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Autore: rocchi68    22/08/2017    5 recensioni
“La giovinezza è sia una bugia, che un male. Quelli che elogiano la giovinezza stanno solo ingannando se stessi e chi gli sta vicino. Credono che quelli che gli stanno attorno approvino sempre gli atti che compiono.
Usando la parola giovinezza, loro alterano e stravolgono il buonsenso e qualsiasi cosa ci sia di logico.
Per loro bugie, segreti, peccati e insuccessi non fanno altro che aggiungere pepe alla loro giovinezza.
Se il fallimento è il simbolo dell’essere giovani come dicono, allora qualcuno che non è riuscito a farsi degli amici dovrebbe essere all’apice della sua giovinezza, giusto?
Ma di certo, nessuno di loro lo ammetterebbe mai perché tutto deve andare come più gli torna comodo.
Per concludere: gli idioti che si godono la loro gioventù dovrebbero suicidarsi”.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dawn, Scott, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
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Novembre era finalmente giunto.
Il suo clima freddo e le piogge incessanti costringevano gli studenti delle varie sezioni a rintanarsi nelle aule durante il pranzo.
Questo per Scott, manco a dirlo, era un grave problema.
Doveva ascoltare le chiacchiere insopportabili dei suoi compagni e doveva osservare le angherie che alcuni di loro subivano.
Era per questo che anche nelle giornate di pioggia provava a defilarsi.
Il giardino, per ovvi motivi, era inagibile e quindi gli restava un’unica soluzione.
Non stava pensando al club di Volontariato in quanto le chiavi erano ancora nelle mani di Dawn e tantomeno voleva rifugiarsi nell’ufficio del coordinatore.
Nel primo caso sarebbe stato costretto a schiodarsi dal suo posto per andare dalla ragazza, la quale non gli avrebbe consegnato ciò che voleva.
Avrebbe fatto tanta fatica per nulla e si sarebbe trovato al centro dell’attenzione.
Nel secondo caso una visita nello studio dei professori, senza un valido motivo, poteva essere sanzionata con la sospensione.
Nonostante vi fossero molte altre stanze, lui aveva un luogo in particolare che amava sfruttare e che in pochi conoscevano.
Dopo aver salito una rampa di scale ed essersi guardato intorno con cautela, aprì la porta in ferro che lo separava dal suo Paradiso.
Richiusa la possente porta alle sue spalle, studiò il panorama che si stendeva davanti a sé e si sedette comodamente, appoggiando la schiena al muro e ritrovandosi riparato da una comoda tettoia.
Aveva scoperto quel luogo durante il secondo anno e da allora, quando non aveva altri posti dove nascondersi, lo sfruttava per le sue esigenze.
Per evitare che qualcuno venisse a sapere di quel rifugio e che poi lo facesse diventare di dominio pubblico, era stato costretto a ridurre il numero delle visite al suo Paradiso.
All’inizio lo usava tutti giorni, salvo poi diradare le sue presenze ad una volta alla settimana.
Bastava che qualcuno notasse la sua fuga strategica, che spifferasse qualcosa e quella porta si sarebbe chiusa al passaggio del bidello. 
“È da un po’ che nessuno viene al club.” Si disse, bevendo dalla lattina e ripensando all’unico caso che avevano risolto.
Con l’aiuto dato a Carrie, Scott si era illuso che vi fosse la fila fuori dal club e invece aveva riscontrato un’amara sorpresa: una bella figura non era sufficiente per attirare le persone.
Avevano bisogno d’altro per risollevare il club.
Non che gl’importasse dato che gli restavano ancora 2 colpi da sparare.
Tanto, prima o poi, qualcuno, anche solo per sbaglio, avrebbe chiesto il loro aiuto e lui sarebbe stato pronto a riottenere la pace.
Sempre che il vecchio Chris non avesse qualcosa da ridire.
Sempre che la stessa Dawn non chiedesse al supervisore una proroga e non confidasse al professore che non era cambiato di una virgola.
A ciò non voleva proprio pensare.
Sarebbe stata la fine della sua scarsa autostima e di certo non voleva cambiare per una piccola paura innocua.
“Perché tutti cercano di aiutarmi?”
A questa domanda non trovava risposta.
Si chiedeva perché tutti fossero così cocciuti nel credere che lui aveva bisogno di cambiare.
Le prime ad iniziare quella persecuzione erano state sua madre ed Alberta e non sortendo alcun risultato avevano puntato sulla scuola.
Con tutte le ore che vi passava al suo interno doveva pur modificare il carattere impossibile che si ritrovava.
Invece Chris McLean non aveva ottenuto nulla, cannando ogni colpo e aveva ripiegato sull’ultima carta che poteva giocarsi.
Se nemmeno il club e Dawn riuscivano a sortire qualche effetto, allora nulla sarebbe mai riuscito a smuoverlo.
“Vorrei solo essere lasciato in pace.” Sbuffò Scott, osservando il cielo plumbeo che sembrava condividere la sua malinconia.
Stanco di quel luogo e con l’orario che non gli lasciava scampo, si rialzò in piedi, calpestò la lattina ormai vuota e tornò nella sua classe, in attesa che quelle ultime ore gli consegnassero la pace del suo club.
 
