Per
i lettori: chiedo perdono, perdono e ancora perdono per l’interminabile attesa!
Mi perdonate vero?! So che è davvero tanto che non aggiorno ma ho avuto
pochissimo tempo. Vi ringrazio per la dedizione che dimostrate alla mia storia
e vi ringrazio per i commenti che, man mano, diventano progressivamente più
numerosi.
Per
Alohomora: sì spesso ho pensato di scrivere storie gialle e/o poliziesche.
Addirittura una volta io e un mio amico abbiamo scritto un giallo a quattro
mani. Ognuno scriveva un capitolo e poi passava il quaderno all’altro. Ci siamo
incasinati talmente tanto l’esistenza che alla fine nessuno dei due capiva più
qual’era il colpevole!
Spero
di non deludervi con questo nuovo capitolo. Se pensate che possa migliorare non
esitate a dirlo! Sono aperta a suggerimenti.
Buona
lettura!
P.S.:
il capitolo 11 non vi è proprio piaciuto visto che è l’unico poverino a non
avere neanche un commento ;-P
XV
Per la seconda notte consecutiva al
Quartier Generale si festeggiò e i festeggiamenti furono ancora più allegri e
chiassosi della sera precedente. Sirius Black era stato finalmente scagionato e
ora il mondo intero avrebbe dovuto ricredersi sul suo conto.
Sirius si sentiva leggero come una
piuma. Ora non avrebbe più dovuto preoccuparsi di nascondersi, ora avrebbe
potuto aiutare veramente l’Ordine della Fenice. Silente non aveva più scuse per
tenerlo rinchiuso a Grimmauld Place. Certo ci sarebbe voluto del tempo per
reintegrarsi, ci sarebbe voluto del tempo prima che la gente accettasse che lui
era innocente, ma aveva avuto pazienza per quindici anni, poteva avere pazienza
ancora per un po’.
Quando finalmente si decise ad andare
nella sua stanza era quasi mattina. Per la prima volta da giorni Sirius si
buttò a letto senza temere insonnia e incubi. Erano finalmente scese la
tensione e l’adrenalina e tutta la stanchezza era emersa all’improvviso,
cullandolo in un sonno sereno e senza sogni.
Sara White intanto era tornata nel suo
appartamento. Il Capo non aveva voluto sentire ragioni e, dopo il processo, l’interminabile
conferenza stampa e un breve colloquio con il Ministro, l’aveva spedita a casa
a riposarsi. Fino a quando era stata in ballo aveva ballato, ma non appena era
arrivata a casa aveva sentito tutta la stanchezza piombarle addosso. Si era
buttata sul letto senza neppure svestirsi e si era addormentata di schianto.
Aveva dormito profondamente, come non le capitava da un sacco di tempo, ed era
stata svegliata da un raggio di sole molesto che passava attraverso le
fenditure della tapparella. Sulle prime Sara non riuscì a capire dov’era, poi
lentamente aveva ricordato: il Capo che la mandava a casa, il colloquio col
Ministro, il processo.
Man mano che ricordava un sorriso di
soddisfazione le illuminò il volto. Senza indugiare troppo a lungo tra le
coperte, Sara si alzò e per una volta, anziché una doccia veloce, si concesse
un lungo bagno con la schiuma. Mentre si crogiolava nell’acqua bollente
rivivendo la giornata precedente, il cellulare prese a squillare rompendo la
pace che era regnata fino a quel momento. Sara si sporse dalla vasca verso la
mensola dove aveva appoggiato il cellulare e premette il pulsante per accettare
la chiamata.
-
Sara White – disse nel ricevitore.
-
Buon giorno Signorina White – disse la
voce del Capo dall’altro capo del filo.
-
Buon giorno Capo, mi dica.
-
Ho parlato con il Ministro. Non è
contento della piega che hanno preso le cose, ma ha accettato la decisione del
Winzengamot e ha parlato con i giornalisti appoggiando l’operato del
Dipartimento degli Auror. Ora la situazione sembra abbastanza tranquilla. Siamo
riusciti a cacciare i giornalisti promettendo un’altra conferenza stampa per
domani. Quando vuole può tornare al lavoro senza problemi – spiegò l’uomo.
-
Molto bene, sarò al Ministero tra poco
allora – rispose Sara chiudendo la comunicazione.
Appena conclusa la telefonata, Sara uscì
dall’acqua e si preparò per andare al lavoro. E così sembrava che stesse per
cominciare una nuova giornata, c’erano i vecchi casi di cui Sara doveva tornare
a occuparsi e sicuramente ci sarebbe stato qualche nuovo caso che avrebbe
richiesto la sua attenzione. Sapeva che la stampa le sarebbe stata alle
calcagna per un po’, lei stessa aveva suscitato l’interesse dei giornalisti per
il caso Black, ma poco a poco le acque si sarebbero calmate e tutto sarebbe tornato
alla normalità.
Quando arrivò al Ministero si assicurò
che non ci fossero giornalisti in agguato all’ingresso dipendenti, quindi entrò
mostrando il suo tesserino alla guardia e si diresse verso gli ascensori.
Quando fece il suo ingresso fu ricevuta da un’accoglienza calorosa, sorrisi,
saluti, pacche sulle spalle, che davvero non si sarebbe aspettata da quei
colleghi che generalmente erano così ostili. In fondo al corridoio, davanti
alla porta del suo ufficio su cui campeggiava la targa di Auror Capo, Sara
trovò Frank, Olga e Roger.
-
Ragazzi – salutò Sara invitandoli a
entrare nel suo ufficio e chiudendo la porta alle loro spalle.
-
Siete dei maledetti egoisti! – esclamò
Roger.
-
E perché mai? – domandò Sara fingendo di
non capire.
-
Perché avevate per le mani questo caso
enorme e non ci avete detto niente! – rispose Roger risentito.
-
Per ovvie ragioni dovevo coinvolgere il
minor numero di persone possibili – spiegò pazientemente Sara mentre aggirava
la sua scrivania e andava a sedersi sulla poltrona da ufficio – e Frank aveva
diritto di prelazione per anzianità. Allora, raccontatemi com’è andata in
questi giorni.
Olga e Roger aggiornarono il loro capo
sugli sviluppi nei casi che stavano seguendo e ricevettero istruzioni per
proseguire il lavoro.
-
A proposito – disse Sara mentre i suoi
sottoposti prendevano congedo – avete fatto un ottimo lavoro. Continuate così.
I tre ragazzi la ringraziarono con un
sorriso e si diressero verso le rispettive scrivanie. La porta non aveva fatto
in tempo a chiudersi che cominciò una processione. Prima andò a trovarla il
Capo per complimentarsi ancora per l’esito delle indagini e rassicurarla
riguardo alla posizione del Ministro; poi arrivò Phil Tarrentin, un Auror di
terzo livello, che aveva bisogno di una comparazione di impronte digitali per
un’indagine che stava seguendo. A intervalli regolari Shira, la segretaria del
Dipartimento, compariva nell’ufficio di Sara per portarle richieste e messaggi
di giornalisti che chiedevano informazioni, interviste, incontri e
dichiarazioni.
A ora di pranzo, Sara non era riuscita a
combinare quasi nulla del lavoro che si era prefissa. Rassegnata raccolse le
sue cose e uscì dal Ministero per andare a mangiare qualcosa. Quel giorno aveva
voglia di starsene un po’ da sola, quindi non chiese a nessuno di andare con
lei e sgattaiolò verso l’ascensore prima che qualcun altro potesse fermarla. Ad
una prima occhiata l’Atrium le parve sgombro di giornalisti, così lo attraversò
in fretta e si infilò nella cubicolo per risalire a livello strada. Il pavimento
si mosse sotto i suoi piedi e la sollevò fino a fermarsi nella solita malconcia
cabina telefonica. Sara uscì dalla cabina e si diresse verso il centro della
città. I locali frequentati da maghi erano assolutamente da escludere per quel
giorno, detestava essere osservata mentre mangiava.
Quando svoltò l’angolo rimase per un
attimo interdetta. Sul marciapiede opposto c’era una figura familiare, un uomo
che a Sara sembrava di conoscere.
