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Autore: QueenOfEvil    25/08/2017    1 recensioni
(Dal capitolo sette):
"Sì, aveva aspettato quel giorno per anni, nella polvere, nell’ombra di qualcun altro, di Ahadi, di Mufasa e adesso che correva il rischio di venire oscurato anche da Simba, da quello scricciolo che altro non era che un prolungamento del fratello tanto odiato, gli era stata finalmente data l’opportunità di scuotersi di dosso tutti: sarebbe diventato ciò che era stato predestinato ad essere fin dall’infanzia, fin dalla nascita. Il sovrano che nessuno mai aveva visto in lui."
La storia di un re considerato tale solo da se stesso. E, chissà, forse, in fondo, neanche quello.
Genere: Dark, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Scar
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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9. Scar. A little more than kin, a little less than kind.

Non aveva quasi dormito quella notte. Ore ed ore si erano succedute lente, mentre, sforzandosi di prendere sonno, si ritrovava immancabilmente ad aprire gli occhi al più piccolo suono: niente doveva essere lasciato al caso, per il giorno dopo, tutto doveva essere perfetto. Sapeva di avere calcolato ogni fattore al millesimo e anche il ruolo che aveva dato alle iene era talmente minimo che perfino uno scarso intelletto come il loro sarebbe riuscito a portarlo a termine, ma era anche a conoscenza di quanto spesso i suoi progetti venissero scombinati, per cause interne o esterne che fossero, e questa volta ciò non poteva accadere. Era perciò con gratitudine che aveva accolto l’arrivo dell’alba che, insieme alla luce, aveva dissipato i suoi ultimi dubbi, facendo rinascere nel suo spirito la stessa ferrea confidenza che l’aveva accompagnato la sera prima: Mufasa e Simba sarebbero morti, senza alcun dubbio. E il trono sarebbe stato suo.

Questa sua certezza non bastò però ad istillare in lui una fiducia eccessiva nei suoi collaboratori: incontratosi con loro appena riuscito ad assentarsi dal regno, si assicurò più e più volte che avessero bene in chiaro quale sarebbe stato il piano.

“Siete certi di avere inteso?” chiese, inarcando un sopracciglio e manifestando una chiara perplessità circa le loro capacità di comprensione.

“Te l’abbiamo già detto: sì!” Banzai era esasperato per quella che aveva tutta l’aria dell’ennesima predica “Ce l’hai fatto ripetere almeno cinquanta volte: quanto stupidi pensi che possiamo essere?”

Scar alzò gli occhi al cielo e storse la bocca “Non credo che voi vogliate davvero che risponda a questa domanda”. Si rivolse quindi a Shenzi, avendo fiducia, se non nella sua intelligenza, almeno nulla sua capacità di mantenere la concentrazione per più di dieci secondi di fila “La mandria di gnu è dietro quella collinetta, fortunatamente non è troppo distante dal canyon quest’oggi, perciò non dovreste avere troppe difficoltà a spingerla nella direzione indicatavi, ma” fece una pausa, per sottolineare quanto la successiva direttiva fosse essenziale “Solo ed esclusivamente dopo che ve l’avrò segnalato. Siamo d’accordo?”

“Assolutamente d’accordo, capo! Puoi contare su di noi e quei due saranno stecchiti prima che Ed possa dire “si mangia”” Lanciando un’occhiata alla iena che, sentendo il suo nome nella frase, si era messa a ridere con la lingua di fuori rotolando per terra, il leone fece un profondo respiro e scosse la testa, sforzandosi di ripetere come un mantra che neanche quei tre erano tanto inetti da poterlo deludere in una faccenda così semplice. E non ne era in ogni caso così persuaso. 

Li lasciò, dopo l’ultima raccomandazione di rimanere vigili e di non distrarsi, tornando alla Rupe dei Re per raccogliere l’ultima pedina mancante e la trovò che ciondolava, priva come sempre di un qualsiasi scopo o meta, intorno al luogo dove l’aveva incontrato appena il giorno prima: dal sorriso spensierato che aveva sul muso, quel sorriso che padre e figlio avevano in comune e che sembrava non avere alcuna ragione di esistere se non per la stolida fiducia che entrambi avevano nei confronti del mondo, concluse con una punta di insoddisfazione che la scappatella da lui stesso incoraggiata qualche ora prima non aveva avuto alcuna ripercussione sul principino. D’altra parte, con spensieratezza ed entusiasmo intatti, sarebbe stato più facile condurlo dove voleva.

