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Autore: La Tigre Blanche    23/08/2017    3 recensioni
Retrouvailles: incontro (m.sing.); (dopo una separazione) il ritrovarsi, ricongiungimento (m.sing.);
Il passato di Viktor è oscuro, pieno di segreti scabrosi e di dolci ricordi custoditi con una gelosia quasi rabbiosa. Tra questi ultimi, vi è il rapporto con Christophe. Un rapporto ossessivo ma al contempo equilibrato. Particolare, intenso. I due si attraggono come calamite, si scontrano, si graffiano e fanno pace come se nulla fosse successo.
*
Christophe. Il caro, dolce Christophe.
Viktor si fidava ciecamente di lui e sapeva che Chris provava nei suoi confronti la stessa cieca fiducia. Forse era per questo che, alla fine, non gli dispiaceva così tanto denudarsi davanti a lui. Spogliarsi delle vesti e delle proprie maschere, lasciarsi andare completamente tra le braccia di quello che, col tempo, era diventato più che un semplice amante. Christophe era il suo amico. La sua famiglia. La sua casa.

*
«Non ti amo, è vero. Non come mi ami tu, almeno…»
*
[Viktor/Chris|Un po' d'angst, un po' di fluff|Sti due han bisogno d'amore e io non sono nessuno per negarglielo]
Genere: Angst, Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Christophe Giacometti, Victor Nikiforov
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Bondage
- Questa storia fa parte della serie 'T H R E E – Quando l’amore gioca brutti scherzi'
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Retrouvailles


Perché il posto più sicuro del mondo è tra le braccia di chi si ama ci si fida


Calore. Il suo intero corpo era pervaso da ondate di calore inarrestabili. Un fiume di lava scorreva nelle sue vene, bruciava sottopelle, gli infuocava il respiro, gli annebbiava la mente.

«Chris...» Come quando un serpente striscia silente fuori dalla tana, così un sussurro languido scivolò via dalle sue labbra – rosse, gonfie, lucide di saliva non propria, succulenti come un frutto maturo. Quel sussurro era così maledettamente invitante nel suo essere una mera invocazione, una supplica che malcelava il bisogno di placare quel fuoco che, ora più che mai, gli incendiava i lombi. E pulsava in una dolce tortura languida.

Deglutì a fatica, sentendosi la gola secca, e mosse appena le mani arrossate e i polsi indolenziti, mugolando di frustrazione quando si rese conto che, sì, le corde erano ancora là, strette ad immobilizzargli le braccia dietro la schiena. Erano fastidiose, ma il fastidio provato non era nulla in confronto al piacere regalatogli: dopotutto Viktor era sempre stato quel tipo di amante intraprendente e affettuoso, incapace di tenere le mani al loro posto e ritrovarsi carponi sul materasso, nudo, con le mani legate, il viso immerso tra i cuscini e una benda sugli occhi, anziché farlo sentire come un rapace in gabbia, con le ali tarpate e un cappuccio calato sulla testa, lo mandava ancora più su di giri.

Impotente. Si sentiva impotente e vulnerabile e al contempo accaldato e terribilmente eccitato. E questo contrasto di emozioni e sensazioni lo stava facendo letteralmente sprofondare in un limbo dove la voglia di appagare i propri istinti superava il disagio di trovarsi costretto in quel modo.

Viktor mosse appena il bacino verso il proprio amante, e gemette il suo nome ancora, in quel modo che sapeva bene essere il punto debole di Christophe – conosceva fin troppo bene quella vecchia volpe svizzera e non si stupì quando, a quel sussurro tentatore, sentì il suo fiato farsi pesante per un breve momento.

Già, Christophe. Il caro, dolce Christophe.