Sembrava proprio… ma non poteva essere…
Eppure guardando meglio si rese conto
che l’uomo era davvero Remus Lupin e la fissava piuttosto insistentemente. Sara
non era del tutto impreparata ad una visita di questo genere, ma rimase
ugualmente sorpresa di vederlo lì. La sua comparsa poteva significare molte
cose e il cuore di Sara prese a battere più intensamente.
Sara fece un cenno a Remus, per fargli
capire che l’aveva riconosciuto, quindi prese a camminare allontanandosi dal
Ministero e vide Lupin fare lo stesso mantenendosi dall’altro lato della
strada. Qualunque cosa Remus dovesse dire, non potevano parlare lì e neppure
potevano andare in un luogo pubblico. La donna aveva imparato a sue spese che
la prudenza non era mai troppa, così si incamminò verso il punto in cui aveva
parcheggiato l’auto. Quando la raggiunse, disattivò i sistemi di sicurezza con
un lieve tocco di bacchetta e si sistemò al volante, mise in moto l’auto e uscì
dal parcheggio immettendosi nella strada. Percorse qualche metro in direzione
opposta quindi si accostò al marciapiede.
Sara osservò nello specchietto
retrovisore Remus Lupin avvicinarsi rapidamente, l’uomo salì sull’auto e la
donna ripartì immettendosi nel traffico.
-
Ciao Remus – disse continuando a
guardare la strada – Chissà perché non sono sorpresa di vederti.
-
Ciao Sara, come stai? – domandò Lupin cordialmente.
-
Una favola, grazie – replicò lei con
tono sarcastico – A cosa devo un tale onore?
-
Mi manda Silente – spiegò Remus.
-
Oh sì, certo. Silente – commentò lei
mentre conduceva la macchina fuori città verso la campagna.
-
Mi sembra di cogliere dell’irritazione
nella tua voce – continuò Lupin senza però smettere di sorridere amichevolmente
– Sei arrabbiata con me?
-
Arrabbiata con te? – replicò Sara in
tono ancor più sarcastico – E perché mai dovrei essere arrabbiata con te? Ti
pare, che ne abbia motivo?
-
Sara ti prego…
L’auto di Sara era molto più rapida di
quelle Babbane e in breve tempo erano arrivati in una zona piuttosto deserta di
campagna. Sara svoltò in una stradina sterrata e, quando ritenne che fossero
sufficientemente isolati, fermò la macchina e scese sbattendo energicamente lo
sportello.
-
Io non sono arrabbiata con te, e neppure
col tuo amico, che ultimamente mi ha dato così tanto lavoro. Io sono furiosa!
-
Hai ragione però… - provò a dire l’uomo.
-
Ragione? Certo che ho ragione! Come
potrei non avere ragione! Non avete scuse, nessuna scusa per il vostro
comportamento.
-
Lo so Sara, ma cerca di capire, che cosa
avrei dovuto fare? – riuscì finalmente a dire Remus.
-
Dirmi la verità per esempio. Io ti ho
chiesto più volte “c’è qualcosa che sai e che io dovrei sapere? Qualcosa di
diverso da quello che so io?”. L’ho chiesto a te e l’ho chiesto a Silente. L’unica
risposta che ho avuto è stata “No, non c’è assolutamente niente”. NIENTE! E ora
io ci devo uscire pazza con questa storia del Custode Segreto perché tra tutti
avete avuto la bella pensata di tenermi completamente all’oscuro di come
stessero le cose. IO NON SONO ARRABBIATA!
Non era esattamente il discorso che Sara
si era immaginata di fare con Remus a questo proposito, ma rivederlo le aveva
ricordato molte cose spiacevoli e tutta la rabbia che aveva cercato di
nascondere era venuta fuori senza che potesse controllarla. Era arrabbiata
davvero con Remus, con Silente, anche con Sirius perché sì, lei era solo una
ragazzina di diciassette anni quando tutto era accaduto, ma aveva il diritto di
sapere la verità. E nessuno aveva creduto in lei, mai, neanche quando era
diventata adulta e aveva continuato a farsi sempre le stesse domande.
Con le mani che le tremavano, Sara si
accese una sigaretta e attese la risposta di Remus. Ora che si era sfogata era
curiosa di sapere che cosa avesse da dirle.
-
Sara – cominciò lui lentamente – posso
capire che tu sia amareggiata e furiosa, ma noi tutti abbiamo creduto di farlo
per il tuo bene. Non è stata una mancanza di fiducia nei tuoi confronti. Prima
non era saggio che Sirius di dicesse che cosa stava per fare e dopo che senso
avrebbe avuto? Che cosa dovevo fare? Dirti che Sirius era il Custode Segreto di
Lily e James e causarti ancora più dolore? E per quanto riguarda la faccenda di
Peter, io stesso ne sono venuto a conoscenza solo due anni fa.
-
Due anni fa? – domandò Sara ora più
calma – L’anno in cui hai insegnato a Hogwarts. L’ultima volta che ci siamo
visti allora lo sapevi già? – chiese lanciandogli un’occhiata talmente fiammeggiante
che avrebbe impaurito anche l’uomo più coraggioso.
-
No, quella volta ancora non ne sapevo
nulla. L’ho scoperto solo verso la fine dell’anno scolastico.
Sara ripensò a quell’incontro con Remus.
Sirius Black era evaso da circa una settimana e Sara era già stata sollevata
dall’incarico delle ricerche con suo estremo sollievo. La notizia dell’evasione
di Sirius l’aveva sconvolta, non sapeva come gestire la cosa. Sarebbe andato a
cercarla? E in quel caso che cosa avrebbe dovuto fare lei? Consegnarlo alle
autorità? O farlo a pezzi con le sue mani?
Ma più di tutto c’era una cosa che la
tormentava: lei sapeva che Sirius era un Animagus, lo aveva sempre saputo, e
sospettava fortemente che proprio quel potere gli avesse consentito di evadere.
Però ancora non l’aveva detto a nessuno. Come poteva ammettere di conoscere un
criminale tanto bene da sapere un simile segreto? Che cosa ne sarebbe stato
della sua carriera? L’avrebbero accusata di intralcio alla giustizia? Che cosa
doveva fare?
L’unica persona che avrebbe potuto
aiutarla a rispondere a questa domanda era l’unica altra persona al mondo a
sapere che Sirius Black sapeva trasformarsi in un cane: Remus Lupin. Così una
sera, terminato l’orario di lavoro, si era presentata a casa sua.
-
Ciao Sara, che piacere vederti! – l’accolse
Remus sulla porta – Vieni entra!
Erano anni che non si vedevano, ma Remus
l’accolse come se si fossero visti il giorno prima. Sara doveva molto a Remus,
ma una volta entrata all’Accademia i loro rapporti si erano diradati sempre
più. Lei aveva pochissimo tempo libero e poi continuare a vedersi era
estremamente doloroso per entrambi. Così, come per un tacito accordo, avevano
iniziato a non vedersi più, dopo un po’ erano cessate le telefonate e alla fine
avevano anche smesso di scriversi. Quella sera Sara si sentiva strana a
ricorrere nuovamente all’aiuto di Remus ma l’accoglienza calorosa le aveva dato
coraggio. Si erano abbracciati sulla porta di casa, dopo di ché erano rientrati
e si erano seduti a parlare. Dopo i soliti convenevoli sul lavoro, salute e
famiglia, erano arrivati al dunque.
-
Non ti immagini perché sono qui? –
chiese Sara seduta al tavolo di quella cucina che ricordava così bene.
-
Sì, lo immagino – rispose Remus
posandole davanti una tazza di the e sedendosi a sua volta – Come stai?
-
Bene. Oddio insomma, un po’ sotto sopra.
Ma potrei stare peggio. Ormai credo di averla superata – rispose la donna
titubante.
-
Certo – replicò Lupin scrutandola con
uno sguardo non altrettanto convinto quanto le sue parole.
-
C’è una cosa che mi preoccupa – continuò
Sara visto che l’amico non sembrava intenzionato a dire altro – Io e te
sappiamo che Sirius è un Animagus. E’ probabile che per questo sia riuscito a
evadere. Tu l’hai mai detto a nessuno?