Come di consueto era stato trattenuto dal supervisore che aveva bisogno di scambiare quattro chiacchiere con lui.
Aveva ricevuto i complimenti per il lavoro svolto nel caso di Carrie, anche se Chris non era soddisfatto di ciò che Dawn aveva constatato.
Così come aveva temuto durante il pranzo, Scott aveva ascoltato un discorso che non avrebbe mai voluto sentire.
Dawn raccontava dettagliatamente ciò che lui faceva nel club, come si comportava e quali parole spendeva per risolvere i problemi.
E i tratti carichi di pessimismo e negatività venivano descritti con la massima precisione.
Per oltre 10 minuti era stato a rapporto dal supervisore e quando si ritrovò a salire le scale, aveva l’insana idea d’imprecare contro la compagna.
Credeva che, quello che accadeva dentro l’aula, dovesse restare tra loro e che quindi nessuno dovesse conoscere i loro segreti, sogni e paure.
Invece lei  aveva tradito la sua fiducia, anche se non avevano mai messo in chiaro un qualcosa di così importante.
“Quella ragazzina è fastidiosa.”
Ancora qualche gradino e poi avrebbe potuto dirglielo in faccia.
Invece tutto il suo discorso era naufragato, quando l’aveva intravista fuori dall’aula, impegnata a fissare preoccupata il suo interno.
Sembrava avesse appena visto un fantasma, mentre Scott, avvicinandosi di soppiatto, si chiedeva cosa vi fosse di così spaventoso da tenerla fuori.
Credeva che Dawn non avesse timore di nessuno e invece quel velo di freddezza che aveva indossato per troppo tempo era scivolato via, mostrando un lato di debolezza che lo lasciò comunque indifferente.
“Cosa stai facendo?” Chiese, facendola sobbalzare.
“Potresti imparare a non spaventare le persone?”
“Beh, scusa. Allora cosa stai facendo?”
Dawn, senza dargli risposta, tornò a controllare dalla fessura della porta che il mostro non fosse scomparso.
Come se potesse riuscirsi: erano al terzo piano e di certo un salto dalla finestra gli sarebbe stato letale.
“C’è una persona sospetta dentro la stanza.” Borbottò lei.
“Sospetta?” Domandò, avvicinandosi alla porta e aprendola di colpo.
Di spalle, coperto da un cappotto molto pesante, vi era uno strano mingherlino.
Scott si chiese come potesse temere uno così. Non valeva una cicca.
Quello si vantava di essere in grado di stendere una miriade di ninja, ma poi cadeva con un innocuo sgambetto e ci rimetteva il paio di occhiali che tanto odiava.
Attorno a lui stavano svolazzando una serie di fogli e una lieve risata fastidiosa riempiva quella stanza.
“Non avrei mai pensato di incontrarti qui! Ti stavo aspettando, Scott Black!” Urlò la figura, girandosi di colpo.
“Una tua conoscenza?” Chiese Dawn, fissando il rosso.
“Non lo conosco. E anche se lo conoscessi, negherei.”
“Oh, quindi rinnegheresti un tuo caro amico? Mi deludi, Scott.”
“Ti ha appena definito suo amico.” Gli fece notare la ragazza, concentrandosi sullo sguardo e sulle reazioni del compagno di club.
“Esatto, amico! Sicuramente ricorderai quei giorni maledetti quando correvamo per il campo di battaglia.”
“Forse eravamo compagni di palestra.” Lo snobbò nuovamente Scott, rattristando colui che si definiva suo amico.
“Che vile tradimento! Fai coppia con chiunque ti capiti? Preferisco morire che chiedere un favore a uno come te.” Riprese, serrando la mano destra in un pugno.
“Che cosa vuoi, Harold?”
“Allora lo conosci.” Insistette Dawn, voltandosi a fissare il volto deluso di Scott.
Quest’ultimo si era chiesto come potesse avere un amico del genere.
Non capiva cosa avesse lui da condividere con un simile sfigato che probabilmente bagnava ancora il letto.
“Sono il samurai nemico dei ninja, Harold McGrady.”
“Penso che il tuo amico voglia qualcosa da te.” Tentò Dawn, facendo annuire lievemente il rosso.
“Già, anche se non è un mio amico.”
“Esattamente: io non ho amici. Sono un solitario. Ad ogni modo, ho una richiesta per te, Scott. Questo è il club del Volontariato, vero?”
