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Autore: OcchidiNiall    24/08/2017    1 recensioni
Presi il mio cellulare dalla tasca posteriore dei miei pantaloni e chiamai la mia sbadata mamma che, conoscendola, in quel momento era in bagno con una striscia depilatoria sotto il naso e i bigodini nei capelli.
«Si può sapere dove sei?» le chiesi infuriata, non appena aprì la chiamata.
«Co-come dov... oh mio dio, oh mio dio.»
Già.
«Okay, non muoverti. Sto arrivando!»
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«Penso che se conoscessi un qualsiasi componente di quella band mi starebbe automaticamente sulle palle.» dissi, con enfasi.
«Io so che quel... Calum... sì, ecco Calum Hood, beh... non è poi così male.» rispose il moro, sorridendomi.
Genere: Comico, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Calum Hood, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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6.

 

Dopo essermi vestita, io e Carl scendemmo di casa per fare colazione fuori. Il posto dov'era situata la mia casa era davvero strategico, per il semplice motivo che da quel luogo si poteva raggiungere facilmente il centro. Carl camminava a passo svelto, spedito, come se già sapesse dove andare, e sinceramente facevo un po' fatica a stargli dietro. Dopo poco arrivammo in un bar davvero molto carino, semplice ed elegante. Mi guardai attorno e notai quanto fossero alti i prezzi lì. Spontaneamente aprii la bocca, come se non potessi arrivare a capire che i prezzi erano in modo direttamente proporzionale al posto in cui ci trovavamo. Prima di accomodarci e chiedere un tavolo, toccai la spalla del moro, ancora avvolto da quella strana felpa nera: «io non ti conosco, è vero, ma... io non posso permettermi questo café, quindi usciamo e cerchiamone un altro. Insomma, sono appena tornata dall'Italia e ho speso tutto ciò che avevo per quella vacanza!» dissi abbastanza decisa sul da farsi, non volevo fare nessuna brutta figura.
«Prego?» domandò gentilmente un cameriere, avvicinandosi a Carl.

Cominciai per parlare, ma il moro mi zittì stringendo la sua presa sulle mie spalle, rispondendo assolutamente in modo contrario a ciò che gli avevo spiegato poco prima.
«Un tavolo, grazie.»
L'uomo annuì e ci indicò il penultimo tavolino, quello proprio vicino la finestra, l'ultimo ad essere rimasto libero. Ci porse gentilmente i piccoli menù e attese vicino il bancone.

«Ma sei scemo o cosa?» domandai quasi retorica, cosciente del fatto che mi avrebbe risposta in modo alquanto strafottente.
«Senti,» cominciò, posizionandosi meglio sul divanetto, «è il minimo che posso fare per ringraziarti per la nottata a casa tua e per esserti fidata di me anche se non ci conosciamo affatto. Quindi, offro io.»
D'un tratto avvampai. Sentivo il viso prendere calore da un momento all'altro e il peggio era che non riuscivo a spiegarmelo. Perché, quindi, arrossire senza alcun motivo? In fondo si stava soltanto comportando in modo veramente gentile.
«E' che...» sospirai, non sapendo realmente cosa dirgli: non me lo aspettavo.
Inconsapevolmente mi guardai attorno, addocchiando ogni minimo particolare del café a cui, prima, non avevo assolutamente dato peso. Ogni cosa in quel locale era stata pensata in modo geniale, come la scelta del lampadario grande e maestoso, il quale illuminava tutta la sala, o la scelta e l'accortezza del bancone, dov'erano mostrati tutti i dolci e le meravigliose cheesecake che preparavano ogni mattina. Certo, era pur giusto che un certo locale doveva avere per forza un certo tipo di clientela. Solo che... non me lo aspettavo da parte di Carl.
«Tranquilla, ok?» sorrise, rassicurandomi immediatamente.
Riuscì a togliermi quel disagio che provavo poco prima, permettendomi di ricominciare a parlare ed essere la solita me, la solita Jade.
«Bella l'Italia, eh?» chiese, porgendo il foglietto al cameriere con le nostre ordinazioni.
«Beh... in realtà, sì. Non so se tu ci sia mai stato ma è meravigliosa. Purtroppo ho potuto visitare soltanto il nord, ma conto di tornarci quanto prima, mi piacerebbe visitarla tutta.»
Sembrò ascoltarmi veramente in modo attento, sorridendo di tanto in tanto e annuendo a ciò che dicevo, «ci sono stato, ho visitato Milano per... lavoro, sì. Ed è veramente stupenda.»
Annuii, fissando il cameriere portarci ciò che avevamo richiesto: cheesecake al cioccolato per entrambi e due caffé neri.