-
No, io non l’ho detto ad anima viva –
rispose Remus sorseggiando il the – E tu?
-
Nemmeno io. Hai intenzione di farlo?
Pensi di dirlo a Silente? In fondo andrai a lavorare a Hogwarts da quanto mi
hai detto, forse dovrebbe saperlo.
-
Non credo che lo dirò – disse Remus
gravemente – Significherebbe ammettere che quando ero a scuola andavo in giro a
fare bravate quando invece avrei dovuto rimanermene alla Stamberga Strillante.
Non voglio dare questa impressione a Silente,
non ora che nonostante tutto mi ha dato un lavoro.
Una parte di Sara inspiegabilmente fu sollevata
dalla notizia che Remus non avrebbe detto nulla.
-
Sono certa che sarai un ottimo
insegnante – disse infine la donna strappando un sorriso all’amico – Sai io non
posso compromettermi dicendo che Sirius Black è un Animagus, nella migliore
delle ipotesi mi prenderebbero per pazza e nella peggiore mi sbatterebbero al
suo posto ad Azkaban. Intanto non credo che cambierebbe qualcosa, che potrebbe
fare il Ministero? Mettersi a controllare ogni cane nero d’Inghilterra?
-
Anche io credo che non cambierebbe nulla
– interloquì Lupin con tono convincente – In fondo per quello che ne sappiamo
Sirius potrebbe essere evaso usando qualche magia nera imparata da Voldemort.
Sentire queste parole le fece più male
di quanto avrebbe creduto possibile, probabilmente non si sarebbe mai abituata
ad associare Sirius a Voldemort, ma era esattamente quello che aveva sperato di
sentirsi dire. Aveva bisogno che qualcuno le dicesse che stava facendo la cosa
giusta e nessuno meglio di Remus avrebbe potuto farlo.
Ripensando a quella conversazione Sara
convenne che probabilmente Remus diceva la verità, all’epoca non sapeva ancora
com’erano andate effettivamente le cose tra Sirius e Peter Minus.
La sua mente la riportò alla realtà, in
quella strada di campagna.
Mentre era rimasta in silenzio a
riflettere, Remus si era avvicinato. Quando Sara sollevò gli occhi, il suo
sguardo era meno furibondo, anche se aveva ancora la mascella contratta, e
Lupin azzardò addirittura a farle un sorriso. Sara sorrise a sua volta poi,
senza preavviso, abbracciò l’uomo come se lo vedesse solo in quel momento.
-
Mi sei mancato Remus! – esclamò Sara
stringendolo forte.
-
Anche tu mi sei mancata – rispose lui
rispondendo all’abbraccio.
Quando si staccarono l’atmosfera era
molto meno tesa. Si appoggiarono all’auto e ricominciarono a parlare
normalmente mentre osservavano la campagna circostante.
-
Allora amico mio – cominciò Sara – Tu
sai dov’è.
Non era una domanda.
-
Dov’è chi? – chiese Lupin guardandosi le
unghie di una mano.
-
Sai benissimo a chi mi riferisco –
replicò la donna guardandolo al di sopra degli occhiali da vista.
-
In teoria non te lo potrei dire, ma in
effetti sì, so dov’è – ammise l’uomo voltandosi verso Sara.
Quindi Remus sapeva dove si trovasse
Sirius. Da quando aveva scoperto la verità, Sara non poteva fare a meno di
provare una stretta allo stomaco ogni volta che pensava a Sirius.
-
Il motivo per cui sono venuto a cercarti
– riprese Remus – riguarda anche il luogo in cui si trova Sirius. Quello che ti
ho detto prima è la verità, mi manda Silente.
-
Ho parlato con Silente tre giorni fa –
intervenne Sara – che cosa deve dirmi che ancora non mi ha detto?
-
Mi ha mandato per chiederti se ti
interessa far parte dell’Ordine della Fenice – annunciò Lupin.
-
Il cosa? – chiese la donna molto
interessata.
-
L’Ordine della Fenice. E’ la società
segreta fondata da Silente per combattere Voldemort. Ne fanno parte diverse
persone e vorremmo che ne facessi parte anche tu. Non devi sentirti obbligata,
so che ti stiamo chiedendo di fare una cosa rischiosa che mette in pericolo il tuo
lavoro e soprattutto la tua vita – concluse Lupin mettendosi di fronte a Sara
in modo da poterla guardare bene in faccia.
-
L’Ordine della Fenice. E’ la stessa
società segreta di cui facevate parte quindici anni fa? – domandò Sara.
-
Sì, esattamente. Come lo sai? – chiese
l’uomo leggermente sorpreso.
-
Il tuo amico non mi ha raccontato tutto
ma mi aveva accennato qualcosa, diciamo abbastanza per capire che si trattava
di qualcosa del genere – rispose Sara fissandosi le scarpe.
-
Il tuo amico – ripeté Remus con un
sorrisetto che a Sara non piaceva affatto – Non riesci neppure a pronunciare il
suo nome?
Sara sentì il suo cuore stringersi e
decise di non rispondere. Spostò lo sguardo dalle sue scarpe all’orizzonte. No,
non riusciva a pronunciare il suo nome. Aveva dovuto dire il nome “Sirius
Black” troppe volte al lavoro negli ultimi giorni e ora non riusciva a
pronunciarlo come se parlasse di qualcuno che faceva parte della sua vita.
L’unica soluzione era cambiare discorso:
-
Così se Silente ha deciso di ricostituire
questo Ordine della Fenice significa che Voldemort è tornato davvero.
-
Purtroppo è così – confermò l’uomo – Ne
abbiamo le prove.
-
Davvero? Quali prove?
Parlare di prove era sempre allettante
per un Auror Capo e più il discorso si allontanava da Sirius, meglio sarebbe
stato per entrambi.
-
Harry l’ha visto risorgere in un
cimitero… e c’era anche Peter Minus.
Harry. Harry Potter. Ancora una volta
incrociava il suo destino con quello di Voldemort. Sara mandò mentalmente una
preghiera a chi di dovere perché quella volta le cose andassero meglio poi
disse:
-
Harry. Come sta? È a Hogwarts immagino.
-
Sì, ora è a Hogwarts, ma ha passato
parte delle vacanze con l’Ordine. E’ un ragazzo incredibile, non so come riesca
a essere ancora vivo e sano di mente con tutto quello che gli è successo.
-
Bè ha dei buoni geni – replicò la donna –
E così Harry conosce il suo padrino.
-
Sì, lo conosce anche se non hanno
passato molto tempo insieme fino ad ora.
Sara provò improvvisamente un moto di
gelosia verso Harry Potter, verso Remus, verso l’Ordine della Fenice. Tutti
loro sapevano dell’innocenza di Sirius da più di lei e avevano trascorso con
lui tempo che a lei non era stato concesso. Era tutto così tremendamente
ingiusto.
-
Non hai risposto alla mia domanda –
disse Remus riportandola alla realtà – Vuoi far parte dell’Ordine della Fenice?
Già, non aveva risposto. Che bella
domanda. Voleva far parte dell’Ordine della Fenice?
-
Remus, non saprei davvero. Non so se ho
la forza di affrontare tutto questo – disse passandosi una mano tra i capelli.
Benché apparisse piuttosto sorpreso da
questa risposta, forse si aspettava un assenso entusiastico, Lupin disse:
-
Non mi devi rispondere subito. Questa
sera ci sarà una riunione. Alle otto io sarò davanti al Ministero. Se avrai
deciso di partecipare ci vedremo lì altrimenti, se non ti vedrò, saprò che non
vuoi far parte dell’Ordine e tu dimenticherai la nostra conversazione.
A questo punto non c’era più molto da
dire. Risalirono in macchina e si diressero verso Londra.
*^*^*^*^*
Sirius attendeva con ansia il rientro di
Remus a Grimmauld Place. Voleva assolutamente sapere se Sara avesse accettato
di far parte dell’Ordine. Se così fosse stato l’avrebbe vista quella sera
stessa. Benché esternamente apparisse calmo e sereno, dentro di sé aveva un
vulcano di sentimenti, uno più intenso dell’altro. Provava contemporaneamente
ansia, felicità, paura, speranza, delusione, desiderio. A pranzo quasi non
riuscì a toccare cibo tanto che la signora Weasley cominciò a temere di aver
perso le sue doti culinarie. Molly ultimamente era molto più gentile con Sirius
e teneva in gran conto l’opinione del padrone di casa sulla cucina e altre
faccende domestiche.