Simba non si accorse della sua presenza fino a quando non si vide oscurato il sole dall’ombra del leone e quest’ultimo pensò con ironia che anche Mufasa non avrebbe visto ciò che stava per accadergli fino a che non fosse stato troppo tardi per tornare indietro.

“Zio Scar!” Il piccolo gli corse incontro, appoggiando le piccole zampe sul manto scuro dell’altro che, con un grandissimo sforzo di volontà, riuscì a resistere all’impulso di spostarsi per mettere fine a quel contatto fisico assolutamente sgradito. Invece, senza perdere la propria compostezza, gli rivolse uno dei suoi migliori sorrisi ed iniziò la propria recita. Se fosse andato tutto come previsto, quella sarebbe stata l’ultima della sua vita.

“Simba! Per fortuna che ti ho trovato, ti ho cercato ovunque!” distolse per un momento lo sguardo, come per controllare che nessuno a parte loro fosse in ascolto e stimolando in quel modo la curiosità del suo interlocutore, che alzò le orecchie, interessato. Abbassò poi il tono di voce e il muso, incrociando lo sguardo con quello dell’altro e tirandolo a sé con una zampa “Devo assolutamente farti vedere una cosa speciale”

“Davvero?” gli occhi di Simba si accesero di entusiasmo e la coda si rizzò, alla prospettiva di una nuova avventura e anche quelli di Scar si accesero, seppur per un breve secondo, vedendo quanto era facile manipolare quella palla di pelo.

“Sì! Ma dobbiamo fare in fretta” aggiunse, socchiudendo le palpebre e lanciando al principino uno sguardo di intesa “Quindi sarà meglio mettersi in cammino”

“Dammi solo qualche secondo: chiamo Nala e…” Era più veloce di quanto si aspettasse: tempo zero ed era già schizzato via e, se non fosse stato sufficientemente pronto a pararglisi davanti, probabilmente avrebbe raggiunto più che in fretta quella sua amichetta, mandando ancora una volta inconsapevolmente in fumo tutto il suo progetto. Non doveva esserci nessun testimone, nessuna presenza in più che potesse sopravvivere e raccontare lo svolgersi dei fatti. E poi, era meglio che non si sapesse con chi l’erede avesse effettivamente passato le sue ultime ore.

“Mi dispiace, Simba” disse quindi, con una voce che davvero poteva sembrare addolorata “Ma lei non può venire”

“Perché no?” Ancora con quella dannatissima petulanza! Beh, almeno non avrebbe dovuto sopportare quella voce piagnucolosa ancora per molto: decise dunque di dire una mezza verità.

“Perché solo i Re e futuri Re possono comprendere appieno quello che stai per vedere” gli strizzò l’occhio dunque, pensando che era forse una delle frasi più veritiere che aveva pronunciato nell’ultimo periodo e che a quanto pareva bastò per convincere il cucciolo. Questi, infatti, ancora più convinto che si dovesse trattare di qualcosa di assolutamente unico, non si fece pregare nuovamente e anzi, iniziò a spingere, debolmente, ma con tutte le sue forze, lo zio affinché si affrettasse verso la meta e al contempo non riuscendo a trattenersi dal tempestarlo già di domande.

“Sarà un lungo tragitto” sospirò Scar, avanzando e al contempo tentando di non inciampare nel nipote che gli trotterellava e saltellava accanto.

*************

Dopo quelle che gli erano parse ore di insopportabile tortura, ma che in realtà non erano altro che venti minuti scarsi di camminata, il leone finalmente riuscì ad arrivare al canyon e ad individuare il punto preciso dove aveva intenzione di scaricare il suo piccolo accompagnatore, che, per tutto il percorso, non aveva fatto altro che chiedergli di cosa si trattasse quello che si stavano dirigendo ad osservare: era certo che a quel punto avrebbe commesso in ogni caso un omicidio, che gli gnu funzionassero o meno. La roccia e l’albero erano stati scelti da lui non a caso: se da una parte, infatti, avrebbero dato a Simba l’impressione che quello fosse un punto d’incontro ben preciso invece che un luogo come un altro per aspettare, dall’altra erano anche piuttosto facili da tenere d’occhio e quindi da indicare al caro fratello come punto di riferimento per trovare il figlio. Senza contare che la loro posizione non era neanche troppo vicina all’imbocco da dove sarebbe entrata scalpitando la mandria: avrebbe corso il piccolo, avrebbe corso per salvarsi la vita e cercare aiuto. Peccato che questa volta non sarebbe servito a nulla.

