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Autore: queenjane    24/08/2017    1 recensioni
Catherine Raulov cresce alla corte di Nicola II, ultimo zar di tutte le Russie, sua prediletta amica è Olga Nicolaevna Romanov, figlia dello zar. Nel 1904 giunge il tanto atteso erede al trono, Aleksej, durante la sanguinosa guerra che coinvolge la Russia contro il Giappone la sua nascita è un raggio di sole, una speranza. Dal primo capitolo " A sei settimane, cominciò a sanguinargli l’ombelico, il flusso continuò per ore e il sangue non coagulava.
Era la sua prima emorragia.
Era emofiliaco.
Il giorno avanti mi aveva sorriso per la prima volta."
Un tempo all'indietro, dolce amaro, uno spaccato dell'infanzia di Aleksej, con le sue sorelle.
Collegato alle storie "The Phoenix" e "I due Principi".
Preciso che le relazioni tra Catherine e lo zar e la famiglia Romanov sono una mia invenzione, uno strepitoso " what if".
Al primo capitolo splendida fan art di Cecile Balandier di Catherine.
Genere: Introspettivo, Slice of life, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Periodo Zarista, Guerre mondiali
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Dragon, the Phoenix and the Rose'
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Le lettere di mia madre le scoprii dopo due o tre giorni, il mio mondo andò in frantumi, come un uovo di Fabergè, prezioso e delicato, una volta rotto più non si ricompone. E  appresi la coesistenza, nel medesimo giro di danza, di rabbia e tristezza e la potenza salvifica della passione.
E forse potevo capire il principe Raulov, ma non giustificava quello che aveva fatto a me e mia madre, o forse lo ignorava.
Pensieri ossessivi e dolorosi, mi veniva da piangere e mi imponevo di sorridere.
Continuai a visitare la famiglia dello zar, a sorridere, giocare con Alessio, che si sottoponeva a cicli di dolorosi massaggi e bagni nei fanghi termali, massaggiandogli le mani fredde, sussurrando in francese e in inglese che era un eroe, un piccolo Achille.
Il mio combattente.
Che voleva godere la vita, non tollerava restrizioni  e la malattia era una condanna, da quando era nato, la mia era invisibile, un anatema, l’essere una  probabile bastarda, come avevo appreso
.
Mi sentivo una bara, una giocoliera, Felipe, il mio antenato, ritornava come un monito. Nato fuori da legittime lenzuola, suo padre nobile, la madre una contadina,  aveva visto la luce in Spagna, salvo passare alla corte di Caterina II, aveva combattuto, guadagnandosi una sorte diversa e i suoi titoli, sposato una principessa russa, salvo poi sposarsi in seconde nozze per amore.
Aveva forgiato una dinastia nelle terre dell’est, io che discendevo da lui potevo e dovevo agire. Non rimanere una foglia in balia della sorgente, me ne sarei andata, inventando una nuova sorte.  Al diavolo tutto. Compreso Alessio che mi cercava sempre, il suo viso deluso e le sue braccia vuote le scordai, anzi le omisi.  Tanto, si meritava di meglio che sprecare il tempo con me.
Egoista fino alla mia ultima stilla.
Che poi lui mi avrebbe amato, a prescindere, i bambini sanno sempre perdonare, inventano un loro magico mondo. Anche no, lui poi rilevava che gli badavo sempre, che gli volevo bene.
“Catherine” serissimo.
“Dimmi, ti serve qualcosa?” mi misi alla sua destra, gli massaggiai la schiena, in automatico, scacciai i pensieri per dedicarmi a lui, a stare sempre su quel divano si stava chiaramente scocciando. E camminava ancora male, si doveva aggrappare ai mobili o essere sostenuto, Deverenko e Nagorny lo portavano in braccio, se non usava la sedia a rotelle o un bastone, il pannolone era una misura fissa e costante. Alcune volte ci pensava Marie, salvo piazzamerlo  spesso in grembo, lo serravo delicata e paziente, lo amavo sempre
“Una spiegazione..”