Un’altra persona visibilmente agitata
era Lily. Anche lei era ansiosa di conoscere la risposta di Sara per sapere se
avrebbe o meno rivisto la sua grande amica. Certo che, se avesse accettato,
sarebbe stato davvero un colpo per lei trovare lì Lily e James. Sirius non
riusciva a immaginare che cosa avrebbe provato Sara e per un momento provò a
figurarsi la scena, lì in quella cucina. Sarebbero stati di nuovo tutti
insieme.
Proprio in quel momento Remus scese i
pochi gradini che separavano la cucina dall’ingresso della casa e si avvicinò
all’estremità del tavolo dove sedevano Lily, James e Sirius. Senza preamboli
inutili cominciò a raccontare del suo incontro con Sara e non venne interrotto
fino alla fine.
-
Quindi non ti ha dato una risposta –
disse infine Lily torcendosi le mani.
-
No, ma siamo d’accordo che deciderà
entro stasera.
Sirius cominciava a essere davvero
esausto. Possibile che non potesse mai essere tranquillo? Doveva sempre e
comunque esserci qualcosa di cui preoccuparsi. A quanto pareva non era ancora
finita. C’erano ancora alcune ore di ansia da sopportare. Gli sarebbe
probabilmente venuta un ulcera, ma aveva scelta?
No, non ne aveva.
*^*^*^*^*
Erano le otto meno dieci e Sara era
seduta alla sua scrivania, intenta a fissare il vuoto. Per tutto il pomeriggio
non era riuscita a combinare niente. Si era barricata nel suo ufficio, fingendo
di non esserci ed evitando accuratamente di rispondere al telefono. Che cosa
doveva fare? Doveva accettare? Accettare significava rivedere Sirius. Voleva
davvero rivedere Sirius? Poteva farlo? O sarebbe stata a rischio di diventare
matta un’altra volta? Valeva la pena di correre questo rischio?
Ad un certo punto della giornata Sara
aveva deciso che l’unica cosa che valesse davvero la pena fare era smettere di
pensare e aspettare che l’istinto le dicesse cosa fare. Così si era imposta di
respirare profondamente, svuotare la mente sia dai pensieri negativi che da
quelli positivi e attendere.
Per tutto il pomeriggio il suo istinto
le aveva detto di restare lì seduta a non fare altro che guardare la porta di
fronte a sé, ma ora, ora che i suoi occhi si erano posati sull’orologio, il suo
istinto cambiò direzione. Sara provò a combatterlo con la razionalità,
continuando a ripetersi che non era una buona idea, che il lavoro non le
avrebbe lasciato tempo da dedicare all’Ordine della Fenice, che era troppo
pericoloso, ma l’istinto fu più forte. Quando la lancetta si spostò sulle otto
meno nove minuti Sara scattò in piedi, afferrò la sua borsa e uscì chiudendosi
la porta alle spalle.
In ascensore Sara tuffò una mano nella
borsa e ne estrasse un piccolo specchio, lo aprì con uno scatto e controllò lo
stato dei capelli e del trucco. Mentre ritoccava una sbavatura di matita nera
sotto l’occhio destro si bloccò. Ma che diavolo stava facendo? Era il momento
di preoccuparsi del suo aspetto? Il lato razionale della sua personalità le
disse che non era affatto il momento, ma una vocina dentro di lei continuava a
bisbigliare “stai per rivedere Sirius, non vorrai sembrare uno
spaventapasseri?”.
L’ascensore si fermò e le porte si
aprirono sferragliando come sempre. Un suono familiare, per quanto sgradevole,
le era di conforto in quel momento. Si sentiva come se stesse per saltare nel
vuoto. Sara ripose lo specchio nella borsa e si avviò verso l’uscita a passo di
marcia. A ogni passo il suo cuore accelerava i battiti. Era tutto il giorno che
faceva le bizze e la donna non sapeva a quante emozioni ancora sarebbe stato in
grado di resistere. Quando si trovò all’esterno la prima cosa che vide fu Remus
che la aspettava all’angolo del vicolo. Non appena l’uomo la vide, il suo volto
fu illuminato da un sorriso caloroso.
-
Ciao – le disse stringendole la mano –
Alla fine hai deciso di accettare.
-
Sai, credo di non avere molta scelta
dopotutto. Allora, dove dobbiamo andare?
Remus prese a camminare in direzione di
una strada secondaria poco frequentata. Quando furono sufficientemente lontani
da orecchie e occhi indiscreti si voltò e disse:
-
Direi che è meglio usare la
Materializzazione, la tua auto potrebbe dare nell’occhio. Siamo molto
sorvegliati.
-
D’accordo, ma dove dobbiamo andare? –
chiese ancora Sara.
-
Ti guiderò io.
Senza aggiungere altro Remus la afferrò
saldamente per un braccio e si preparò a smaterializzarsi. Sara si concentrò
non sulla destinazione, che non le era nota, ma su Remus cercando di
costringere ogni particella del suo corpo a seguire l’amico, ovunque stesse
andando. Dopo pochi istanti Sara avvertì la familiare sensazione di essere
prima compressa da ogni lato e poi risucchiata, vide immagini indistinte
sfrecciare attorno a lei poi, all’improvviso, la terra ferma fu nuovamente
sotto i suoi piedi.
Sara si guardò intorno, erano in una
strada male illuminata, costellata da entrambi i lati da ville indipendenti e
case a schiera. Alcune apparivano in pessime condizioni, come se non fossero
abitate, altre invece avevano un’aria ordinata. La donna cercò dei punti di
riferimento per orientarsi. Era ancora a Londra, lo sapeva perché il tragitto
della Materializzazione era stato piuttosto breve e lo sapeva perché anche
quella zona aveva l’odore tipico di Londra, un inconfondibile miscuglio di
umido e di smog. Ma a parte questo non aveva idea di quale parte della città si
trattasse.
-
Dove siamo? – domandò sussurrando a
Remus. Non sapeva perché ma quel luogo la induceva a parlare sottovoce.
Per tutta risposta l’uomo frugò nella
tasca della giacca e estrasse un piccolo foglietto di pergamena. Glielo porse
dicendo che era da parte di Silente e Sara lo aprì impaziente.
“Il
Quartier Generale dell’Ordine della Fenice si trova al numero 12 di Grimmauld
Place”
-
Silente è il Custode Segreto del
Quartier Generale – spiegò Remus.
-
No, basta Custodi Segreti! – scherzò
Sara che evidentemente non aveva perso del tutto il senso dell’umorismo.
-
Ora che hai letto il messaggio sai dove
si trova, ma non puoi rivelarlo a nessuno. Memorizza quello che c’è scritto e
concentrati.
Sara obbedì, diede un’ultima scorsa al
biglietto, prima che Remus lo distruggesse incendiandolo, e si concentrò. Fu
un’apparizione davvero strana, una villa che prima non c’era si materializzò
tra le due case adiacenti come se fosse spuntata dal suolo. Accanto alla porta
un numero in ottone comunicava che si trattava del numero dodici e l’inquietante
batacchio a forma di serpente intrecciato aveva probabilmente la funzione di
scoraggiare eventuali seccatori.
E così ora faceva parte dell’Ordine
della Fenice e di lì a poco avrebbe rivisto Sirius. Lo stomaco le si strinse
per l’ennesima volta quel giorno, respirare normalmente cominciava ad essere
complicato e il fisico della donna cominciava a protestare per la stanchezza.
Tutta l’ansia di quei giorni la rendeva esausta.
-
Prima di entrare ti devo dire una cosa –
esordì Remus invitandola a sedersi accanto a lui su uno dei gradini che
conducevano all’ingresso.
-
O mio Dio, che altro c’è? – domandò la
donna sedendosi titubante.
