno, dopo aver preso il suo consueto cambio di biancheria, si diresse alle docce attraverso quei soliti corridoi del riformatorio resi più cupi dalla spettrale luce argentea che penetrava dalle finestre opache e sbarrate. S'insinuò tra i piacevolmente bollenti muri di piastrelle color cera, respirando il vapore profumato di muschio bianco con saponi vari e asciugamani sotto braccio, non accorgendosi che in quel labirinto non era sola. Era ancora troppo addormentata per rendersi conto che stava camminando davvero, che non era uno strano sogno molto somigliante alla realtà.
Si rintanò nel suo posticino, un soffione tutto nascosto in fondo al grande stanzone, quello più caldo e isolato di tutti; si spogliò in fretta e si svegliò davvero non appena un getto d'acqua bollente la investì, lavandole via di dosso tutto il sonno e la pigrizia e rinvigorendola piacevolmente. S'insaponò il corpo snello, constatando che un po' di sano lavoro le aveva regalato un minimo in più di muscolatura, levigando le dolci rotondità femminili che non l'avevano mai particolarmente caratterizzata; si lavò anche i lunghi capelli biondi, massaggiandosi la cute e pettinandosi le ciocche dorate con le dita e con aria pensosa. Non sapeva perchè fosse così assente quella mattina; forse era il brutto tempo, o il cambio di stagione, o l'imminente arrivo del ciclo, cosa che per una settimana da cinque mesi era più tormentosa del solito -per motivi indubbiamente lampanti.
A riportarla violentemente e spiacevolemente sulla Terra fu una voce, una voce tristemente conosciuta, accompagnata da qualche passo di troppo. La voce e i passi provenivano dall'entrata della sala delle docce, diventata improvvisamente troppo silenziosa, e tutto rimbombava anche sopra l'acqua bollente che cadeva dal soffione, la quale sembrava aver smesso di fare rumore.
Allison si paralizzò completamente, dalla testa ai piedi; smise di pettinarsi la chioma bagnata con le dita, smise di respirare, smise di far battere il suo cuore, ascoltò soltanto.
-" Biondina?! Allora, biondina, dove sei?! Giochiamo a nascondino?! "
Al suono di quella frase, di quel timbro così odiato ed evitato, Allison dovette portarsi una mano alla bocca per trattenere le grida che le stavano montando in gola e si dovette appoggiare ad una parete con l'altra mano per non abbandonarsi alle sue gambe molli. No, non stava accadendo davvero, si ripeteva tra sè e sè, cercando di convincersi che fosse tutto un brutto sogno.
I suoi occhi di ghiaccio, in cui il terrore regnava sovrano, si puntarono sulla piccola apertura tra le pareti che permetteva di accedere a quell'ultimo, isolato angolino senza via di fuga quando sentì dei passi avvicinarsi, schioccando nelle piccole pozze d'acqua stagnanti sul pavimento piastrellato; erano passi rapidi, stranamente leggeri, allarmati, dannatamente vicini.
Non ebbe il tempo di gridare, perchè il Lupo Cattivo la soverchiò con il suo scultoreo ed imponente corpo, costringendola contro la parete con una mano calcata delicatamente sulle sue labbra; gli occhi di Allison si fissarono nei suoi, un grido soffocato si sprigionò dalla sua gola nonostante la grande mano di lui. Il panico aveva ormai preso possesso del suo corpo e della sua ragione, non lasciando spazio ad altre emozioni, smorzando ogni altro barlume dentro e fuori di lei. Tentò di dimenarsi e liberarsi dal corpo di quel ragazzo che credeva qualcosa di simile ad un amico, ma cosa poteva fare lei, piccola e fragile com'era, contro un mostro come lui? 
Il ragazzo le afferrò entrambi i polsi con la mano libera, bloccandole le braccia sopra la testa, e le puntò i suoi occhi acqua marina dritti nei suoi; non ci vide nulla se non paura pura, allo stesso modo in cui lei non ci vide nulla se non calma calcolatrice. Era così vicino, troppo vicino con il suo statuario corpo nudo, avrebbe voluto allontanarlo, ma non ci riusciva, non poteva farcela. Si arrese, chiuse gli occhi e cominciò a piangere silenziosamente, lasciando soltanto che lacrime amare scendessero sul suo viso pallido, bagnando la pelle di quel ragazzo che in realtà era un animale.
All'entrata di quell'angolino giunsero altre tre ombre, che si sorpresero non di poco nel vedere quello spettacolo : i vestiti della ragazza abbandonati in un angolino, lei soverchiata da una figura riconoscibile fra mille che la corpiva perfino dal getto d'acqua bollente del soffione. Il Pel di Carota e i suoi compari non se l'erano proprio aspettato, pensavano di trovare quella sgualdrinella lì tutta sola, ma non si sarebbero certo scoraggiati di fronte a quel solo problema, il rosso in particolare : lui la voleva e sarebbe stata sua.
Non appena li udì, il Lupo Cattivo si premette ulteriormente contro quella ragazzina e il suo corpo così forte e fragile ad un tempo; lei spalancò maggiormente i suoi occhi, versando ancora più lacrime che continuavano a scorrere sulla sua mano, ferendolo più di mille pugnali, e iniziò a tremare ancora di più.
-" Hey, Marcio, non pensavo che ti dessi anche a questo. "
Il Marcio si voltò appena verso di loro per fulminarli e la ragazza gemette in modo così innocente, così struggente, così inebriante per quella manica di reietti. Laughton lo guardava con quell'aria soddisfatta del cazzo, da bravo sadico qual era, e cercava di spiare ciò che lui con il suo mastodontico corpo copriva.
-" Levati dai piedi. "
ordinò il Lupo Cattivo, meglio conosciuto come il Marcio, con la sua solita voce profonda e leggermente stizzita. Pregò di non doversi staccare dal corpo della ragazzina per fargli del male, anche se forse sarebbe stato un bene : non si sarebbero più avvicinati a lei, ma a quale prezzo?
-" Cosa?! Eddai Marcio, non vorrai già dettare legge su quella bella fichetta?! "
-" Levati dai piedi, per l'ultima volta. Questa è roba mia. "
Il Pel di Carota e la sua banda valutarono attentamente le parole del Marcio, parole funeste e quasi ruggite che preannunciavano danni ingenti ed inutili. Maledirono il giorno in cui quel bastardo aveva preso il comando di Alkalie Lake.
-" Hey biondina, con me non hai chiuso. "
minacciò dopo vari, devanstanti secondi il rosso, prima di andarsene insieme ai suoi tirapiedi, ma Allison ormai non stava più ascoltando. Teneva gli occhi fissi sul viso teso del ragazzo che era premuto contro il suo corpo e che stava ascoltando i passi che si allontanavano sempre di più fino a scomparire. Quando il silenzio calò completamente nello stanzone, lui si allontanò pian piano, liberandola il più dolcemente possibile e cercando di non guardare troppo, malgrado fosse inutile. La ragazza si lasciò sfuggire un gemito isterico prima di scivolare in un angolo, rintanandovisi a piangere convulsamente e a cercare di coprirsi come meglio poteva. Si premeva contro la parete come se stesse cercando una via di fuga che sarebbe apparsa per magia, mentre piangeva così forte e disperatamente.
Il Marcio prese l'asciugamano abbandonato lì vicino e le si avvicinò lentamente, come se fosse stata una belva spaventata, cosa che era in realtà, ma lei scattò cercando di evitarlo, premendosi sempre di più contro le piastrelle del muro. I loro sguardi si incrociarono un'ultima volta, spezzando ogni corazza che alloggiava nel petto di quel ragazzo; sapeva che non l'avrebbe mai pregato, era troppo orgogliosa, ma quegli occhi dicevano più di mille parole, per non parlare delle lacrime che stavano scivolando sul suo viso diventato candido come un lenzuolo. La coprì come meglio potè con l'asciugamano, ma non tentò altri gesti o parole di cortesia : si sarebbe spaventata ancora di più.
 Se ne andò senza una parola, facendo il fantasma che era sempre stato, lasciandola lì a piangere e ingoiare tutto quello che le era accaduto in soli cinque minuti della sua breve, lunga vita.
 
Berry, non vedendo la detenuta McLean nella sala mensa, era partito alla sua ricerca. Era fin troppo insolito che fosse così in ritardo per la colazione; di solito, nonostante si dovesse asciugare i capelli, era sempre in tempo per consumare la sua razione, mentre quella mattina mancavano cinque minuti al suono della campanella e ancora nessuno l'aveva vista alla mensa. 
Si diresse verso le docce a passo spedito e se la trovò improvvisamente davanti proprio all'entrata di esse; il problema fu la sua reazione. Allison gridò come un'invasata, tirandosi immediatamente indietro e sbattendo dolorosamente contro una parete piastrellata per poi lasciarsi scivolare sul pavimento bagnato.
Berry, a quel punto, si sentì confuso e decisamente preoccupato. Era pallida come un lenzuolo, con gli occhi gonfi ed iniettati di sangue e tremava come una foglia secca in mezzo ad un nubifragio; non l'aveva mai vista così spaventata, così terrorizzata. S'inginocchiò allarmato accanto a lei con il cuore che batteva a mille e il fiato improvvisamente corto. Che diavolo le era successo? 
-" Allison? Allison? Cristo, che cosa succede? "
Lei non proferì parola, si limitò a scuotere la testa; i suoi occhi fissi e spalancati nel vuoto cominciavano di nuovo a minacciare lacrime, come quella mattina il cielo minacciava continuamente un'alluvione.
Quando provò a sfiorarle la spalla, si ritrasse malamente, spaventata, come una gatta selvatica che non aveva mai conosciuto gli umani e a cui si era avvicinato un cacciatore.
-" Hey piccola, è tutto okay, sono io... Stai male? Vuoi andare in infermeria? "
Di nuovo Allison si limitò ad un cenno affermativo con la testa, evitando qualsiasi tentativo di parola.