“Su.. “
“Cosa è la domenica di sangue, quella del 22 gennaio 1905.?”in un fiato, circospetto, come se non volessi farsi sentire.
 “Possibile che ascolti tutto.. “ esasperata, che gli dovevo dire.. La verità.
“Urlavano .. Papa no, ma uno dei suoi consiglieri, dicevano delle persone.. di quella domenica.. “
“Perché sei così curioso..” Sempre. E quello glielo avevo insegnato io, di chiedere e ben pochi gli rispondevano, considerandolo troppo piccolo. Era malato, non stupido, era acuto.“ E va bene, te lo dico, solo che sono cose delicate, e.. “avrei fatto meglio a tacere e tanto avrebbe chiesto fino allo spasimo, senza risultato e si sarebbe incaponito in maniera peggiore “.. non avevi nemmeno sei mesi, si erano verificati dei disordini per l’epifania,” ovvero un attentato a suo padre, era partito un colpo di cannone che aveva frantumato le finestre del palazzo d’Inverno, io e Olga ne sapevano qualcosa, delle schegge di vetro ci erano piovute addosso, per miracolo non eravamo rimaste ferite. “.. insomma,  erano proibiti gli assembramenti e ci fu questa marcia, Alessio, davanti al Palazzo d’Inverno” solo che gli zar erano a Carskoe Selo, al palazzo di Alessandro “.. 12.000 persone, per lo più lavoratori,  operai, che chiedevano salari più equi, un minimo,  lavorare 8 ore al giorno e non 14 o 16, un giorno di riposo a settimana .. “ Mi interruppi, il peggio doveva arrivare“.. i soldati hanno aperto il fuoco, zarevic, contro gli scioperanti, uomini, donne e bambini, che non avevano armi.. Brutto” e la neve si era tinta di sangue. I morti in via ufficiale furono 92, con centinaia di feriti, ma certo i  numeri erano più elevati, comunque la capitale era rimasta sconvolta, era cinico, barbaro sparare contro una folla inerme che invocava lo zar e condizioni più decenti.
“Non è possibile.. “ smarrito, incredulo.
“E’ successo, Zarevic, bada a quello che chiedi o scopri, non sempre le risposte sono gradite” eh, Catherine.. tu ne sai proprio qualcosa.

“ E il massacro dell’incoronazione.. “
Una tragedia che aveva funestato gli inizi del regno, nel 1896. Lo guardai, era attento, voleva la verità, una tragica e vera storia.
Nel mese di maggio 1896 si svolgeva la solenne incoronazione a Mosca, la cerimonia dentro il Cremlino fu di superba bellezza e lusso.
Era la completa assunzione al trono, l’investitura di forma, dopo quella di sostanza al momento della morte di Alessandro III.
La cattedrale dell’Assunzione rutilava di ori e icone, di una folla abbigliata in modo splendido, che resistette circa cinque ore, il tempo dell’elaborata celebrazione, tra salmi e prediche, le fiammelle delle candele vorticavano sospinte dai palpiti d’aria come l’incenso che saliva dai turiboli, gli zar erano commossi mentre venivano cinti della sacra corona.
Erano  i signori della Russia, incoronati, gli unti del Signore, solo Dio e gli angeli erano loro superiori, avvolti da porpora e ermellino parevano divinità, ieratiche e perfetti nei volti e le espressioni. Tale sensazione si era avuta la sera prima, quando Alix, affacciatisi al balcone per salutare la folla, ricevette un mazzo di fiori dai notabili. Quando lo aveva preso in mano, un congegno nascosto aveva inviato un messaggio alla centrale elettrica di Mosca, che rispose inviando la corrente a tutte le lampadine, rosse, verdi, viola e blu, poste su ogni albero, cupola e cornicione, così che tutte le luci si accesero, stelle palpitanti, la città a festa illuminata solo per LEI
Venne tenuto un imponente banchetto per i nobili e i dignitari, mentre quello per il popolo era stato organizzato nei pressi della spianata di Chodynka, usata come luogo di esercitazioni militari, quindi ricco di buche e fossati.