-
Vedi, un po’ di tempo fa, diciamo
qualche mese, è successa una cosa davvero strana. Eravamo nella soffitta qui a
Grimmauld Place a fare le pulizie e…
Remus raccontò quello che era successo
durante l’estate, di come ci fosse stato quello strano scoppio che aveva
portato con sé Lily e James Potter. Le spiegò le supposizioni di Silente a
proposito di questo fenomeno e le comunicò che i Potter erano ancora lì.
Al termine del racconto Sara era
completamente attonita. Aveva gli occhi sgranati fissi su Remus e la bocca
leggermente aperta per lo stupore. Non poteva credere alle sue orecchie. Lily e
James erano tornati! Aveva creduto che nulla sarebbe più riuscito a
sconvolgerla e invece, ancora una volta, si era sbagliata. E si era sbagliata
di grosso. E adesso? Come avrebbe potuto affrontare anche questo?
Sara spostò lo sguardo verso la strada,
poi si voltò per guardare l’uomo negli occhi. Adesso aveva le labbra serrate e
la fronte corrugata.
-
Ti prego dimmi che è solo uno scherzo di
cattivo gusto – disse supplichevole.
-
Ti assicuro che non è uno scherzo –
replicò l’altro senza scomporsi.
-
Voi volete farmi morire – disse Sara
alzandosi dal gradino – Io comincio ad avere una certa età! State cercando di
farmi venire un infarto.
Remus ridacchiò ma non disse niente.
Sara prese a camminare avanti e indietro nel vialetto davanti al numero 12,
facendo scricchiolare la ghiaia sotto le scarpe da ginnastica.
Ci mancava solo quella!
Era già stato difficile riconciliarsi
con l’idea che Sirius non fosse un criminale, ora doveva anche fare i conti con
il ritorno alla vita di due amici morti quindici anni prima. Mentre camminava
su e giù Sara avvertì una fitta allo stomaco molto diversa dalle semplici
strette che aveva sentito durante la giornata.
Ecco, per completare il quadro ecco
comparire la gastrite nervosa in tutto il suo splendore! Era un segnale
pesante, un mal di stomaco così le veniva solo quando era davvero in preda al
panico. Come diavolo poteva entrare in quella casa? Sembrava che tutto il suo
passato di fosse radunato lì. Sara continuò a riflettere mentre camminava e
Remus la lasciò fare, probabilmente sapeva che non era una notizia facile da
digerire.
Alla fine la donna si fermò e scrutò la
porta della casa con sospetto. Ormai era lì, non poteva più decidere di tornare
indietro. Inspirò profondamente ed espirò tenendo gli occhi chiusi, cercando di
recuperare un briciolo di autocontrollo.
-
Va bene – disse infine più a se stessa
che a Remus – Andiamo.
-
Un’ultima cosa – aggiunse Remus –
Nessuno sa della storia che c’è stata tra te e Sirius, tranne me, James e Lily.
Per ora riteniamo sia più saggio che non si sappia, d’accordo?
Sara annuì, come in trance. Ci mancava
solo questo a complicarle le cose.
L’uomo si alzò e aprì la porta con un
colpo di bacchetta. Sara sentiva ogni muscolo ogni nervo del corpo in preda a
una tensione mai provata prima; lo sforzo di tenersi in piedi e muovere qualche
passo verso la casa sembrava disumano; senza rendersene conto cominciò a
tremare. Quando varcò la soglia e si trovò nell’ingresso buio e polveroso del
Quartier Generale sentì di aver oltrepassato un punto di non ritorno. Ora
avrebbe dovuto semplicemente stare a vedere come si sarebbero messe le cose.
*^*^*^*^*
Remus era uscito da un pezzo per andare
a prendere Sara e Sirius cominciava a domandarsi dove fosse finito. Forse lei
non si era presentata e aveva deciso di non prendere parte all’Ordine. Ma no,
non era possibile. Sara avrebbe voluto sicuramente aiutare Silente nella lotta
contro Voldemort, non si sarebbe tirata indietro così. Ma forse non voleva
incontrarlo, per questo aveva deciso di rifiutare.
Però ancora non sapeva se avesse
rifiutato.
Sirius, che fino a quel momento aveva
camminato avanti e indietro nella sua stanza, si fermò di fronte allo specchio
appeso a una parete.
-
Smettila di fare così – disse severamente
al suo riflesso – Sei patetico, piantala immediatamente!
Nelle ultime ore il desiderio di vedere
Sara, di poterle parlare di nuovo, era diventato così intenso da tramutarsi
quasi in un dolore fisico. Mentre cercava di calmarsi in vista della riunione
Sirius decise che avrebbe visto Sara in ogni caso, se lei non avesse accettato
di far parte dell’Ordine sarebbe andato a cercarla e le avrebbe parlato. Poteva
anche essere che lei non volesse avere più niente a che fare con lui ma doveva
almeno dargli la possibilità di spiegarsi.
Questa risoluzione ebbe un effetto
calmante. Benché non fosse ancora perfettamente padrone di sé, almeno poteva
arrischiarsi a tornare in cucina in compagnia degli altri. Un’ulteriore
complicazione veniva dal fatto che non doveva tradire i suoi sentimenti davanti
agli altri membri dell’Ordine. Solo James, Lily e Remus erano a conoscenza dei
suoi trascorsi con Sara e per il momento era più prudente che le cose
restassero così.
Quando arrivò al piano di sotto, trovò
Molly e Lily che si affaccendavano ai fornelli per preparare il cibarie per la
cena che sarebbe seguita alla riunione. Chissà se Sara si sarebbe fermata a
cena? Bé non sapeva neppure se sarebbe andata alla riunione, era meglio pensare
ad una cosa per volta.
James e Arthur intanto stavano sistemando
la poca documentazione a proposito dell’Ufficio Misteri che l’Ordine aveva a
disposizione. Il progetto di Voldemort di rubare la profezia a proposito di
Harry stava procurando molti problemi all’Ordine, soprattutto perché avevano
pochi mezzi per impedirlo. Avevano istituito dei turni di sorveglianza
all’Ufficio Misteri per accertarsi che nessuno si avvicinasse alla profezia, ma
era davvero troppo poco. Avrebbero dovuto controllare meglio gli ingressi,
proteggerli in qualche modo, occorreva sapere chi e quando aveva accesso a
quelle sale, tutte cose impossibili da sapere a quello stato delle cose. Non
avevano neppure una pianta dell’Ufficio Misteri. Ma esisteva poi? Era tutto
così segreto.
Queste riflessioni allontanarono per
qualche istante i suoi pensieri da Sara, ma non appena Sirius colse lo sguardo
apprensivo di James, la donna ricominciò prepotentemente ad occupare la sua
mente.
Sirius si spostò dall’uscio della stanza
e si mise ad aiutare James e Arthur, tanto per avere qualcosa da fare. Quando
ebbero terminato si sedette accanto all’amico e si accese una sigaretta,
procurandosi un’occhiataccia da Molly.
-
Come stai? – chiese amichevolmente
James.
-
Bene – rispose, nonostante sentisse un
pugno gelido stretto all’interno del petto – Sto bene davvero, James – aggiunse
vedendo lo sguardo perplesso del suo interlocutore – La mia innocenza è stata
finalmente dimostrata e i giornali non parlano d’altro, ho di nuovo il mio
migliore amico, che cosa potrei chiedere di più?
James capì che Sirius non era in vena di
parlare di Sara e lasciò perdere. Per questo Sirius gli fu immensamente grato.
Era già sufficientemente difficile non riuscire a pensare ad altro, anche
parlarne sarebbe stato davvero troppo.
Ad un tratto si udì il familiare scatto
della porta d’ingresso. Sirius smise di respirare, potevano essere Remus e
Sara? In quegli istanti di emozioni concitate l’uomo incrociò lo sguardo di
Lily e il sorriso incoraggiante della donna lo rincuorò.
La cucina era seminterrata rispetto al
piano della casa e per accedervi occorreva scendere una breve rampa di scale.
Sirius tese spasmodicamente le orecchie: erano i passi di due persone che
scendevano le scale e il suono prodotto dalla camminata di Remus era
inconfondibile.
