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Autore: Eneria    16/06/2009    5 recensioni
Dopo due anni dall'evasione da Azkaban, Sirius Black è in un'altra prigione: il quartier generale di Grimmauld Place. Intanto una brillante Auror indaga su possibili collegamenti tra la sua evasione e l'evasione di dieci tra i più pericolosi Mangiamorte. Come se non bastasse il tempo fa brutti scherzi, riapre vecchie ferite e ne cura alcune.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: James Potter, Lily Evans, Nuovo personaggio, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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Per i lettori: chiedo perdono, perdono e ancora perdono per l’interminabile attesa! Mi perdonate vero?! So che è davvero tanto che non aggiorno ma ho avuto pochissimo tempo. Vi ringrazio per la dedizione che dimostrate alla mia storia e vi ringrazio per i commenti che, man mano, diventano progressivamente più numerosi.  

Per Alohomora: sì spesso ho pensato di scrivere storie gialle e/o poliziesche. Addirittura una volta io e un mio amico abbiamo scritto un giallo a quattro mani. Ognuno scriveva un capitolo e poi passava il quaderno all’altro. Ci siamo incasinati talmente tanto l’esistenza che alla fine nessuno dei due capiva più qual’era il colpevole!

Spero di non deludervi con questo nuovo capitolo. Se pensate che possa migliorare non esitate a dirlo! Sono aperta a suggerimenti.

Buona lettura!

P.S.: il capitolo 11 non vi è proprio piaciuto visto che è l’unico poverino a non avere neanche un commento ;-P

 

XV

 

Per la seconda notte consecutiva al Quartier Generale si festeggiò e i festeggiamenti furono ancora più allegri e chiassosi della sera precedente. Sirius Black era stato finalmente scagionato e ora il mondo intero avrebbe dovuto ricredersi sul suo conto.

Sirius si sentiva leggero come una piuma. Ora non avrebbe più dovuto preoccuparsi di nascondersi, ora avrebbe potuto aiutare veramente l’Ordine della Fenice. Silente non aveva più scuse per tenerlo rinchiuso a Grimmauld Place. Certo ci sarebbe voluto del tempo per reintegrarsi, ci sarebbe voluto del tempo prima che la gente accettasse che lui era innocente, ma aveva avuto pazienza per quindici anni, poteva avere pazienza ancora per un po’.

Quando finalmente si decise ad andare nella sua stanza era quasi mattina. Per la prima volta da giorni Sirius si buttò a letto senza temere insonnia e incubi. Erano finalmente scese la tensione e l’adrenalina e tutta la stanchezza era emersa all’improvviso, cullandolo in un sonno sereno e senza sogni.

Sara White intanto era tornata nel suo appartamento. Il Capo non aveva voluto sentire ragioni e, dopo il processo, l’interminabile conferenza stampa e un breve colloquio con il Ministro, l’aveva spedita a casa a riposarsi. Fino a quando era stata in ballo aveva ballato, ma non appena era arrivata a casa aveva sentito tutta la stanchezza piombarle addosso. Si era buttata sul letto senza neppure svestirsi e si era addormentata di schianto. Aveva dormito profondamente, come non le capitava da un sacco di tempo, ed era stata svegliata da un raggio di sole molesto che passava attraverso le fenditure della tapparella. Sulle prime Sara non riuscì a capire dov’era, poi lentamente aveva ricordato: il Capo che la mandava a casa, il colloquio col Ministro, il processo.   

Man mano che ricordava un sorriso di soddisfazione le illuminò il volto. Senza indugiare troppo a lungo tra le coperte, Sara si alzò e per una volta, anziché una doccia veloce, si concesse un lungo bagno con la schiuma. Mentre si crogiolava nell’acqua bollente rivivendo la giornata precedente, il cellulare prese a squillare rompendo la pace che era regnata fino a quel momento. Sara si sporse dalla vasca verso la mensola dove aveva appoggiato il cellulare e premette il pulsante per accettare la chiamata.

-         Sara White – disse nel ricevitore.

-         Buon giorno Signorina White – disse la voce del Capo dall’altro capo del filo.

-         Buon giorno Capo, mi dica.

-         Ho parlato con il Ministro. Non è contento della piega che hanno preso le cose, ma ha accettato la decisione del Winzengamot e ha parlato con i giornalisti appoggiando l’operato del Dipartimento degli Auror. Ora la situazione sembra abbastanza tranquilla. Siamo riusciti a cacciare i giornalisti promettendo un’altra conferenza stampa per domani. Quando vuole può tornare al lavoro senza problemi – spiegò l’uomo.

-         Molto bene, sarò al Ministero tra poco allora – rispose Sara chiudendo la comunicazione.

Appena conclusa la telefonata, Sara uscì dall’acqua e si preparò per andare al lavoro. E così sembrava che stesse per cominciare una nuova giornata, c’erano i vecchi casi di cui Sara doveva tornare a occuparsi e sicuramente ci sarebbe stato qualche nuovo caso che avrebbe richiesto la sua attenzione. Sapeva che la stampa le sarebbe stata alle calcagna per un po’, lei stessa aveva suscitato l’interesse dei giornalisti per il caso Black, ma poco a poco le acque si sarebbero calmate e tutto sarebbe tornato alla normalità.

Quando arrivò al Ministero si assicurò che non ci fossero giornalisti in agguato all’ingresso dipendenti, quindi entrò mostrando il suo tesserino alla guardia e si diresse verso gli ascensori. Quando fece il suo ingresso fu ricevuta da un’accoglienza calorosa, sorrisi, saluti, pacche sulle spalle, che davvero non si sarebbe aspettata da quei colleghi che generalmente erano così ostili. In fondo al corridoio, davanti alla porta del suo ufficio su cui campeggiava la targa di Auror Capo, Sara trovò Frank, Olga e Roger.

-         Ragazzi – salutò Sara invitandoli a entrare nel suo ufficio e chiudendo la porta alle loro spalle.

-         Siete dei maledetti egoisti! – esclamò Roger.

-         E perché mai? – domandò Sara fingendo di non capire.

-         Perché avevate per le mani questo caso enorme e non ci avete detto niente! – rispose Roger risentito.

-         Per ovvie ragioni dovevo coinvolgere il minor numero di persone possibili – spiegò pazientemente Sara mentre aggirava la sua scrivania e andava a sedersi sulla poltrona da ufficio – e Frank aveva diritto di prelazione per anzianità. Allora, raccontatemi com’è andata in questi giorni.

Olga e Roger aggiornarono il loro capo sugli sviluppi nei casi che stavano seguendo e ricevettero istruzioni per proseguire il lavoro.

-         A proposito – disse Sara mentre i suoi sottoposti prendevano congedo – avete fatto un ottimo lavoro. Continuate così.

I tre ragazzi la ringraziarono con un sorriso e si diressero verso le rispettive scrivanie. La porta non aveva fatto in tempo a chiudersi che cominciò una processione. Prima andò a trovarla il Capo per complimentarsi ancora per l’esito delle indagini e rassicurarla riguardo alla posizione del Ministro; poi arrivò Phil Tarrentin, un Auror di terzo livello, che aveva bisogno di una comparazione di impronte digitali per un’indagine che stava seguendo. A intervalli regolari Shira, la segretaria del Dipartimento, compariva nell’ufficio di Sara per portarle richieste e messaggi di giornalisti che chiedevano informazioni, interviste, incontri e dichiarazioni.

A ora di pranzo, Sara non era riuscita a combinare quasi nulla del lavoro che si era prefissa. Rassegnata raccolse le sue cose e uscì dal Ministero per andare a mangiare qualcosa. Quel giorno aveva voglia di starsene un po’ da sola, quindi non chiese a nessuno di andare con lei e sgattaiolò verso l’ascensore prima che qualcun altro potesse fermarla. Ad una prima occhiata l’Atrium le parve sgombro di giornalisti, così lo attraversò in fretta e si infilò nella cubicolo per risalire a livello strada. Il pavimento si mosse sotto i suoi piedi e la sollevò fino a fermarsi nella solita malconcia cabina telefonica. Sara uscì dalla cabina e si diresse verso il centro della città. I locali frequentati da maghi erano assolutamente da escludere per quel giorno, detestava essere osservata mentre mangiava.

