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Autore: mamma Kellina    16/06/2009    18 recensioni
Dedicato a chi ama le storie un po' retrò, è un romanzo d'amore ambientato tra la Napoli e l'Inghilterra di fine ottocento. Chi vorrà leggerlo, farà un tuffo in un passato che ho cercato di ricostruire con accuratezza, ma nelle tormentate vicende di lord Christopher Riddell e della giovane Maria de Oliveira, benché condizionate dalla mentalità e dalle consuetudini dell'epoca, troverà sviscerati temi sempre attuali quali la difficoltà di esprimere i propri sentimenti o, più semplicemente, la paura d'amare. Non mancheranno i colpi di scena ed i momenti di intensa commozione in un racconto che spero potrà avvincere ed interessare i lettori.
Poiché sono una esordiente su questo sito, aspetterò con ansia e gratitudine i vostri pareri.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
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Maria restò così abbattuta per tutto il resto della domenica ed anche per buona parte del giorno dopo che i Riddell si preoccuparono e mandarono a chiamare il dottor Fisher per farla visitare di nuovo. Il medico li rassicurò con un sorriso di incoraggiamento ripetendo però che, secondo lui, prima della fine della settimana si sarebbe sgravata di certo.

Ogni tanto un lieve doloretto al  basso ventre le faceva temere di stare già per partorire ma poi si calmava e lei se ne sentiva sollevata. Aveva paura, una paura immensa del dolore fisico che avrebbe patito tra poco ed anche di quello morale che la sua prossima solitudine non avrebbe mancato di darle. Ma non desiderava più sfogarsi con nessuno, neanche con la brava Kate, e con molto garbo faceva capire a chi veniva a trovarla che era stanca e desiderava riposare.

Però non poté rifiutare la visita di George Festing  il quale, come le fu detto, aveva sistemato i suoi affari a Londra ed era corso a Norhal Castle non appena aveva saputo che il parto sarebbe stato anticipato.

Si affacciò sulla soglia della sua camera il martedì sera.

- Posso? – le chiese  e nel vedere il suo cenno d’assenso, entrò chiedendole – Come stai?

- Come una balena arenata – gli rispose Maria che aveva una pancia enorme ed era arrivata davvero ad  assomigliare a una balena.

George si mise a ridere e commentò:

- Sono lieto di notare che non hai perso il tuo senso dell’umorismo!

Di solito la sua espressione da impunito e il suo bonario sarcasmo le avevano sempre suscitato simpatia, ma questa volta Maria se ne sentì urtata. Con il viso e la voce che ne denotavano il disappunto, gli rispose:

- Ho perso tutto invece. Ogni cosa.

L’espressione del barone cambiò di colpo, divenendo seria.

- Già, ho appena appreso da Christopher la bella decisione che avete preso e me ne complimento con entrambi! – disse con amara ironia.

- Non sono stata io a prenderla, è stato tuo nipote! – protestò la ragazza sentendosi attaccata.

- Ma chi è stato a dirgli che non lo amava più? Chi a parlare di divorzio? Non fare l’innocentina, dai, posso anche ammettere che non lo ami più ma il voler passare addirittura per vittima mi sembra un po’ eccessivo! Per quanto mi risulta, alla fine mio nipote non ti ha fatto niente di così grave da non poter essere perdonato. Può averti anche fatto del male, ma non dovresti dimenticare tutte le cose buone che invece ha sempre fatto per te!

L’uomo sembrava adirato e Maria se ne meravigliò. Come poteva accusarla così? E poi come osava trattarla in quel modo senza nessun riguardo per le sue condizioni? Si ribellò:

- Oh certo! Mi ha mantenuta, sfamata, tolta da una situazione disperata. Si è preso anche cura di me e della mia famiglia. Addirittura mi ha sposata pur senza essere certo che il figlio che porto sia suo. E chi lo nega! Ma io volevo essere amata. Ti sembra troppo George?

- Questo l’ha sempre fatto.

Lei rise amara.

- Era per questo allora che volevi  convincermi a lasciarlo? Addirittura mi proponesti di darmi del denaro quando venisti a sapere che non avevo avuto la forza di stargli lontana e mi ero rimessa con lui dopo averlo incontrato una sera per caso! Te ne sei dimenticato?