Sirius iniziò a tremare
impercettibilmente e si aggrappo allo schienale della sedia che aveva davanti
per evitare che gli cedessero le ginocchia.
Stava davvero per incontrare Sara.
*^*^*^*^*
Remus si premette un dito sulle labbra
per indicare a Sara di fare silenzio. Lei fece un cenno d’assenso per
dimostrare di aver capito, in ogni caso non sarebbe riuscita a emettere alcun
suono. Ora non solo lo stomaco era contratto, ma anche la gola sembrava non
rispondere a dovere ai comandi del cervello. La situazione rischiava di
diventare imbarazzante.
Sara seguì Remus giù per una breve rampa
di scale, in fondo alla quale c’era una semplice porta di legno. L’uomo la aprì
per introdursi all’interno della stanza e, dopo il buio dell’ingresso, la luce
proveniente dai candelabri alle pareti e dal caminetto abbagliò Sara,
costringendola a stringere gli occhi.
-
Ciao ragazzi – salutò Remus.
Le voci che risposero al saluto erano
così familiari da toglierle il respiro: la voce dolce di Lily, il tono sempre
lievemente beffardo di James e soprattutto l’inconfondibile voce roca di
Sirius. Il cuore di Sara batteva talmente all’impazzata che dovette
controllarsi per non premersi le mani sul petto. Ad un tratto si rese conto che
Remus la guardava invitandola a entrare. La donna fece un respiro, profondo
quanto la sua ansia glielo concesse, e avanzò di qualche passo per entrare
nella luce di quella che sembrava una grande cucina.
Quando trovò il coraggio per alzare gli
occhi dal pavimento, il cuore che prima aveva rumoreggiato così intensamente
sembrò fermarsi. Erano davvero loro, c’erano James, Lily e Sirius che la
guardavano. Sara quasi non riusciva a respirare, figuriamoci a parlare. Ferma
accanto alla porta fece scorrere lo sguardo da Lily, in piedi accanto a James,
fino a Sirius.
Le bastò un sbirciata per vedere quanto
era cambiato, era evidentemente segnato da tutte le disgrazie che avevano caratterizzato
la sua vita, ma nell’occhiata che l’uomo le restituì Sara riconobbe il ragazzo
di cui era stata innamorata e improvvisamente trovò impossibile sostenere il
suo sguardo.
Sara guardò nuovamente Lily, era proprio
lei non c’era dubbio. Capelli rossi, occhi verdi, viso innocente, quasi da
bambina… ed era giovanissima. Sara si sorprese a pensare che adesso era lei
quella più vecchia delle due.
La scena era bizzarra e stranamente
immobile, la donna sapeva che era il momento di dire qualcosa, ma non aveva
idea di che cosa. Per fortuna qualcuno che prima non aveva notato venne in suo
soccorso spezzando la tensione del momento.
-
Signorina White! – esclamò una donna dai
capelli rossi che fino a un attimo prima era stata rivolta verso i fornelli –
E’ un vero piacere conoscerla, sono Molly Weasley – disse avvicinandosi per
stringerle la mano.
Sara riuscì a riprendere un minimo di
padronanza di sé, sufficiente a fare qualche passo e a stringere la mano alla
donna. Ai margini del suo campo visivo avvertì il movimento di Lily che
sussurrava qualcosa al marito e allo stesso modo percepì l’immobilità di Sirius
che non smetteva i fissarla.
-
Piacere Signora Weasley – disse cercando
di suonare naturale.
-
Mi chiami Molly, la prego Signorina
White.
-
E allora lei mi chiami Sara – replicò
l’Auror sciogliendo la tensione in un sorriso sincero, quella donna le era
simpatica.
Arthur, che fino a quel momento era
rimasto seppellito sotto il giornale, si unì alla moglie nel dare il benvenuto
a Sara e Sirius li osservò con un misto di sollievo e invidia bruciante. Era
sollevato perché grazie alla presenza dei Weasley Sara sembrava si stesse
sciogliendo un po’, ma invidiava l’immediata confidenza che avevano acquistato
con lei quando lui non era neppure riuscito a salutarla.
A Sirius era parso che il suo ingresso
in cucina avesse illuminato la stanza ancor più di quanto facessero le candele.
Non appena aveva varcato la soglia i suoi occhi erano stati completamente
catturati da Sara e ancora non era riuscito a distogliere lo sguardo da lei.
L’aveva pensata, l’aveva sognata ogni giorno senza eccezione negli ultimi
quindici anni e ora era lì davanti a lui. Niente a che vedere con la visione
fugace nel vicolo del Ministero, adesso poteva guardarla davvero. Osservò i
lineamenti del volto: non erano cambiati poi di tanto, erano più adulti, forse
un po’ più severi, ma si vedeva ancora la ragazzina che era in lei. E Sirius la
trovava bellissima. Chissà che cosa pensava lei? Lui certo non somigliava più
al ragazzo che era stato, non dopo tredici anni ad Azkaban. Forse lo trovava
così cambiato da essere irriconoscibile. Sirius non avrebbe saputo dirlo, quando
era entrata i loro occhi si erano incrociati per qualche istante ma Sara aveva
distolto lo sguardo quasi immediatamente. E ora era stata monopolizzata dai
Weasley.
-
Sa, signorina White – stava dicendo
Arthur.
-
Sara – lo corresse gentilmente la donna
che ancora sorrideva. Sirius non riusciva a capire come Arthur non fosse
abbagliato da quel sorriso.
-
Sara – proseguì lui – mi ha messo
davvero alle strette quando è venuta a chiedermi del topo di mio figlio.
-
Mi dispiace, non volevo metterla in
difficoltà – rispose Sara.
Per Sirius udire quella voce che aveva
amato così tanto era come sentire la musica più bella del mondo. Avrebbe voluto
scavalcare il tavolo con un balzo, stringerla tra le braccia e implorarla di
perdonarlo, ma non poteva farlo. Non poteva.
-
Arthur, puoi andare a vedere cosa fanno
i ragazzi? Io devo scendere nello scantinato a controllare le provviste – disse
Molly dopo qualche istante.
Non appena Molly e Arthur furono usciti
dalla stanza Sara avvertì un movimento repentino e, prima che potesse
rendersene conto, Lily le aveva buttato le braccia al collo e l’aveva stretta
in un abbraccio stritolatore.
-
Oh Sara! Sono così felice di vederti! –
esclamò la donna senza sciogliere l’abbraccio. Evidentemente aveva deciso di
approfittare dell’attimo in cui non c’erano occhi e orecchie indiscreti.
-
Anche io sono felice di vederti! –
esclamò Sara.
Aveva uno spaventoso nodo in gola, ma
giurò a se stessa che non avrebbe pianto. Restituì l’abbraccio all’amica e, con
il mento appoggiato alla sua spalla, lasciò vagare lo sguardo prima su James,
che appariva divertito, poi su Sirius.
Ogni volta che si concedeva uno sguardo
all’uomo sentiva una stretta allo stomaco. Osservandolo di sottecchi le parve
che non fosse particolarmente contento, sembrava anzi rabbuiato quasi
arrabbiato. Forse la sua presenza lo infastidiva.
Questo pensiero fece crescere il nodo
che Sara sentiva premere in gola, ma ricacciò indietro le lacrime e si staccò
da Lily. Tenendole le mani sulle spalle si costrinse a distogliere gli occhi da
Sirius e a posarli sul viso dell’amica.
-
E così… - iniziò a dire in evidente
imbarazzo – siete qui. È, come dire, una sorpresa.
-
Hai reagito meglio di Sirius e Remus se
è per questo – intervenne James ridacchiando – Loro quando ci hanno visti ci
hanno legato come due salami.
-
Ma io ero preparata, Remus mi aveva
avvertito. Se vi avessi incontrati senza neppure un minimo di preparazione
avrei avuto una reazione decisamente peggiore.