Quando svoltò l’angolo rimase per un attimo interdetta. Sul marciapiede opposto c’era una figura familiare, un uomo che a Sara sembrava di conoscere.

Sembrava proprio… ma non poteva essere…

Eppure guardando meglio si rese conto che l’uomo era davvero Remus Lupin e la fissava piuttosto insistentemente. Sara non era del tutto impreparata ad una visita di questo genere, ma rimase ugualmente sorpresa di vederlo lì. La sua comparsa poteva significare molte cose e il cuore di Sara prese a battere più intensamente.

Sara fece un cenno a Remus, per fargli capire che l’aveva riconosciuto, quindi prese a camminare allontanandosi dal Ministero e vide Lupin fare lo stesso mantenendosi dall’altro lato della strada. Qualunque cosa Remus dovesse dire, non potevano parlare lì e neppure potevano andare in un luogo pubblico. La donna aveva imparato a sue spese che la prudenza non era mai troppa, così si incamminò verso il punto in cui aveva parcheggiato l’auto. Quando la raggiunse, disattivò i sistemi di sicurezza con un lieve tocco di bacchetta e si sistemò al volante, mise in moto l’auto e uscì dal parcheggio immettendosi nella strada. Percorse qualche metro in direzione opposta quindi si accostò al marciapiede.

Sara osservò nello specchietto retrovisore Remus Lupin avvicinarsi rapidamente, l’uomo salì sull’auto e la donna ripartì immettendosi nel traffico.

-         Ciao Remus – disse continuando a guardare la strada – Chissà perché non sono sorpresa di vederti.

-         Ciao Sara, come stai? – domandò Lupin cordialmente.

-         Una favola, grazie – replicò lei con tono sarcastico – A cosa devo un tale onore?

-         Mi manda Silente – spiegò Remus.

-         Oh sì, certo. Silente – commentò lei mentre conduceva la macchina fuori città verso la campagna.

-         Mi sembra di cogliere dell’irritazione nella tua voce – continuò Lupin senza però smettere di sorridere amichevolmente – Sei arrabbiata con me?

-         Arrabbiata con te? – replicò Sara in tono ancor più sarcastico – E perché mai dovrei essere arrabbiata con te? Ti pare, che ne abbia motivo?

-         Sara ti prego…

L’auto di Sara era molto più rapida di quelle Babbane e in breve tempo erano arrivati in una zona piuttosto deserta di campagna. Sara svoltò in una stradina sterrata e, quando ritenne che fossero sufficientemente isolati, fermò la macchina e scese sbattendo energicamente lo sportello.

-         Io non sono arrabbiata con te, e neppure col tuo amico, che ultimamente mi ha dato così tanto lavoro. Io sono furiosa!

-         Hai ragione però… - provò a dire l’uomo.

-         Ragione? Certo che ho ragione! Come potrei non avere ragione! Non avete scuse, nessuna scusa per il vostro comportamento.

-         Lo so Sara, ma cerca di capire, che cosa avrei dovuto fare? – riuscì finalmente a dire Remus.

-         Dirmi la verità per esempio. Io ti ho chiesto più volte “c’è qualcosa che sai e che io dovrei sapere? Qualcosa di diverso da quello che so io?”. L’ho chiesto a te e l’ho chiesto a Silente. L’unica risposta che ho avuto è stata “No, non c’è assolutamente niente”. NIENTE! E ora io ci devo uscire pazza con questa storia del Custode Segreto perché tra tutti avete avuto la bella pensata di tenermi completamente all’oscuro di come stessero le cose. IO NON SONO ARRABBIATA!

Non era esattamente il discorso che Sara si era immaginata di fare con Remus a questo proposito, ma rivederlo le aveva ricordato molte cose spiacevoli e tutta la rabbia che aveva cercato di nascondere era venuta fuori senza che potesse controllarla. Era arrabbiata davvero con Remus, con Silente, anche con Sirius perché sì, lei era solo una ragazzina di diciassette anni quando tutto era accaduto, ma aveva il diritto di sapere la verità. E nessuno aveva creduto in lei, mai, neanche quando era diventata adulta e aveva continuato a farsi sempre le stesse domande.

Con le mani che le tremavano, Sara si accese una sigaretta e attese la risposta di Remus. Ora che si era sfogata era curiosa di sapere che cosa avesse da dirle.

-         Sara – cominciò lui lentamente – posso capire che tu sia amareggiata e furiosa, ma noi tutti abbiamo creduto di farlo per il tuo bene. Non è stata una mancanza di fiducia nei tuoi confronti. Prima non era saggio che Sirius di dicesse che cosa stava per fare e dopo che senso avrebbe avuto? Che cosa dovevo fare? Dirti che Sirius era il Custode Segreto di Lily e James e causarti ancora più dolore? E per quanto riguarda la faccenda di Peter, io stesso ne sono venuto a conoscenza solo due anni fa.

-         Due anni fa? – domandò Sara ora più calma – L’anno in cui hai insegnato a Hogwarts. L’ultima volta che ci siamo visti allora lo sapevi già? – chiese lanciandogli un’occhiata talmente fiammeggiante che avrebbe impaurito anche l’uomo più coraggioso.

-         No, quella volta ancora non ne sapevo nulla. L’ho scoperto solo verso la fine dell’anno scolastico.

Sara ripensò a quell’incontro con Remus. Sirius Black era evaso da circa una settimana e Sara era già stata sollevata dall’incarico delle ricerche con suo estremo sollievo. La notizia dell’evasione di Sirius l’aveva sconvolta, non sapeva come gestire la cosa. Sarebbe andato a cercarla? E in quel caso che cosa avrebbe dovuto fare lei? Consegnarlo alle autorità? O farlo a pezzi con le sue mani?

Ma più di tutto c’era una cosa che la tormentava: lei sapeva che Sirius era un Animagus, lo aveva sempre saputo, e sospettava fortemente che proprio quel potere gli avesse consentito di evadere. Però ancora non l’aveva detto a nessuno. Come poteva ammettere di conoscere un criminale tanto bene da sapere un simile segreto? Che cosa ne sarebbe stato della sua carriera? L’avrebbero accusata di intralcio alla giustizia? Che cosa doveva fare?

L’unica persona che avrebbe potuto aiutarla a rispondere a questa domanda era l’unica altra persona al mondo a sapere che Sirius Black sapeva trasformarsi in un cane: Remus Lupin. Così una sera, terminato l’orario di lavoro, si era presentata a casa sua.

-         Ciao Sara, che piacere vederti! – l’accolse Remus sulla porta – Vieni entra!

Erano anni che non si vedevano, ma Remus l’accolse come se si fossero visti il giorno prima. Sara doveva molto a Remus, ma una volta entrata all’Accademia i loro rapporti si erano diradati sempre più. Lei aveva pochissimo tempo libero e poi continuare a vedersi era estremamente doloroso per entrambi. Così, come per un tacito accordo, avevano iniziato a non vedersi più, dopo un po’ erano cessate le telefonate e alla fine avevano anche smesso di scriversi. Quella sera Sara si sentiva strana a ricorrere nuovamente all’aiuto di Remus ma l’accoglienza calorosa le aveva dato coraggio. Si erano abbracciati sulla porta di casa, dopo di ché erano rientrati e si erano seduti a parlare. Dopo i soliti convenevoli sul lavoro, salute e famiglia, erano arrivati al dunque.

-         Non ti immagini perché sono qui? – chiese Sara seduta al tavolo di quella cucina che ricordava così bene.

-         Sì, lo immagino – rispose Remus posandole davanti una tazza di the e sedendosi a sua volta – Come stai?

-         Bene. Oddio insomma, un po’ sotto sopra. Ma potrei stare peggio. Ormai credo di averla superata – rispose la donna titubante.

