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Autore: Alessia Krum    25/08/2017    1 recensioni
Acquamarina aveva continuato a vedere immagini, immagini brutte e spaventose, che non avrebbe mai voluto vedere. Acqua poteva pensare e vedere quelle figure, ma non stava né dormendo, né era svenuta, non era sveglia e non poteva svegliarsi. Voleva vedere e capire che cosa stava succedendo. Vide un villaggio, un piccolo villaggio sormontato da un castello. Il paesino sembrava tranquillo, ma fuori dalle mura si stava svolgendo una feroce battaglia. Persone con la pelle blu e le pinne combattevano con tutto quello che avevano e una grande speranza contro eserciti interi di mostri viscidi, squamosi e rivestiti da armature pesanti che mandavano bagliori sinistri. La battaglia infuriava. Per ogni mostro abbattuto, morivano almeno due uomini. Poi Acqua vide un uomo, protetto da un cerchio di mostri, che sembravano i più potenti e i più grossi. Quell’uomo aveva un qualcosa di sinistro e malvagio. Indossava un pesante mantello nero e continuava a dare ordini e a lanciare fiamme ovunque.- Avanti, Cavalieri, sopprimete Atlantis e l’oceano intero sarà mio! –
Genere: Fantasy, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 27
Il ritorno della spada

Era passata più di un'ora da quando Acqua era scomparsa tra gli alberi. Max l'aveva seguita con lo sguardo, le mani appoggiate alla cupola, fino a quando era diventata una figura indistinta tra la vegetazione. Poi si era lasciato cadere a terra, la schiena contro un tronco, perdendosi tra i suoi pensieri che, come al solito, erano decisamente troppi. C'era Acqua, la spedizione, il fardello che si portava dietro inconsapevolmente, c'era Celeste, le sue preoccupazioni, il suo dolore, la sua debolezza nascosta, c'era l'esercito, c'era la guerra e c'era il faticoso compito di portare avanti una città che stava lentamente procedendo verso la morte. Ma soprattutto c'era quella necessità impellente di capire perché, all'improvviso, non riuscisse ad evitare di abbracciare Acqua ogni volta che la vedeva, non potesse fare a meno di gioire ogni volta che i loro occhi si incontravano, e uno strano calore lo invadeva. Perché, da un po' di tempo, Acqua non le bastasse più come semplice amica.
Il ragazzo controllò l'ora e cominciò a preoccuparsi. Acqua ci stava mettendo tantissimo, era via da parecchio tempo, e lui non poteva fare niente per aiutarla. Passarono altri cinque minuti, un altro quarto d'ora. Poi, all'improvviso, Max sentì un rumore di passi alle sue spalle, da dove era scomparsa Acqua, si voltò e la vide. La ragazza avanzava trascinando i piedi, e stringendo la spada con la mano destra. La punta dell'arma toccava il terreno, disegnando una scia incavata nella sabbia. Acqua camminava lentamente a testa bassa, e rabbrividiva in continuazione, le spalle che sobbalzavano ogni secondo. Max si alzò da terra per andarle incontro, e lei sentendo il fruscio degli abiti alzò il volto. Aveva le labbra viola e gli occhi rossi, e sulle sue guance brillavano dorate lacrime congelate. Appena vide Max, Acqua scoppiò di nuovo in singhiozzi, abbandonò la spada all'interno dell'area protetta e corse verso di lui. 
- Acqua, ma sei gelata! - esclamò il ragazzo, stringendola forte e cercando di trasmetterle quanto più calore poteva. Ancora una volta si rimproverò per aver accettato di accompagnarla lì, dove non poteva aiutarla in alcun modo. Nel frattempo lei continuava a singhiozzare.
- Acqua, che ti è successo? - chiese Max, accarezzandole i capelli.
- Ho visto...tutto. - balbettò la ragazza, tra le lacrime, affondando il viso nel mantello di Max.
- Tutto. - gemette, prima di abbandonarsi all'abbraccio del ragazzo. 

***

- E sei proprio sicura di non aver sentito nulla? - le chiese ancora Max.
- Certo, te l'ho detto, non ho sentito nessuna musica, niente di niente. - rispose Acqua, sempre più demoralizzata e abbattuta. Dopo il loro ritorno, Max aveva lasciato un po' di tempo alla ragazza per riposarsi e riprendersi dall'esperienza. Poi la zia li aveva chiamati nella sua stanza a raccontare il loro viaggio, e poco dopo erano arrivati anche Corallina ed Henri, che stavano studiando insieme nella camera della ragazza. Acqua aveva descritto, con poche ma esaurienti parole, quello che era successo là dentro. Era partita dai ricordi più belli che aveva visto, dipingendo ogni cosa come straordinaria, e incredibile, con il viso illuminato dalla gioia, per poi parlare del ritrovamento della spada e di quello che era avvenuto dopo. Alla fine del racconto, esausta, si era asciugata velocemente gli occhi, ed aveva ascoltato Max esporre il suo dubbio. 
- Non hai sentito il canto del Dragone? - le chiese. Ancora una volta la risposta fu negativa. Acqua si prese la testa fra le mani e, sospirando, aggiunse: 
- Non so che cosa sia andato storto, ma non ho sentito nulla. È stato tutto inutile. Pensavo che da questa spedizione avrei potuto ricavare qualcosa, e invece niente. Non sapete quanto sia disperata. - 
- Dai, cugina, non abbatterti, magari è stato solo un particolare che ti è sfuggito, o forse era una strana situazione e non doveva per forza andare così. - tentò di risollevarle il morale Corallina, perché la vedeva troppo dispiaciuta e inoltre poteva immaginare il dolore che aveva provato entrando in contatto, in qualche modo, con l’anima del padre per poi doversene separare. Aveva sentito il distacco, aveva veramente capito cosa significasse aver perso la sua famiglia. Il peso della perdita l’aveva più volte sfiorata, si era fatto sentire in diverse occasioni, ma quel giorno le era proprio piombato addosso. Corallina non poté fare a meno di sentirsi solidale verso la cugina, anche lei aveva perso suo padre e capiva perfettamente come si sentiva. Si tuffò sul letto dove era seduta Acqua, e la abbracciò con affetto, stringendola fino a stritolarla. 

***

Il giorno dopo, Acqua era andata nei sotterranei da sola, per rivedere la spada. Max aveva deciso che il luogo più sicuro dove lasciarla era appunto nelle segrete del castello, e lì l’aveva portata subito dopo il loro ritorno. L’intoccabile era stata provvisoriamente sistemata su uno degli innumerevoli appigli sul muro, per poi venire ricollocata in una teca di cristallo. Con mani tremanti, Acqua aveva infilato la chiave nella serratura e aveva aperto l’anta. Aveva allungato la mano verso l’elsa della spada, indugiando alcuni secondi prima di sfiorare la superficie di metallo. Ma alla fine, sperando che succedesse qualcosa, si era decisa e aveva impugnato forte l’arma. Al contatto con la propria pelle, un sensazione di familiarità l’aveva avvolta, come se avesse già vissuto quel momento milioni di volte, ma nulla di più. Nessuna musica, ne era sicura.
Aveva ritirato la mano, sempre più consapevole che quella spedizione non aveva portato a nulla. 
   
 
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