“Ora aspetta qui” gli fece segno con la testa “Tuo padre ha una magnifica sorpresa per te” E oh, sarebbe una sorpresa effettivamente, ma una sorpresa così grande che neanche Mufasa ne sarebbe stato al corrente fino all’ultimo.

Con la prospettiva di scoprire qualcosa di più finalmente dal tanto misterioso zio, il cucciolo si lasciò sfuggire un’esclamazione emozionata e sgranò ancora di più i suoi occhi, eccitato “Wow! Che cos’è?”

“Se te lo dicessi non sarebbe più una sorpresa, non trovi?” Era così strano come fosse facile convincere quel micetto a fare tutto quello che desiderava, ma dovesse continuamente riempirlo di spiegazioni per soddisfare la sua curiosità, strano e tremendamente fastidioso: non era tanto l’inventare scuse che gli dispiaceva, era maestro e sovrano in quello e lo era sempre stato, ma piuttosto quanto tempo dovesse sprecare in dialoghi totalmente inutili. Ma del resto, le iene lo avevano abituato a sopportare molto peggio.

“Se me lo dici, fingerò di essere sorpreso!” L’altro era salito sulla roccia e lo guardava come se avesse trovato l’argomento vincente della discussione: era sempre stato abituato ad ottenere tutto quello che voleva facendo due occhioni e una voce supplicante, esattamente come Mufasa, ma, se il giorno prima lo zio aveva finto di assecondarlo per ottenere quello che desiderava da lui, ora era ben determinato a tenerlo all’oscuro fino alla fine. Finse dunque una risata divertita, quando avrebbe invece voluto emettere un ringhio di frustrazione, e gli si avvicinò ulteriormente.

“Ma lo sai che sei proprio un bel birbone?” E, di nuovo, Simba tentò di impietosirlo, con la stessa manovra con cui lo aveva accolto poco prima: era talmente tenero che, se Scar avesse avuto anche un solo sprazzo di sentimento positivo nei suoi confronti, probabilmente non avrebbe più avuto il coraggio di continuare con la sua opera. Ma i sentimenti erano per i deboli ed il secondogenito non si era mai definito tale, specialmente se essi erano da riferirsi al fratello o al figlio di lui: solo odio per quest’ultimo e neanche quello per il cucciolo. Indifferenza totale unita ad un senso di fastidio per l’ostacolo al trono che costituiva.

“Avanti, zio Scar!”

“No, no, no, no, no! È una questione fra te e tuo padre” Esattamente come fra Mufasa e Ahadi erano stati quasi tutti gli avvenimenti della sua fanciullezza. Distolse lo sguardo, quasi disgustato da quello che stava per dire “Sai, è una di quelle cose che ai padri… fanno piacere” Alzò la zampa, come per dire che quello che doveva succedere non lo riguardava né aveva il minimo interesse a prendervi parte. No, quella era una questione che i due avrebbero affrontato insieme, l’ultima che avrebbero affrontato insieme. E chi era lui per privare una tanto bella famigliola di un finale momento di riunione?

“Bene, sarà meglio che vada a chiamarlo” Si sentiva assolutamente euforico e non credeva di potersi trattenere ancora a lungo: per questo, quasi scattò d’ira quando Simba, evidentemente non soddisfatto e desideroso di impiegare al meglio l’energia, si affrettò a seguirlo.

“Vengo con te!”

“No!” quasi urlò trattenendosi dall’aggiungere di non rovinare tutto, di stare al suo posto e di fare da esca come aveva deciso che avrebbe dovuto fare. Si riprese appena in tempo e, con una risata nervosa che aveva anche il compito di calmarlo, aggiunse “No, tu… aspetta su questa roccia”. Lo spinse nuovamente indietro, ma vedeva che non era ancora convinto, così decise di giocare un tiro piuttosto mancino, ma sicuro che avrebbe sortito l’effetto sperato.

“Non vorrai metterti di nuovo in qualche pasticcio come hai fatto con le iene?” gli chiese, apprensivo e con un apposta malcelato tono di rimprovero, facendo scattare nel giovane principe qualcosa che aveva tutta l’aria di un senso di colpa e in lui qualcosa che sapeva di piena soddisfazione.