-         Certo – replicò Lupin scrutandola con uno sguardo non altrettanto convinto quanto le sue parole.

-         C’è una cosa che mi preoccupa – continuò Sara visto che l’amico non sembrava intenzionato a dire altro – Io e te sappiamo che Sirius è un Animagus. E’ probabile che per questo sia riuscito a evadere. Tu l’hai mai detto a nessuno?

-         No, io non l’ho detto ad anima viva – rispose Remus sorseggiando il the – E tu?

-         Nemmeno io. Hai intenzione di farlo? Pensi di dirlo a Silente? In fondo andrai a lavorare a Hogwarts da quanto mi hai detto, forse dovrebbe saperlo.

-         Non credo che lo dirò – disse Remus gravemente – Significherebbe ammettere che quando ero a scuola andavo in giro a fare bravate quando invece avrei dovuto rimanermene alla Stamberga Strillante. Non voglio dare questa impressione a Silente,  non ora che nonostante tutto mi ha dato un lavoro.

Una parte di Sara inspiegabilmente fu sollevata dalla notizia che Remus non avrebbe detto nulla.

-         Sono certa che sarai un ottimo insegnante – disse infine la donna strappando un sorriso all’amico – Sai io non posso compromettermi dicendo che Sirius Black è un Animagus, nella migliore delle ipotesi mi prenderebbero per pazza e nella peggiore mi sbatterebbero al suo posto ad Azkaban. Intanto non credo che cambierebbe qualcosa, che potrebbe fare il Ministero? Mettersi a controllare ogni cane nero d’Inghilterra?

-         Anche io credo che non cambierebbe nulla – interloquì Lupin con tono convincente – In fondo per quello che ne sappiamo Sirius potrebbe essere evaso usando qualche magia nera imparata da Voldemort.

Sentire queste parole le fece più male di quanto avrebbe creduto possibile, probabilmente non si sarebbe mai abituata ad associare Sirius a Voldemort, ma era esattamente quello che aveva sperato di sentirsi dire. Aveva bisogno che qualcuno le dicesse che stava facendo la cosa giusta e nessuno meglio di Remus avrebbe potuto farlo.   

Ripensando a quella conversazione Sara convenne che probabilmente Remus diceva la verità, all’epoca non sapeva ancora com’erano andate effettivamente le cose tra Sirius e Peter Minus.

La sua mente la riportò alla realtà, in quella strada di campagna.

Mentre era rimasta in silenzio a riflettere, Remus si era avvicinato. Quando Sara sollevò gli occhi, il suo sguardo era meno furibondo, anche se aveva ancora la mascella contratta, e Lupin azzardò addirittura a farle un sorriso. Sara sorrise a sua volta poi, senza preavviso, abbracciò l’uomo come se lo vedesse solo in quel momento.

-         Mi sei mancato Remus! – esclamò Sara stringendolo forte.

-         Anche tu mi sei mancata – rispose lui rispondendo all’abbraccio.

Quando si staccarono l’atmosfera era molto meno tesa. Si appoggiarono all’auto e ricominciarono a parlare normalmente mentre osservavano la campagna circostante.

-         Allora amico mio – cominciò Sara – Tu sai dov’è.

Non era una domanda.

-         Dov’è chi? – chiese Lupin guardandosi le unghie di una mano.

-         Sai benissimo a chi mi riferisco – replicò la donna guardandolo al di sopra degli occhiali da vista.

-         In teoria non te lo potrei dire, ma in effetti sì, so dov’è – ammise l’uomo voltandosi verso Sara.

Quindi Remus sapeva dove si trovasse Sirius. Da quando aveva scoperto la verità, Sara non poteva fare a meno di provare una stretta allo stomaco ogni volta che pensava a Sirius.

-         Il motivo per cui sono venuto a cercarti – riprese Remus – riguarda anche il luogo in cui si trova Sirius. Quello che ti ho detto prima è la verità, mi manda Silente.

-         Ho parlato con Silente tre giorni fa – intervenne Sara – che cosa deve dirmi che ancora non mi ha detto?

-         Mi ha mandato per chiederti se ti interessa far parte dell’Ordine della Fenice – annunciò Lupin.

-         Il cosa? – chiese la donna molto interessata.

-         L’Ordine della Fenice. E’ la società segreta fondata da Silente per combattere Voldemort. Ne fanno parte diverse persone e vorremmo che ne facessi parte anche tu. Non devi sentirti obbligata, so che ti stiamo chiedendo di fare una cosa rischiosa che mette in pericolo il tuo lavoro e soprattutto la tua vita – concluse Lupin mettendosi di fronte a Sara in modo da poterla guardare bene in faccia.

-         L’Ordine della Fenice. E’ la stessa società segreta di cui facevate parte quindici anni fa? – domandò Sara.

-         Sì, esattamente. Come lo sai? – chiese l’uomo leggermente sorpreso.

-         Il tuo amico non mi ha raccontato tutto ma mi aveva accennato qualcosa, diciamo abbastanza per capire che si trattava di qualcosa del genere – rispose Sara fissandosi le scarpe.

-         Il tuo amico – ripeté Remus con un sorrisetto che a Sara non piaceva affatto – Non riesci neppure a pronunciare il suo nome?

Sara sentì il suo cuore stringersi e decise di non rispondere. Spostò lo sguardo dalle sue scarpe all’orizzonte. No, non riusciva a pronunciare il suo nome. Aveva dovuto dire il nome “Sirius Black” troppe volte al lavoro negli ultimi giorni e ora non riusciva a pronunciarlo come se parlasse di qualcuno che faceva parte della sua vita. L’unica soluzione era cambiare discorso:

-         Così se Silente ha deciso di ricostituire questo Ordine della Fenice significa che Voldemort è tornato davvero.

-         Purtroppo è così – confermò l’uomo – Ne abbiamo le prove.

-         Davvero? Quali prove?

Parlare di prove era sempre allettante per un Auror Capo e più il discorso si allontanava da Sirius, meglio sarebbe stato per entrambi.

-         Harry l’ha visto risorgere in un cimitero… e c’era anche Peter Minus.

Harry. Harry Potter. Ancora una volta incrociava il suo destino con quello di Voldemort. Sara mandò mentalmente una preghiera a chi di dovere perché quella volta le cose andassero meglio poi disse:

-         Harry. Come sta? È a Hogwarts immagino.

-         Sì, ora è a Hogwarts, ma ha passato parte delle vacanze con l’Ordine. E’ un ragazzo incredibile, non so come riesca a essere ancora vivo e sano di mente con tutto quello che gli è successo.

-         Bè ha dei buoni geni – replicò la donna – E così Harry conosce il suo padrino.

-         Sì, lo conosce anche se non hanno passato molto tempo insieme fino ad ora.

Sara provò improvvisamente un moto di gelosia verso Harry Potter, verso Remus, verso l’Ordine della Fenice. Tutti loro sapevano dell’innocenza di Sirius da più di lei e avevano trascorso con lui tempo che a lei non era stato concesso. Era tutto così tremendamente ingiusto.

-         Non hai risposto alla mia domanda – disse Remus riportandola alla realtà – Vuoi far parte dell’Ordine della Fenice?

Già, non aveva risposto. Che bella domanda. Voleva far parte dell’Ordine della Fenice?

-         Remus, non saprei davvero. Non so se ho la forza di affrontare tutto questo – disse passandosi una mano tra i capelli.

Benché apparisse piuttosto sorpreso da questa risposta, forse si aspettava un assenso entusiastico, Lupin disse:

-         Non mi devi rispondere subito. Questa sera ci sarà una riunione. Alle otto io sarò davanti al Ministero. Se avrai deciso di partecipare ci vedremo lì altrimenti, se non ti vedrò, saprò che non vuoi far parte dell’Ordine e tu dimenticherai la nostra conversazione.

A questo punto non c’era più molto da dire. Risalirono in macchina e si diressero verso Londra.