“Sì.”
“In quanto membro del club sei obbligato a realizzare i miei sogni.”
“I membri del nostro club non realizzano i desideri, ma prestano solo una mano.” Intervenne Dawn, mettendo un limite alle richieste che Harold avrebbe avanzato nei loro confronti.
“Scott dammi una mano. Un tempo eravamo compagni ed è ora di tornare a combattere insieme per il bene della nazione.”
“Ma non eri solo il mio servitore?” Chiese Scott, maledicendo il periodo a cui faceva riferimento Harold.
Non era colpa sua se da bambino era così stupido da credere ad ogni cosa.
Quanto avrebbe voluto cancellare quella macchia che mirava a danneggiare ciò che aveva faticosamente creato e che voleva spazzare via il suo orgoglio.
“Certe cose dovrebbero rimanere tra noi.”
“Scusa un attimo.” S’intromise Dawn, prendendo in disparte Scott e lasciando lo sconosciuto in preda ai suoi vaneggi.
I due si allontanarono di qualche metro per non fargli sentire ciò che dovevano dirsi.
“Che c’è?” Chiese svogliato, degnandola solo di una fugace occhiata.
“Cosa sarebbe questa cosa del samurai?”
“In poche parole quello di cui è vittima non è una malattia reale. Crede semplicemente di essere ancora un bambino.”
“Si comporta come un personaggio basato sulle sue fantasie?” Domandò perplessa, tornando a fissare lo sconosciuto che nel frattempo aveva assunto delle pose di combattimento tipiche di quelle dei supereroi televisivi.
“Più o meno è così.”
“Che tristezza!”
“Almeno le sue fantasie non sono così dannose e sono legate solo ad una determinata figura. Là fuori ho visto anche di peggio.”
“Peggio di così?” Chiese sbigottita.
“Non lo immagini nemmeno.”
“Pazzesco.”
“Ad essere sinceri, anch’io ne soffrivo in passato, ma ora non più.”
Scott era convinto di ciò che diceva. Non aveva più fantasie ridicole.
Ormai tendeva a razionalizzare tutto all’inverosimile.
Ribatteva sprezzante colpo su colpo alle insinuazioni degli altri e il suo solo sguardo era un’offesa più che sufficiente.
Aveva smesso di tenere sia i diari dell’oltretomba che i fascicoli delle relazioni governative.
Solo una cosa aveva avuto a cuore di custodire: un quaderno con la lista delle persone da uccidere e con il motivo valido per cui meritavano una pessima fine.
Anche quello però non veniva aggiornato da un pezzo ed era finito in uno dei cassetti nascosti della sua stanza.
“Forse ho capito. La tua richiesta è di curarti dalla malattia mentale in cui ti trovi?” Riprese Dawn, avvicinandosi ad Harold, mentre uno stanco Scott non poteva che assecondare quei 2 pazzi che gli stavano rovinando il pomeriggio.
“Sono venuto fin qui solo per fare appello al contratto che abbiamo stipulato.” Rispose, indicando Scott.
“Te lo ripeto, vuoi che ti curiamo dalla tua malattia mentale?”
“Non è proprio una malattia.” Borbottò sinceramente.
“Va bene, ti aiuteremo.” Sbuffò Scott, ben sapendo che non poteva esimersi da quel compito.
Dawn l’avrebbe presa malissimo, Harold l’avrebbe minacciato con qualche sua stramberia e Chris avrebbe potuto chiedergli uno sforzo extra, pretendendo che lui aiutasse qualche persona in più prima d’essere libero.
Rabbrividendo al solo pensiero, raccolse alcuni fogli che riempivano il pavimento e si chiese se non fossero proprio questi il motivo della sua richiesta.
Dopo averli raccolti tutti e averli disposti sul tavolo, si voltò verso Harold che aveva espresso i suoi dubbi e si era soffermato a fissare l’unica ragazza presente.
“Una bozza?” Chiese il rosso.
“Ho intenzione di iscrivermi ad un contest per autori emergenti, ma non avendo amici nessuno può giudicarlo.”
“Vorresti quindi che lo leggessi e che ti dicessi cosa ne penso?”
“Esatto.”
“Penso comunque che Dawn sarà spietata.” Borbottò Scott, porgendo una copia anche all’amica che la ripose subito nello zaino.
 