Festing si portò i pugni chiusi davanti alla bocca e sospirò. Sembrava star cercando le parole giuste.

- Io temevo che Christopher non avrebbe trovato la forza di liberarsi dal suo passato. Invece l’ha fatto e l’ha fatto per te. Ti ha sempre amato ed ha cercato di proteggerti. Anche quella sera che credi di averlo incontrato per caso – le disse alla fine.

- Che stai dicendo? – gli chiese con una smorfia di incredulità.

- Eri tenuta sotto stretta sorveglianza affinché non ti accadesse nulla di male. Te lo ricordi quel tale Vincenzino Tagliaferri? Anche se non ne aveva l’aspetto, era un uomo messo lì da un investigatore privato pagato da Christopher per vegliare su di te ed avvisarlo in caso tu ne avessi avuto bisogno. Proprio quello che accadde quella sera che lo incontrasti in Funicolare.

- Perché non me lo dicesti? – obiettò la ragazza, scettica.

- Perché non lo sapevo. Ne sono venuto a conoscenza molto dopo.

Maria scosse la testa. Le sembrava una cosa poco credibile soprattutto in considerazione della freddezza mostrata sempre da Christopher nei suoi confronti.

- Non ha fatto mai nulla per impedirmi di andar via. Sono sempre stata io  quella che ha deciso di restare con lui. Si vede che ora ha preso finalmente la palla al balzo per liberarsi di me!

- Non dire sciocchezze. Se non l’ha fatto è perché voleva lasciarti libera di decidere del tuo futuro e magari avere da un altro le cose che lui pensava di non poterti dare quali il matrimonio o la maternità. Se ti avesse mostrato quanto gli eri necessaria, ti avrebbe in qualche modo condizionata.

- Mi fai ridere! – proruppe la ragazza rizzandosi a sedere nel letto – Neanche mosse un dito quando si trattò di impedire ad Edoardo Pisani di chiedermi in moglie! Anzi, come se la godeva perché quel povero giovane si era innamorato di me che invece ero il suo personale giocattolino, buono solo per farlo divertire. Quasi quasi gli avrebbe fatto piacere che io avessi accettato di sposarlo unicamente per prendersi il gusto di dimostrare che Edoardo era un povero fesso ed io una poco di buono!

- Intanto soffriva come un cane e cercava di rassegnarsi a perderti, magari conservando di te anche solo un ritratto che era riuscito a sottrarre con l’inganno ad Edoardo pagando di nascosto un fotografo!

Maria lo guardò incerta e lui si spiegò meglio:

- È nel suo portafoglio. È una fotografia che ti ritrae quasi di spalle con il viso girato indietro ed i capelli sciolti. Non fare quella faccia stupita. L’ho vista, per questo te lo sto dicendo. Come farei a saperlo altrimenti? Io non c’ero!

Lei si passò una mano sul viso, turbata da quelle rivelazioni e a George parve il momento opportuno per tentare di convincerla.

- Ti ama, Maria, credimi, anche se non te lo sa dire. E quel che è importante è che anche tu lo ami, ne sono certo!

- Ma che dovrei fare secondo te?

- Quello che ho sempre fatto io. Di sicuro Christopher non è una persona facile ma io non me ne sono mai curato. Non mi sono fatto mai scoraggiare dalla sua eccessiva sensibilità né dalla sua enorme insicurezza. È un bravo ragazzo  però, e così mi sono limitato a volergli bene e  a farglielo capire sempre. A poco a poco se ne è convinto e pure se talora si comporta in maniera scorbutica anche  con me, sono l’unica persona con la quale riesce ad aprirsi.

- Tu sei suo zio, non la sua donna!

- Tanto più. Non ho certo a disposizione le armi della seduzione che invece puoi usare tu – le disse mentre un sorriso giocoso gli riappariva sul viso. 

Vedendo che lei non rispondeva e se ne stava pensosa e a testa bassa, la incalzò ancora.

- Stammi a sentire, per favore. L’ho fatto anche a Chris questo discorso, ma tu sei una ragazza intelligente e pratica e forse saprai come agire per rimediare a questa situazione irragionevole meglio di lui che si fa sempre mille assurdi problemi. Smettetela di comportarvi come due stupidi. La vita è già abbastanza infelice per conto suo, non c’è bisogno di rendersela ancora peggiore con le ripicche e l’ottusità. Siete giovani, ricchi e state per avere un figlio senza contare che vi volete bene. Ma insomma, dopo tutte le disgrazie ed i dolori che avete patito, non ti sembra che sia venuta l’ora di ritrovare un po’ di serenità?