Pian piano, Berry avvicinò le sue mani a quelle di lei, aiutandola ad alzarsi e sorreggendola delicatamente con un braccio attorno alla vita; nonostante fosse cosciente e stesse camminando, sembrava quasi catatonica, sotto shock. Camminava trascinando i piedi e quasi non batteva le palpebre; per un terribile momento, Berry ebbe il terrore che qualcuno avrebbe potuto chiamare l'ospedale psichiatrico più vicino.
L'infermeria era una stanzetta isolata non molto lontana dalla lavanderia, una stanza tutta bianca, con attrezzature e scatolette bianche ovunque, un posto che ad Allison non piaceva per niente; tutto quel bianco era accecante, la confondeva, la spaventava, le ricordava il manicomio. Lì sembrava non esserci nessuno, cosa ancora peggiore. Cosa le avrebbero fatto? Quella era davvero un'infermeria? Quella era davvero la realtà? 
Berry la fece stendere piano piano su un lettino, su cui lei si accoccolò immediatamente, facendosi il più piccola possibile; il secondino si abbassò per guardarla negli occhi, in cui non  vi riconobbe altro che sorda paura, una forma di paura devastante e quasi demoniaca, la paura che impedisce agli uomini di vivere. Allungò lentamente una mano e le carezzò dolcemente i capelli ancora umidi per infonderle un po' di sicurezza; notó che sui suoi polsi fini e delicati cominciavano a formarsi due lividi, seppur lievi, e una rabbia feroce montò nel suo petto. Si contenne a fatica, respirando profondamente e continuando ad accarezzarla. La guardò dritta negli occhi color ghiaccio come un fratello guarda la sua sorellina, già suggerendole molte cose che a parole non si potevano esprimere appieno.
-" Allison, cos'è successo? "
La ragazza scosse la testa, un'altra volta.
-" Capisco. È difficile parlare, lo so. Se non vuoi farlo con me, non fa nulla, ma ne dovrai parlare con qualcuno, è chiaro? "
Passarono lunghi secondi prima che Allison, dopo che una lacrima le era sfuggita da quegli specchi di ghiaccio, rispondesse con voce flebile e spezzata.
-" Sono stanca di vivere da vittima... "
In quel momento Berry rivide la ragazza di ferro che aveva indirettamente conosciuto, l'orgogliosa signorina che era sopravvissuta per cinque lunghi mesi alla tremenda compagnia di Alkalie Lake. Le strinse fiduciosamente la mano, infondendole un po' di coraggio e non facendola sentire completamente sola e spersa. 
-" Cerca di riposarti, okay? "
le sussurrò, e lei chiuse gli occhi, cadendo immediatamente nel sonno dei tormentati.
Berry, intanto, si diresse al telefono cacciato in un angolo del bancone dei medicinali che stava di fronte alle brandine, alzó la cornetta e digitò in fretta il numero di chiamata rapida per l'ufficio del Grande Capo.
 
Aprì gli occhi tranquillamente, ritrovandosi ancora stesa su un lettino in quell'orribile stanzetta completamente bianca; l'odore pungente di disinfettante e lattice le ferì le narici, facendole fare una smorfia di disgusto : aveva sempre odiato l'odore dell'ospedale.
Si sentiva la mente completamente svuotata. Trovava incredibile come la psiche umana potesse far "dimenticare" i traumi con una semplice dormita, o forse era solo la sua di psiche a farlo, era una particolarità soltanto della dolce Allison, la biondina in un riformatorio maschile, il più duro del Colorado. In realtà, non aveva dimenticato proprio un bel niente, anzi; aveva solo ingoiato il boccone dello shock iniziale, perchè quel ricordo era lì in quel momento, davanti ai suoi cristallini occhi ancora leggermente irritati, e non l'avrebbe abbandonata mai più. Un altro demone con cui fare i conti la notte, un altro tizzone ardente nel bracere dei ricordi dolorosi di una vita difficile.
Ingoiò le lacrime, ma quando si rigirò sull'altro fianco saltò seduta per la sorpresa. In un completo blu notte e in tutta la sua orgogliosa, pomposa e fiera autorità, il Grande Capo Harrison stava seduto su una sedia di legno verniciata di verde acqua; era mezzo stravaccato, con una gamba accavallata all'altra e un braccio appoggiato allo schienale della sedia sconquassata, eppure la sua aura continuava ad emettere quell'opprimente senso di potere che sembrava precederlo, nonostante sembrasse più giovane in quella posizione. La guardava con il suo apatico sguardo calcolatore e quasi arcigno, senza alcuna particolare espressione su quel viso duramente segnato da un molto probabile addestramento militare e l'orrore della guerra. 
Allison non aveva idea del perchè fosse lì, del perchè avesse lasciato il suo aureo ufficio per lei, ma lo capì non appena vide i suoi occhi fissarsi sui suoi polsi lividi. Ricordò immediatamente la stretta troppo forte del ragazzo, rabbrividendo automaticamente e scacciando malamente quell'immagine terribile dalla sua mente e dal suo corpo. 
-" Come stai? "
Il tono dell'uomo era stranamente calmo, docile, il tono di una persona comune e non di un capitano di marina. Allison però non sapeva come rispondere. Bene? E allora perchè se ne stava tranquillamente a pisolare in infermeria? Male? E qual era il suo malessere?
-" Cos'è successo, McLean? "
la interpellò nuovamente Harrison, con una raggelante e seria calma che la fece rabbrividire. Però, nonostante il timore che le incuteva quell'uomo, era ostinata a non parlare. Orgoglio, determinazione, forza di volontà e un abbondante, funesto, odioso pizzico di testardaggine caratterizzavano da sempre quella ragazza feroce ed indifesa ad un tempo : non sarebbe cambiata ora come non sarebbe cambiata mai.
-" Nulla, signore. "
-" Balle. Sai, McLean, io sono arrivato cinque minuti dopo che Berry ti ha portata qui. Già stavi dormendo, non lo puoi sapere, per questo te lo dico, ma non è il mio arrivo l'importante. Lo è stato quello di un detenuto, il quale è piombato qui dentro correndo esattamente dieci minuti dopo di me. "
Allison deglutì, ricominciando a tremare e sbiancando nuovamente. Un detenuto? Che detenuto? Che n'erano duecentocinquanta lì dentro, quale di quelli era corso da lei? Non era sicura di voler sapere la risposta, anzi, non la voleva davvero sapere.
Passarono lunghi secondi di studio reciproco prima che l'uomo continuasse, serio e diretto più che mai.
-" Ascoltami McLean, se mi dici che diavolo è successo io ti posso aiutare. Farò passare un gran brutto quarto d'ora a chi ha tentato di farti del male e vedrai che non accadrà ancora. "
Il timore negli occhi di Allison si trasformò in un fulmine di ira pura, ira animale ed istintiva, incontrollabile ed implacabile. Aiuto? Da un adulto? Dal direttore del posto in cui sarebbe stata rinchiusa per un altro anno e vari mesi?!
-" Non voglio l'aiuto di nessuno. Me la so cavare. "
rispose semplicemente, nonostante avesse voluto urlare a quel cialtrone i peggiori insulti mai sentiti. Quell'uomo era una delle poche persone al mondo che con poche parole tirava fuori il peggio di lei, questo perchè la vedeva soltanto come una ragazza, una debole creatura di nostro Signore che avrebbe dovuto essere protetta da uno o più uomini. Ma quando mai?!
Harrison sorrise malvagiamente, soddisfatto da quella risposta; si aspettava qualcosa del genere, ma, nonostante la soddisfazione, era anche parecchio preoccupato. Fuori, nella vita di tutti i giorni, non stando rinchiusa in una prigione minorile certamente ce l'avrebbe indubbiamente fatta da sola, ma lì dentro era Alkalie Lake : piccoli criminali di ogni tipo ma dalle menti contorte, sveglie, e dal corpo ancora più rapido.
-" E va bene, niente aiuto, se è questo che vuoi. Ti ricordi le mie parole, quando ci siamo incontrati per la prima volta? "
Certo che le ricordava, come avrebbe potuto dimenticarle?
-" La forza fa paura; la paura fa impazzire, soprattutto i soggetti deboli. Non sopportano di vedersi sbattere in faccia la loro debolezza. La tua forza spaventa alcuni di loro, McLean. In casi normali direi 'Bene figliolo, tu ora ti devi adattare a questa vita : ignorali, dopo un po' si stancheranno' , ma l'ultima cosa che farai tu sarà quella di fingerti chi non sei, eh? "
Allison si limitò a sollevare un sopracciglio, non mutando minimamente la sua espressione di malinconico e sordo dolore psicologico.
-" Esattamente. Perciò ti dico questo : devi umiliarli tutti, mettigliela nel culo finchè non si ritroveranno a piangere nelle loro brande chiamando la mamma. Sei il primo detenuto per cui ho  stima e voglio che quei bastardi imparino che non sono onnipotenti, in pratica sei quella perfetta. Distruggili tutti ragazza, fammi vedere di che pasta sei fatta. "
Harrison ebbe il mistico potere di strapparle un sorriso malgrado fosse ancora molto, molto sgomenta per il fatto accaduto non più di due ore prima. 
-" Bene, così ti voglio. Ora scusami, ho un riformatorio da mandare avanti... "
Si salutarono con un sorriso molto più complice di quanto si potesse immaginare e al posto di Harrison apparve Berry, più sollevato che mai nel vederla leggermente rivitalizzata. Aveva ripreso un poco del suo colore e sembrava finalmente ritornata in lei. 
-" Vuoi una mano? "
-" No, grazie Berry. Posso camminare da sola... "
rispose cortesemente Allison, che si alzò senza troppi problemi e prese a camminare verso il suo posto di lavoro alla biblioteca. 
~~~
Per la prima volta dopo tre giorni Allison tornò a farsi vedere alla mensa. Aveva chiesto solo una cosa al Grande Capo : di stare per un po' in una cella per conto proprio, al terzo piano, e di poter consumare lì i suoi pasti; molto comprensivamente, Harrison le aveva concesso questo piccolo favore, incredibilmente e contro ogni previsione di Allison e dei secondini.