Viktor si fidava ciecamente di lui e sapeva che Chris provava nei suoi confronti la stessa cieca fiducia. Forse era per questo che, alla fine, non gli dispiaceva così tanto denudarsi davanti a lui. Spogliarsi delle vesti e delle proprie maschere, lasciarsi andare completamente tra le braccia di quello che, col tempo, era diventato più che un semplice amante. Christophe era il suo amico. La sua famiglia. La sua casa. Qualcuno di troppo importante per lui da essere solo un amante, uno dei tanti. No, non se lo meritava.

Per questo, col passare del tempo, Chris era diventato l’unico. Lo svizzero era entrato così profondamente nel suo cuore e le radici che aveva formato in esso erano così salde che, ormai, quando si ritrovavano aggrovigliati sotto le lenzuola, non si trattava più di un semplice scopare. L’affetto sincero e profondo che li legava era tale che sarebbe stato riduttivo limitare il sesso a un mero atto carnale. No. Il loro sesso era qualcosa di più. Era una prova di fiducia, era un modo per dimostrare quanto forte fosse il loro legame.

« Chris, mon chou… » Riprovò, stavolta aggiungendo un tenero nomignolo, uno dei tanti – stucchevoli – con cui avevano l’abitudine di chiamarsi. Percepì Chris sospirare, affranto, dietro di sé, e ciò fece fiorire sulle sue labbra un piccolo sorrisetto di vittoria.

« Sarai la mia morte, Viten’ka… » Lo sentì mormorare, e a quel punto non riuscì proprio a trattenere una piccola risata: sicuramente Christophe in quel momento aveva appena fatto una delle sue “facce”: magari aveva alzato gli occhi al cielo, in quel modo così esageratamente drammatico, forse addirittura incurvando appena le spalle, a mo’ di Madonna del Sacro Cuore. Teatrale, Chris era sempre stato molto teatrale nella gestualità e nella voce, talvolta esagerando appositamente solo per il gusto di vedere Viktor ridacchiare in quel suo modo adorabile.

Scosse il capo e sospirò di nuovo, Christophe, carezzando pigramente con lo sguardo la schiena inarcata – in un invito più che esplicito – di Viktor, dalla nuca fino alla base, soffermandosi poi sulla curva delle natiche tornite, rese appena più soffici per la mancanza di allenamento.

Dopotutto, trovandosi fuori dalla stagione competitiva, ci si poteva permettere di rilassarsi di più, no? In più, la cucina svizzera – o meglio, la cucina di Chris in generale – era fin troppo grassa e proteica e, nonostante le corsette mattutine e le sessioni di sesso e coccole serali, il fisico di Viktor non riusciva a smaltire. Quello di Chris, invece, era sempre così schifosamente tonico e affusolato, coi muscoli cesellati che parevano essere stati direttamente scolpiti nel marmo. Viktor odiava il metabolismo di Chris: sembrava quasi che più mangiasse, più si tenesse in forma. Lo detestava soprattutto quando, con quel sorrisetto irritante e gli occhi appena socchiusi – le lunghe ciglia a ombreggiargli lo sguardo –, gli tastava con gusto il sedere. A quel punto esordiva puntualmente con qualche scemenza sulla morbidezza che acquistavano le sue cosce nei mesi estivi, quando la Svizzera – e Chris – diventava la sua temporanea residenza.

Ebbene sì, alla larga dal caos cittadino e dallo stress di interviste e giornalisti che, ora che si era tagliato i capelli, si facevano sempre più pressanti, il piccolo e grazioso paesino di Le Rocheray era un angolo di paradiso. Un luogo dove poteva essere se stesso in pace, dove a nessuno importava di chi fosse e perché stesse lì, a sdraiarsi lungo i dolci pendii della collina dove sorgeva la casetta di Chris per bearsi dei primi raggi del pigro sole mattutino.

Era semplicemente meraviglioso. Un locus amoenus fatto e finito, in cui il bisogno febbrile di Viktor di trovare pace si concretizzava. Non solo, però, grazie alla natura. Christophe era parte integrante nonché principale componente di questo paradiso estatico.