Ancora la giovane non gli rispose. Allora  George si alzò ed andò a darle un bacio sulla guancia.

- Va bene – le disse congedandosi – per oggi ne hai avuto abbastanza. Ora ti lascio, così ti prepari a mettere al mondo quel nipotino che sto aspettando come un miracolo. Ti voglio bene, lo sai?

Le fece una carezza prima di allontanarsi.

- Lo so. Anche io te ne voglio – gli rispose Maria con molta sincerità.

Di nuovo da sola, si mise a riflettere sulle parole di George e dovette convenire che aveva perfettamente ragione. Se la sua vita e quella di Christopher erano state costellate di disgrazie, molta parte della loro infelicità se l’erano costruita con le proprie mani, lasciandosi trasportare sempre dall’orgoglio, dalla gelosia e dalla testardaggine piuttosto che dal più elementare buon senso. Anche qualche sera prima, invece di dire a suo marito che aveva capito di amarlo ancora, lei stessa si era lasciata prendere dall’orgoglio e dalla delusione senza capire che dietro l’atteggiamento di lui forse si celava davvero la paura di non essere amato o quella di averla resa infelice. Ora si rendeva conto di essere stata davvero stupida perché sarebbe bastato parlargli apertamente per risparmiarsi entrambi tanta assurda sofferenza. In amore è importante riuscire a dirsi ciò che si pensa davvero, confidarsi le reciproche paure, le insicurezze, persino i risentimenti e le cose che non vanno a genio. Solo così si può imparare a vivere serenamente un rapporto senza lasciarsi prendere dai dubbi e dalle sensazioni sbagliate. Non è vero che le parole sono inutili come diceva sempre Christopher perché solo con il dialogo  due persone hanno l’opportunità di conoscersi a fondo per potere affrontare insieme il difficile cammino della vita. Certo non è una cosa facile da farsi soprattutto perché ognuno ha i propri difetti. Christopher ad esempio era troppo ombroso, spesso collerico e pesante da sopportare, ma lei gli voleva bene lo stesso così come probabilmente gliene voleva lui nonostante fosse volubile ed orgogliosa. D’altronde da nessuna parte sta scritto che un marito o una moglie debbano essere perfetti!

Risollevata dalle sue riflessioni, decise che doveva parlargli. Senza più timori né remore, gli avrebbe aperto il suo animo ed anche se il suo uomo ancora non sarebbe stato capace di dirle i propri sentimenti, pazienza, per il futuro si sarebbe accontentata di leggerglieli negli occhi e forse chissà, col tempo, anche lui sarebbe cambiato.

Molto rasserenata, si accinse ad addormentarsi in attesa che venisse presto l’indomani. Non sapeva ancora che quella notte la sua vita sarebbe stata stravolta.

 

Erano da poco passate le undici quando fu destata dai leggeri doloretti che avvertiva ormai da giorni. All’inizio non vi diede molto peso e cercò di riprendere sonno. Ben presto però le leggere fitte si trasformarono in vere e proprie contrazioni, sebbene ancora molto distanti l’una dall’altra, e così capì che era arrivato il momento di chiamare Kate Brown per un consiglio.

Dopo neanche mezz’ora tutto il castello di Norhal era in subbuglio e un servitore fu mandato di corsa a prelevare il dottor Fisher.

Margaret che aveva detto sempre di non sentirsela di assistere al parto ma che ora era in preda a una curiosità incontenibile, faceva la spola tra la stanza della partoriente dove c’erano la signora Brown, una cameriera ed il medico, ed il salotto, dove si erano radunati tutti gli altri. Persino Ulisse, già nottambulo di natura, sembrò partecipare all’attesa perché si piazzò su di una poltrona accanto ai padroni anche se, con la sua posizione da sfinge e l’atteggiamento placido, non sembrava  agitato ma piuttosto rassegnato all’ineluttabilità delle cose e del destino.