Non si era fatta vedere da nessun'altra parte se non al lavoro, in biblioteca, dove stava ben attenta a rivolgere la parola solo per necessità e solo a pochi dei ragazzi. 
Strane voci avevano cominciato a girare nel riformatorio, soprattutto grazie al contributo del Pel di Carota, e molti si spiegavano grazie a queste l'assenza della ragazza. Al contrario di quello che si potesse pensare, molti dei detenuti che avevano assistito al racconto più volte esagerato e distorto del rosso l'avevano pesantemente insultato ed indubbiamente biasimato. Tanti di quei ragazzi, infatti, avevano cominciato ad apprezzare particolarmente la presenza della detenuta McLean, sempre gentile nonostante il suo aspetto fosse un po' truce.
Quando la rividero entrare nella mensa in parecchi le sorrisero con gentilezza, ma lei non li vide o li ignorò : tenne lo sguardo fisso sul linoleum bianco del pavimento, mentre camminava per dirigersi verso il suo solito tavolino, come se non volesse farsi vedere da nessuno. Fu accolta con molta gioia da Trent, il quale fu più sollevato che mai di rivederla dopo tanto. La abbracciò con un calore pari a quello di un fratello, facendola sentire di nuovo umana, di nuovo viva e non un fantasma che vagava solitario per i corridoi di Alkalie Lake alla ricerca di qualcosa che non sarebbe arrivato o tornato mai; Allison ricambiò istintivamente l'abbraccio, sentendosi protetta in quella bolla di calore che le stava infondendo il ragazzo. Chiuse gli occhi, rivedendo per un attimo il sorriso angelico di Valery e i suoi profondi, bellissimi e luccicanti occhi viola che la osservavano e le dicevano Andrà tutto bene; risollevò le palpebre quasi spaventata da quel ricordo, si separò silenziosamente da Trent e si accomodò al suo posto, dove la stava già aspettando un vassoio stracolmo di prelibatezze, molte più rispetto alla sua razione abituale.
-" Ho portato tutti i giorni il vassoio... Questa mattina abbiamo fatto un po' di colletta per risollevarti il morale. "
le disse Trent sorridente e lei gli rispose con malinconia, un sorriso spento e quasi finto, con quell'espressione apatica e gli occhi vitrei di qualcuno che sembra aver bruciato il proprio spirito nelle fiamme della disperazione. Nonostante quell'impressione, Allison era commossa dal gesto gentile di quei ragazzi di cui fino a poco tempo prima aveva un certo timore.
-" Allison, qui girano delle strane voci rigurardo a qualcosa che ti è successo tre giorni fa... È vero? "
Gli occhi verdi e amichevoli di Trent per la prima volta si erano trasformati in smeraldi ghiacciati, occhi che sembravano voler emettere fulmini da un momento all'altro. Il dolce e amichevole sguardo di quel ragazzo sembrava non essere esistito mai in quelle iridi verdi che quasi la stavano spaventando.
A quelle parole, Allison spalancò i suoi bellissimi occhi azzurro ghiaccio, sbiancando per l'ennesima volta; la sua mano destra cominciò a tremare vistosamente, un tic che da tre giorni la tormentava al ricordo di ciò che le era successo nelle docce, in cui ora andava accompagnata da Berry, che sorvegliava l'entrata con il manganello in mano.
Era difficile, maledettamente difficile; il suo infinito orgoglio le faceva pensare che se avesse raccontato a qualcuno com'erano andate le cose, che diavolo era successo davvero, sarebbe passata come una vittima, una cosa totalmente impensabile per Allison McLean. Però era Trent a chiederglielo, il suo migliore amico, quello che in pochissimo tempo aveva conquistato la sua fiducia e il titolo di fratello nel suo cuore. 
-" C-cosa si dice? "
domandò, con lo sguardo fisso nel suo piatto e cominciando a mangiare un piccolo boccone alla volta, come gli uccellini timidi.
-" Il tipo con i capelli rossi e gli occhi verdi, Scott Laughton... dice che ti ha... "
Uno spasmo le attraversò il corpo, facendole scivolare il cucchiaio di mano; la posata cadde rumorosamente nel piatto, rimbalzando poi a terra e attirando l'attenzione della maggior parte della mensa su di lei. Davvero il Pel di Carota, Scott Laughton, andava dicendo questo?! Evidentemente non voleva perdere la faccia davanti agli altri raccontando com'erano andate realmente le cose, cioè che lui era stato quasi menato dal Lupo Cattivo.
-" È vero Allison? "
Quello sguardo così duro, così di ghiaccio che stava penetrando in Allison più facilmente di un pugnale la stava spaventando. Sapeva bene cosa significava quell'espressione, visto che lei se l'era vista addosso per tutta la vita : vendetta.
-" N-no, non è andata così. Ci ha solo provato. "
disse piano, riprendendosi il cucchiaio e ripulendolo con il tovagliolo di carta; le tremavano vistosamente le mani ed era pallida come un lenzuolo, così tanto che le occhiaie che le bordavano gli occhi erano più visibili che mai. In quel momento sembrava davvero un fantasma, l'ombra della tigre che il suo migliore amico era abituato a riconoscere in lei. 
Trent allungò una mano, prendendo quella di Allison tra le sue; si era indubbiamente tranquillizzato, tranquillizzando un poco anche la ragazza. Lei gli strinse forte la mano per fermare i tremori, respirò profondamente e, per la prima volta da quando aveva rimesso piede alla mensa, alzò lo sguardo, incrociando quello dell'amico.
-" È... È stato lui a proteggermi... "
mormorò, lanciando un'occhiata per indicare il Lupo Cattivo, il quale se ne stava al suo solito tavolo a finire la sua colazione, a primo impatto più magra del solito; aveva lo sguardo perso nell'infinito, uno sguardo serio e malinconico, uno sguardo diverso da quello distratto che aveva solitamente, più torvo, più inquietante e tormentato.
Anche Trent lo guardò e arricciò il naso, stringendole un po' più forte la mano.
-" Quello con i capelli neri? "
Allison annuì mesta, riportando gli occhi sulla sua colazione che improvvisamente non aveva più voglia di mangiare. 
-" Allora tranquilla, andrà tutto bene. "
Quell'affermazione la lasciò senza parole, completamente basita. Voleva tanto sapere che cosa voleva dirle con quella strana frase, ma Trent la liquidò con un dolce sorriso e la invitò a continuare la sua colazione.
~~~
 
Marzo
I corridoi di Alkalie Lake, quelli delle celle al secondo piano, ormai le erano estranei. Le sembrava di dover tornare lì per la prima volta da tempo, tanto, tanto tempo e quasi non riconosceva più le pareti scure e le porte di sbarre che per cinque mesi l'avevano accompagnata avanti e indietro dalla sua cella. 
Berry era puntualmente al suo fianco, la mano automacitamente sul manganello e lo sguardo di pietra che da sette giorni non si toglieva mai dal viso. Era confortante averlo come amico e non come guardia del corpo, ma quel senso di essere vista come una vittima la tormentava in continuazione, facendole disprezzare sè stessa e gli altri.
La sua cella era rimasta sempre la stessa, nulla sembrava cambiato, osservandola da fuori. Prima di entrarvi respirò profondamente, poi finse un'entrata in grande stile, come se stesse sfilando ad un ballo reale. La sua branda era perfettamente ordinata, il piumino ben stirato sopra il materasso e Pinky disteso sul cuscino ad aspettarla con la bandana di Trent legata al collo; il suo block notes era riposto nel cassetto insieme all'MP3, ma la cosa che attirò la sua attenzione fu un bigliettino poggiato accuratamente sopra il comodino, fermato dall'orlo della lampada da ufficio. L'avrebbe letto più tardi, si disse, e continuò ad osservare la cella anche nei suoi angoli più nascosti.
Dalla parte del Lupo Cattivo sembrava tutto uguale al solito. Il letto disfatto, la biancheria cacciata in un angolo della branda, un libro ordinatamente posato sul comodino, niente di più. L'angolo della squallida toletta era sempre lo stesso, forse sembrava più pulito, ma per il resto tutto era uguale a come l'aveva lasciato, eccezion fatta per la sua branda ordinata. 
-" Sei sicura di voler tornare a stare qui? Sai che il Grande Capo è disposto a concederti la cella che hai occupato nei giorni passati... "
le chiese Berry e lei gli rispose con un malinconico ma sincero sorriso. Aveva passato lì fin troppo tempo, pensando e ripensando a quel funesto e orribile giorno, uno dei peggiori della sua vita, a chiedersi mille cose sulle parole e i gesti ma senza trovare risposte. Ora era pronta a tornare alla sua vita di tutti i giorni.
-" Sì, sono sicura. Senti Berry, non è stata colpa tua, okay? "
Il secondino agitò nervosamente le spalle, tentando in vano di restare impassibile; non le rispose, si limitò a puntare lo sguardo sul soffitto e annuire. Si sentiva maledettamente in colpa, invece : se fosse stato lì con lei, non le sarebbe successo niente. Ma lui non era rimasto lì e lei era quasi stata stuprata. Non se lo sarebbe mai perdonato, mai. 
-" A-allora sei sicura? Non vuoi che resti qui con te? "
-" No, ti ringrazio. È tutto a posto, davvero. Puoi andare. Grazie. "
gli rispose Allison, sorridendo gentilmente, e Berry si sentì minimamente sollevato. Se ne andò silenziosamente, lasciandola sola nella sua cella in quel nuvoloso pomeriggio degli inizi di marzo. 
Si arrampicò sulla scaletta e si accomodò a gambe incrociate nell'angolino della branda. Passò qualche secondo a pensare, riordinarsi le idee, realizzare che ora sarebbe stata di nuovo in compagnia del ragazzo che l'aveva vista, che l'aveva sentita totalmente nuda e che lei aveva visto e sentito totalmente nudo. Rabbrividì inevitabilmente a quel pensiero, ma si fece forza e pensò che in fondo non era successo nulla, lui non le aveva fatto nulla di male, anzi, l'aveva protetta. Nonostante pensasse a ciò, però, l'idea di guardarlo di nuovo negli occhi le faceva venire la nausea, più per la vergogna che altro. 