 

*^*^*^*^*

 

Sirius attendeva con ansia il rientro di Remus a Grimmauld Place. Voleva assolutamente sapere se Sara avesse accettato di far parte dell’Ordine. Se così fosse stato l’avrebbe vista quella sera stessa. Benché esternamente apparisse calmo e sereno, dentro di sé aveva un vulcano di sentimenti, uno più intenso dell’altro. Provava contemporaneamente ansia, felicità, paura, speranza, delusione, desiderio. A pranzo quasi non riuscì a toccare cibo tanto che la signora Weasley cominciò a temere di aver perso le sue doti culinarie. Molly ultimamente era molto più gentile con Sirius e teneva in gran conto l’opinione del padrone di casa sulla cucina e altre faccende domestiche.

Un’altra persona visibilmente agitata era Lily. Anche lei era ansiosa di conoscere la risposta di Sara per sapere se avrebbe o meno rivisto la sua grande amica. Certo che, se avesse accettato, sarebbe stato davvero un colpo per lei trovare lì Lily e James. Sirius non riusciva a immaginare che cosa avrebbe provato Sara e per un momento provò a figurarsi la scena, lì in quella cucina. Sarebbero stati di nuovo tutti insieme.

Proprio in quel momento Remus scese i pochi gradini che separavano la cucina dall’ingresso della casa e si avvicinò all’estremità del tavolo dove sedevano Lily, James e Sirius. Senza preamboli inutili cominciò a raccontare del suo incontro con Sara e non venne interrotto fino alla fine.

-         Quindi non ti ha dato una risposta – disse infine Lily torcendosi le mani.

-         No, ma siamo d’accordo che deciderà entro stasera.

Sirius cominciava a essere davvero esausto. Possibile che non potesse mai essere tranquillo? Doveva sempre e comunque esserci qualcosa di cui preoccuparsi. A quanto pareva non era ancora finita. C’erano ancora alcune ore di ansia da sopportare. Gli sarebbe probabilmente venuta un ulcera, ma aveva scelta?

No, non ne aveva.

 

*^*^*^*^*

 

Erano le otto meno dieci e Sara era seduta alla sua scrivania, intenta a fissare il vuoto. Per tutto il pomeriggio non era riuscita a combinare niente. Si era barricata nel suo ufficio, fingendo di non esserci ed evitando accuratamente di rispondere al telefono. Che cosa doveva fare? Doveva accettare? Accettare significava rivedere Sirius. Voleva davvero rivedere Sirius? Poteva farlo? O sarebbe stata a rischio di diventare matta un’altra volta? Valeva la pena di correre questo rischio?

Ad un certo punto della giornata Sara aveva deciso che l’unica cosa che valesse davvero la pena fare era smettere di pensare e aspettare che l’istinto le dicesse cosa fare. Così si era imposta di respirare profondamente, svuotare la mente sia dai pensieri negativi che da quelli positivi e attendere.

Per tutto il pomeriggio il suo istinto le aveva detto di restare lì seduta a non fare altro che guardare la porta di fronte a sé, ma ora, ora che i suoi occhi si erano posati sull’orologio, il suo istinto cambiò direzione. Sara provò a combatterlo con la razionalità, continuando a ripetersi che non era una buona idea, che il lavoro non le avrebbe lasciato tempo da dedicare all’Ordine della Fenice, che era troppo pericoloso, ma l’istinto fu più forte. Quando la lancetta si spostò sulle otto meno nove minuti Sara scattò in piedi, afferrò la sua borsa e uscì chiudendosi la porta alle spalle.

In ascensore Sara tuffò una mano nella borsa e ne estrasse un piccolo specchio, lo aprì con uno scatto e controllò lo stato dei capelli e del trucco. Mentre ritoccava una sbavatura di matita nera sotto l’occhio destro si bloccò. Ma che diavolo stava facendo? Era il momento di preoccuparsi del suo aspetto? Il lato razionale della sua personalità le disse che non era affatto il momento, ma una vocina dentro di lei continuava a bisbigliare “stai per rivedere Sirius, non vorrai sembrare uno spaventapasseri?”.

L’ascensore si fermò e le porte si aprirono sferragliando come sempre. Un suono familiare, per quanto sgradevole, le era di conforto in quel momento. Si sentiva come se stesse per saltare nel vuoto. Sara ripose lo specchio nella borsa e si avviò verso l’uscita a passo di marcia. A ogni passo il suo cuore accelerava i battiti. Era tutto il giorno che faceva le bizze e la donna non sapeva a quante emozioni ancora sarebbe stato in grado di resistere. Quando si trovò all’esterno la prima cosa che vide fu Remus che la aspettava all’angolo del vicolo. Non appena l’uomo la vide, il suo volto fu illuminato da un sorriso caloroso.

-         Ciao – le disse stringendole la mano – Alla fine hai deciso di accettare.

-         Sai, credo di non avere molta scelta dopotutto. Allora, dove dobbiamo andare?

Remus prese a camminare in direzione di una strada secondaria poco frequentata. Quando furono sufficientemente lontani da orecchie e occhi indiscreti si voltò e disse:

-         Direi che è meglio usare la Materializzazione, la tua auto potrebbe dare nell’occhio. Siamo molto sorvegliati.

-         D’accordo, ma dove dobbiamo andare? – chiese ancora Sara.

-         Ti guiderò io.

Senza aggiungere altro Remus la afferrò saldamente per un braccio e si preparò a smaterializzarsi. Sara si concentrò non sulla destinazione, che non le era nota, ma su Remus cercando di costringere ogni particella del suo corpo a seguire l’amico, ovunque stesse andando. Dopo pochi istanti Sara avvertì la familiare sensazione di essere prima compressa da ogni lato e poi risucchiata, vide immagini indistinte sfrecciare attorno a lei poi, all’improvviso, la terra ferma fu nuovamente sotto i suoi piedi.

Sara si guardò intorno, erano in una strada male illuminata, costellata da entrambi i lati da ville indipendenti e case a schiera. Alcune apparivano in pessime condizioni, come se non fossero abitate, altre invece avevano un’aria ordinata. La donna cercò dei punti di riferimento per orientarsi. Era ancora a Londra, lo sapeva perché il tragitto della Materializzazione era stato piuttosto breve e lo sapeva perché anche quella zona aveva l’odore tipico di Londra, un inconfondibile miscuglio di umido e di smog. Ma a parte questo non aveva idea di quale parte della città si trattasse.

-         Dove siamo? – domandò sussurrando a Remus. Non sapeva perché ma quel luogo la induceva a parlare sottovoce.

Per tutta risposta l’uomo frugò nella tasca della giacca e estrasse un piccolo foglietto di pergamena. Glielo porse dicendo che era da parte di Silente e Sara lo aprì impaziente.

 

“Il Quartier Generale dell’Ordine della Fenice si trova al numero 12 di Grimmauld Place”

 

-         Silente è il Custode Segreto del Quartier Generale – spiegò Remus.

-         No, basta Custodi Segreti! – scherzò Sara che evidentemente non aveva perso del tutto il senso dell’umorismo.

-         Ora che hai letto il messaggio sai dove si trova, ma non puoi rivelarlo a nessuno. Memorizza quello che c’è scritto e concentrati.

Sara obbedì, diede un’ultima scorsa al biglietto, prima che Remus lo distruggesse incendiandolo, e si concentrò. Fu un’apparizione davvero strana, una villa che prima non c’era si materializzò tra le due case adiacenti come se fosse spuntata dal suolo. Accanto alla porta un numero in ottone comunicava che si trattava del numero dodici e l’inquietante batacchio a forma di serpente intrecciato aveva probabilmente la funzione di scoraggiare eventuali seccatori.

E così ora faceva parte dell’Ordine della Fenice e di lì a poco avrebbe rivisto Sirius. Lo stomaco le si strinse per l’ennesima volta quel giorno, respirare normalmente cominciava ad essere complicato e il fisico della donna cominciava a protestare per la stanchezza. Tutta l’ansia di quei giorni la rendeva esausta.