Christopher era quello più nervoso di tutti ed ogni qual volta zia Margaret si affacciava in salotto, cercava di sapere qualcosa. Ottenne solo brevi informazioni tipo: “Strano, prima l’ha tenuta a letto, ora la sta facendo camminare per la stanza!” oppure “Le ha fatto un’iniezione” o considerazioni personali dell’anziana signora quali: “Meno male che io figli non ne ho fatti! Povera piccola, anche se si sta comportando bene, non sta di certo passando un bel momento!”.

L’attesa durò fino all’alba quando Margaret annunciò quasi strillando che il bambino stava nascendo. Allora tutti si precipitarono di sopra proprio davanti all’uscio della stanza della partoriente. Lì fuori per Christopher cominciò un vero inferno perché si udivano chiaramente i lamenti di Maria e le frasi di incitamento di chi le stava intorno. Impietosito dal suo aspetto, George gli si avvicinò e gli posò una mano sulla spalla.

- Su figliolo, coraggio! – gli fece con una strizzatina d’occhi.

Proprio in quel momento dalla porta sbucò lady Margaret che non ce l’aveva fatta a rimanere dentro nel momento cruciale e, vedendo la scena, li guardò sdegnata e disse:

- Coraggio a lui? E che dovrebbe dire quella poveretta!

All’improvviso si levò il vagito di un neonato e l’anziana signora si precipitò di nuovo dentro.

Christopher si passava nervosamente le mani tra i capelli, incapace di sopportare oltre quell’attesa ed anche George e lord William erano assai agitati. Toccò a tutti aspettare almeno un’altra decina di minuti prima che la porta si riaprisse e la zia riapparisse.

Aveva un fagottino in braccio avvolto in una copertina ma sul volto una strana espressione come quella di una cuoca che ha visto il dolce preparato con tanta cura riuscito molto male.

Christopher se ne preoccupò.

- Zia Margaret! – le urlò.

 - È un maschio – gli rispose questa con una voce delusa però poi, posando lo sguardo sul bambino che le si muoveva piano tra le braccia, fece un sorriso  ed aggiunse – Ma è bello e sano.

- E Maria? Sta bene Maria?

- Sì, il dottore sta ancora assistendola, ma credo che stia bene. Ha visto il bambino ed è felice. Contenta lei!

- Anche io sono assai contento! – la rimproverò il fratello.

- E si capisce! Tu aspettavi William, non è vero? – gli fece lei con stizza.

L’altro stava per risponderle con giocosa provocazione quando la porta si spalancò ed apparve la signora Brown che strillò:

- Correte, correte, milady, ce n’è un altro!

Lei si precipitò a seguirla mentre fuori dalla porta i tre uomini si scambiavano uno sguardo di sconcerto. Presto un nuovo vagito si unì a quello del piccolo William. Dopo qualche momento riapparve la zia, con un sorriso radioso e la cuffia storta sui capelli.

- È una femmina! – gridò – Stavolta è una femmina! Oh, finalmente è nata anche Sophie!

- Sophie? Devi averlo scelto tu questo nome, brutta birbona! – le disse lord William ridendo.

- Sì, l’ho scelto io, va bene? Però piace anche alla mamma.  Vuoi vedere che una povera donna che ha patito quello che ha patito non può neanche decidere che nome dare alla figlia, vecchio barbagianni! – gli rispose.

Questa volta non c’era nessun astio tra i due anziani gemelli anzi, Christopher li vide fare una cosa che in trentaquattro anni di vita non aveva mai visto loro  fare: si abbracciarono.

Tutta quella felicità era un miracolo e lui se ne sentiva stordito, al punto da non riuscire nemmeno ad afferrare le cose che gli altri si dicevano né ad avere la concezione del tempo.

Presto però uscì anche il dottor Fisher che si stava rimettendo la giacca.

- Dottore! – lo invocò quasi e il medico gli rivolse un sorriso cordiale prima di dire:

- Tutto è andato per il meglio. Vi confesso che ero molto preoccupato. Naturalmente avevo subito capito che si trattava di gemelli ma temevo di dover intervenire con un taglio cesareo. Per fortuna i feti erano entrambi in posizione cefalica ed il parto è potuto avvenire per vie naturali.

- Come sta mia moglie?- gli chiese.

- Bene, quella giovane donna è nata per far figli!