Ricordò le parole di Harrison, al suo accenno alla visita di un detenuto che probabilmente gli aveva detto che cos'era successo. Aveva immaginato chi fosse, avendo in realtà la certezza che fosse stato lui, ma non voleva ammetterlo a sè stessa. Non voleva ammettere ce fosse andato in infermeria per lei.
Si risvegliò dai suoi pensieri e ragionamenti e fece per prendere il suo block notes e continuare il suo disegno, ma si ricordò di quel biglietto sul comodino, un semplice foglietto di carta a quadretti piegato in due che odorava di legno vecchio e polvere. Con tutta probabilità, veniva dalla biblioteca. Lo prese tra le dita fine e pallide e lo studiò per qualche secondo prima di aprirlo. Il brevissimo e chiaro messaggio era stato scritto con una comune penna a sfera nera, quelle dall'inchiostro dolce che ad Allison ricordavano la scuola; il carattere minuscolo in cui era scritto non era affatto di pessima calligrafia, anzi, solo che ricordava un po' quella dei bambini : grande e scombussolata, scritta di sbieco rispetto alla linea dei quadretti.
Scusa. C'era scritto semplicemente questo, senza firme nè ulteriori parole inutili. Semplicemente Scusa. Ripiegò il biglietto, sentendosi venire le lacrime agli occhi, ma sorrise teneramente, sapendo già chi le aveva lasciato quel premuroso pensiero. Nascose il foglietto nel suo block notes, su cui continuò pazientemente il ritratto del paesaggio di Rockford Lake.
Era bello tornare alla vita a cui si era faticosamente adattata.
~~~
La monotonia era ritornata nelle giornate di Allison, che però era ancora meno espansiva di prima. Tutto procedeva sempre normalmente, senza intoppi o eventi eclatanti; al contrario delle sue minacce, il Pel di Carota Scott Laughton non era più riapparso attorno a lei, si stavano evitando morbisamente entrambi.
Il suo lavoro era cambiato di nuovo e ora lavorava nella palestra facendo le pulizie. La prima volta che ci era entrata era rimasta senza parole : era uno stanzone enorme, così alto che quasi non si vedeva il soffitto; la parete a destra dell'entrata, sopra un muro alto due metri e mezzo, era tappezzata da enormi finestre -ovviamente sbarrate- che facevano entrare un mare di luce, illuminando l'intera stanza. In quella palestra c'era così tanta luce che sembrava di essere in un altro posto rispetto alle altre aree di Alkalie Lake. In mezzo alla stanza vi era un piccolo ring con tanto di tavolo per il timekeeper che la incuriosiva paricolarmente, anche se ogni giorno doveva passarci tre mani di candeggina per togliere varie macchie di sangue che, francamente, trovava molto inquietanti; ora si spiegava molte cose sui ragazzi che spesso arrivavano alla mensa con la faccia gonfia e livida o una mano fasciata. Le piaceva passare lì le sue mattinate, tra l'odore di ragazzi e detersivo, e le piaceva immaginare come si allenassero i suoi compagni. Qualcuno al sollevamento pesi, qualcun altro ai piegamenti e qualcun altro alla lotta.
Oltre agli orari di lavoro, però, non vi metteva mai piede, malgrado la curiosità. Sarebbe stato strano vedere una ragazzina girovagare tranquillamente tra attrezzi ginnici usati da ragazzi detenuti molto spesso senza maglietta e al solo pensiero l'inaspettatamente pudica Allison arrossiva. Si sarebbe sentita incredibilmente a disagio e soprattutto osservata. 
In quel soleggiato pomeriggio di marzo, però, la curiosità vinse sul pudore. 
Allison e Trent stavano vagando tranquillamente per i corridoi di Alkalie Lake alla ricerca di qualcosa da fare quando passarono davanti alla palestra, da cui arrivava un baccano infernale. Grida d'incitamento, fischi, rumori sordi, qualcosa di mai sentito prima. La ragazza si fermò d'istinto davanti alle porte spalancate dello stanzone, spiando con occhio di falco ciò che stava succedendo. Un grande capannello di ragazzi sembrava essersi radunato attorno al ring e sembrava che tutti stessero facendo il tifo per qualcuno o qualcosa; in effetti sul ring c'era qualcuno che stava lottando, ma da così lontano Allison non capì di chi si trattava. 
Trent la stava fissando piuttosto perplesso, chiedendosi perchè diavolo stesse guardando con tanto interesse due imbecilli che si prendevano a cazzotti per un semplice trofeo che nel riformatorio nemmeno esisteva. Il suo sguardo corrucciato e studioso lo facevano ridere : era incredibile come s'interessasse a certe cose come se le vedesse per la prima volta, come se non avesse mai abitato sulla Terra e stesse cercando di capire come funzionava quel complesso macchinario che era l'uomo. 
La ragazza partì a passo spedito all'interno dell'enorme stanzone dal pavimento di linoleum azzurro che era la palestra senza badare più al povero Trent, che fu costretto a correrle dietro per raggiungerla; si fermò pochi passi indietro rispetto alla piccola folla di ragazzi che assisteva allo spettacolo e puntò i suoi occhi curiosi sul ring circondato da corde elastiche azzurre e bianche. Uno dei due lottatori era bello grosso, sarebbe stato meglio in un incontro di sumo che di lotta libera; era pelato e dimostrava venticinque anni, nonostante ne avesse solo diciotto. L'avversario, invece, lo conosceva bene : quel corpo e quei tatuaggi non li avrebbe dimenticati mai e poi mai. 
Si stavano rifilando entrambi una bella carica di botte tra calci e pugni e più che sembrare lotta libera pareva una rissa malcelata, ma Allison cercava di apprezzarla in ogni caso, studiando ogni movimento del Lupo Cattivo, ogni sguardo, ogni respiro. 
Trent sorrise beffardo e complice all'amica, la quale sembrava totalmente persa nell'incontro, come se attorno a lei il mondo avesse smesso di girare e il tempo avesse smesso di scorrere.
-" Ora capisco perchè sei venuta qui... "
le sussurrò, e Allison si voltò corrucciata e imbarazzata, con le gote rosse come pomodori maturi. Gli rifilò una gomitata orgogliosa, facendolo ridere a crepapelle. Adorava farla stizzire.
-" Come si chiama? "
chiese improvvisamente la ragazza, tornata di nuovo concentrata sull'incontro che stava volgendo al termine; ormai il lottatore di sumo era a terra e sembrava troppo sfiancato per potersi rialzare, mentre il Lupo Cattivo era ancora in piedi, seppur appoggiato alle corde e sfinito, con un rivolo di sangue che gli usciva dal labbro e da un graffio sulla fronte, poco sopra il sopracciglio sinistro. Aveva il fiatone, molto comprensibilmente, e le bende bianche che gli fasciavano le mani si erano chiazzate di rosso. Indossava degli insoliti bermuda di jeans, probabilmente l'unico indumento ginnico di cui poteva disporre, che però gli donavano parecchio e lottava con i piedi nudi, fasciati anch'essi da bende bianche.
Trent, da fratello geloso e possessivo qual era, guardò con sgomento sia il Marcio che Allison. Questo interesse e la storia che ci stava covando sotto lo irritavano parecchio. 
-" Chi, il ciccione? "
Allison gli lanciò uno sguardo di fuoco e si strinse le braccia attorno al torso, un'abitudine che in quegli ultimi tempi aveva sviluppato morbosamente.
-" No, cretino. Il mio compagno di cella. "
Trent ridacchiò divertito dalla situazione : trovava assurdo che dopo sei lunghi mesi ancora non conoscesse il suo coinquilino, ma in fondo a lui andava bene così. Non gli era mai andato a genio quel tipo e il fatto che ronzasse attorno a quella che era la sua migliore amica lo faceva arrabbiare parecchio. In quel momento, la campana di fine incontro suonó e il capannello di detenuti tifosi esplose in grida e fischi.
-" Ahn, il fighetto? Si chiama Duncan Nelson, ma qui tutti lo chiamano 'il Marcio' . "
Duncan. Un nome interessante, pensò Allison, mordendosi il labbro nel guardarlo farsi sollevare il braccio da un presunto arbitro per confermare la vittoria. Ma perchè proprio il Marcio?
Il Lupo Cattivo scorse rapidamente lo sguardo sulla palestra, ma quando incontrò quello della ragazza sembrò raggelare. Si bloccò in mezzo al ring mentre la piccola folla si sperdeva, perdendosi in quegli occhi azzurro ghiaccio che lo stavano guardando con un'innocenza bambina; Allison avvampò immediatamente e puntò il suo sguardo altrove, strofinandosi nervosamente il braccio lasciato scoperto dalla manica della camicia arrotolata al gomito e continuando a mordicchiarsi nervosamente il labbro, un gesto raro e molto significativo per lei. 
-" E così qui si fanno incontri di lotta... "
disse a Trent, che intanto squadrava minacciosamente il Marcio, che a sua volta non toglieva gli occhi dalla ragazza.
-" Esatto tigre. Cos'è, vuoi entrare anche tu nel giro? "
Allison ghignò in modo complice strofinandosi il mento con l'indice fino, mettendo un po' d'inquietudine nel suo migliore amico che ora si sentiva un cretino per averle messo in testa quell'idea assurda.
-" È un'ottima idea... "
-" Ma per favore Allison! Eddai, ci sono troppi colossi per te qui dentro! "
La ragazza incrociò le braccia al petto, pessimo segno, e continuò a ghignare malvagiamente, segno ancora più pessimo.
-" Devo ricordati perchè sono qui? "
Trent, ormai esasperato dalla testardaggine di quella ragazza, si schiaffò la fronte. Era proprio una testa di legno quando s'impuntava, anche se l'adorava così.
