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Autore: Susannah_Dean    25/08/2017    2 recensioni
Un'esplosione in un quartiere di periferia, un mistero da risolvere e un pericolo da combattere. Una giornata come le altre su Mobius, se non fosse per un passato che non vuole essere dimenticato e dei legami impossibili da spezzare. Riusciranno i nostri eroi a salvare la situazione ancora una volta, o sarà il destino a lasciarli senza scampo?
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yuri | Personaggi: Altro Personaggio, Knuckles the Echidna, Rouge the Bat, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Gestire Sonic era, per Shadow, una fatica immensa anche nei momenti migliori.
Considerando come era trascorsa la giornata, era un miracolo che non avesse già piantato il riccio blu in asso e non se ne fosse partito per una (meritatissima) vacanza.
- Siete sicuri che siano quelli originali? – Chiese, accennando alla fila di Smeraldi del Caos che rilucevano poco distante da lui. – Se non ricordo male, è già successo che qualcuno vi mettesse davanti uno Smeraldo falso.
- Per chi ci hai preso? – Sonic suonava quasi offeso da quell’insinuazione. – Non ripetiamo mai due volte gli stessi errori.
Shadow si trattenne a stento dal rimarcare che anche se fosse stato vero, almeno Sonic era capacissimo di inventarsene di nuovi. Se lo avesse detto ad alta voce, probabilmente l’altro avrebbe sogghignato, trovandola la battuta più divertente del mondo, e Shadow avrebbe provato l’istinto di strozzarlo.
Per fortuna, Tails intervenne prima che la situazione potesse peggiorare. – Abbiamo controllato che non ci fossero falsi prima di inserirli negli alloggiamenti – disse, brandendo la chiave inglese che aveva in mano mentre spiegava. – Adesso, se qualcuno cerca di toglierli da lì, veniamo notificati all’istante.
Tutto questo avrebbe dovuto rassicurarlo, ma in realtà poneva soltanto dei nuovi problemi ai quali Shadow avrebbe dovuto trovare una soluzione. Uno Smeraldo mancante avrebbe comportato una falla nella sicurezza mondiale, ma almeno avrebbero saputo con cosa avevano a che fare. Invece ora si trovavano sotto l’attacco di un nemico di cui non conoscevano nemmeno le armi. Dalla padella alla brace, e con un salto solo. – E nessuno di voi si è accorto di qualcosa di strano? Pensavo foste dotati di attrezzature per trovare gli Smeraldi. Qualcosa che reagisca alle variazioni di energia.
- Lo eravamo. – Tails sollevò il groviglio di metallo e fili a cui stava lavorando. – Durante l’ultimo combattimento uno dei robot di Eggman lo ha sfasciato con un colpo. Sto cercando di ripararlo, ma siccome abbiamo tutti gli Smeraldi non c’era motivo per farlo di corsa.
- Se non fossi venuto a dircelo tu, non avremmo saputo niente neanche di queste sparizioni – aggiunse Sonic.
- Abbiamo fatto il possibile per nascondere quello che è successo, per non scatenare il panico. Credo che la GUN lo stia facendo passare per un rapimento di massa.
Il riccio blu fece una mezza risata. – Questo potrebbe dare fastidio a chi lo ha fatto, ci avete pensato? Magari si aspettava che facesse notizia.
Era probabilmente uno dei motivi per cui la GUN aveva agito in quel modo, ma non era una sorpresa che Sonic ci fosse arrivato: non era né stupido né ingenuo come a volte sembrava.
Se non fosse stato per questo, e per la convinzione profonda che sotto l’irritante perenne ottimismo e l’aria scanzonata Sonic fosse in grado di comportarsi seriamente, Shadow probabilmente non lo avrebbe tollerato tanto a lungo. Per come stavano le cose, invece, non poteva negare che l’altro fosse esattamente il super difensore dei deboli che tutti vedevano in televisione, solo molto più fastidioso e con una tendenza a tentare di farsi amici anche i cactus.
- Possibile. In ogni caso, se iniziate a fare ricerche per conto vostro, cercate di non sollevare un polverone. Non c’è tempo per assecondare l’isteria della popolazione. – Shadow fece una pausa, poi aggiunse: - E tenete d’occhio anche il vostro amico Knuckles, se riuscite.
- Non penserai ancora che c’entri qualcosa? – Chiese Tails.
A Shadow sarebbe piaciuto, in realtà, poterlo ancora pensare. Sarebbe stato molto più semplice. – No, ma se c’è qualcuno che gli somiglia o che ha scelto di prendere le sue sembianze un motivo ci sarà. E’ più facile che accetti la vostra presenza che non quella dei nostri agenti.