Christophe, il buon Christophe. Che lo capiva, lui, lo comprendeva in ogni sua minima sfumatura. Che si faceva spazio tra le sue cosce, spesso, offrendo il proprio corpo come distrazione a un Viktor troppo impantanato nella negatività della sua mente.

Christophe, il caro Christophe. Che sapeva come manipolarlo – nel corpo e nell’anima – per farlo star bene e, al contempo, che era consapevole di essere manipolato da Viktor stesso. E che, nonostante tutto, lo faceva fare, troppo buono o, forse, semplicemente troppo stanco per protestare.

« Chris, mon amour… hmm, je t’aime » E ancora una volta Viktor dava prova dei suoi sfacciati raggiri pur di ottenere in cambio ciò che voleva. Viscido manipolatore, cercava di usare una delle sue maschere contro l’unica persona che era riuscita a toglierle tutte e a vedere veramente cosa ci fosse dietro di esse. Si morse la lingua nell’esatto istante in cui pronunciò quella frase. Quelle parole. Se ne pentì immediatamente, così come ogni altra volta in cui se le era lasciate sfuggire.

Chris rise, di una risata amara, e Viktor si sentì raggelare quando gli afferrò i capelli argentei e gli premette forte il viso contro i cuscini – Viktor sgranò gli occhi da dietro la benda, mordendosi forte il labbro più per l’offesa emotiva che quella fisica.


I capelli. Gli aveva toccato i capelli. Glieli aveva afferrati bruscamente e glieli aveva strattonati.


Il terrore assalì il pattinatore russo fin nel suo Io più intimo.

« Dovresti smetterla di dirmelo, mon cœur, non ci credi neanche tu… » Viktor se l’era cercata, questa volta. Gli dispiaceva colpirlo lì dove sanguinava una ferita ancora aperta, ma se c’era una cosa che Christophe Giacometti odiava era esser preso in giro. Soprattutto riguardo i propri sentimenti. L’amore – cieco, passionale, sconfinato e puro Amore – che provava per Viktor era qualcosa di troppo serio per poterci scherzare su. Soprattutto se a scherzarci sopra era Viktor stesso.

« Cazzo— » Sibilò il russo, di rimando, digrignando i denti mentre le gambe cedevano e il peso si spostava in avanti. Poi, silenzio. Chris aspettava delle scuse o non avrebbe tolto la mano dal suo scalpo. Ora aveva allentato la presa sui suoi capelli e stava gentilmente massaggiando la cute, ma non accennava a muoversi. Viktor deglutì a fatica, mentre gli si formava un familiare nodo all’altezza dello stomaco, di quelli che ti fanno sembrare i polmoni rinchiusi in una gabbia. Ce la poteva fare.

« S-scusami, Chris… » Fu un sussurro che gli costò più fatica del previsto. La voce gli tremava, rotta da respiri che si facevano via via più affannosi, e subito Chris fu pervaso dalla consapevolezza che, a sua volta, aveva osato troppo. La mano scivolò fra le scapole di Viktor e lo svizzero si chinò su di lui, posando piano il viso contro la sua spalla, per poi sprofondarlo nell’incavo del collo, dove depositò una serie di bacini a schiocco:

« Okay, amore, ti scuso, va tutto bene ora… respira con me, Viktor… » Gli slegò rapidamente le mani, massaggiandogli i polsi, per poi chinarsi e strofinare piano il naso contro la base del suo collo bianco, decorato con macchie rossastre simili a petali di rosa.

Le mani arrossate ripresero un colore più normale e le dita gonfie ritrovarono la sensibilità perduta. Viktor se le portò al petto, a stringersele all’altezza del cuore, come se avesse il terrore che, da quanto stava battendo forte, potesse scappargli via dalla cassa toracica.