Allison si voltó verso il ring, sul quale il Lupo Cattivo salutava amichevolmente il suo stremato avversario; si passarono un asciugamano a vicenda e mentre il lottatore di sumo se ne andava in infermeria a farsi riparare il naso, il Marcio rimase appoggiato alle corde qualche secondo, sputando sangue sul ring che lei avrebbe dovuto pulire il mattino dopo, ma che avrebbe voluto ripulire subito dopo quella scena abbastanza disgustosa.
-" Che diavolo hai in mente? "
la interrogò contrariato Trent, comprendendo il desiderio di fare una stupidaggine celato nello sguardo calcolatore della sua migliore amica, che lanciò un ultimo sguardo al ragazzo prima di rispondergli. 
-" Un piano geniale. "
-" Che Dio ci salvi tutti... "
mormorò Trent, mentre uscivano fianco a fianco dalla palestra alla ricerca di qualcosa per distrarre quella matta di Allison.
 
Per tutto il resto del giorno era rimasta concentrata sul suo "piano geniale" , esasperando Trent con i suoi sorrisetti malefici e le visioni gloriose di lei che atterrava giganti supermuscolosi di due metri. Questo, però, aveva i suoi lati positivi : Allison sembrava aver ritrovato sè stessa, un nuovo motivo per ristabilirsi. Pensando a questo, Trent pensava anche che forse quella che gli aveva suggerito nel pomeriggio non era un'idea troppo assurda se la sua migliore amica poteva tornare ad essere allegra come aveva imparato ad essere poco tempo addietro. 
Durante la cena erano tornati a ridere e scherzare come prima, senza sguardi malinconici e spasmi di paura, senza nessuna preoccupazione al mondo. Anche gli altri compagni detenuti avevano notato questo ritorno e tutti si erano rallegrati nuovamente della ripresa di quella dolce ragazza il cui nome era quasi sconosciuto ma molto ammirato; per non parlare di Berry, il quale aveva a sua volta ritrovato il sorriso, malgrado fosse tornato di ferro con tutti i galeotti. 
Tutto sembrava essere tornato al suo posto con la ripresa della detenuta McLean.
Passata l'ora della cena, come sempre, i detenuti si dispersero per gli ultimi minuti di svago della giornata, anche se per la maggior parte si rifugiarono nelle celle alla ricerca di un po' di riposo. Allison e Trent erano tra quelli; se ne andarono alle loro celle dopo essersi affettuosamente dati la buona notte, come facevano ogni sera da tre mesi a quella parte.
La ragazza saltellò fino alla 42B, il suo rifugio ancora deserto, e si fiondò immediatamente sulla sua branda con il block notes e la matita tra le mani. Dopo aver finito il ritratto di Rockford Lake che aveva appeso alla parete con del nastro adesivo aveva cominciato un disegno di Valery vestita del suo bellissimo abito estivo bianco e viola, quello che avevano comprato insieme ad una svendita a Colorado Springs due estati prima.
Ultimamente, pensare alla sua famiglia lontana non le causava più così tanto dolore. Aveva imparato, non sapeva come, a sopportare la lontananza, il fatto che stessero vivendo senza di lei e che forse, quando sarebbe uscita, non ci sarebbe stato più spazio per lei nella vita di sua sorella. Era un pensiero che le veniva in mente di rado e di sfuggita, un pensiero che però ancora le causava un mare di dolore, particolarmente perchè era un pensiero plausibile. In fondo, che diritto aveva di ripiombare nella vita di Valery dopo quasi due anni di distanza? Nessuno, ovviamente. 
Ricacciò indietro quei tristi pensieri, continuando a disegnare tranquillamente e con la mente vuota, piena solo dell'immagine aggraziata e angelica della dolce Val. Smise solo per un secondo, quando nella cella entrò il Lupo Cattivo vestito della sua solita tuta arancione, con la camicia aperta che scopriva la canottiera stavolta nera. Per un attimo restò spiazzato nel vederla, come se non fosse più abituato alla sua presenza, esattamente come lei non era più abituata alla sua. Come ogni sera, si piazzò sulla sua branda con il suo libro tra le mani, facendo finta che tutto il mondo attorno a lui non esistesse, la biondina sull'altra branda in particolare. Allison notò immediatamente il piccolo cerotto che aveva applicato sul piccolo graffio sulla fronte e le nocche scorticate, dettagli che chissà come lo rendevano più intrigante. 
Il suo sguardo si era subito corrucciato sulle parole del suo libro, una vecchia copia di L.A Confidential; le era mancato tornare a guardarlo leggere, sempre tutto concentrato e silenzioso, immobile nella penombra della cella. Trovò il coraggio e forse un po' di sfacciataggine per sorridere per un secondo a quella vista che per cinque mesi, tra poco quasi sei, le aveva tenuto una piacevole compagnia. Cercava di non pensare ai loro corpi premuti l'uno contro l'altro, alla circostanza, alle parole, cercò di eliminare o almeno di trattenere quell'ostinato ricordo che la tormentava ogni notte insieme agli altri demoni che da anni infestavano la sua coscienza. 
-" Sei stato tu a venire a trovarmi in infermeria?. "
disse timidamente, attirando l'attenzione del Lupo Cattivo, il quale sembrò prendere un po' di colore sulle gote dai tratti duri mentre spalancò gli occhi sul libro. La gola gli si serrò per un attimo e perció dovette schiarirsi la voce prima di parlare.
-" Mh. Forse. "
Allison gli sorrise timidamente nella penombra del suo angolino e lui rispose con cautela, come se non volesse spaventarla e come se volesse tenere nascosto quel gesto d'inaspettata tenerezza. Sembrava infinitamente più giovane di quello che dimostrava quando sorrideva a quel modo, riscaldandole il cuore e facendole dimenticare tutte le brutte cose che le erano accadute.
Il suo cuore cominciò a martellarle nel petto a ritmo di heavy metal e nella sua testa una voce che si sarebbe potuta paragonare a quella del suo Grillo Parlante le gridava di starsene zitta e che quella che stava pensando di fare era un'autentica stupidaggine.
-" Posso chiederti una cosa? "
Il ragazzo la guardò con i suoi lucenti occhi color acqua marina, chiudendo il libro con un dito in mezzo alle pagine per tenere il segno; per l'ennesima volta, Allison si perse in quelle iridi quasi fosforescenti, le stesse che quel pomeriggio si erano posate per la prima volta su di lei da giorni e giorni, quelle che in quella mattina tempestosa di fine febbraio l'avevano fissata fin nel profondo della sua coscienza.
-" Ehm... Oggi pomeriggio ti ho visto. In palestra. E v-volevo chiederti se... se potresti allenarmi. "
Uno sguardo attonito si puntò immediatamente su di lei, facendola sentire piccola e stupida, stupida in particolare. Avrebbe dovuto ascoltare il suo Grillo Parlante, ma ovviamente doveva sempre fare di testa sua, doveva sempre fare il contrario di quello che le dicevano, povera cretina! Sotto quella silenziosa occhiata così perplessa avrebbe voluto sotterrarsi, scomparire in un semplice poof e non ricomparire più. Di nuovo.
-" Vuoi imparare a lottare? "
le chiese, come se non avesse capito bene che diavolo gli stesse domandando, e lei annuì più timida che mai. Il Lupo Cattivo riaprì il suo libro, tornando a fissarsi sulle parole impresse sulle pagine e lasciando Allison in sospeso per qualche secondo.
-" Vedrò di procurarti qualche vestito da palestra. Cominciamo domani pomeriggio. "
Il viso della ragazza s'illuminò come non mai, facendo sorridere anche lui. S'infilò rapidamente sotto le coperte, accoccolandosi come al solito e abbracciando il piccolo Pinky; si voltò un'ultima volta verso il ragazzo, il quale stava ormai riponendo il suo romanzo per coricarsi a sua volta.
-" Grazie. Per tutto. "
gli disse semplicemente e lui le sorrise un'ultima volta, capendo che quel tutto significava molto più di quanto si potesse pensare. Poi le luci si spensero.
~~~
-" Sei qui... Puoi restare? "
-" Sai che non posso piccola... Ma che ti è saltato in mente? Una ragazza bella come te che si mette a fare lotta libera? "
-" Zia, sono in un riformatorio. Penso che il fondo l'abbia già toccato, non credi? Ormai ho perso le speranze per il mio futuro di 'ragazza normale' . "
-" Sembri delusa... Lo sai che saremo sempre e comunque fieri di te qui, non è vero? "
-" Lo spero tanto zia, lo spero tanto... "
 
La campanella la fece svegliare di soprassalto, interrompendo la visione angelica di zia Adeline seduta in un prato fiorito accanto a lei. Era da moltissimo tempo che non la sognava più, ma forse quella notte era arrivata da lei per tornare a darle coraggio, come faceva appena dopo essersene andata; i suoi capelli erano neri e lucenti come li ricordava e indossava sempre la sua veste bianchissima senza maniche, quella che si metteva ogni volta che andava a passeggiare sulle assolate spiagge di San Francisco insieme a zio Chris. Nessuna traccia del cancro, nessuna traccia della chemio, solo la sua bellezza che con il tempo avrebbe potuto soltanto evolversi.
A dissolvere definitivamente i suoi ricordi e i suoi sogni fu Berry, che aspettava sulla porta della cella per accompagnarla alle docce. Stranamente, la vedeva molto di buon umore, quasi pimpante. Dopo la consueta rapida doccia, si diressero insieme alla mensa per la consueta rapida colazione; salutò consuetamente Trent e si sedette al loro consueto tavolo, iniziando a mangiucchiare con appetito il consueto ed insipido rancio mattutino.
Anche il ragazzo notó una certa luce nello sguardo e sull'intero viso di Allison, una luce che non le aveva mai visto addosso. Sembrava un'altra persona, emanava un'aura positiva e allegra, così vitale e insolita sulla Allison che conosceva, eppure così meravigliosa che si sentì rinvigorito da quella paradisiaca visione. 
-" Ti senti bene tigre? "
La ragazza lo guardò un po' perplessa, ma sempre con un sorriso celato in quelle grandi e luccicanti iridi color ghiaccio dalle pagliuzze argentate, dorate e turchesi. Aveva degli occhi particolari alla luce del sole mattutino che penetrava dalle finestre opache, degli occhi paragonabili a quelli dei lupi. Non sapeva perchè, ma gli ricordavano incredibilmente lo sguardo enigmatico e mistico di quelle splendide creature.