“Lo hai già saputo?” domandò mortificato il cucciolo, abbassando le orecchie e riducendo, con sua grande gioia, l’entusiasmo che sembrava sempre dominarlo. Era talmente divertente vederlo in quello stato che pensò di rincarare la dose

“Simba, tutti sanno che cosa hai combinato” 

“Davvero?” Più il tempo passava, più non vedeva l’ora di potersi finalmente gustare lo spettacolo: era meglio muoversi in fretta.

“Oh sì! È stata una fortuna che tuo padre fosse lì per salvarti!” gli disse, trattenendosi dall’aggiungere che lo era stata per entrambi, perché se il cucciolo era ancora vivo ora Scar sapeva come liberarsi una buona volta del padre, perché se il giorno prima non aveva portato a termine metà del suo obiettivo, nel giro di pochissimo avrebbe rimediato con gli interessi. Stava per andarsene, quando pronunciò ancora una frase: “Oh, senti, detto fra noi! Credo proprio che dovresti perfezionare quel tuo ruggito, sai, mh?” Non seppe mai bene perché l’avesse detta: forse perché credeva che con un passatempo il suo interlocutore non avrebbe fatto passi falsi, forse per pura voglia di infierire su di lui con una alquanto spiccata vena sadica, o forse, ma solo forse, perché aveva il presentimento che quei suoi tentativi sarebbero arrivati al momento giusto, in qualche modo, che uno di essi sarebbe giunto proprio mentre la mandria si metteva in movimento e sarebbe stata davvero una coincidenza troppo bella se, oltre che uccidere Mufasa, fosse riuscito a far sentire in colpa il figlio stesso, che tanto glielo ricordava, per la sua morte. Erano comunque considerazioni sfuggevoli, su cui non si soffermò più di una manciata di secondi e già aveva pensato conclusa la conversazione quando si sentì rivolgere un’ultima domanda alla quale non poté, malgrado il fastidio, trattenersi dal rispondere.

“Ehi, zio Scar! Mi piacerà la sorpresa?”

“Simba, credo proprio che ti piacerà da morire”

Una volta fuori dalla vista del nipote, salì sul versante del canyon, dirimpetto a dove si era accordato di trovarsi con le iene e, con suo grande sollievo, le trovò al loro posto, attente e pronte a reagire al suo ordine. 

Qualche secondo più tardi, la mandria di gnu iniziò la sua fuga precipitosa.

Qualche secondo più tardi, Simba si accorse di quello che stava capitando e si mise a correre.

Qualche secondo più tardi, Scar sentì nel petto qualcosa che aveva tutto il sapore del trionfo. Determinato in ogni caso a non lasciarsi annebbiare la mente da ciò, avrebbe avuto tutto il tempo di esultare dopo aver visto i risultati totali e non importava se vedere quella macchia gialla metri più sotto che tentava vanamente di salvarsi la vita lo stava eccitando come poche volte si era sentito prima di allora, stampò sul muso la sua migliore espressione angosciata e, con determinazione, si lanciò alla ricerca del fratello. Effettivamente aveva tutti gli interessi a trovarlo in fretta, per quanto gli potesse sembrare bizzarro: se fossero arrivati troppo tardi, con la carica già ultimata e il pargolo reale morto, Mufasa non avrebbe più corso pericoli e il grande obiettivo sarebbe stato da considerare non raggiunto ancora una volta. Fortunatamente, per lui, s’intende, non tardò a scorgere il manto miele del re ancora per poco, accompagnato, e questo non gli fece piacere, come sempre da Zazu.

“Goditi i tuoi ultimi istanti di serenità, fratello” pensò, un secondo prima di dare inizio all’atto finale di quello che considerava il suo capolavoro “Assaporali a fondo e di’ loro addio”. Prese fiato dunque, prima di presentarsi davanti ai due, con una preoccupazione talmente genuina e ben finta che mai nessuno avrebbe potuto sospettare avesse un secondo fine.

“Mufasa! La mandria è impazzita! Nella gola! Ho visto Simba laggiù!” Poche parole che ebbero l’effetto di un tornado: il muso del primogenito mutò in fretta, talmente in fretta da lasciare sorpreso perfino l’altro.