-         Prima di entrare ti devo dire una cosa – esordì Remus invitandola a sedersi accanto a lui su uno dei gradini che conducevano all’ingresso.

-         O mio Dio, che altro c’è? – domandò la donna sedendosi titubante.

-         Vedi, un po’ di tempo fa, diciamo qualche mese, è successa una cosa davvero strana. Eravamo nella soffitta qui a Grimmauld Place a fare le pulizie e…

Remus raccontò quello che era successo durante l’estate, di come ci fosse stato quello strano scoppio che aveva portato con sé Lily e James Potter. Le spiegò le supposizioni di Silente a proposito di questo fenomeno e le comunicò che i Potter erano ancora lì.

Al termine del racconto Sara era completamente attonita. Aveva gli occhi sgranati fissi su Remus e la bocca leggermente aperta per lo stupore. Non poteva credere alle sue orecchie. Lily e James erano tornati! Aveva creduto che nulla sarebbe più riuscito a sconvolgerla e invece, ancora una volta, si era sbagliata. E si era sbagliata di grosso. E adesso? Come avrebbe potuto affrontare anche questo?

Sara spostò lo sguardo verso la strada, poi si voltò per guardare l’uomo negli occhi. Adesso aveva le labbra serrate e la fronte corrugata.

-         Ti prego dimmi che è solo uno scherzo di cattivo gusto – disse supplichevole.

-         Ti assicuro che non è uno scherzo – replicò l’altro senza scomporsi.

-         Voi volete farmi morire – disse Sara alzandosi dal gradino – Io comincio ad avere una certa età! State cercando di farmi venire un infarto.

Remus ridacchiò ma non disse niente. Sara prese a camminare avanti e indietro nel vialetto davanti al numero 12, facendo scricchiolare la ghiaia sotto le scarpe da ginnastica.

Ci mancava solo quella!

Era già stato difficile riconciliarsi con l’idea che Sirius non fosse un criminale, ora doveva anche fare i conti con il ritorno alla vita di due amici morti quindici anni prima. Mentre camminava su e giù Sara avvertì una fitta allo stomaco molto diversa dalle semplici strette che aveva sentito durante la giornata.

Ecco, per completare il quadro ecco comparire la gastrite nervosa in tutto il suo splendore! Era un segnale pesante, un mal di stomaco così le veniva solo quando era davvero in preda al panico. Come diavolo poteva entrare in quella casa? Sembrava che tutto il suo passato di fosse radunato lì. Sara continuò a riflettere mentre camminava e Remus la lasciò fare, probabilmente sapeva che non era una notizia facile da digerire.

Alla fine la donna si fermò e scrutò la porta della casa con sospetto. Ormai era lì, non poteva più decidere di tornare indietro. Inspirò profondamente ed espirò tenendo gli occhi chiusi, cercando di recuperare un briciolo di autocontrollo.

-         Va bene – disse infine più a se stessa che a Remus – Andiamo.

-         Un’ultima cosa – aggiunse Remus – Nessuno sa della storia che c’è stata tra te e Sirius, tranne me, James e Lily. Per ora riteniamo sia più saggio che non si sappia, d’accordo?

Sara annuì, come in trance. Ci mancava solo questo a complicarle le cose.

L’uomo si alzò e aprì la porta con un colpo di bacchetta. Sara sentiva ogni muscolo ogni nervo del corpo in preda a una tensione mai provata prima; lo sforzo di tenersi in piedi e muovere qualche passo verso la casa sembrava disumano; senza rendersene conto cominciò a tremare. Quando varcò la soglia e si trovò nell’ingresso buio e polveroso del Quartier Generale sentì di aver oltrepassato un punto di non ritorno. Ora avrebbe dovuto semplicemente stare a vedere come si sarebbero messe le cose.

 

*^*^*^*^*

 

Remus era uscito da un pezzo per andare a prendere Sara e Sirius cominciava a domandarsi dove fosse finito. Forse lei non si era presentata e aveva deciso di non prendere parte all’Ordine. Ma no, non era possibile. Sara avrebbe voluto sicuramente aiutare Silente nella lotta contro Voldemort, non si sarebbe tirata indietro così. Ma forse non voleva incontrarlo, per questo aveva deciso di rifiutare.

Però ancora non sapeva se avesse rifiutato.

Sirius, che fino a quel momento aveva camminato avanti e indietro nella sua stanza, si fermò di fronte allo specchio appeso a una parete.

-         Smettila di fare così – disse severamente al suo riflesso – Sei patetico, piantala immediatamente!

Nelle ultime ore il desiderio di vedere Sara, di poterle parlare di nuovo, era diventato così intenso da tramutarsi quasi in un dolore fisico. Mentre cercava di calmarsi in vista della riunione Sirius decise che avrebbe visto Sara in ogni caso, se lei non avesse accettato di far parte dell’Ordine sarebbe andato a cercarla e le avrebbe parlato. Poteva anche essere che lei non volesse avere più niente a che fare con lui ma doveva almeno dargli la possibilità di spiegarsi.

Questa risoluzione ebbe un effetto calmante. Benché non fosse ancora perfettamente padrone di sé, almeno poteva arrischiarsi a tornare in cucina in compagnia degli altri. Un’ulteriore complicazione veniva dal fatto che non doveva tradire i suoi sentimenti davanti agli altri membri dell’Ordine. Solo James, Lily e Remus erano a conoscenza dei suoi trascorsi con Sara e per il momento era più prudente che le cose restassero così.

Quando arrivò al piano di sotto, trovò Molly e Lily che si affaccendavano ai fornelli per preparare il cibarie per la cena che sarebbe seguita alla riunione. Chissà se Sara si sarebbe fermata a cena? Bé non sapeva neppure se sarebbe andata alla riunione, era meglio pensare ad una cosa per volta.

James e Arthur intanto stavano sistemando la poca documentazione a proposito dell’Ufficio Misteri che l’Ordine aveva a disposizione. Il progetto di Voldemort di rubare la profezia a proposito di Harry stava procurando molti problemi all’Ordine, soprattutto perché avevano pochi mezzi per impedirlo. Avevano istituito dei turni di sorveglianza all’Ufficio Misteri per accertarsi che nessuno si avvicinasse alla profezia, ma era davvero troppo poco. Avrebbero dovuto controllare meglio gli ingressi, proteggerli in qualche modo, occorreva sapere chi e quando aveva accesso a quelle sale, tutte cose impossibili da sapere a quello stato delle cose. Non avevano neppure una pianta dell’Ufficio Misteri. Ma esisteva poi? Era tutto così segreto.

Queste riflessioni allontanarono per qualche istante i suoi pensieri da Sara, ma non appena Sirius colse lo sguardo apprensivo di James, la donna ricominciò prepotentemente ad occupare la sua mente.

Sirius si spostò dall’uscio della stanza e si mise ad aiutare James e Arthur, tanto per avere qualcosa da fare. Quando ebbero terminato si sedette accanto all’amico e si accese una sigaretta, procurandosi un’occhiataccia da Molly.

-         Come stai? – chiese amichevolmente James.

-         Bene – rispose, nonostante sentisse un pugno gelido stretto all’interno del petto – Sto bene davvero, James – aggiunse vedendo lo sguardo perplesso del suo interlocutore – La mia innocenza è stata finalmente dimostrata e i giornali non parlano d’altro, ho di nuovo il mio migliore amico, che cosa potrei chiedere di più?

James capì che Sirius non era in vena di parlare di Sara e lasciò perdere. Per questo Sirius gli fu immensamente grato. Era già sufficientemente difficile non riuscire a pensare ad altro, anche parlarne sarebbe stato davvero troppo.

Ad un tratto si udì il familiare scatto della porta d’ingresso. Sirius smise di respirare, potevano essere Remus e Sara? In quegli istanti di emozioni concitate l’uomo incrociò lo sguardo di Lily e il sorriso incoraggiante della donna lo rincuorò.

