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Autore: mononokehime    26/08/2017    3 recensioni
Elizabeth Thompson abita a Dover, a poche miglia dalle scogliere. La sua vita scorre tranquilla e senza pensieri, fino a che non viene coinvolta in un matrimonio di convenienza con uno degli scapoli più ricchi d'Inghilterra e si ritrova a vivere in una sfarzosa tenuta dello Staffordshire.
Nonostante i mille lussi che la circondano, si sente prigioniera di una vita che non è sua e desidera solo scappare... fino a quando non incontra un affascinante ragazzo dal passato avvolto nel mistero, che complicherà ancora di più la situazione.
***
DAL TESTO:
Infilai le mani nelle tasche della felpa, mentre camminavo lentamente godendomi quel raro momento di tranquillità lontano dall'opprimente sfarzo di Rangemore Hall. Proprio mentre stavo per tornare indietro notai una figura di spalle seduta su un muretto ai limiti del parco.
[...]
Rimanemmo a guardarci in silenzio per alcuni secondi, quando lui accennò un piccolo sorriso.
«Tu devi essere la famosa principessina di Tomlinson»
Storsi leggermente la bocca, contrariata.
«Non è esattamente il modo in cui mi definirei, ma suppongo che ormai tutta Rangemore Hall mi conosca come tale»
Il ragazzo ridacchiò divertito.
«In effetti non posso darti torto. Qui si parlava di te ancora prima che arrivassi»
Genere: Fluff, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Liam Payne, Louis Tomlinson, Niall Horan, Nuovo personaggio
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo
Capitoli:
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Purtroppo per me, il cielo che intravedevo attraverso la finestra la mattina successiva non era affatto quello della città nel sud dell’Inghilterra dove ero cresciuta.
Era ancora presto; nonostante la notte precedente mi fossi addormentata tardissimo, l’orologio appeso alla parete segnava appena le 6:30. Con uno sbadiglio mi alzai stiracchiandomi dal divano, mentre tutti i pensieri che mi avevano tormentata la sera prima tornavano a riversarmisi addosso come una secchiata di acqua fredda. Riflettei sul da farsi, ancora intontita; non avevo il coraggio di guardare in faccia Harry, questo era assodato, ma cosa fare?
Pensavo e ripensavo alle possibili soluzioni, mentre mi toglievo i vestiti del ragazzo per infilarmi di nuovo i miei. Piegai la t-shirt, i pantaloncini e la coperta disponendoli in una pila ordinata sopra il divano.
Avrei potuto lasciargli un biglietto in cui gli chiedevo scusa per averlo illuso e andarmene, tornando ad evitarlo in ogni modo possibile. Era da stronzi e da vigliacchi, lo sapevo perfettamente, ma vederlo e parlargli di persona mi avrebbe solo fatto ricadere nella cieca illusione della sera precedente e saremmo stati di nuovo punto e a capo.
Gemetti con un sospiro, ma prima di cambiare idea recuperai in fretta una penna ed un foglietto dal blocco che era appoggiato sopra al mobile della TV. Scrissi poche righe, disgustata dalla mia stessa codardia, quindi infilai in fretta il biglietto all’interno della t-shirt di Harry e mi diressi verso la porta d’ingresso.
Prima che potessi afferrare la maniglia sentii dei passi ovattati alle mie spalle. Serrai gli occhi e mi morsi il labbro inferiore trattenendo il respiro, quindi mi voltai con l’aria più casuale che riuscii a tirare fuori.
Con mio immenso sollievo, la figura che mi guardava con aria perplessa era quella di Phil, senza ciabatte sul pavimento di legno. L’uomo mi sorrise, senza però alterare la propria espressione dubbiosa.
«Buongiorno, Lizzie, te ne vai di già? Harry sta ancora dormendo, ma posso andare a svegliarlo…»
Scossi la testa e le mani in un gesto forse troppo teatrale ed affrettato, perché Phil sollevò le sopracciglia ancora più perplesso. Tentai di rimediare con un mezzo sorriso.
«No, grazie Phil. È ancora presto, e poi mi sono ricordata di avere degli impegni stamattina… mi dispiace, stavo andando via senza salutare nessuno ma non volevo svegliarvi» mi giustificai con una risatina nervosa, sperando con tutto il cuore che non si accorgesse del mio pietoso tentativo di trovare una scusa.
Phil sembrò comunque farsi bastare la mia spiegazione, perché il suo viso si distese.
«Beh, d’accordo allora. È stato bello averti qui, passa pure di nuovo quando vuoi. Sei sempre la benvenuta»
«Grazie di tutto, Phil. Ci vediamo presto» mentii a malincuore con un mezzo sorriso, distogliendo poi lo sguardo e voltandomi nuovamente verso la porta.
Quando uscii dalla dépendance l’aria fredda e umida mi si appiccicò in faccia, facendomi istintivamente rabbrividire. Il cielo era parecchio coperto, sicuramente sarebbe piovuto in mattinata. Richiusi la porta in massello prendendo un respiro profondo per farmi coraggio; era come lasciarsi alle spalle tutte le speranze e le illusioni che avevo accumulato nel corso di una singola notte.
Diedi un ultimo sguardo al cielo grigio, sentendolo quasi piacevolmente affine a me, e con un ultimo sospiro mi diressi a passo lento ma costante verso la villa.
 