“Simba?” Una parola ripetuta, una domanda che non aspettò risposta: tutti e tre si precipitarono, all’unisono, verso il punto indicato da Scar, che, da parte sua, stava recitando in maniera impeccabile la parte che si era assegnato. Giunti al canyon, i due leoni si guardarono intorno, spasmodicamente cercando entrambi il cucciolo perduto, ma per motivi opposti: se il padre tremava di paura per quello che poteva capitare al figlio, lo zio fremeva di eccitazione per quello che stava accadendo, anche se la sua espressione non faceva trasparire che accorata disperazione. Videro il piccolo nello stesso momento grazie a Zazu, che, avendoli preceduti, lo aveva già individuato ed era subito corso indietro, rendendosi utile, a parere di Scar, per la prima volta in vita sua.

“Eccolo lì! È su quell’albero!” Aguzzando la vista, effettivamente, si poteva vedere come il principino fosse appeso con le quattro zampe e la forza della disperazione ad un ramo rinsecchito, scosso dalle centinaia di bestie che stavano passando sotto di lui.

“Reggiti Simba!” Il grido del padre era quasi un ruggito e, per il leone dal manto scuro, quello era l’ultimo passo incerto verso la vittoria: se l’altro avesse ritrovato la ragione, se avesse deciso di chiamare aiuto e non avesse ceduto all’istinto e alle emozioni come sperava che facesse, tutto sarebbe andato a rotoli. Era il momento di vedere se davvero conosceva bene il primogenito come credeva.

Il fato, di nuovo, nel giro di poche ore, giocò a suo favore.

Improvvisamente, e in modo alquanto prevedibile, il leoncino perse la presa ed egli, con un grido tanto suo quanto del padre, si ritrovò a ciondolare con solo due zampe attaccate, dritto sopra le bestie che continuavano a passare, come una marea infinita. Senza pensare, e anche se l’avesse fatto la decisone sarebbe stato probabilmente la stessa, Mufasa fece quello che ogni genitore avrebbe fatto e che il fratello aveva pregato che avvenisse: si buttò anche lui nel canyon.

“Oh, Scar, è orribile! Che facciamo? Che cosa possiamo fare? Ah!… andrò a cercare aiuto, andrò a cercare aiuto….” L’uccello aveva iniziato nuovamente a farneticare, ma questa volta non trovò neanche un aiuto apparente nel suo interlocutore che, avendo finalmente la possibilità di agire come voleva e non secondo copione e parecchio infastidito dalla voce del pennuto, lo sbatté con una zampata violentemente contro la parete di roccia, facendolo svenire. Nulla avrebbe potuto interessarlo di più della scena che stava avvenendo in quel momento ai suoi piedi. Il suo corpo era in tensione, ogni muscolo pronto a scattare e al contempo non riusciva a distogliere gli occhi: vide Mufasa correre in mezzo a quella mandria e venire calpestato una, due volte, prima di riuscire ad avvicinarsi al piccolo. 

“Troppo poco, troppo poco per uno come lui” il secondogenito iniziava a temere che qualcosa si sarebbe intromesso e avrebbe rovinato tutto, proprio quando l’alberello cedette completamente e Simba venne scaraventato in aria. Prima che potesse cadere, però, il padre lo prese in bocca, tentando di proteggerlo e di farsi strada tra gli gnu: il cuore di Scar mancò un colpo quando identificò quei due, insieme, ancora in piedi in mezzo a quella valanga e pregò, pregò intensamente, di non aver sottovalutato la forza fisica del fratello. Improvvisamente, il cucciolo sfuggì dalla presa del genitore, cadendo finalmente a terra: se a quel punto il leone dal manto scuro sperava che ormai il suo destino fosse segnato, restò alquanto deluso, e furibondo, quando Mufasa, con un’ultima scarica di energia, riuscì a proteggere ancora il piccolo e a porlo al sicuro su una roccia sopraelevata. Questo non era stato previsto e, per un attimo, Scar ebbe veramente timore che il fratello si sarebbe riuscito a salvare, che avrebbe spiccato un balzo e ancora una volta avrebbe dimostrato quell’invincibilità che tutti gli attribuivano, rendendo la sua posizione alquanto scomoda: come gli avrebbe spiegato la presenza di Simba là sotto se quest’ultimo gli avesse raccontato ciò che il fratello aveva detto? Un sorriso di vittorioso sollievo si aprì perciò sul suo muso quando vide il primogenito nuovamente trascinato dalla mandria, privo di forze e senza alcuna speranza di salvezza: in contemporanea udì l’urlo disperato del figlio e pensò con un angolo della mente che ci sarebbe stato tempo per occuparsi anche di lui, ma dopo, più avanti, in quel momento voleva solo godersi lo spettacolo. Vide il Grande Re trascinato, sbattuto, calpestato quattro, cinque, sei volte fino a che il suo manto non si confuse con la polvere alzata dalla fuga precipitosa.