-" Certo, benissimo. Oggi pomeriggio comincerò gli allenamenti di lotta. "
affermò orgogliosa, rizzando la schiena come un piccolo suricato e mangiando sorridendo fieramente un cucchiaio di corn flakes. Trent la fissò sconvolto, quasi facendosi andare di traverso la cucchiaiata di cereali che aveva appena imboccato; si chiese se lo stesse prendendo in giro, ma tutta quella fierezza e quella convinzione suggerivano tutto il contrario. 
-" Ti prego, dimmi che è solo uno scherzo da prete. "
implorò il ragazzo, sperando in un ultimo miracolo divino, ma Allison ridacchiò, battendogli qualche pacca d'incoraggiamento su una spalla.
-" Purtroppo per te, no. "
Proprio come avrebbe fatto Valery, Trent si schiaffò la fronte, palesemente frustrato ma contento allo stesso tempo : se era quella la ragione della sua allegria, era più che felice della sua decisione. C'era solo un minuscolo, insignificante, odioso ed irritante problema : 
-" Probabilmente so già la risposta, una risposta che non mi piacerà, ma... chi diavolo ti allenerà? "
Allison dilatò il suo smagliante e quasi beffardo sorrisetto senza mostrare i denti bianchi e ferini, indicando con il pollice il Lupo Cattivo che se ne stava beatamente per i fatti suoi ad ingurgitare corn flakes con la grazia con un marine appena uscito da una pozza di fango. A quel punto, la disperazione di Trent raggiunse il culmine; si accasciò sul tavolo, sbattendovi ripetutamente la fronte e maledendo tra sè e sè quel dannato bell'imbusto mille e una volta.
-" Farò a finta di non aver visto e sentito nulla in questi cinque minuti. "
Entrambi risero di gusto, continuando poi la colazione e aspettando che la campanella che annunciava l'inizio dei turni di lavoro suonasse.
 
Le ore sembravano non passare mai quella mattina. I suoi pensieri erano costantemente torturati dal fatto che quel pomeriggio avrebbe imparato a lottare; o meglio, avrebbe affinato la sua tecnica : da "rissa senza controllo" sarebbe passata a "rissa con qualche regola e più classe" . Come se non fosse bastata l'agitazione e l'emozione di cominciare qualcosa di così estremo e adrenalinico, era pure costretta a pulire la palestra che quel pomeriggio avrebbe di nuovo insozzato insieme ad un'altra cinquantina di ragazzi.
A pranzo non fece altro che tamburellare nervosamente il piede a terra, agitandosi senza un attimo di sosta e con lo stomaco contorto per l'emozione; si guardava silenziosamente e furtivamente attorno, passando rapidamente da un viso all'altro senza sapere precisamente dove guardare, mettendo in agitazione Trent.
Poi finalmente la campanella della lunga ricreazione era suonata, liberandola dell'attesa sfiancante; corse in cella con l'adrenalina già a mille, si sedette sulla sua branda con i piedi a penzoloni nel vuoto e attese nervosamente il Lupo Cattivo. Il ragazzo se la prese con calma, arrivando mezz'ora dopo con la sua solita calma apatica ed ectoplasmatica. Allison gli balzò davanti con gli occhi luccicanti di euforia ma un sorriso timido, più emozionata che mai. Gli sembrava di vedere una bambina che attendeva i suoi regali di compleanno e, in tutta franchezza, gli faceva tenerezza. 
-" Allora, sei pronta? "
La ragazza si limitò ad annuire, cercando di rimettersi composta e trattenersi.
-" Mh, bene. Tieni, questa è la tua tuta da ginnastica. È tutto quello che sono riuscito a raccattare. "
Allison notò il piccolo taglietto sopra al sopracciglio e che le sue guance prendevano colore mentre distoglieva lo sguardo e le porgeva una busta di plastica ecologica bianca. Con qualche dubbio, ne tirò fuori il contenuto : un top che le scopriva la pancia fino a metà costato, un paio di pantaloncini poco più lunghi dei boxer del ragazzo e una felpa senza maniche e con cappuccio, tutto puntualmente e fortunatamente nero. Allison lanciò un'occhiata perplessa al suo istruttore, un misto tra il volerlo fulminare e un sentimento strano che poteva essere definito dubbio. Il Lupo Cattivo si passò nervosamente una mano sulla nuca, cominciando a mordicchiarsi il labbro e scalciare leggermente con un piede.
-" E va bene, facciamo a finta di nulla. Possiamo andare? "
Lui si limitò ad annuire e poi si diressero verso la palestra in silenzio; Allison dovette quasi correre per star dietro alla sua falcata gigantesca ed irrompente; di tanto in tanto alzava lo sguardo sulla sua schiena ampia e salda, ma riabbassava puntualmente gli occhi per la timidezza. 
Lo stanzone era ancora momentaneamente deserto e piacevolmente profumato di muschio bianco, cosa che le fu molto gradita. Con un cenno della testa, il ragazzo le indicò una porticina in cui non aveva mai osato entrare; si trovava nell'angolino a sinistra rispetto alla porta d'ingresso ed era verniciata dello stesso verde sbiadito delle pareti. Quando entrarono, si ritrovarono in una specie di spogliatoio angusto dalle pareti grige, illuminato soltanto da una piccola finestrella situata sulla parete di sinistra. Al muro di fronte alla porta erano stati fissati degli scaffali con varie cosucce, tra cui una fornitura infinita di bende e ben tre kit del pronto soccorso; davanti ad essa, due basse panchine occupavano la maggior parte dello spazio già ristretto e a destra dell'entrata vi era una piccola fila di armadietti verniciata di turchese da parecchio sbiadito e scrostato in vari punti.
-" Cambiati, poi ti mostro come devi fasciarti mani e piedi. "
si pronunciò il ragazzo, alle sue spalle, ritto nella sua possenza e con le breccia incrociate al petto; il suo sguardo così freddo la intimorì, facendola sentire piccola e inadeguata, ricordandole tanto il modo in cui l'aveva guardata sotto quella dannata doccia. Un brivido le percorse la schiena e fu costretta a stringersi nelle spalle per non lasciarsi andare agli spasmi nervosi che prendevano possesso delle sue membra ogni volta che ricordava quell'orrido episodio.
-" Tutto a posto? "
-" Sì. Sì... Ehm, c'è solo una piccola postilla. "
Il ragazzo aggrottò la fronte, perplesso, sembrando più scontroso ma allo stesso tempo anche tenero.  
-" P-puoi uscire mentre io mi cambio? "
Nonostante non lo stesse guardando, fissando costantemente e ossessivamente gli scaffali di fronte a lei, le parve di percepire un sorrisetto. Le sue guance erano bollenti e, come ogni volta che si trovava in una situazione tanto delicata, il collo comiciò a sudarle copiosamente, facendole appiccicare fastidiosamente i capelli e il colletto della camicia alla pelle.
-" Devo cambiarmi anch'io. "
Allison avrebbe voluto sotterrarsi per l'imbarazzo. Si sentiva arrossire perfino le punte dei piedi e il cuore le stava scalpitando nel petto come un cavallo imbizzarrito. Era completamente nel panico. Davvero si sarebbe dovuta cambiare con quel ragazzo nella stessa stanza?
-" B-beh, allora guarda da un'altra parte! "
squittì, risultando un dolcetto zuccheroso stizzito invece che una ragazza arrabbiata. Il Lupo Cattivo non le rispose, ma quando si voltò lo vide nascosto da un'anta aperta dell'armadietto, intento a frugarci dentro.
Cominciò a spogliarsi lentamente, tremando come una foglia e pensando che in fondo non c'era motivo di essere così pudica con quel ragazzo : aveva visto, aveva sentito molto più di chiunque altro le fosse mai stato vicino, e lei aveva fatto lo stesso con lui, anche se forse non era stata la prima. No, sentiva con certezza di non essere stata la prima.
Si spogliò in fretta e furia, controllando ossessivamente che non la guardasse, soprattutto quando si levò il reggiseno per infilarsi il top superattilato che le compresse il petto, eliminando momentaneamente quelle dolci curve proprorzionate che non le avevano mai causato troppi problemi. S'infilò il resto del completo e rimase a piedi scalzi, sentendosi a suo agio ma troppo nuda ad un tempo, e si riannodò i capelli in una lunga coda di cavallo dorata e legata in più punti. 
Quando si voltò, il ragazzo era ancora in procinto di cambiarsi; quando lo guardò, si era tolto la camicia e si stava sfilando i pantaloni. Il suo sguardo sfuggì per un secondo più in basso del dovuto, potendo osservare con occhio studioso che il fondoschiena di quel ragazzo non era proprio niente male. Si voltò immediatamente dopo aver realizzato quel pensiero, arrossendo come non mai e mordendosi il labbro, bloccandosi come un ciocco di legno a fissare con occhi spalancati gli scaffali stracolmi di bendaggi. 
-" Se vuoi, puoi anche guardare. "
Al suono di quella frase, nonostante il suo tono sembrasse quasi scherzoso, un brivido viscido le strisciò lungo la schiena e il suo cuore ebbe un tuffo : avrebbe solo voluto sotterrarsi. Si sentiva una completa idiota e si chiedeva perchè con quel ragazzo ogni cosa andasse male.
Rimase lì immobile finchè non le passò di fianco, prendendo otto nastri di bendaggi e un rotolo di nastro isolante bianco; indossava gli stessi pantaloncini di jeans che gli aveva visto indosso il pomeriggio precedente e una felpa molto simile alla sua, solo che grigia. La zip allacciata alla buona lasciava suggerire la mancanza di altri inumenti sotto quella felpa senza maniche che gli scopriva le muscolose braccia tatuate, dettaglio che inspiegabilmente la fece arrossire di nuovo. 