Con quello che era successo le ore nel club erano volate e infatti dopo neanche 10 minuti Scott e Harold stavano percorrendo la stessa strada insieme.
Dawn, piuttosto di stare con 2 tizi così strani, aveva preferito incamminarsi con Carrie e Devin.
Lei non aveva nulla da ridire su Scott, ma sull’altro avrebbe steso un velo pietoso.
“La storia si sviluppa attorno ad una frattura spaziale.” Iniziò Harold con una tortura che avrebbe accompagnato il rosso per metà percorso.
Nel tratto finale, con una profonda emicrania a fargli compagnia, si era chiesto chi era il maledetto che aveva accettato quell’incarico folle.
Già a sentire il riassunto della trama si aspettava un parto doloroso e terrificante.
Erano circa le 21 quando iniziò a leggere quella storia e la stessa Dawn era nelle medesime condizioni.
Ogni tanto si fermava per un goccio di caffè o per annotare qualcosa che rasentava la follia, salvo poi riprendere da dove si era interrotto.
Quella terribile notte avrebbe lasciato molti segni sui loro volti.
Giunsero a scuola per miracolo, Scott aveva cercato di dormire sul banco, ma non vi era riuscito e giunto al club, aveva trovato Dawn riposare beata.
Fu nel vederla così debole e innocente che Scott si avvicinò con il chiaro intento di svegliarla e di riportarla nel mondo dei vivi.
“Hai fatto un buon lavoro?” Chiese, accennando un sorriso.
Lei però non rispose e il rosso preferì non insistere.
Restò comunque fermo a studiarne il volto rilassato e quando lei riaprì gli occhi, si accorse di quello sguardo diverso dal solito.
“Incredibile. Dopo aver visto la tua faccia, non sono più assonnata.” Ridacchiò la giovane, sbadigliando rumorosamente e facendo sorridere anche il compagno di club che si era seduto al suo posto.
A distanza di qualche minuto anche Harold aveva varcato la porta e si era messo a fissare la reazione dei 2.
Dal loro sguardo assonnato credeva che avessero divorato il libro tanto era interessante e avvincente.
“Quali sono le vostre opinioni?”
Scott e Dawn si scambiarono uno sguardo e il rosso quasi invitò la compagna a iniziare con le sue annotazioni.
“Non m’intendo molto di queste storie.”
“Non importa: voglio sentire lo stesso quali idee ti sei fatta in proposito. Dì pure tutto quello che pensi.”
“Va bene.” Sospirò lei, accompagnando il tutto con un nuovo sbadiglio.
“È spazzatura. Non credevo che esistesse qualcuno in grado di scrivere così male.”
Quelle semplici parole furono come una prima pugnalata ad Harold che si ritrovò a fare una smorfia e a sentire qualcosa spezzarsi in fondo al cuore.
“In cosa potrei migliorare per il futuro?” Domandò con paura, balbettando e rischiando di mangiarsi metà parole.
“Dovresti lavorare sulla grammatica, dovresti ultimare un lavoro prima di farlo leggere a qualcuno e infine dovresti studiare meglio l’argomento su cui vuoi scrivere.”
Quei nuovi consigli erano dei colpi che l’autore faticava ad incassare.
Non credeva di essere un così scarso scrittore.
Senza volerlo si era ritrovato a rantolare al suolo in preda agli spasmi.