Dopo questo scambio di battute scese un
silenzio imbarazzato, rotto quasi immediatamente dal ritorno dei coniugi
Weasley che annunciarono l’imminente arrivo degli altri componenti dell’Ordine
della Fenice. Lily cominciò a tempestare Sara con un milione di domande e la
trascinò a sedere ad un’estremità del tavolo. Era così strano parlare di nuovo
con Lily, soprattutto dopo aver impiegato tanti sforzi per accettare l’idea
della sua morte. Ma dopo appena pochi minuti di chiacchiere a Sara sembrava di
aver parlato con Lily appena qualche giorno prima. Nonostante fosse molto presa
dalla conversazione, Sara non poté esimersi dal notare che Sirius era seduto davanti
a lei e i suo occhi vagavano verso l’uomo molto più spesso di quanto non fosse
opportuno. Stava cercando con tutte le sue forze di comportarsi il più normalmente
possibile, ma quasi nessun muscolo del suo corpo rispondeva correttamente ai
comandi e doveva attuare uno sforzo di concentrazione per impedire alle mani di
tremare e per non dimenticare di respirare.
Quando Lily aveva fatto accomodare Sara,
Sirius si era seduto di fronte a lei con un gesto del tutto naturale.
D’altronde quello era il posto che occupava sempre, all’angolo del tavolo più
distante dalla porta, perché non avrebbe dovuto sedersi lì?
Sara stava parlando con Lily, Sirius
supponeva che avessero molte cose da raccontarsi ma l’indifferenza che Sara
stava mostrando nei suoi confronti non poteva che addolorarlo. Ma che cosa si
era aspettato poi? Lily parve intuire il suo disagio e, approfittando della
presenza di Molly, si allontanò dal tavolo per avvicinarsi nuovamente ai
fornelli. Proprio mentre Sirius pensava che il silenzio imbarazzato tra lui e
Sara fosse inevitabile, la donna alzò lo sguardo verso di lui e gli rivolse un
sorriso caloroso. Sirius si sentì come se gli avessero svuotato il corpo di
tutti gli organi e nonostante i pensieri funesti non poté fare a meno di
restituire il sorriso a Sara. L’unica cosa che gli venne in mente di dire fu:
-
Ciao…
Banale, scontato. Forse anche un po’
stupido. Possibile che dopo quindici anni non avesse niente di meglio da dirle?
-
Ciao – rispose lei trasformando il
sorriso caloroso in un sorrisetto sarcastico.
Teneva i gomiti appoggiati al tavolo e
il mento appoggiato sulle mani e lo scrutava al di sopra della spessa montatura
degli occhiali da vista. Ora che avevano iniziato a scalfire il ghiaccio Sara
si rese conto che Sirius era imbarazzato almeno quanto lei. Bastò questa
piccola consapevolezza a farla sentire in colpa. Sirius non avrebbe dovuto
essere in imbarazzo, avrebbe dovuto essere arrabbiato con lei, lei che era
stata la sua ragazza e non aveva creduto neppure per un secondo che potesse essere
innocente, lei che l’aveva lasciato a marcire in prigione, lei che ci aveva impiegato
quindici anni per farsi venire qualche dubbio.
E invece la guardava con le sopraciglia
aggrottate e con quegli occhi incredibili carichi di aspettativa, come se temesse
la sua reazione. Sara aveva talmente tante cose da dire che, in quel momento,
non gliene venne in mente neanche una e rimase imbambolata a guardarlo.
Sirius a sua volta si domandava come
fosse possibile che Sara riuscisse a tollerare di stare nella stessa stanza con
lui, dopo tutto quello che le aveva fatto. Avrebbe voluto ringraziarla e
chiederle scusa per tutto, ma non era un discorso che si sentisse di fare così
davanti a tutti.
Mentre loro erano impegnati a non
parlarsi, la cucina di Grimmauld Place si era pian piano riempita e i nuovi
arrivati, seppur fingendo di essere impegnati in diverse conversazioni,
osservavano Sara con un misto di curiosità a diffidenza. La donna li osservò a
sua volta e realizzò con una certa sorpresa che conosceva diversi di loro.
C’era l’Auror dai capelli viola, Tonks,
che Sara aveva incrociato diverse volte al Ministero. C’era Mundugus Fletcher,
che in alcune occasioni era finito nella stanza degli interrogatori con Sara.
Quando vide entrare un uomo di colore alto e imponente, Sara non riuscì a
reprimere una risatina. E così Kingsley Shakelbolt faceva parte dell’Ordine!
Questo spiegava diverse cose.
Udendola ridacchiare Sirius non riuscì a
trattenersi dal chiederle:
-
Cosa c’è che ti fa ridere?
Sara sentì la ormai familiare stretta
allo stomaco quando Sirius le rivolse la parola e, sperando di non apparire
eccessivamente adorante, si voltò di nuovo verso di lui e rispose:
-
Mi sono sempre domandata per quale
ragione un Auror preparato e abile come Shakelbolt fosse così a corto di idee
da supporre che tu fossi in Tibet. Ora l’ho capito. Ha sempre lavorato per voi.
Quindi è per questa stessa ragione che era così preoccupato quando lo hanno
sollevato dal caso per affidarlo a me.
-
Esattamente – commentò Sirius senza
dilungarsi. L’unica cosa che voleva era che Sara continuasse a parlare.
-
Francamente era una cosa che davvero non
riuscivo a capire. Personalmente se mi avessero tolto dalle mani una simile
gatta da pelare sarei stata solamente contenta – continuò sfoderando di nuovo
il sorriso sarcastico.
La via dell’ironia aveva già funzionato
una volta con Sirius, chissà che non funzionasse ancora.
-
Io non posso che essere felice che
Kingsley sia stato sollevato da questa incombenza – replicò Sirius ridacchiando
a sua volta. Poi, guardando Sara più intensamente, disse – Grazie.
-
Ho fatto solamente il mio dovere –
minimizzò Sara sperando ardentemente di non arrossire.
Santo cielo, che fine aveva fatto il suo
ferreo autocontrollo?
Persa negli stupefacenti occhi di
Sirius, Sara aveva quasi dimenticato dove si trovasse e perché fosse lì. Aveva
dimenticato persino che la sua migliore amica era tornata dal passato e se ne
ricordò solo quando Lily si sedette accanto a lei. Nella cucina, eletta a Sala
Riunioni, il brusio calò improvvisamente e Sara distolse riluttante lo sguardo
da Sirius per verificare cosa avesse causato quel repentino cambiamento. L’ingresso
di Silente aveva dato inizio alla riunione. Il Preside si sistemò al centro del
lungo tavolo e abbracciò la congregazione con un solo sguardo limpido.
-
Buona sera a tutti – disse con la sua
voce bassa e calma.
Sara aveva quasi dimenticato quale
carisma emanasse Silente e quale potere avesse nel rapire il suo uditorio.
-
Benvenuta Signorina White. Sono contento
che abbia deciso di unirsi all’Ordine – le disse con un sorriso.
-
Grazie a lei per avermi dato la
possibilità di essere qui – rispose Sara.
-
Prima di cominciare con le novità vorrei
farle un breve riassunto della situazione – continuò il Preside – Come immagino
saprà all’Ufficio Misteri al Ministero della Magia sono conservati alcuni degli
aspetti più segreti del mondo magico. A noi interessa particolarmente la Stanza
delle Profezie. In questa stanza sono custodite le memorie di tutte le profezie
sentenziate da che il Ministero esiste e fra queste ve n’è una che riguarda
Harry Potter.
Sara ascoltava Silente sforzandosi di
assorbire ogni minima informazione, ma le occorreva tutta la concentrazione di
cui disponeva per non tornare a guardare Sirius.
-
L’autrice di questa profezia è Sibilla
Cooman, l’attuale docente di Divinazione a Hogwarts. Sappiamo che Voldemort
conosce parte del contenuto di questa profezia ed è estremamente interessato a
conoscere il resto. Per questo attualmente uno dei nostri impegni principali è
controllare che la profezia non venga rubata. A questo scopo abbiamo istituito
dei turni di guardia.
Una profezia a proposito di Harry
Potter. Sara moriva dalla voglia di sapere il contenuto della profezia, ma non
si arrischiò a chiederlo. Magari più avanti…
Tonks estrasse dalla sua borsa una serie
di fogli pieni di tabelle con giorni e orari, dovevano essere i famosi turni di
guardia.