La cucina era seminterrata rispetto al piano della casa e per accedervi occorreva scendere una breve rampa di scale. Sirius tese spasmodicamente le orecchie: erano i passi di due persone che scendevano le scale e il suono prodotto dalla camminata di Remus era inconfondibile.

Sirius iniziò a tremare impercettibilmente e si aggrappo allo schienale della sedia che aveva davanti per evitare che gli cedessero le ginocchia.

Stava davvero per incontrare Sara.

 

*^*^*^*^*

 

Remus si premette un dito sulle labbra per indicare a Sara di fare silenzio. Lei fece un cenno d’assenso per dimostrare di aver capito, in ogni caso non sarebbe riuscita a emettere alcun suono. Ora non solo lo stomaco era contratto, ma anche la gola sembrava non rispondere a dovere ai comandi del cervello. La situazione rischiava di diventare imbarazzante.

Sara seguì Remus giù per una breve rampa di scale, in fondo alla quale c’era una semplice porta di legno. L’uomo la aprì per introdursi all’interno della stanza e, dopo il buio dell’ingresso, la luce proveniente dai candelabri alle pareti e dal caminetto abbagliò Sara, costringendola a stringere gli occhi.

-         Ciao ragazzi – salutò Remus.

Le voci che risposero al saluto erano così familiari da toglierle il respiro: la voce dolce di Lily, il tono sempre lievemente beffardo di James e soprattutto l’inconfondibile voce roca di Sirius. Il cuore di Sara batteva talmente all’impazzata che dovette controllarsi per non premersi le mani sul petto. Ad un tratto si rese conto che Remus la guardava invitandola a entrare. La donna fece un respiro, profondo quanto la sua ansia glielo concesse, e avanzò di qualche passo per entrare nella luce di quella che sembrava una grande cucina.

Quando trovò il coraggio per alzare gli occhi dal pavimento, il cuore che prima aveva rumoreggiato così intensamente sembrò fermarsi. Erano davvero loro, c’erano James, Lily e Sirius che la guardavano. Sara quasi non riusciva a respirare, figuriamoci a parlare. Ferma accanto alla porta fece scorrere lo sguardo da Lily, in piedi accanto a James, fino a Sirius.

Le bastò un sbirciata per vedere quanto era cambiato, era evidentemente segnato da tutte le disgrazie che avevano caratterizzato la sua vita, ma nell’occhiata che l’uomo le restituì Sara riconobbe il ragazzo di cui era stata innamorata e improvvisamente trovò impossibile sostenere il suo sguardo.

Sara guardò nuovamente Lily, era proprio lei non c’era dubbio. Capelli rossi, occhi verdi, viso innocente, quasi da bambina… ed era giovanissima. Sara si sorprese a pensare che adesso era lei quella più vecchia delle due.

La scena era bizzarra e stranamente immobile, la donna sapeva che era il momento di dire qualcosa, ma non aveva idea di che cosa. Per fortuna qualcuno che prima non aveva notato venne in suo soccorso spezzando la tensione del momento.

-         Signorina White! – esclamò una donna dai capelli rossi che fino a un attimo prima era stata rivolta verso i fornelli – E’ un vero piacere conoscerla, sono Molly Weasley – disse avvicinandosi per stringerle la mano.

Sara riuscì a riprendere un minimo di padronanza di sé, sufficiente a fare qualche passo e a stringere la mano alla donna. Ai margini del suo campo visivo avvertì il movimento di Lily che sussurrava qualcosa al marito e allo stesso modo percepì l’immobilità di Sirius che non smetteva i fissarla.

-         Piacere Signora Weasley – disse cercando di suonare naturale.

-         Mi chiami Molly, la prego Signorina White.

-         E allora lei mi chiami Sara – replicò l’Auror sciogliendo la tensione in un sorriso sincero, quella donna le era simpatica.

Arthur, che fino a quel momento era rimasto seppellito sotto il giornale, si unì alla moglie nel dare il benvenuto a Sara e Sirius li osservò con un misto di sollievo e invidia bruciante. Era sollevato perché grazie alla presenza dei Weasley Sara sembrava si stesse sciogliendo un po’, ma invidiava l’immediata confidenza che avevano acquistato con lei quando lui non era neppure riuscito a salutarla.

A Sirius era parso che il suo ingresso in cucina avesse illuminato la stanza ancor più di quanto facessero le candele. Non appena aveva varcato la soglia i suoi occhi erano stati completamente catturati da Sara e ancora non era riuscito a distogliere lo sguardo da lei. L’aveva pensata, l’aveva sognata ogni giorno senza eccezione negli ultimi quindici anni e ora era lì davanti a lui. Niente a che vedere con la visione fugace nel vicolo del Ministero, adesso poteva guardarla davvero. Osservò i lineamenti del volto: non erano cambiati poi di tanto, erano più adulti, forse un po’ più severi, ma si vedeva ancora la ragazzina che era in lei. E Sirius la trovava bellissima. Chissà che cosa pensava lei? Lui certo non somigliava più al ragazzo che era stato, non dopo tredici anni ad Azkaban. Forse lo trovava così cambiato da essere irriconoscibile. Sirius non avrebbe saputo dirlo, quando era entrata i loro occhi si erano incrociati per qualche istante ma Sara aveva distolto lo sguardo quasi immediatamente. E ora era stata monopolizzata dai Weasley.

-         Sa, signorina White – stava dicendo Arthur.

-         Sara – lo corresse gentilmente la donna che ancora sorrideva. Sirius non riusciva a capire come Arthur non fosse abbagliato da quel sorriso.

-         Sara – proseguì lui – mi ha messo davvero alle strette quando è venuta a chiedermi del topo di mio figlio.

-         Mi dispiace, non volevo metterla in difficoltà – rispose Sara.

Per Sirius udire quella voce che aveva amato così tanto era come sentire la musica più bella del mondo. Avrebbe voluto scavalcare il tavolo con un balzo, stringerla tra le braccia e implorarla di perdonarlo, ma non poteva farlo. Non poteva.

-         Arthur, puoi andare a vedere cosa fanno i ragazzi? Io devo scendere nello scantinato a controllare le provviste – disse Molly dopo qualche istante.

Non appena Molly e Arthur furono usciti dalla stanza Sara avvertì un movimento repentino e, prima che potesse rendersene conto, Lily le aveva buttato le braccia al collo e l’aveva stretta in un abbraccio stritolatore.

-         Oh Sara! Sono così felice di vederti! – esclamò la donna senza sciogliere l’abbraccio. Evidentemente aveva deciso di approfittare dell’attimo in cui non c’erano occhi e orecchie indiscreti.

-         Anche io sono felice di vederti! – esclamò Sara.

Aveva uno spaventoso nodo in gola, ma giurò a se stessa che non avrebbe pianto. Restituì l’abbraccio all’amica e, con il mento appoggiato alla sua spalla, lasciò vagare lo sguardo prima su James, che appariva divertito, poi su Sirius.

Ogni volta che si concedeva uno sguardo all’uomo sentiva una stretta allo stomaco. Osservandolo di sottecchi le parve che non fosse particolarmente contento, sembrava anzi rabbuiato quasi arrabbiato. Forse la sua presenza lo infastidiva.

Questo pensiero fece crescere il nodo che Sara sentiva premere in gola, ma ricacciò indietro le lacrime e si staccò da Lily. Tenendole le mani sulle spalle si costrinse a distogliere gli occhi da Sirius e a posarli sul viso dell’amica. 

-         E così… - iniziò a dire in evidente imbarazzo – siete qui. È, come dire, una sorpresa.

-         Hai reagito meglio di Sirius e Remus se è per questo – intervenne James ridacchiando – Loro quando ci hanno visti ci hanno legato come due salami.

-         Ma io ero preparata, Remus mi aveva avvertito. Se vi avessi incontrati senza neppure un minimo di preparazione avrei avuto una reazione decisamente peggiore.