“Penso sia abbastanza.” Tentò Scott, provando pietà per quello sciagurato ragazzo che aveva chiesto il loro aiuto.
“Avrei anche altre cose da dire, ma credo che questa sia la parte maggiore.”
“Scott…puoi capirlo, vero?” Chiese Harold, volgendo il suo sguardo supplichevole verso il rosso, il quale rispose con un sorriso accennato.
Un sorriso nel quale Harold poteva trovare almeno una piccola ancora di salvezza.
“Chi stai plagiando?” Domandò Scott, colpendo duramente il vecchio amico.
“Sei crudele.” Gli fece notare Dawn.
“Harold.”
“Sì?” Chiese il giovane, sentendo la serietà nella voce del rosso.
“I disegni sono la parte peggiore e i contenuti sono orribili.”
Il giovane autore avrebbe voluto piangere, ma quella era una lezione che doveva imparare.
Sapeva che non tutti potevano essere soddisfatti delle sue opere, ma sapeva che poteva anche contare sulla sincerità di Scott.
Abbattuto da ciò, raccolse le copie piene di consigli che i 2 membri del club gli avevano dato e le sistemò nella sua borsa.
Con la promessa che Dawn e Scott avrebbero riletto le sue storie, uscì dall’aula.
I 2 giovani si osservarono per un breve istante e sorrisero nel pensare a ciò che erano stati costretti a fare.
Il rosso sapeva che Harold non si sarebbe arreso.
Poteva anche essere un bambino, ma in lui la sindrome dello scrittore avrebbe sempre pulsato.
Avrebbe sempre scritto perché amava scrivere.
E se fosse riuscito a smuovere qualcuno con le sue opere, lui ne sarebbe sempre stato felice.
“Che ne dici di un buon caffè?” Domandò Scott ad un certo punto.
“Credevo mi trovassi noiosa e che non volessi stare con me fuori scuola.”
“Sei rimasta sveglia fino a tardi e questo solo a causa mia. Mi sentirei in colpa se non ripagassi le tue fatiche in qualche modo.”
“Andiamo allora.” Esultò la giovane, alzandosi in piedi e avviandosi verso la porta, mentre Scott la seguiva a qualche passo di distanza.
“Certo.”
Con un semplice sorriso stampato sul volto, si avviarono verso il bar che Scott voleva visitare e, per la prima volta da quando era entrato nel club, non stava pensando che gli mancava una sola tacca per lasciare Dawn da sola.
Era come se qualcuno avesse cancellato quel pensiero dalla sua mente e avesse concesso al giovane qualche attimo di gioia.





Angolo autore:

Buonasera cari lettori, anche questa volta ero a rischio di mancato aggiornamento.

Ryuk: Harold fa la sua comparsa trionfale.

Trionfale...non esageriamo.
Ha fatto la sua solita pessima figura.

Ryuk: Problema molto semplice per il club.

Non sarà sempre così.
Cosa ne pensate finora di Dawn e Scott?
Qualche teoria sul motivo per cui il rosso è così cinico?

Ryuk: Nel prossimo capitolo vi spoileriamo solo che Scott scriverà un nuovo tema da consegnare a Chris.

Non vi diremo chi passerà per il club e nemmeno per quale motivo.
Solo venerdì scorprirete cosa bolle in pentola.
Intanto vi ringrazio per il vostro interesse e vi saluto.
Alla prossima!
   
 
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