-" Siediti. "
le ordinò, e lei obbedì senza proteste. Le s'inginocchiò davanti, poggiandole di fianco sette dei bendaggi e tenendone solo uno; con rude delicatezza le prese una mano, cominciando a fasciarla da metà avambraccio fino alle nocche, lasciando ovviamente libero il pollice. Il suo tocco era rapido e sicuro, ma delicato e premuroso allo stesso tempo, quasi mistico; la benda era della larghezza perfetta, stringeva ma lasciava libertà di movimento. Era quasi stregata dall'operazione che il Lupo Cattivo stava compiendo su di lei, ma fu ancora più stregata dai suoi occhi e l'espressione corrucciata e concentrata, la stessa con cui leggeva i suoi preziosi libri. Ne convenne che le sue iridi erano qualcosa di inspiegabilmente bello, un altro dettaglio magnifico su quel ragazzo altrettanto magnifico. 
Si accorse solo poi che si stavano toccando e che, incredibilmente, non era fuggita dal suo tocco. Arrossì a quel pensiero, rabbrividendo leggermente e avendo uno spasmo. Lui le scoccò una semplice occhiata, che però non ricambiò.
-" Le fasciature servono per due motivi : non spezzarti le ossa e limitare i danni sugli avversari. Purtroppo, non puoi andare sul ring come una mummia, quindi dovrai accontentarti di fasciare solo mani e piedi. "
la sua voce severa la fece sorridere, stranamente, forse perchè quella battuta faceva pena ma il tono la rendeva divertente; le assicurò la benda con un sicuro e netto strappo di nastro adesivo e ripetè il processo di fasciatura sull'altra mano e sui piedi, che bendò da qualche centimetro sopra la caviglia fin quasi alle dita. Quando ebbe finito con lei, si mise all'opera su di sè, mettendoci quasi la metà del tempo, dopo di che furono pronti.
Quando uscirono, la palestra era già più popolata e Allison si sentì parecchio a disagio a girare "vestita" in quel modo in mezzo a tanti ragazzi su di giri a causa della fatica e dell'adrenalina; si strinse nelle spalle, guardandosi attorno con aria sperduta e le gote vividamente colorate. 
Giunsero fino ad un sacco da boxe venti centimetri più alto di lei e del colore turchese del pavimento; in vari punti era riparato con strappi di nastro adesivo argentato, quello da meccanico, lasciando dedurre che era stato usato da molti, molti ragazzi molto violenti. Era la prima volta che si trovava davanti ad un sacco da boxe e l'idea di colpirlo le suonava un po' aliena. Era quel tipo di persona che trovava stupido picchiare cose inanimate non per sfogo.
Il Lupo Cattivo si affiancò allo strumento, incrociando le braccia al petto e osservandola silenzioso mentre studiava quel povero sacco che avrebbe dovuto subire altre percosse.
-" Avanti, fammi vedere quello che sai fare. "
Lo guardò dubbiosa, ma lui non mutò di una virgola, continuando a fissarla dall'alto della sua possenza e facendola sentire insignificante.
-" Ho sentito perchè sei qui. Aggressione di terzo grado, mh? A meno che tu non abbia usato un bastone o altri corpi contundenti, dovresti già avere un'idea di come colpire. "
Allison respirò profondamente, allontanando le immagini di Alexander Feltman sotto i suoi colpi brutali e un brivido di orrore le attraversò il corpo. Pensava di potercela fare : aveva sferrato pugni tutta la vita, non credeva che quel tentato omicidio, più che aggressione di terzo grado, le avrebbe lasciato un segno indelebile ed invisibile ad un tempo.
Cercò la forza e l'impeto di un tempo, riuscendo a sferrare soltanto un misero pugnetto contro il sacco da boxe, che per la cronaca ondeggiò appena. Ci riprovò, ottenendo un risultato ben poco differente. Si sentiva stupida. Come sempre.
-" Hai aggredito un fuscello? "
le chiese ironicamente il Lupo Cattivo con la sua solita apatia che in quel momento fece ribollire il sangue ad Allison. Avrebbe voluto mandarlo a quel paese, ma si limitò a fulminarlo con lo sguardo.
Tornò a respirare profondamente, chiudendo gli occhi e cambiando tecnica : forse, invece che allontanare il pargolo Feltman dalla sua mente, doveva riavvicinarlo. Lo rivide abbracciato a Valery, o mentre si salutavano affettuosamente con un bacio, o ancora mentre confessava sguaiatamente di averla presa in giro per tutto il tempo. Il colpo scattò automaticamente dal suo braccio, andando ad infrangersi con potenza devastante contro la cerata del sacco, il quale ondeggiò con violenza e liberò una nuvola di polverina bianca che doveva essere polvere di magnesio. 
Allison riaprì gli occhi, avvertendo la scarica formicolante del colpo scivolarle tra i muscoli del braccio, ancora accostato al sacco. Purtroppo, uno strumento inanimato l'animava soltanto per un singolo colpo e per questo sapeva che avrebbe dovuto allenarsi parecchio all'accettazione di pestare qualcosa di non vivente. 
Il Lupo Cattivo la guardava con un sopracciglio inarcato, evidentemente sorpreso dalla forza di quell'apparentemente delicata biondina. Interessante, pensò.
-" Mh, non male. Tutto qui? "
-" Non riesco a fare sul serio con questo coso... "
mormorò leggermente sconsolata.
-" Ci lavoreremo. Vediamo che sai fare sul ring. "
Allison lo guardò attonita mentre si dirigeva verso il quadrato, deglutendo preoccupata. Mentre raggiungeva il suo istruttore, si stava immaginando l'incontro che si sarebbe svolto di lì a poco, con tutta probabilità tra lei e il Lupo Cattivo, e una fitta gelida le percorse la spina dorsale : sentiva che sarebbe finita molto male. Per lei, ovviamente. 
Il ragazzo salì nel ring, abbandonando la felpa in un angolo e attirando l'attenzione di qualche detenuto che si voltò verso il quadrato coperto di cerata bianca. Si sgranchì le articolazioni, risultando tanto attraente quanto esagerato. Allison lo seguì timidamente, lasciando a sua volta la sua felpa in un angolo e stringendosi le braccia attorno al corpo; si guardò nervosamente attorno, notando che ormai tutta la palestra aveva occhi solo per quel dannato ring illuminato dal pallidi raggi gialli del sole di marzo.
-" Cercherò di non colpirti, non ho intenzione di farti male. Devo solo capire come fare di te una macchina da guerra. "
dichiarò con calma, scrocchiandosi un dito alla volta; Allison sorrise in modo leggermente provocante e beffardo, scrocchiandosi le nocche a sua volta e prendendosi lunghi momenti per studiarlo. La sua struttura fisica magra ma muscolosa e la sua altezza non le avrebbero mai permesso di batterlo in uno scontro di forza; da quello che aveva visto il pomeriggio precedente, era molto agile e rapido, ma forse lei poteva fare di meglio grazie alla sua bassa statura e la struttura magra.
-" Faccio io la prima mossa? "
le chiese, stringendo e rilassando i pugni, mettendo in allerta la ragazza, che annuì  semplicemente, studiandolo come se fosse stato un lupo rivale da combattere. Non era qualcosa di molto diverso dalla realtà : solo dai loro sguardi carichi di adrenalina da preparazione, così truci e assetati di sfidare l'altro, si capiva che l'atmosfera non era troppo diversa da quella che ci poteva essere in una foresta tra due lupi.
Il Marcio le si avvicinò a grandi falcate, ma Allison rimase ferma e scartò a sinistra all'ultimo, quando cercò di afferrarle il braccio. Era stato troppo lento : voleva soltanto tastare il terreno. Uno di fronte all'altra, lei con il sudore freddo che le colava lungo la schiena e il respiro corto, lui rilassato e quasi divertito, stavano solo aspettando di potersi sbranare a vicenda. 
Il ragazzo riprese ad avvicinarsi, stavolta più cautamente e lentamente; nonostante il suo cuore impazzito le gridasse di scappare fuori da quella palestra, le sue gambe rimasero salde e i suoi pugni si strinsero dolorosamente. Le arrivò praticamente davanti, così vicinò che riuscì a sentire il suo profumo di uomo, piacevole sudore e muschio bianco, un odore particolare e quasi inebriante; si obbligò a guardarlo negli occhi e quando vide il suo ghigno malvagio deglutì. Non aveva idea di cosa fare, così improvvisò : pessima idea.
Tutto avvenne nel giro di un secondo. Nel tentativo di colpirlo in viso, lui le afferrò il polso parando il colpo e, nonostante stesse opponendo una decisa e ostinata resistenza, riuscì a spostarle il braccio come se fosse stato un ramoscello debole e tenero. Deglutì di nuovo prima che la prendesse per il collo e le facesse lo sgambetto, facendola atterrare pesantemente di schiena sul tappeto del ring; malgrado non le stringesse affatto la grande mano attorno al fragile e pallido collo, la bloccò istantaneamente al suolo, cercando di mantenersi meno in contatto possibile con lei. Il suo istinto di sopravvivenza, un istinto perfettamente identificabile come quello lupino, si risvegliò tutto ad un tratto e dal suo corpo parvero esplodere fiamme. 
Con la mano libera gli rifilò un pugno sulla mascella che lo fece ringhiare ed allentare minimamente la presa sul suo collo; sgusciò rapidamente via dalla sua portata e, approfittandone della sua posizione gattonante, tentò stupidamente di circondagli il collo con il braccio. Con una rapidità impressionante, le afferrò il polso e alzandosi in piedi le fece fare una capriola in avanti, sbattendola nuovamente con un ringhio al tappeto. Ebbe l'istintiva prontezza di graffiargli il collo, infastidendolo e dandole l'occasione di colpire di nuovo, stavolta con un rapido e calcolato calcio di tallone appena sopra il ginocchio, urtandogli il nervo e costringendolo in ginocchio. Si rialzò con la velocità di un fulmine e gli saltò addosso come una gatta selvatica, ruggendo rabbiosa e sbattendolo con la schiena a terra; purtroppo, il suo peso non bastò a bloccarlo e con un colpo di bacino il Lupo Cattivo invertì rapidamente le posizioni. La costrinse a terra trattenendole il più delicatamente possibile le mani a terra e le impedì di muoversi sedendosi pian piano sulle sue gambe, poco sopra le ginocchia, un contatto sufficiente per evitare che si muovesse. 