Dopo questo scambio di battute scese un silenzio imbarazzato, rotto quasi immediatamente dal ritorno dei coniugi Weasley che annunciarono l’imminente arrivo degli altri componenti dell’Ordine della Fenice. Lily cominciò a tempestare Sara con un milione di domande e la trascinò a sedere ad un’estremità del tavolo. Era così strano parlare di nuovo con Lily, soprattutto dopo aver impiegato tanti sforzi per accettare l’idea della sua morte. Ma dopo appena pochi minuti di chiacchiere a Sara sembrava di aver parlato con Lily appena qualche giorno prima. Nonostante fosse molto presa dalla conversazione, Sara non poté esimersi dal notare che Sirius era seduto davanti a lei e i suo occhi vagavano verso l’uomo molto più spesso di quanto non fosse opportuno. Stava cercando con tutte le sue forze di comportarsi il più normalmente possibile, ma quasi nessun muscolo del suo corpo rispondeva correttamente ai comandi e doveva attuare uno sforzo di concentrazione per impedire alle mani di tremare e per non dimenticare di respirare.

Quando Lily aveva fatto accomodare Sara, Sirius si era seduto di fronte a lei con un gesto del tutto naturale. D’altronde quello era il posto che occupava sempre, all’angolo del tavolo più distante dalla porta, perché non avrebbe dovuto sedersi lì?

Sara stava parlando con Lily, Sirius supponeva che avessero molte cose da raccontarsi ma l’indifferenza che Sara stava mostrando nei suoi confronti non poteva che addolorarlo. Ma che cosa si era aspettato poi? Lily parve intuire il suo disagio e, approfittando della presenza di Molly, si allontanò dal tavolo per avvicinarsi nuovamente ai fornelli. Proprio mentre Sirius pensava che il silenzio imbarazzato tra lui e Sara fosse inevitabile, la donna alzò lo sguardo verso di lui e gli rivolse un sorriso caloroso. Sirius si sentì come se gli avessero svuotato il corpo di tutti gli organi e nonostante i pensieri funesti non poté fare a meno di restituire il sorriso a Sara. L’unica cosa che gli venne in mente di dire fu:

-         Ciao…

Banale, scontato. Forse anche un po’ stupido. Possibile che dopo quindici anni non avesse niente di meglio da dirle?

-         Ciao – rispose lei trasformando il sorriso caloroso in un sorrisetto sarcastico.

Teneva i gomiti appoggiati al tavolo e il mento appoggiato sulle mani e lo scrutava al di sopra della spessa montatura degli occhiali da vista. Ora che avevano iniziato a scalfire il ghiaccio Sara si rese conto che Sirius era imbarazzato almeno quanto lei. Bastò questa piccola consapevolezza a farla sentire in colpa. Sirius non avrebbe dovuto essere in imbarazzo, avrebbe dovuto essere arrabbiato con lei, lei che era stata la sua ragazza e non aveva creduto neppure per un secondo che potesse essere innocente, lei che l’aveva lasciato a marcire in prigione, lei che ci aveva impiegato quindici anni per farsi venire qualche dubbio.

E invece la guardava con le sopraciglia aggrottate e con quegli occhi incredibili carichi di aspettativa, come se temesse la sua reazione. Sara aveva talmente tante cose da dire che, in quel momento, non gliene venne in mente neanche una e rimase imbambolata a guardarlo.

Sirius a sua volta si domandava come fosse possibile che Sara riuscisse a tollerare di stare nella stessa stanza con lui, dopo tutto quello che le aveva fatto. Avrebbe voluto ringraziarla e chiederle scusa per tutto, ma non era un discorso che si sentisse di fare così davanti a tutti.

Mentre loro erano impegnati a non parlarsi, la cucina di Grimmauld Place si era pian piano riempita e i nuovi arrivati, seppur fingendo di essere impegnati in diverse conversazioni, osservavano Sara con un misto di curiosità a diffidenza. La donna li osservò a sua volta e realizzò con una certa sorpresa che conosceva diversi di loro.

C’era l’Auror dai capelli viola, Tonks, che Sara aveva incrociato diverse volte al Ministero. C’era Mundugus Fletcher, che in alcune occasioni era finito nella stanza degli interrogatori con Sara. Quando vide entrare un uomo di colore alto e imponente, Sara non riuscì a reprimere una risatina. E così Kingsley Shakelbolt faceva parte dell’Ordine! Questo spiegava diverse cose.

Udendola ridacchiare Sirius non riuscì a trattenersi dal chiederle:

-         Cosa c’è che ti fa ridere?

Sara sentì la ormai familiare stretta allo stomaco quando Sirius le rivolse la parola e, sperando di non apparire eccessivamente adorante, si voltò di nuovo verso di lui e rispose:

-         Mi sono sempre domandata per quale ragione un Auror preparato e abile come Shakelbolt fosse così a corto di idee da supporre che tu fossi in Tibet. Ora l’ho capito. Ha sempre lavorato per voi. Quindi è per questa stessa ragione che era così preoccupato quando lo hanno sollevato dal caso per affidarlo a me.

-         Esattamente – commentò Sirius senza dilungarsi. L’unica cosa che voleva era che Sara continuasse a parlare.

-         Francamente era una cosa che davvero non riuscivo a capire. Personalmente se mi avessero tolto dalle mani una simile gatta da pelare sarei stata solamente contenta – continuò sfoderando di nuovo il sorriso sarcastico.

La via dell’ironia aveva già funzionato una volta con Sirius, chissà che non funzionasse ancora.

-         Io non posso che essere felice che Kingsley sia stato sollevato da questa incombenza – replicò Sirius ridacchiando a sua volta. Poi, guardando Sara più intensamente, disse – Grazie.

-         Ho fatto solamente il mio dovere – minimizzò Sara sperando ardentemente di non arrossire.

Santo cielo, che fine aveva fatto il suo ferreo autocontrollo?

Persa negli stupefacenti occhi di Sirius, Sara aveva quasi dimenticato dove si trovasse e perché fosse lì. Aveva dimenticato persino che la sua migliore amica era tornata dal passato e se ne ricordò solo quando Lily si sedette accanto a lei. Nella cucina, eletta a Sala Riunioni, il brusio calò improvvisamente e Sara distolse riluttante lo sguardo da Sirius per verificare cosa avesse causato quel repentino cambiamento. L’ingresso di Silente aveva dato inizio alla riunione. Il Preside si sistemò al centro del lungo tavolo e abbracciò la congregazione con un solo sguardo limpido.

-         Buona sera a tutti – disse con la sua voce bassa e calma.

Sara aveva quasi dimenticato quale carisma emanasse Silente e quale potere avesse nel rapire il suo uditorio.

-         Benvenuta Signorina White. Sono contento che abbia deciso di unirsi all’Ordine – le disse con un sorriso.

-         Grazie a lei per avermi dato la possibilità di essere qui – rispose Sara.

-         Prima di cominciare con le novità vorrei farle un breve riassunto della situazione – continuò il Preside – Come immagino saprà all’Ufficio Misteri al Ministero della Magia sono conservati alcuni degli aspetti più segreti del mondo magico. A noi interessa particolarmente la Stanza delle Profezie. In questa stanza sono custodite le memorie di tutte le profezie sentenziate da che il Ministero esiste e fra queste ve n’è una che riguarda Harry Potter.

Sara ascoltava Silente sforzandosi di assorbire ogni minima informazione, ma le occorreva tutta la concentrazione di cui disponeva per non tornare a guardare Sirius.

-         L’autrice di questa profezia è Sibilla Cooman, l’attuale docente di Divinazione a Hogwarts. Sappiamo che Voldemort conosce parte del contenuto di questa profezia ed è estremamente interessato a conoscere il resto. Per questo attualmente uno dei nostri impegni principali è controllare che la profezia non venga rubata. A questo scopo abbiamo istituito dei turni di guardia.

Una profezia a proposito di Harry Potter. Sara moriva dalla voglia di sapere il contenuto della profezia, ma non si arrischiò a chiederlo. Magari più avanti…

Tonks estrasse dalla sua borsa una serie di fogli pieni di tabelle con giorni e orari, dovevano essere i famosi turni di guardia.