Erano stati allestiti teatri, grandi buffet per recare i cibi e i doni dell’incoronazione, 20 spacci pubblici per le bevande, insomma una grande fiera,  ma la sera che precedeva il banchetto per il pubblico era circolata nel popolo la voce che i doni commemorativi non sarebbero bastati per tutti, quindi la folla cominciò a radunarsi per essere in prima fila fin dai primi bagliori dell’alba.
Da una cronaca di quei giorni "Una forza di polizia composta da circa 1800 persone non riuscì a mantenere l'ordine pubblico e sfollare quanti si erano radunati. L'ondata di panico che si verificò non durò più di quindici minuti nei quali 1 389 persone furono calpestate a morte e all'incirca 1 300 furono ferite.”
Lo  zar dichiarò che non si sarebbe presentato al ballo organizzato per quella sera presso l’ambasciata francese, ma gli zii paterni, lo convinsero a parteciparvi ugualmente per non offendere il diplomatico di Parigi. Alla fine,Nicola II si arrese.
Il commento di Witte, ministro di lungo corso: «Noi ci aspettavamo che la festa venisse annullata. Invece essa ebbe luogo come se nulla fosse accaduto e le danze vennero aperte dalle Loro Maestà ballando una quadriglia. Fu una serata infausta: l'imperatrice appariva sofferente e l'ambasciatore britannico ne informò la regina Vittoria.”
Molti russi ritennero che il disastro del campo di Chodynka fosse un presagio del fatto che il regno sarebbe stato infelice; altri, usarono la tragedia per rimarcare la spietatezza dell'autocrazia e  la superficialità del giovane zar e della sua "consorte tedesca".
Principiarono a chiamare l’imperatore "Nicholas the Bloody", ovvero Nicola il Sanguinario.
Un regno cominciato nel sangue si sarebbe concluso nel martirio e nella tragedia, riecheggiando un luogo comune, lo pensai cullando Alessio tra le braccia, era tetro e meditabondo, mi aveva allacciato con il braccio,  per quanto dietro ai miei affanni prevenni le sue lacrime di sconforto, lo baciai sulla fronte, ti voglio tanto bene, sai, mi spiace. Lo tenevo sicuro.. diceva .. Magari. Non gli avevo risparmiato né il dolore né altro, lo amavo e basta, ben misero ricavo e gli propinavo verità amare.



Comunque, finalmente poteva uscire, sulla sedia a rotelle, avvolto in calde coperte e morbide pellicce di zibellino, le mani guantate, respirava soddisfatto la fredda aria invernale, le iridi della sfumatura del cielo sgombro da nuvole. “Guarda, zarevic.. “indicando la delicata trama delle orme sulla neve, un ricamo di piccoli passi “Sono i vostri cervi addomesticati, saranno andati a mangiare il fieno che gli viene portato sotto le tettoie”
“E quelle?”
“Di un coniglio, credo”
“Andiamo a vedere il fortino di neve e la pista delle slitte..” ancora “Guarda, Cat, le nuvole.. ti sembra un vascello..? od un orso..”
“E dove va?” passando vicino a una panchina con della neve fresca e farinosa, feci una palla veloce e lo colpii sulla spalla “Non vale..”
“Tira, Aleksej, allunga le mani .. vedrai quante pallottole..”
“Grazie, Catherine” lo avevo messo nelle condizioni di giocare anche se non poteva muoversi con le gambe, quelle battaglie gli piacevano e Anastasia e Marie erano arrivate di rinforzo.
“Prego..” gli misi giù un ciuffetto di capelli, che spuntava perenne, irriverente come lui “Senti, Cat, ma nel parco ci sono i lupi siberiani?” eravamo nelle stanze dei bambini, cretonne verde con gai fiori e mobili di legno chiaro e lucido, con una miriade di giocattoli e stufe di maiolica per riscaldare gli ambienti, oltre a vari camini.
“Anche no, si mangerebbero cervi e conigli e zarevic in un solo boccone!!”