Dopo vari secondi in cui provò a dimenarsi, Allison riconobbe tristemente la sconfitta, abbandonandosi stremata alla cerata umida e appiccicosa di sudore del ring; entrambi avevano il fiatone ed erano sudati ed entrambi si stavano guardando come due lupi alla fine di uno scontro amichevole.
-" Penso... Penso che per oggi basti. "
dichiarò ansiamente il Lupo Cattivo, facendola sorridere.
-" Comunque, molto piacere, Duncan Nelson. "
 
La stanzetta, pallidamente e cupamente illuminata dalla sola luce che penetrava dalle finestre opache e sbarrate, metteva un po' di malinconia in Allison. Se ne stava seduta sulla panchina più vicina agli scaffali-ripostiglio, in attesa che il Lupo Cattivo si cambiasse. Ripensò all'incontro appena svolto, all'adrenalina che le scorreva ancora in corpo e a quanto si era divertita. Quella degli allenamenti non era stata affatto una stupidata, pensò. 
Si voltò quanto bastò per adocchiare il ragazzo alle sue spalle e lo vide con i pantaloni arancioni della comune tuta ma ancora a torso nudo, voltato di spalle; sulla sua possente schiena vi riconobbe nuovi tatuaggi, una scritta in corsivo semplice sulle spalle : Impara a rinchiudere il demone che c'è in te prima che ti mangi vivo; più sotto un dragone tribale sembrava arrampicarsi agilmente sulla sua pelle luccicante di sudore. Represse il suo desiderio di chiedere a sè stessa che cos'avesse passato per farsi tatuare quella frase e si concentrò sui segni della lotta che portava sul corpo. I solchi dei suoi graffi erano ben visibili sul suo collo forte e avevano cominciato a sanguinare, probabilmente irritandogli fastidiosamente la pelle; al contrario delle sue aspettative, il pugno alla mascella che gli aveva rifilato gli stava formando un livido all'angolo della bocca, dove sembrava esservi anche una macchiolina di sangue che spuntava dalle labbra fine. Tra i due, lui sembrava di sicuro quello messo peggio.
Quando si voltò per andarle incontro, spostò immediatamente lo sguardo, arrossendo per essere stata nuovamente colta in flagrante a fissarlo. Le s'inginocchiò davanti, arrivandole poco sotto il naso, e le prese delicatamente una mano, cominciando a srotolarle le fasciature con calma e cura. Lo osservava quasi di soppiatto mentre lo faceva, mentre stava tranquillamente senza maglietta di fronte a lei, facendola arrossire nuovamente; cercò di concentrarsi sul suo sguardo tranquillo, sulle sue grandi mani che le liberavano pian piano le braccia dalle bende bianche scurite da qualche grumo di polvere. 
-" Non te la cavi male. Sei rapida e agile, dobbiamo solo lavorare sulla tecnica di pestaggio. "
dichiarò il Lupo Cattivo dopo qualche minuto, sempre continuando a guardare ciò che stava facendo, ed Allison si limitò ad annuire, anche se forse lui non se ne sarebbe accorto.
-" Hai bisogno di un cerotto. "
mormorò timida, evitando imbarazzata di guardare i segni delle sue unghie sul suo collo, poco sopra la clavicola, e il rivoletto di sangue che si stava coagulando ad un angolo della sua bocca; lui fece spallucce, minimizzando il tutto.
-" Non è nulla. "
Allison fece scivolare lentamente la mano dalle sue non appena ebbe finito di levare le bende, si alzò e si diresse verso uno dei kit di pronto soccorso, rovistandoci dentro e trovando lo stretto necessario per medicarlo minimamente : tintura di iodio, dischetti di cotone e cerotti. C'erano dei piccoli cuscinetti di gel turchese che la incuriosirono parecchio e che probabilmente avevano poteri magici ma inutili. 
-" Cosa sono? "
-" Cuscinetti di ghiaccio sintetico. All'interno c'è un pulsantino : se lo premi, diventa ghiacchiato. "
Sorrise nel confermare la funzione di quei simpatici cosetti e prese quelle quattro fondamentali cose e le poggiò dove poco prima si era seduta.
-" Siediti, per favore. "
Il ragazzo la guardò con qualche perplessità, ma alla fine cedette, si accomodò e la lasciò fare mentre lui si premeva il cuscinetto di ghiaccio sintetico sulla mascella, anche se non ce n'era bisogno; malgrado lei fosse in piedi, le arrivava poco sotto il mento. Ammirò per un secondo il suo addome magro e segnato da qualche piccola e luccicante cicatrice, chiedendosi come se le fosse procurate; la osservò mentre imbeveva con cura un dischetto di cotone di tintura di iodio. Con le dita fine e apparentemente delicate gli sfiorò dolcemente il mento, facendolo voltare e rabbrividire a quel tocco così dolce e quasi fragile; gli sfiorò appena i graffi con il dischetto e la maledetta tintura lo bruciò all'istante, facendolo ringhiare per il fastidio.
-" Scusa... "
gli sussurrò, continuando poi a tamponare delicatamente e timidamente la sua pelle. Il suo respiro gli vibrava sul viso e poi sul collo, causandogli ancora più brividi, e percepì distintamente i tremori delle sue mani. Tremavano così tanto che quando cercò di scartare il cerotto le cadde due volte di mano, facendolo quasi scoppiare a ridere. Nella sua timidezza e innocenza, nella sua spontaneità bambina, la trovava adorabile; nella sua forza e nella sua agilità, nella sua raffinata rabbia e instinto, la trovava unica.
Finalmente riuscì ad applicare il cerotto, guardandolo soddisfatta, poi gli cacciò vicino alle labbra un secondo dischetto.
-" Sputa. "
-" Mh?! "
-" Sputa. Per pulirti il sangue. "
precisò la ragazza e lui, nonostante si sentisse un bambino, la accontentò. Gli accarezzò dolcemente la pelle sporca di sangue ad un angolo della bocca, ripulendolo con cura ma sempre tremando come una foglia. Sapeva esattamente che toccarlo la metteva a disagio, fuori dal ring in particolare, a quanto pareva. Prima di quel giorno, si erano toccati una sola volta ed entrambi ricordavano perfettamente quei lunghi e strazianti momenti. Per loro era una novità entrare in contatto in quel modo.
-" Fatto. "
Sentenziò semplicemente, gettando in un cestino scassato cartacce e dischetti. 
-" Grazie. "
le disse con gentilezza e lei rispose con un semplice, timido e raggiante sorriso, arrossendo con tenerezza e sistemandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio per nasconderlo.
-" Non volevo farti male... "
gli confessò, fissando ossessivamente e con malinconia un punto lontano dai suoi occhi acqua marina che la stavano guardando con tanta dolce apatia. Proprio non ce la faceva a guardarlo e non sapeva perchè. 
-" Non ti preoccupare. Tu non ti sei fatta male, vero? "
Non le sfuggì una punta di preoccupazione nella sua voce profonda e calma, che automaticamente le fece portare una mano al collo, dove lui l'aveva afferrata per sbatterla a terra; ancora sentiva l'inebriante sensazione della sua mano contro la sua pelle. Il Lupo Cattivo si alzò e la raggiunse con un passo, troneggiando sulla sua figura minuta e facendola sentire nuovamente una bambina.
-" Fammi vedere... "
le ordinò gentilmente, prendendole pian piano il polso tra le dita e scostandolo dal suo collo, studiandolo con minuziosa premura senza toccarla ulteriormente ma avvicinandosi abbastanza da farle vibrare il suo respiro sulla pelle. Quando la sua mano le sfiorò delicatamente il fianco per farla voltare fu come se fosse stata toccata da un tizzone ardente. Le sue dita erano tiepide, ma sulla sua pelle bollente per l'adrenalina parevano gelide. Nonostante lo spasmo, lui la sfiorò nuovamente dopo aver incrociato per un attimo i suoi occhi e questa volta Allison non reagì male; si voltò semplicemente, stringendosi nelle spalle mentre lui le osservava la parte di schiena scoperta dal top nero. 
Notò le chiazze che un acne devastante le aveva lasciato sulla pelle pallidissima e anche le altre varie cicatrici che la tempestavano; ebbe la tentazione di sfiorarle, ma si trattenne. Notò poi un segno rosso che le si stava allargando sul lato destro della schiena, a livello del costato, e che due scheggette di legno che probabilmente avevano attraversato la cerata del ring spuntavano dalla sua pelle. Si sentì un verme.
-" Ti si sta formando un livido qui dietro. E hai delle schegge. "
le disse e lei si volto, rivolgendo alle panchine un timido e malinconico sorriso.
-" Non fa nulla. "
-" M-mi dispiace... Non avevo intenzione di essere violento. "
Il sorriso della ragazza si dilatò e per la prima volta in tutto il giorno si posò sul suo viso, sollevandogli un peso dal cuore.
-" Non lo sei stato. "
Anche lui accennò un sorrisetto, confortato da quelle parole, e poi il silenzio calò tra i due mentre lui prese le pinzette. Si accomodò su una delle panchine e si mise minuziosamente al lavoro, levandole delicatamente le schegge e disinfettando i due minuscoli forellini con la tintura di iodio. Per tutto il tempo, la ragazza non diede il minimo segno di fastidio o dolore. 
-" Fatto. "
dichiarò, ricevendo in cambio dei timidi ringraziamenti e un sorriso altrettanto timido. Era incredibile che poco prima quella stessa ragazza l'avesse conciato come una pelle di daino.
Si cambiarono in silenzio, stranamente più a proprio agio di prima, e prima di lasciarlo solo nello spogliatoio, lei gli rivolse un nuovo, dolce sorriso che gli fece dimenticare di essere chi era.
-" Comunque, molto piacere, Allison McLean. "
   
 
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