- Già, sappiamo quanto la GUN possa essere amichevole. – Sonic sospirò. – Ascolta, terremo gli occhi aperti e cercheremo di scoprire qualcosa.  Finiremo di riparare quell’aggeggio e poi daremo la caccia a questo simpaticone e alle persone che ha preso. Nessuno ci è mai sfuggito a lungo, neanche Eggman, per quanto ci provi.
Era l’unica cosa in cui Shadow riusciva a sperare. L’agenzia per cui lavorava aveva mezzi ipertecnologici e centinaia di uomini a disposizione, ma rischiava di mettere in allarme chiunque muovendosi in massa, nonostante i tentativi di nascondere le proprie azioni. Sonic e Tails, invece, insieme al loro immenso corollario di amici, avrebbero potuto agire liberamente. Inoltre erano dotati, oltre che di una certa esperienza grazie alla ricerca di Smeraldi, di una fortuna sfacciata nel trovare una soluzione al problema di turno. Magari sarebbe stata sufficiente.
Se solo anche Rouge si fosse rimessa in carreggiata abbastanza da poter dare un aiuto concreto.
 
 
Shadow non sarebbe rimasto stupito, in realtà, da cosa Rouge stava facendo. Lo avrebbe sconvolto di più sapere che Knuckles stesse facendo la stessa cosa.
Infatti, mentre Rouge entrava a Stormtop Lane inseguendo i propri ricordi, Knuckles stava scavando nei propri, alla ricerca di una spiegazione su come un echidna (parte di una specie estinta, fatta eccezione per l’attuale Guardiano) potesse sbucare fuori così all’improvviso. Persino gli ambienti dove si trovavano si somigliavano: la ridottissima quantità di abitanti di Angel Island la rendeva costantemente silenziosa, ma quella notte anche Stormtop Lane era del tutto priva di rumori, fatta eccezione per quello provocato dai tacchi di Rouge che urtavano l’asfalto e che producevano un rimbombo quasi spettrale.
La pipistrellina non aveva avuto problemi ad accedere all’area. Gli agenti che facevano la guardia al perimetro del quartiere erano lì solo per allontanare gli eventuali sciacalli con l’intenzione di rubare oggetti dagli appartamenti, visto che gli abitanti ancora presenti erano stati trasportati in massa in qualche luogo dove potessero trascorrere la notte: non avrebbero certamente fermato un’agente del suo livello e con un sorriso tanto affascinante. Rouge aveva fatto della capacità di intortare le persone intorno a lei la sua specialità, ma quella sera non si era aspettata che funzionasse davvero: il suo solito mezzo flirt doveva essere particolarmente potente per fare effetto anche in una giornata come quella.
Non era importante, comunque. Ora che si trovava sola sotto la luce cruda dei lampioni non si sentiva più la donna fatale che tutti conoscevano: Stormtop Lane riusciva a farla tornare una bambina che cercava di tornare a casa.
E di case ce n’erano in abbondanza. Pensava di essere entrata nella maggior parte degli appartamenti che la circondavano, da alcuni dei quali provenivano ancora luci o ronzii di elettrodomestici lasciati accesi durante il giorno (un pensiero al fondo della sua mente la incitava ad andare a spegnerli, prima di andarsene: tuttavia sapeva benissimo che non lo avrebbe fatto); ma ce n’erano soltanto due che avrebbe ricordato per sempre.
La verità era che non sapeva quale dei due avrebbe potuto darle l’illuminazione necessaria: quello dov’era nata (letteralmente, sull’unico letto allora presente, perché l’ospedale era troppo lontano e comunque le ambulanze non sarebbero mai arrivate in un posto del genere) o quello da cui era uscita e che continuava, in fondo in fondo, a chiamare casa. Alla fine scelse quest’ultimo, se non altro per la possibilità di trovarci oggetti concreti che potessero risvegliare i suoi ricordi.
Volò per arrivarci: era all’ultimo piano del palazzo nero, e la serranda della finestra sul retro era ancora rotta e le consentiva l’accesso come aveva fatto con la ragazzina distrutta di tanti anni prima. Lì non c’erano luci accese o oggetti dimenticati accesi: sua madre ( l’unica che potesse chiamare tale, a questo punto) non accettava soldi in regalo da nessuno e tentava di risparmiare più che poteva. Nemmeno Rouge accese nulla, e si mosse ad istinto, sfiorando i mobili che non erano mai stati spostati quasi con reverenza.
Solo nell’ultima stanza schiacciò l’interruttore della luce: era l’unico modo in cui avrebbe potuto vedere la sua camera, in fondo.