“Uffa, prendimi quel libro, c’è questa bella illustrazione di un lupo..”  raggiante di ingegno si inventò lui qualcosa, ah che meraviglia, che evadesse dai limiti almeno con la fantasia. “Il canto del lupo..”
“Che canto?”
“Se ululano per segnalare possono anche cantare.. penso io. Lui” decodificai Rasputin” viene dalla Siberia e ne inventa di cose..ma io ho più fantasia”
“Questa è suggestiva”
“E io preferisco le tue, di storie, sempre, mi racconti il drago e la rosa..?” prese di sua spontanea volontà del pane con la marmellata, malizioso “Non ho l’apparecchio ortopedico, almeno per ora, mi puoi prendere un poco in braccio?”
“Alessio.. dai, vieni qui”rinchiudendolo con delicatezza, era fragile e prezioso come un uovo di Fabergè, appunto,uno dei gioiellieri  della corona che ogni anno, per Pasqua, creava uno squisito capolavoro. Nicola II usava regalarne due, una alla madre, uno alla moglie, ne ricordo uno smaltato d’oro, con le aquile bicipite dei Romanov  incise sopra, aprendolo ecco apparire una replica in miniatura della carrozza dell’incoronazione, perfetta, compresa la scaletta pieghevole per accedere all’interno. Altri erano rosa e azzurro o d’argento, con brillanti e perle, con squisiti intarsi, all’interno, premendo un bottone, ecco apparire  un ritratto dello zar o dei principi imperiali o un modellino in oro di un palazzo amato.
“Scusami se sono troppo ansiosa, ho sempre paura che possa succederti qualcosa” un piccolo sussurro all’orecchio, mi appoggiò la schiena contro il torace, lo cullai per un poco, il mento sopra i suoi capelli, mi aveva allacciato le braccia intorno al collo da un pezzo, lo serrai da capo. E come quando era piccolissimo, gli tirai un colpo sui fianchi, tanto aveva il pannolone, non gli avrei fatto male.
“Almeno lo dici” decise di cambiare argomento “ A proposito, mi toccherà imparare per bene come fare IO un baciamano, quelli che fanno a me non li conto, e con le mie sorelle ci viene troppo da ridere..”
“Farò da cavia” concludendo per lui.
“Ecco, brava..” ridemmo anche noi, prima di imbastire qualcosa di passabile, lui sosteneva che ero più severa io dei suoi precettori in quell’ambito.


Comunque, la stagione mondana del 1913, a prescindere dalla solita assenza di Nicola II e dei suoi più intimi famigliari, brillò per sfarzo ed arroganza.  Mia madre Ella partecipò al ballo della principessa Obolenskij ispirato alla mitologia ellenica,  gli ospiti si aggiravano nel magnifico palazzo neoclassico avvolti in tuniche e sandali, mangiando grappoli d’uva e sorbendo i vini provenienti dalla Crimea, mentre la neve cadeva copiosa. Meriel Buchanan, figlia dell’ambasciatore inglese, per il ballo nella loro ambasciata si premurò di creare vari tableaux vivants avente un tema macabro, basti pensare che, tra gli altri, figuravano Barbablù e Jack the Ripper. E la contessa Kleinmichel organizzò una serata di splendide danze in bianco e nero, ove gli ospiti parevano confondersi sullo sfondo dei pavimenti marmorei del suo palazzo, appunto a scacchi, candidi e neri.
Fiorivano le danze ed i pettegolezzi, come quello sul famoso Nijinskij, ballerino di punta al teatro Marinskij, che ebbe l’idea di danzare con un costume indossato direttamente sulla pelle, le sue grazie en plein air sotto gli occhi dell’imperatrice madre, che, presente sul palco imperiale, si era fatta dare un binocolo e aveva osservato per un momento o due, salvo allontanarsi in fretta. Il giorno dopo, il ballerino era stato bandito.
E sapevo, visitando poveri e orfanotrofi, che la situazione era satura, una volta mio zio R-R sbraitò che per ogni poliziotto e per ogni centocinquanta abitanti di Piter vi erano, a voler stare modesti, tre o quattro prostitute, che era incredibile!
 
   
 
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