Chris percepì distintamente la gola stringersi in un nodo nel vedere il compagno rannicchiarsi in posizione fetale, gli occhi sbarrati nel vuoto simili a quelli di un animale braccato. Prese un respiro profondo, quindi, e si chinò piano sul corpo di Viktor che, in un primo momento, si irrigidì – dopotutto, come biasimarlo? Christophe lo sapeva che quei suoi capelli argentei erano una parte delicata di Viktor, un qualcosa di fin troppo prezioso per lui. Le ciocche setose e delicate erano la linfa stessa del russo. A quei capelli, lunghissimi e sottili, aveva associato da sempre un passato troppo scomodo e doloroso. Per questo se li era tagliati.

Un paio di forbici dalle lame affilate, sorrette da mani tremanti e dubbiose, avevano adempito al macabro compito. Tagli netti, in rapida successione, e il vecchio Viktor non c’era più. Di lui non rimase altro che un lago d’argento riversato nel lavabo e qualche lacrima amara.

Alla fine era riuscito a voltare pagina e a sorprendere il suo pubblico, sì, ma a che scopo? Così come un angelo privato delle sue ali, Viktor si sentiva vuoto senza quella cascata di ciocche a volteggiargli attorno ad ogni salto. Era come se un morbo lo divorasse dall’interno. E quel morbo prendeva il nome di coscienza. Perché per quanto si sforzasse di convincersi che ormai il passato era passato e andava dimenticato, quella fastidiosa vocina continuava a sussurrargli malignamente che, no, non si sarebbe mai liberato del vecchio sé.

Per questo il panico lo aveva colpito nell’istante stesso in cui Christophe lo aveva afferrato in quel modo. Perché tutto ciò faceva riaffiorare ricordi che era riuscito a sotterrare dopo anni. Perché faceva male, il passato, e voleva continuare a fuggire da esso, voleva continuare a nutrirsi di sogni e a vivere di menzogne. Ma Chris lo aveva riportato alla realtà. Troppo bruscamente, in un moto d’ira eccessivo seppur giustificabile.

E allora lo svizzero lo cinse con le braccia e si lasciò scivolare al suo fianco, facendo aderire il proprio petto con la sua schiena nella classica e tenera posizione a cucchiaio. Gli baciò la nuca e iniziò a fare dei respiri profondi, lenti, incoraggiando l’altro ad imitarlo. Doveva calmarlo, doveva soffocare quella vampata prima che si tramutasse in un incendio distruttivo.

«Va tutto bene, Viten’ka… scusami, ho reagito male anche io… ora stai tranquillo, andrà tutto bene… dopo ti farò tante coccole, quelle che ti piacciono tanto, e i grattini sulla schiena...» Continuava a sussurrare come un dolce mantra, mentre tracciava degli arabeschi immaginari sul ventre del compagno.

Viktor mugolò appena, concentrandosi sulla voce e sul calore di Chris. Uno, due, tre respiri. Si stava calmando, e quando il fiato si fu regolarizzato, Christophe smise di parlargli, limitandosi a posare qualche casto bacio sulle spalle e sulla nuca pallida. Rimasero così per qualche minuto, nel silenzio più totale. Lo svizzero aveva preso a carezzare il fianco di Nikiforov con gesti languidi e ripetitivi. Dolci. Familiari. Che, delicatamente, riportavano Viktor alla realtà.

«Chris?» Un sussurro.

«Mh?»

«Fammi male. Per… – deglutì a fatica – per favore»

Christophe si alzò sul gomito, affacciandosi dalla spalla di Viktor: il russo teneva gli occhi socchiusi e lo sguardo basso. Era turbato, e a Chris si strinse il cuore. Si chinò a baciargli la tempia e le guance di Viktor si colorarono di una punta di rosa. Non era imbarazzo, quello, ma vergogna, e Chris lo sapeva bene. Viktor odiava mostrarsi in quel modo, così fragile e… trasparente. Sì, trasparente come le acque del mare caraibico, dove i sassolini colorati e i coralli e le rocce appuntite erano ben visibili dalla superficie. Ecco, in quel momento era come se Christophe si stesse affacciando su uno specchio d’acqua limpido, con le emozioni e i turbamenti e il dolore – tanto, tanto dolore – ben visibili dall’esterno.