-         Al momento abbiamo qualche difficoltà a coprire certi orari – disse la ragazza porgendole le tabelle.

Sara le afferrò e, dopo essersi sistemata gli occhiali sul naso, iniziò ad esaminarle. Sirius era rapito dalla sua concentrazione, sembrava così… professionale. Una differenza abissale rispetto a pochi attimi prima, quando era così titubante e imbarazzata. In quel momento emanava sicurezza e autorità.

-         Non ho problemi per i turni di notte – disse infine Sara – tranne che in caso di qualche chiamata urgente. Per i turni di giorno mi posso organizzare.

Tonks si riappropriò delle tabelle e iniziò a completarle con il nome di Sara. Intanto Silente riprese a parlare:

-         Bene, possiamo procedere. Abbiamo novità sulle mappe dell’Ufficio Misteri?

-         Purtroppo no – rispose Kingsley – Sappiamo che ce n’è una sola copia, custodita nell’archivio privato del Ministro e quindi quasi inarrivabile. Non possiamo rischiare di chiedere un autorizzazione ufficiale, desteremmo troppi sospetti.

Mentre Kingsley parlava nella mente di Sara cominciò a delinearsi un piano.

-         Forse un modo per arrivare a quell’archivio c’è – disse quasi senza pensare.

Probabilmente stava esagerando, era l’ultima arrivata e non vedeva perché avrebbero dovuto darle retta, ma aveva agito d’impulso come avrebbe fatto con un qualunque caso ufficiale. Silente la invitò a continuare e lei si sentì rincuorata:

-         Nel mio ufficio ho ancora tutta la documentazione su… - esitò per un attimo, stava per dire sul caso Black ma non le parve opportuno - … sul mio ultimo caso – si risolse a dire infine – Potrei dire a Caramell che sarebbe più prudente custodirla nel suo archivio e andare a dare un’occhiata.

-         Se crede di poterlo fare senza compromettere la sua posizione potrebbe essere un’idea risolutiva – concordò Silente – ma la prego di non mettersi nei guai. Più persone ad alto livello abbiamo all’interno del Ministero meglio sarà per tutti.

-         Non si preoccupi – rispose Sara sfoderando il sorrisetto che riservava al suo Capo per convincerlo delle sue capacità.

Sirius era piuttosto sconcertato dalla piega che avevano preso le cose. Sara era nell’Ordine da meno di un’ora ed aveva già un ruolo attivo molto importante. Aveva sempre saputo che era intelligente, determinata, forte ma aveva un ricordo piuttosto netto di una Sara totalmente riluttante a mettersi al centro dell’attenzione e ora era esattamente quello che stava facendo.

Che cosa poteva averla cambiata a tal punto?

Da quel punto in poi la riunione proseguì come al solito e Sirius si lasciò distrarre più volte. I suoi occhi erano calamitati da Sara e, malgrado le raccomandazioni di mantenere la segretezza, non riusciva a controllarsi al punto da guadagnarsi alcune occhiatacce da Remus e una gomitata nelle costole da James.

Con Sara lì a Grimmauld Place la sua felicità era completa. Non poteva chiedere nient’altro.

Anche Sara faticava a mantenere l’attenzione sulla riunione dell’Ordine e alcune volte si sorprese a controllare se Sirius la guardasse. La presenza di Sirius l’aveva ritrasformata in un’adolescente incasinata. Com’era possibile?

A riunione conclusa i membri dell’Ordine si alzarono e si divisero in gruppetti per chiacchierare. Diverse persone andarono da Sara a presentarsi. La prima fu Tonks.

-         Ciao! – disse allegra – Non so se ti ricordi di me, sono Ninfadora Tonks.

-         Certo che mi ricordo, abbiamo lavorato insieme al caso Wittler. Quattro anni fa, esatto? – rispose Sara non del tutto conscia di tutti gli sguardi che erano puntati su di lei. L’unico sguardo che percepiva come se le bruciasse la pelle era quello di Sirius.

-         Impressionante! Ti ricordi tutti i casi che hai seguito? – domandò ammirata la giovane Auror.

-         Non proprio, ma di sicuro mi ricordo tutti quelli da cui ho imparato qualcosa – replicò Sara enigmatica.

Dopo Tonks andarono a salutarla Kingsley, i figli maggiori dei Weasley e persino Mundugus. Mentre tutti chiacchieravano amabilmente, come se fino a poco prima non avessero parlato del più pericoloso mago di tutti i tempi, Molly aveva ricominciato a preparare la cena.

-         Sara lei è dei nostri? – domandò Molly felice di avere qualcuno di nuovo da rimpinzare.

Sara stava per rispondere che si sarebbe fermata volentieri, soprattutto dopo aver visto lo sguardo di approvazione che Sirius aveva lanciato alla Signora Weasley, ma in quel preciso momento il suo cellulare prese a squillare insistentemente.

Sara tuffò una mano in tasca e ne estrasse un cellulare nero che aprì con uno scatto.

-         White – rispose secca allontanandosi un passo per sentire meglio il suo interlocutore.

Sirius osservò la fronte di Sara, prima distesa, contrarsi in un’espressione preoccupata. Le sopraciglia si aggrottarono e il sorriso che fino a poco prima aveva illuminato il suo volto scomparve.

-         Dannazione – disse la donna quando dall’altra parte della cornetta il suo interlocutore terminò di parlare – D’accordo arrivo subito.

Sara ripose il telefono in tasca e raccolse la sua borsa dal pavimento.

-         Mi dispiace – disse con sincero rammarico guardando Molly ma sbirciando Sirius – sarei rimasta davvero volentieri ma era il Ministero, devo andare.

Sirius era davvero deluso, avrebbe voluto avere ancora la possibilità di parlare con Sara da solo. Ma poi rifletté che ora che Sara faceva parte dell’Ordine della Fenice l’avrebbe vista spesso. Mentre la donna salutava e si avviava verso la porta della cucina, Sirius si alzò per accompagnarla. La seguì lungo le scale che portavano all’ingresso.

Sara si voltò verso di lui con un sorriso e lasciò che Sirius le tenesse aperta la porta. Non era ancora stata così vicino a lui e il suo battito prese ad accelerare pericolosamente. Il suo profumo caldo la investì mentre usciva nella sera e Sara fu sul punto di buttargli le braccia al collo. Fortunatamente riuscì a trattenersi e ad allontanarsi di un passo prima di tradirsi.

Sirius reagì all’allontanamento di Sara facendo un passo verso di lei e prendendole una mano.

-         Sono felice che tu sia qui – sussurrò.

-         Anch’io sono felice – rispose Sara quasi senza fiato. Era un sogno poter avere di nuovo Sirius così vicino, anzi era meglio di un sogno.

-         Tornerai? – chiese l’uomo con un’evidente ansia nella voce. Non era stata sua intenzione fare quella domanda, non voleva assillarla o rischiava di spaventarla, ma era stato più forte di lui.

-         Certo – rispose semplicemente Sara – Domani.

Rimasero fermi ad osservarsi, mano nella mano, lasciando vagare ognuno i propri occhi sul viso dell’altro. Una voce fastidiosa in un angolo del cervello di Sara le ricordò che doveva correre sulla scena di un crimine, ma per la prima volta in dieci anni di servizio Sara era riluttante a tornare al lavoro. Alla fine però riuscì a staccare gli occhi da quelli di Sirius, ritrasse la mano e si allontanò salutandolo con un sorriso.

Sirius chiuse l’uscio solo quando Sara fu fuori dalla sua vista. Rimasto solo si appoggiò alla porta e fece un respiro profondo per calmarsi prima di tornare in cucina. Ora la sua felicità era perfetta: aveva la sua libertà, aveva James e Lily e ora aveva anche Sara, che l’indomani sarebbe tornata a Grimmauld Place.

Mentre scendeva i gradini per tornare con gli altri, Sirius pensò con un sorriso che domani non sarebbe arrivato sufficientemente presto.       

   

   
 
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