Se attraversare la strada l’aveva fatta sentire una bambina piccola, che correva ancora dietro ai più grandi per farsi notare un po’ di più, la stanza era rimasta il tempio della sua adolescenza. Le sembrava che non fosse passato un giorno da quando ci aveva dormito l’ultima volta. C’erano ancora, attaccati alle pareti, i poster di personaggi famosi che le ragazzine avevano ormai dimenticati, e il letto, benché rifatto di fresco, aveva le stesse lenzuola di allora. Quando finalmente riuscì a sconfiggere l’immobilità che la bloccava sulla soglia e a inginocchiarsi di fianco al letto, trovò al suo posto anche la scatola di fotografie sotto di esse.
Così, mentre molto lontano da lì Knuckles ricordava l’ultimo echidna che sarebbe potuto apparire, forse, anche se era morto davanti ai suoi occhi e lui non avrebbe voluto ricordarlo per nulla, Rouge aprì la scatola e trovò ricordi in abbondanza.
Di lei bambina ce n’erano molto poche, salvate dalla sua precedente sistemazione, ma dopo i dodici, tredici anni ce n’erano a bizzeffe. Il primo giorno di liceo, come gli adolescenti normali; gli autoscatti con le amiche, con macchine finite chissà dove; e poi Lucan, naturalmente. Lucan era ovunque.
Rouge le guardò tutte, dai sorrisi di mocciosi stupidi alle feste di carnevale (la mamma le aveva permesso di indossare un costume così scollato?), e quando arrivò all’ultima non si rese nemmeno conto di avere le lacrime agli occhi.
Quelle sì che erano state fatte con una macchina fotografica rubata, sottratta ad un turista finito nella strada sbagliata. Ne avevano approfittato per rispettare una tradizione di Stormtop Lane: le finte foto segnaletiche.
Anche i bambini, laggiù, conoscevano il proprio rischio concreto di finire in prigione: per esorcizzarlo, per ignorare un futuro a cui stavano andando incontro tutti, tracciavano righe per segnare l’altezza su un muro scrostato e provavano l’espressione che avrebbero assunto, nell’occasione giusta. Di fronte e di lato, come gli adulti: le ragazzine si fingevano seducenti oltre i propri anni, i maschi più  sbruffoni.
Lucan e Rouge non erano stati da meno. Lei aveva un sorriso ridicolo, che all’epoca doveva aver creduto ammaliante, ma Lucan aveva un mezzo sorriso che la giovane donna ricordava bene, e due occhi seri. Era più grande, lui: doveva aver già capito che ci sarebbe finito davvero, in prigione, e anche in fretta. Ogni giorno lo rischiava di più, e quell’estate…quell’estate, anche lei…
Un’idea formata a mezzo attraverso la sua mente e la fece scattare in piedi. Aveva dimenticato certi dettagli di ciò che era successo, e anche adesso che stavano tornando era difficile rimetterli insieme, ma ora che ci pensava, doveva ricordare con precisione. Poteva essere fondamentale. Con un aiuto esterno, forse…
Prima che l’idea le sfuggisse, prima che il peso dei ricordi potesse travolgerla e impedirle di fare il proprio lavoro, Rouge era già volata fuori, non senza aver spento la luce e aver nascosto di nuovo le fotografie sotto al letto, nella scatola spinta in un angolo. Ne aveva conservata solo una.
Con un po’ di fortuna, pensava mentre si dirigeva verso la prigione, le sarebbe servita per trovare il bandolo della matassa.
 
 
Non avrebbe attaccato di notte. Non se poteva evitarlo. La notte era fatta per osservare: tutti, volenti o nolenti, abbassavano la guardia, anche se addestrati a non farlo.
Tuttavia, anche se avrebbe potuto spiare chi desiderava, i suoi occhi non erano volti agli eroi al lavoro, o alla figlia che frugava nella casa della madre. Non degnava di un’occhiata nemmeno le persone che aveva strappato alle loro abitazioni, pur essendo la causa scatenante del loro stato attuale.
No. L’unico a cui dedicava le sue notti era il Guardiano. Lo osservava non visto, mentre manteneva la sua posizione pur pensando ad altro. Ammirava la sua devozione, non per la prima volta e non per l’ultima.
E anche se occhi estranei avrebbero considerato il suo uno sguardo folle, dietro di esso non c’era altro che affetto.

Guardate un po' chi è risorta dalla tomba! Chiedo immensa venia, ma io e il pc praticamente non ci siamo visti e il mio telefono presenta un odio intenso nei confronti di EFP. Il capitolo è anche più breve di quanto avrei voluto, perché sono scema l'ultima sezione che avevo intenzione di aggiungere sarebbe risultata troppo lunga e avrei dovuto farvi aspettare ancora di più, cosa che non vi meritate. Nè vi meritate l'assenza di risposte alle recensioni, a cui tenterò di porre rimedio mentre rispondo a quelle nuove (se ne arriveranno (((((: ).
Con buona pace di tutti e sperando di non metterci di nuovo un mese, addios!
Suze
   
 
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