***
 
Harry’s POV
 
Quando aprii gli occhi, quella mattina, il mio primo pensiero fu Lizzie. Un sorriso enorme si disegnò spontaneo sulle mie labbra al ricordo della notte appena trascorsa; in una scarica di adrenalina mi sollevai a sedere sul letto, sgranchendomi le braccia e la schiena.
Guardai verso il letto di Phil; il vecchio non c’era, come al solito. Si alzava sempre all’alba, amava bersi un caffè caldo nel silenzio della dépendance, appoggiato al piano di lavoro della cucina.
Ne avrà approfittato per preparare la colazione anche a lei.
Mi alzai di ottimo umore, facendo una sosta al bagno per lavarmi la faccia, quindi mi diressi verso il soggiorno. Appena arrivai mi fermai sulla soglia, confuso.
Phil era seduto al tavolo, senza la sua tazza di caffè. Non l’aveva neppure preparato, dal momento che non ne sentivo il profumo. Ed era… da solo.
«Dov’è Lizzie?» domandai perplesso. Poi notai la coperta ed i vestiti piegati sul divano.
Non se ne sarà mica…?
«Tornata alla villa, quasi mezz’ora fa ormai» rispose Phil con voce piatta, guardandomi negli occhi come se fosse lui a cercare una spiegazione da me e non viceversa.
Scossi la testa, incredulo, credendo di non aver capito bene.
«Come sarebbe a dire “tornata alla villa”?» chiesi con una punta di esasperazione. Phil tornò a guardare un punto indefinito davanti a sé.
«Credo che tu abbia sicuramente più strumenti di me per capire cosa sia successo, ragazzo. Mi sbaglio?»
Premetti le labbra tra loro, scottato dalle parole inaspettatamente taglienti di Phil. Era vero, a lui non avevo mai detto nulla riguardo ciò che provavo per Lizzie, ma a quel punto doveva aver sospettato qualcosa.
Perché Lizzie se n’era andata? Sembrava che fossimo finalmente riusciti a trovarci, quella notte; ricordavo il suo sorriso, era felice. Sospirai, abbassando la testa ed allargando le braccia.
«Forse questo potrà fare almeno un po’ di luce sui tuoi dubbi» disse Phil atono mentre mi porgeva un foglietto, continuando a non guardarmi negli occhi.
Aggrottai le sopracciglia e afferrai il biglietto, con un leggero tremore alle mani. Le poche parole che vi erano scritte mi fecero crollare il pavimento sotto i piedi.
 