- Nella nostra famiglia ci sono stati parecchi casi di gemelli ma ormai erano ottanta anni che non ne nascevano e non pensavamo proprio che potesse accadere di nuovo, vero sorella? – precisò il marchese che non stava più nei panni.

- Non si può mai dire, milord. Può sempre succedere, anche più di una volta per la stessa coppia di genitori – spiegò Fisher.

Margaret rise.

- Se è così e se è vero che Maria è nata per far figli, qui finisce che riempiremo il castello di “marchesini” – scherzò.

Christopher si rabbuiò un poco ma solo George se ne accorse e cercò di cambiare argomento.

- Insomma, bisogna festeggiare con un brindisi  - disse.

- Alle sei del mattino? – domandò stupito lord William.

- Che importa! Magari succederà tra ottant’anni di nuovo! Lei è dei nostri, dottore?

Poiché Margaret volle ritornare dentro, i tre si allontanarono per andare a festeggiare una giornata che un po’ per la straordinarietà dell’evento un po’ per l’alcool bevuto già di prima mattina, sarebbe stata una delle più euforiche mai vissute a Norhal Castle.

Neanche Christopher li seguì. Voleva vedere Maria. Si sentiva il cuore gonfio di emozione e non avrebbe mai pensato di poter provare una simile inquietudine.

Si sedette lì in corridoio e si mise ad aspettare che qualcuno uscisse.

Dopo una mezz’ora apparve la zia seguita dalla cameriera. Stava dicendo:

- Eppure ci deve essere un’altra culla in soffitta!

- Ma sarà tutta sporca, milady!

- E tu che ci stai a fare? Un po’ di olio di gomito e tornerà come nuova.

L’anziana signora si fermò di colpo vedendo il nipote.

- Che ci fai qui? – gli chiese.

- Voglio vedere Maria. Posso?

- Vai, entra pure, che aspetti?

Il giovane non se lo fece dire due volte ed entrò nella stanza. La signora Brown le stava aggiustando i cuscini dietro le spalle. Le avevano messo una camicia pulita e pettinati i lunghi capelli in una coda che le ricadeva su di una spalla. Aveva il viso gonfio e rosso ma gli occhi le rilucevano come due stelle mentre guardava i bambini sistemati al suo fianco sul letto. Era bella, ma di una speciale bellezza interiore.

Nel vederlo gli sorrise.

Così come aveva fatto l’ultima volta, la moglie del Reverendo si affrettò a lasciarli soli. Lui prese una sedia e le si andò a sedere accanto, sorridendole a sua volta.

- Hai visto come sono belli? – gli chiese la neo mammina con la voce colma di gioia – Il dottor Fisher ha detto che sono assai più grossi degli altri gemelli, quasi due giganti! Ecco spiegato perché ero diventata una balena!

Risero insieme, felici, e Christopher guardò meglio i due bimbi.

- Sono bellissimi! – mormorò. Poi però aggiunse – Ma io quale ho visto prima? Sono identici! Come faremo a distinguerli?

Maria rise più forte.

- Non è difficile. Tanto per cominciare uno è maschio e l’altra femmina, non saranno davvero simili. E poi guarda – disse togliendo la cuffietta al primo che aveva la testina con pochi capelli ramati – questo qui è William. Sophie invece è quest’altra.

Senza la cuffietta la femminuccia mostrò una folta capigliatura di un bel rosso tiziano.

- Mio Dio! – esclamò il papà sussultando di gioia.

- Visto? Zia Margaret mi ha detto che nella vostra famiglia i capelli rossi sono indice di regalità.

Il marito sorrise pensando che quella che per il primo marchese di Norhal doveva essere stata la prova inconfutabile che il figlio che gli veniva mostrato non fosse il suo, per lui invece era una ulteriore conferma, di cui peraltro non aveva bisogno, che quei due splendidi bimbi fossero proprio i suoi.

Con tenerezza li accarezzò e poi prese le loro manine ciascuna in una mano. I due piccoli, per riflesso, gli strinsero le dita e lui provò un’ondata di emozione colmargli l’animo come un fiume in piena che rompe gli argini. Proruppe:

- Ti prego, Maria, non portarmeli via! E resta con me anche tu, ho bisogno te! Non hai messo al mondo solo loro. Io ero finito prima d’incontrarti ed invece tu mi hai riportato alla vita, mi hai fatto assaporare  la felicità, la tenerezza, l’amore. Io non posso più vivere senza di te e voglio poter essere un vero padre per i miei figli. Non sono un granché, lo so, ma sono certo che saprò riaccendere quel fuoco che una volta ti ardeva dentro e che nulla riusciva a spegnere. Fammi provare, ti scongiuro, dammi un’altra possibilità … io … io ti amo tanto!