Dolore. C’era tanto dolore nello sguardo di Viktor, tanto quanto l’amore negli occhi di Chris. Così tanto da riempirgli la gola e lo stomaco, da farlo respirare a fatica – doveva trovare un anestetico, una distrazione da tutto quello sconquasso, e il dolore fisico era una valida escamotage. Non ne andava matto, ma ne aveva un bisogno disperato. E Christophe, il caro, dolce, buon Christophe, era l’unico che lo avrebbe assecondato fino alla fine. L’unico che non si sarebbe approfittato di quella sua debolezza, l’unico con cui essere trasparente senza preoccuparsi troppo.

«Viktor, io…» esitò, mentre gli accarezzava il braccio e poi il fianco, poi di nuovo risalì sul braccio fino alla spalla. Gli baciò una guancia, respirando tra i suoi capelli; «io non voglio farti male… So che pensi sia l’unica via d’uscita, ma… se provassimo a… a» “a far l’amore, invece che scopare solamente”, Viktor sentì quelle parole chiare e forti nella sua testa e il cuore gli mancò di un battito. Si morse il labbro, irritato: perché Chris non lo aveva ascoltato? Anche lui ora voleva ostacolarlo? Anche lui voleva approfittarsene?

«Tu non capisci…» Sibilò, ferito. Si ritrasse da Chris, stringendosi a sé e irrigidendosi. In un attimo, quelle acque trasparenti erano tornate torbide e lo svizzero accolse la sua sconfitta con un sospiro. Si disse che non era il caso di forzarlo a fare altro:

«No, non posso capire, e mi dispiace… Ma voglio aiutarti davvero, solo che… che limitarsi a scopare così, senza… senza sentimenti»

«Sentimenti?» Viktor si voltò bruscamente, forse troppo, e si alzò a sedere come punto da una vespa – gli occhi ardevano di rabbia, ora, e Chris per un attimo ebbe paura di perderlo; «Che ne sai tu dei miei sentimenti? Pensi davvero che scopi con te solo perché sei carino? Pensi davvero che ti manipolerei in questo modo?» La voce si ruppe, un singhiozzo scosse il suo petto glabro e bianco e subito si voltò di lato per nascondere una lacrima solitaria sfuggita al suo controllo.

Christophe si ritrovò di colpo ad affogare in quel tornado di emozioni, impotente e scosso. Deglutì a fatica, fece per parlare ma Viktor fu più rapido di lui a riprendere fiato e a darsi un contegno:

«...Ti sottovaluti troppo, Chris. » Il cambio di tono fu repentino. Ora Viktor sembrava spossato e l’onda di rabbia risucchiata dalla marea. Tirò su col naso e aggrottò la fronte: «Non ti amo, è vero. Non come mi ami tu, almeno…» Il silenzio che ne seguì era spesso, compatto come un panetto di butto. Non si poteva quasi respirare e Chris si mosse verso il compagno:

«Viktor–

«Non mi interrompere!» Trillò quello, di colpo riacceso da un’ultima vampata d’ira. Christophe tacque ma di un silenzio nervoso. Se fosse stato un gatto in quel momento avrebbe tirato le orecchie all’indietro e mosso veloce la coda – lo sguardo felino, però, era il medesimo, e Viktor non riuscì a reggere il peso di quegli smeraldi ambrati.