 

 

 

Dopo aver finito la nostra colazione e dopo che Carl avesse pagato, ci salutammo, senza, però, scambiarci i nostri numeri di telefono. In realtà ero convinta che sarebbe successo tutto il contrario, ma avevo capito che con quel ragazzo l'importante era avere i piedi per terra, perché non potevi mai sapere cosa gli passava per la testa. Lo lasciai andare così, con un sorriso in volto e una mano a mezz'aria mentre salutava, con quegli skinny jeans neri e gli anfibi del medesimo colore. Non avevo alcuna voglia di fare la parte della ragazza appiccicosa, anzi, era stata una cosa abbastanza gradevole per i miei gusti, era uno... scambio di favori, tutto qua. Mentre passeggiavo per le strade, controllai se qualche negozio avesse appeso fuori, in vetrina, qualche annuncio di lavoro. Il viaggio in Italia lo feci come regalo personale per il diploma ricevuto, perciò adesso avevo bisogno di un lavoro e dei soldi per mantenere tutte le mie voglie, a cominciare da quella meravigliosa borsa Michael Kors che avevo appena visto in vetrina.
Che strazio.

 

Calum's pov

 

Appena tornai nella stanza del nostro albergo, Ashton mi inondò di domande sul dove essere stato tutta la notte, se stessi bene, se fossi ubriaco e cose del genere. Alle volte sapeva essere veramente troppo apprensivo e appiccicoso. Lo guardai fissarmi, come se volesse capire, attraverso i miei occhi scuri, il mio stato d'animo e se fossi ancora arrabbiato con loro. Si notava perfettamente come fosse preoccupato della mia reazione, per questo non accennava a parlarmi, né a toccarmi.
«Volevo delle risposte a quelle domande, sai?» chiese, sbuffando e dirigendosi verso il mini frigo che era in camera.
«Sono stato bene, ti ringrazio. Dove sono Mike e Luke?»
«A fare colazione, io non avevo molta fame. Sai come sono quei due, se non toccano cibo per più di un'ora diventano intrattabili.» sorrise involontariamente, lasciando spazio a quelle piccole fossette che avrei riconosciuto tra mille.
Sospirai e ricambiai il sorriso, abbracciandolo e scostandomi subito dopo: «non sono affatto arrabbiato, sto bene. Volevo soltanto evadere, rimanere chiuso sempre qui dentro non mi fa bene. Credimi. Non vedo l'ora di finire questa campagna pubblicitaria, fare questo concerto e andare in Canada, per completare l'ultima tappa del tour.»
Ashton sembrò capire, annuendo «abbiamo bisogno proprio di un mese di vacanza, eh?»
Sorrisi.





 

LO SO.
NON SO NEANCHE IO PER QUANTO TEMPO NON AGGIORNO QUESTA STORIA E CHIEDO PERDONO.
Solo che per un po' di tempo ho perso la voglia di scrivere e penso di averla ritrovata grazie ad un nuovo progetto che ho cominciato con una mia amica... perciò, eccomi di nuovo qui. Premetto che non so se per questa storia ci saranno ancora ragazze a commentarla e a recensirla, ma io ci provo comunque per vedere come va.
Dunque, se volete scoprire di cosa tratta questo nostro progetto, vi consiglio di leggere la nostra nuova storia, intitolata: TELL ME ABOUT LOVE.
Qui sotto c'è il link:

http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3685927


Bacioni grandi, vi aspetto.
  
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