La giovane donna si sentì quasi sommergere dalla commozione. Non riuscendo a guardarlo, teneva lo sguardo sulla finestra dove i raggi del sole del mattino facevano brillare i cristalli di ghiaccio dell’ultima neve che cominciava a sciogliersi al tepore primaverile.

Quando si volse di nuovo verso di lui, vide che le labbra gli tremavano e lacrime silenziose e chiare gli scorrevano sul viso per perdersi nel morbido della barba. Come la luce del sole, la forza di un sentimento irrefrenabile gli illuminava il volto. L’uomo trepidante che le diceva il suo amore non era più quello di una volta ma una persona nuova che anche lei sentiva di amare.

Pian piano toccò con le dita il suo pianto.  I loro occhi, fissi gli uni negli altri, si dicevano molto più di mille parole. Allora Maria lo attirò a sé, al disopra delle testine dei loro bambini, e le loro labbra s’incontrarono in un bacio lieve di cui però entrambi avvertirono il calore.

Da quel momento ciò che avevano vissuto, le prove attraversate, i dolori patiti, le paure più profonde e le assurde incomprensioni che li avevano divisi, insomma tutto quanto, cominciò ad essere il passato. Davanti a loro si spalancava il futuro con le sue promesse ma anche con le sue incognite. Ormai però sapevano che lo avrebbero affrontato per sempre insieme, senza sentire mai più il gelo nell’anima. 

 

                                                                        *********************

Ecco, con questo momento di tenerezza e di speranza si conclude la storia.
Maria de Oliveira e Christopher Riddell, che sono nati dalla mia fantasia e per tutte queste settimane hanno vissuto anche nella vostra immaginazione, tornano nel mondo di favola di tutti i personaggi letterari dove non c’è più dato sapere se alla fine “vissero per sempre felici e contenti”.

Se il mio romanzo vi è piaciuto, se avete delle osservazioni o delle critiche da farmi, se pensate di poter leggere volentieri ancora qualcosa di mio, vi prego, fatemelo sapere. In fondo se è verissimo che chi scrive – specialmente chi non lo fa per professione - lo fa soprattutto per se stesso, sapere che c’è qualcuno a cui piace leggere quelle pagine trasforma la cosa in una vera magia.

È una sensazione complessa e difficile da descrivere ed io non sono tanto brava da saperlo fare. L’ha fatto però un grande scrittore, Paolo Cohelo, nel suo libro Lo Zahir.
Così vi trascrivo parte del brano in questione, dedicandolo come ringraziamento a tutti coloro che sono arrivati a leggere queste righe:  

“(…) Scrivere è una delle attività più solitarie del mondo.  (…) osservo il mare sconosciuto della mia anima e scorgo alcune isole – idee che si sviluppano e che sono pronte ad essere esplorate. Allora prendo la mia barca – il suo nome è “Parola” – e scelgo di navigare verso la più vicina. Durante il tragitto, mi imbatto in correnti venti e tempeste, eppure continuo a remare, sempre più esausto.

(…) nessuno può dire perché la corrente ti ha portato a una certa isola, e non a quella in cui sognavi di arrivare. (…)

(…) E con mia perenne sorpresa, scopro che alcune persone erano alla ricerca di quell’isola, e la incontrano proprio nel libro. Una ne parla con l’altra, la misteriosa catena si allunga, e quello che lo scrittore riteneva fosse un lavoro solitario si trasforma in un ponte, in una barca, in uno strumento per mezzo del quale le anime si muovono e comunicano.

Da quel momento, non sono più quell’uomo smarrito nella tempesta: ritrovo me stesso attraverso i miei lettori, comprendo ciò che ho scritto quando mi rendo conto che anche gli altri capiscono – non accade mai prima. In qualche raro momento, riesco a guardare alcune di queste persone negli occhi, a comprendere che anche la mia anima non è sola.”

Un abbraccio virtuale a tutti.

Antonella

   
 
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