«E’ che devo concentrarmi per parlare… per… farti capire…» Borbottò a mo’ di giustificazione. Nikiforov mosse appena le mani, come a raccogliere l’aria, fece un lungo respiro e proseguì: «Non ti amo col tuo stesso amore, è vero, ma… ma non mi sei indifferente. Tu mi fai star bene. Sei… sei davvero l’unico… una… una specie di famiglia, sì, sei come una famiglia, come una casa… e- » recuperò il fiato tremante. Ancora non aveva rialzato lo sguardo su di lui; «e… provo per te qualcosa di… grande… e intenso… non so come spiegare, ma… ma è come se… se ci fosse qualcosa che mi lega a te indissolubilmente… un qualcosa di forte, intenso…» quando Viktor guardò Christophe, trovò il verde dei suoi occhi ad accoglierlo, e notò un certo stupore e imbarazzo in essi che spronò il russo a terminare il suo discorso; puntò però le proprie iridi azzurre sulla coperta, non riuscendo di nuovo a sostenerlo. «E non voglio tu pensi che non vuoi dire nulla… tu vuoi dire tanto, per me, sei – non so – come un nido caldo e amorevole e io… io sono grato di averti conosciuto…»

Il silenzio avvolse di nuovo tutto con le sue spire, rendendo Viktor un po’ nervoso. Temeva per la reazione di Chris e non ebbe il coraggio di guardarlo di nuovo. Ancora una volta si sentì piccolo e vulnerabile e gli tremarono un po’ le mani per l’ansia.

Poi si udì il frusciare delle lenzuola e lo scricchiolio delle molle del materasso, seguito da una folata di profumo di campagna e muschio. Viktor aprì gli occhi – quand’è che li aveva chiusi? – e in un attimo si ritrovò le braccia di Christophe strette attorno alla vita e il suo viso premuto contro la propria spalla. Lo sentì tirare su col naso e i tremori delle sue spalle forti dissiparono ogni suo dubbio.

«Christophe se stai piangendo io– Un mugolio interruppe le sue parole e Viktor sospirò, per poi sorridere e ricambiare l’abbraccio.

«Sei uno scemo, Chris, e io un coglione…» Mormorò mentre iniziava a carezzargli piano la schiena. E se da una parte l’emozione di Chris lo inteneriva, dall’altra lo preoccupava: era stato uno stronzo a sottovalutare il bisogno di affetto di Christophe. Aveva sempre dato per scontato che lui fosse a conoscenza dell’amore – di questo si trattava, alla fine – provato nei suoi confronti, ma a quanto pareva aveva sopravvalutato l’empatia di Chris e lo aveva fatto star male. Però per lui era così complicato esprimere affetto a parole e il sesso era una valida alternativa, anche se sapeva quando lo svizzero fosse portato per le sdolcinatezze e le romanticherie di vario genere. Si sarebbe quindi dovuto scusare…?

Viktor aggrottò appena le sopracciglia, il viso immerso contro il collo bollente dell’altro:

«Chris?» Un sussurro.

«Hm?»

«Scusami. Ti ho fatto dubitare di–

«Nikiforov» Lo riprese, scostandosi dalla pelle nivea e fresca di Viktor. Chris lo guardò negli occhi, incurante di avere le ciglia imperlate di lacrime e gli occhi arrossati. Gli sorrise: «Sei un cretino colossale. Ma ti amo tantissimo e… e scusami anche tu per… per prima. Ho esagerato» C’era una nota di serietà solenne nella voce di Chris.

«Hmm...» Viktor abbassò lo sguardo e si accigliò appena mentre si mordicchiava nervosamente le labbra, come se faticasse a ricordare cosa fosse accaduto esattamente. Alzò le spalle, poi, e si strinse al petto di Chris; «Sei troppo buono con me e tanto paziente. Prima… prima abbiamo esagerato entrambi. Ma non voglio ripensarci, voglio… voglio solo star con te, ora… ne ho bisogno» Percepì il respiro dell’altro farsi più tranquillo e regolare e ciò, assieme all’odore caldo e familiare che sentiva ad ogni respiro, aiutò Viktor a calmarsi.

Christophe, dal canto suo, trovava quella situazione estremamente tenera ed emozionante. Viktor sapeva essere molto affettuoso, sì, gli abbracci e l’affetto fisico con lui erano all’ordine del giorno, ma… ma era diverso, quella volta. Era uno di quegli abbracci dove ti sentivi al sicuro, protetto da tutte le negatività dell’esterno. Un abbraccio Di quelli dati per far pace, di quelli morbidi e profumati. Che ti fanno star bene. Era un po’ un balsamo per l’anima.