E infine, proprio quando riteneva che ormai non ci fosse più nulla da fare, lo vide spiccare un balzo con la forza della disperazione, talmente potente che, ne era sicuro, se fosse stato completamente in sé sarebbe riuscito ad arrivare alla roccia dov’era anche lui. Ma Mufasa era allo stremo, lo capiva da come affondava gli artigli nella parete, da come i suoi occhi fossero annebbiati e dall’espressione sul suo muso: stava scivolando, lentamente e irrimediabilmente e presto sarebbe caduto. Era determinato a non fare nulla, a guardarlo con altera superiorità e a godersi semplicemente da spettatore quello che stava per diventare l’attimo più bello della sua esistenza, quando il primogenito disse qualcosa che lo convinse ad agire.

“Scar! Fratello! Aiutami!” Aiutarlo? Aiutarlo?! Possibile che quindi ancora non avesse capito? Ebbe così la certezza, in quel momento, che semplicemente osservare la sua fine non gli avrebbe dato tutta la soddisfazione possibile. Oh no, quello che veramente voleva era essere sì stratega, ma anche carnefice, desiderava essere lui, lui e nessun altro, l’assassino di Mufasa. 

L’assassino di chi l’aveva messo in ombra per tanti, troppi anni.

Con uno slancio, dunque, si protese verso la sua figura, affondando gli artigli dentro il suo manto fino a lacerare la carne viva e facendo emettere alla sua vittima un ruggito di dolore e sorpresa: “Stai comprendendo, finalmente, fratello? Stai comprendendo che tutto quello che ho fatto è stato solo per arrivare a questo? Questo esatto istante, con te in mia mercé, mi sta ripagando di tutte le umiliazioni che ho dovuto sopportare, di tutte le volte che mi sono dovuto piegare davanti a te. Dov’è nostro padre, adesso, dove sono quegli Antenati in cui tu tanto confidi? Sei ancora disposto a dare loro fiducia nello stesso sciocco modo in cui lo facevi solo fino a qualche ora fa? Chi aveva ragione, chi ha sempre avuto ragione? Avanti, dillo una buona volta!” Avrebbe voluto gridargli questo e molto altro, ma quando gli occhi di Mufasa si riaprirono e si incontrarono con le sue iridi, verdi e scintillanti, tutto gli sembrò superfluo: lo sguardo che gli stava lanciando, quella paura mista ad improvvisa realizzazione, era ciò di più inebriante che avesse mai sperimentato. Non stava guardando solo lui, ma anche Ahadi, anche gli Antichi Re del Passato, anche tutto il resto della savana che finalmente si stava rendendo conto di chi fosse davvero il migliore fra i due. E cosa si può dire al proprio fratello in un momento simile, come ultimo commiato? Cosa si può dire a tutto il mondo quando lo si sente completamente ai propri piedi? 

Un sussurro. Quattro parole.

“Lunga vita al re!” 

E mentre in contemporanea osservava la luce spegnersi negli occhi di Mufasa, quella luce che testimoniava tutta la gioia e la fiducia che lo contraddistinguevano e che tanto aveva sempre odiato, e staccava con violenza gli artigli dalla pelliccia di lui, scagliandolo indietro e facendolo cadere dalla roccia, Scar si sentì travolgere da una sensazione talmente distruttiva e assoluta che non poté che darle il nome di felicità.












Angolino dell'autrice: Ahhh finalmente ci siamo! La scena madre del film! E anche una delle mie preferite se devo essere sincera... Che dire, spero davvero di aver reso bene sia Scar che (per quanto poco) Mufasa: quel «lunga vita al re» mi fa venire i brividi a distanza di anni ogni volta che riguardo «Il Re Leone». Essendo questa (come hi già detto) una scena a cui sono molto affezionata, come al solito, spero di sapere cosa ne pensiate voi (e colgo l'occasione per ringraziare Stellacadente che ha recensito lo scorso capitolo).
Ci si risente fra due settimane con il prossimo e ultimo capitolo su Taka!
L_A_B_SH
 
   
 
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