-
Al momento abbiamo qualche difficoltà a
coprire certi orari – disse la ragazza porgendole le tabelle.
Sara le afferrò e, dopo essersi
sistemata gli occhiali sul naso, iniziò ad esaminarle. Sirius era rapito dalla
sua concentrazione, sembrava così… professionale. Una differenza abissale
rispetto a pochi attimi prima, quando era così titubante e imbarazzata. In quel
momento emanava sicurezza e autorità.
-
Non ho problemi per i turni di notte –
disse infine Sara – tranne che in caso di qualche chiamata urgente. Per i turni
di giorno mi posso organizzare.
Tonks si riappropriò delle tabelle e
iniziò a completarle con il nome di Sara. Intanto Silente riprese a parlare:
-
Bene, possiamo procedere. Abbiamo novità
sulle mappe dell’Ufficio Misteri?
-
Purtroppo no – rispose Kingsley –
Sappiamo che ce n’è una sola copia, custodita nell’archivio privato del
Ministro e quindi quasi inarrivabile. Non possiamo rischiare di chiedere un
autorizzazione ufficiale, desteremmo troppi sospetti.
Mentre Kingsley parlava nella mente di
Sara cominciò a delinearsi un piano.
-
Forse un modo per arrivare a
quell’archivio c’è – disse quasi senza pensare.
Probabilmente stava esagerando, era l’ultima
arrivata e non vedeva perché avrebbero dovuto darle retta, ma aveva agito
d’impulso come avrebbe fatto con un qualunque caso ufficiale. Silente la invitò
a continuare e lei si sentì rincuorata:
-
Nel mio ufficio ho ancora tutta la
documentazione su… - esitò per un attimo, stava per dire sul caso Black ma non
le parve opportuno - … sul mio ultimo caso – si risolse a dire infine – Potrei
dire a Caramell che sarebbe più prudente custodirla nel suo archivio e andare a
dare un’occhiata.
-
Se crede di poterlo fare senza
compromettere la sua posizione potrebbe essere un’idea risolutiva – concordò
Silente – ma la prego di non mettersi nei guai. Più persone ad alto livello
abbiamo all’interno del Ministero meglio sarà per tutti.
-
Non si preoccupi – rispose Sara sfoderando
il sorrisetto che riservava al suo Capo per convincerlo delle sue capacità.
Sirius era piuttosto sconcertato dalla
piega che avevano preso le cose. Sara era nell’Ordine da meno di un’ora ed
aveva già un ruolo attivo molto importante. Aveva sempre saputo che era
intelligente, determinata, forte ma aveva un ricordo piuttosto netto di una
Sara totalmente riluttante a mettersi al centro dell’attenzione e ora era
esattamente quello che stava facendo.
Che cosa poteva averla cambiata a tal
punto?
Da quel punto in poi la riunione
proseguì come al solito e Sirius si lasciò distrarre più volte. I suoi occhi
erano calamitati da Sara e, malgrado le raccomandazioni di mantenere la
segretezza, non riusciva a controllarsi al punto da guadagnarsi alcune
occhiatacce da Remus e una gomitata nelle costole da James.
Con Sara lì a Grimmauld Place la sua
felicità era completa. Non poteva chiedere nient’altro.
Anche Sara faticava a mantenere
l’attenzione sulla riunione dell’Ordine e alcune volte si sorprese a
controllare se Sirius la guardasse. La presenza di Sirius l’aveva ritrasformata
in un’adolescente incasinata. Com’era possibile?
A riunione conclusa i membri dell’Ordine
si alzarono e si divisero in gruppetti per chiacchierare. Diverse persone
andarono da Sara a presentarsi. La prima fu Tonks.
-
Ciao! – disse allegra – Non so se ti
ricordi di me, sono Ninfadora Tonks.
-
Certo che mi ricordo, abbiamo lavorato
insieme al caso Wittler. Quattro anni fa, esatto? – rispose Sara non del tutto
conscia di tutti gli sguardi che erano puntati su di lei. L’unico sguardo che
percepiva come se le bruciasse la pelle era quello di Sirius.
-
Impressionante! Ti ricordi tutti i casi
che hai seguito? – domandò ammirata la giovane Auror.
-
Non proprio, ma di sicuro mi ricordo
tutti quelli da cui ho imparato qualcosa – replicò Sara enigmatica.
Dopo Tonks andarono a salutarla
Kingsley, i figli maggiori dei Weasley e persino Mundugus. Mentre tutti
chiacchieravano amabilmente, come se fino a poco prima non avessero parlato del
più pericoloso mago di tutti i tempi, Molly aveva ricominciato a preparare la
cena.
-
Sara lei è dei nostri? – domandò Molly
felice di avere qualcuno di nuovo da rimpinzare.
Sara stava per rispondere che si sarebbe
fermata volentieri, soprattutto dopo aver visto lo sguardo di approvazione che
Sirius aveva lanciato alla Signora Weasley, ma in quel preciso momento il suo
cellulare prese a squillare insistentemente.
Sara tuffò una mano in tasca e ne
estrasse un cellulare nero che aprì con uno scatto.
-
White – rispose secca allontanandosi un
passo per sentire meglio il suo interlocutore.
Sirius osservò la fronte di Sara, prima
distesa, contrarsi in un’espressione preoccupata. Le sopraciglia si aggrottarono
e il sorriso che fino a poco prima aveva illuminato il suo volto scomparve.
-
Dannazione – disse la donna quando
dall’altra parte della cornetta il suo interlocutore terminò di parlare – D’accordo
arrivo subito.
Sara ripose il telefono in tasca e
raccolse la sua borsa dal pavimento.
-
Mi dispiace – disse con sincero
rammarico guardando Molly ma sbirciando Sirius – sarei rimasta davvero
volentieri ma era il Ministero, devo andare.
Sirius era davvero deluso, avrebbe
voluto avere ancora la possibilità di parlare con Sara da solo. Ma poi rifletté
che ora che Sara faceva parte dell’Ordine della Fenice l’avrebbe vista spesso.
Mentre la donna salutava e si avviava verso la porta della cucina, Sirius si
alzò per accompagnarla. La seguì lungo le scale che portavano all’ingresso.
Sara si voltò verso di lui con un
sorriso e lasciò che Sirius le tenesse aperta la porta. Non era ancora stata
così vicino a lui e il suo battito prese ad accelerare pericolosamente. Il suo
profumo caldo la investì mentre usciva nella sera e Sara fu sul punto di
buttargli le braccia al collo. Fortunatamente riuscì a trattenersi e ad
allontanarsi di un passo prima di tradirsi.
Sirius reagì all’allontanamento di Sara
facendo un passo verso di lei e prendendole una mano.
-
Sono felice che tu sia qui – sussurrò.
-
Anch’io sono felice – rispose Sara quasi
senza fiato. Era un sogno poter avere di nuovo Sirius così vicino, anzi era
meglio di un sogno.
-
Tornerai? – chiese l’uomo con
un’evidente ansia nella voce. Non era stata sua intenzione fare quella domanda,
non voleva assillarla o rischiava di spaventarla, ma era stato più forte di
lui.
-
Certo – rispose semplicemente Sara –
Domani.
Rimasero fermi ad osservarsi, mano nella
mano, lasciando vagare ognuno i propri occhi sul viso dell’altro. Una voce
fastidiosa in un angolo del cervello di Sara le ricordò che doveva correre
sulla scena di un crimine, ma per la prima volta in dieci anni di servizio Sara
era riluttante a tornare al lavoro. Alla fine però riuscì a staccare gli occhi
da quelli di Sirius, ritrasse la mano e si allontanò salutandolo con un
sorriso.
Sirius chiuse l’uscio solo quando Sara
fu fuori dalla sua vista. Rimasto solo si appoggiò alla porta e fece un respiro
profondo per calmarsi prima di tornare in cucina. Ora la sua felicità era
perfetta: aveva la sua libertà, aveva James e Lily e ora aveva anche Sara, che
l’indomani sarebbe tornata a Grimmauld Place.
Mentre scendeva i gradini per tornare
con gli altri, Sirius pensò con un sorriso che domani non sarebbe arrivato
sufficientemente presto.