Poi Chris si sbilanciò col peso e in un attimo i due erano sdraiati, ancora stretti l’un l’altro. Viktor allacciò una gamba al suo fianco e la mano grande dell’altro subito andò a posarsi sulla coscia e a carezzarla in un percorso ben noto.

Il silenzio cadde di nuovo, ma stavolta fu come un lenzuolo adagiato morbidamente su di loro. Era un bel silenzio, rassicurante. Durò per un po’ e Chris e Viktor ancora non si erano sciolti da quel tenero abbraccio. Forse ne avevano bisogno più del previsto. Quante cose si possono dire con un abbraccio? Tante. Troppe, forse. Sono deboli sussurri che si scambiano le due anime, ora così vicine, ora, di nuovo, irrimediabilmente lontane. Eppure, in quel momento, sembravano quasi unite in un unico. Era buffo. Era intenso. Non si erano ancora detti nulla, quasi temendo di spezzare quella magia – le parole erano inutili, quindi entrambi preferivano tacere, un po’ guardandosi negli occhi, un po’ intrecciando le mani, un po’ sorridendo timidamente.

«Christophe?» Viktor dissolse la magia con un mormorio delicato. E quando chiamava Chris per intero allora doveva dire qualcosa di importante. Prima però deglutì e allentò la presa dell’abbraccio: voleva guardarlo negli occhi. «Tu non… non mi lascerai mai, vero?» una domanda ingenua, un po’ da bimbi, ma per Viktor era legittima. Troppe persone già lo avevano usato e abbandonato come un giochino, sfruttandolo solo per la fama, il sesso, i soldi. Sapeva che Chris non si sarebbe mai e poi mai approfittato in quel modo di lui, ma… ma necessitava comunque di una conferma. Era un po’ un bambino, Viktor, e la sua parte più tenera e infantile veniva fuori in questi momenti. Chris invece era una mamma chioccia, sempre pronta a proteggere i suoi piccoli, indifesi o meno che fossero. Quindi sorrise al suo Viten’ka, gli sorrise in un modo dolce e buono e sincero:

«Non ti lascerò mai, tesoro mio…» poi gli strizzò l’occhio «Insomma, come faresti senza la mia meravigliosa presenza?» E rise piano contro il collo di Viktor, il quale alzò gli occhi al cielo prima di stringersi nuovamente a lui:

«Neanche quando… mi innamorerò anche di qualcun altro?» Quell’anche fece andare la saliva di traverso a Christophe, che guardò Viktor come fosse un alieno. Il russo non aveva realizzato, invece, e quindi Chris decise di far finta di niente. Si fece più serio, però:

«Mai. Io ti starò accanto, sempre. Sei parte della mia famiglia, Viktor, sei indispensabile per me… così come io per te… e non importa se amerai e sarei felice con qualcun altro, perché io sarò felice con te, perché sei il mio migliore amico e il mio primo vero amore» terminò il discorso schioccando un tenero bacetto sulla fronte del compagno, che arrossì un poco a quelle parole e borbottò un “Christophe, sei sempre così stucchevole...” a cui Chris rise un poco. Poi tutto tacque. Ormai si erano dimenticati del sesso e l’affare dei capelli era ormai acqua passata. Era come se il loro rapporto si stesse evolvendo e rinsaldando, ancora e ancora.

Entrambi però non erano preparati a ciò che sarebbe accaduto in seguito.

Dopotutto, l’uragano Katsuki avrebbe sconvolto le loro vite in modi tanto diversi quanto irreversibili.



Note:


Io non credo di aver nulla da aggiungere, l’OTP ha chiamato ed io, da brava succube, ho risposto perché sono una donna deboleh-

Bon, spero non vi faccia tanto schifo uvu e alla prossima, hohoho-

   
 
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