Perdonami, Harry. So che è vigliacco da parte mia scriverti queste parole, ma ci ho riflettuto ed è meglio per tutti se dimentichiamo quello che è successo stanotte. Ti prego di capire quanto sia difficile per me questa decisione.
Spero che potrai perdonarmi.
Liz
 
Rilessi il breve testo così tante volte che quasi consumai la carta con lo sguardo. Accartocciai il foglietto nella mano e mi lasciai andare all’indietro contro lo stipite della porta, serrando gli occhi e sfregandoli con le dita. Phil non disse nulla, ed in silenzio si alzò dalla sedia per iniziare a preparare il caffè.
Scivolai lentamente verso il pavimento fino a sedermici, il foglietto sempre stretto nel pugno chiuso. Non potevo credere a quello che avevo appena letto, nonostante una fastidiosa vocina nella mia testa continuasse a ripetermi che non avrei potuto aspettarmi nulla di diverso. Certo, quella notte mi ero riempito la bocca con la promessa che l’avrei tirata fuori da quel casino, ma cos’avevo in mano per poterle dare qualche sicurezza concreta?
Assolutamente nulla, ecco cosa. Erano tutte cazzate e tu sei solo uno stronzo egoista. Volevi soltanto legarla a te, fare la parte del supereroe, marcare il territorio. Ma la verità è che non puoi fare niente di niente, e lo sa benissimo anche lei.
Non potevo biasimarla per il suo comportamento, era la parte più amara da accettare. Non ero riuscito a fare nulla per lei, anzi; l’avevo messa in una situazione ancora più delicata e scomoda di quanto già non fosse e alla fine ne era dovuta uscire da sola, nel modo più difficile e doloroso. Avrei voluto picchiarmi da solo, ma non avrei comunque risolto nulla.
Riaprii gli occhi quando sentii profumo di caffè proprio sotto al mio naso. Phil mi stava porgendo una tazza fumante, e anche se non sorrideva la sua espressione era gentile.
Accettai il caffè con un cenno del capo, quindi mi alzai dal pavimento dirigendomi verso il tavolo a cui mi sedetti insieme a Phil. Entrambi iniziammo a sorseggiare la bevanda bollente, ascoltando la pioggia fitta ma leggera che nel frattempo aveva cominciato a cadere.
Dopo un lungo silenzio il vecchio parlò.
«Ho trovato il biglietto nella tua maglietta. Volevo mettere a posto i tuoi vestiti e quando li ho presi in mano ho sentito un rumore di carta che si stropicciava, così l’ho tirato fuori e l’ho letto. Immagino che se avesse voluto che lo vedessi anche io l’avrebbe semplicemente lasciato sul tavolo, quindi ti chiedo scusa per aver ficcato il naso dove non dovevo»
Scossi leggermente la testa, mentre passavo ripetutamente il pollice sul bordo della tazza.
«No, non ti preoccupare. Avrei dovuto dirtelo in ogni caso»
Phil non rispose subito, prendendo invece un altro piccolo sorso di caffè.
«Ti va di spiegarmi com’è andata?» chiese infine, guardandomi negli occhi.
Presi un sospiro, cercando di rimettere insieme i pezzi di quelle settimane, quindi iniziai a raccontare.
«Lizzie mi è sempre piaciuta, immagino, anche prima che me ne rendessi conto. Insomma, l’hai vista… è simpatica, vivace, bellissima, vera. È stato assolutamente naturale entrare in sintonia con lei, voler farla ridere e consolarla quando era triste. Sapevo che non potevo andare oltre, visto che stava con Tomlinson, ma a me in un certo senso andava bene così. Mi bastava vederla felice»
Mi passai una mano sulle labbra, senza sapere dove posare lo sguardo. Non volevo che Phil vedesse quanto stessi male nel parlare di quelle cose.
«Poi ad un certo punto è sparita. Non passava più a trovarmi, non la vedevo più passeggiare nel parco. L’unica volta che sono riuscita a vederla, dopo quasi due settimane, è scappata appena mi sono accorto che era lì. Era come se mi stesse evitando, e non riuscivo a capire il perché»
Mi lasciai andare ad una mezza risata amara.
«Ieri pomeriggio avevo appena finito di sistemare quell’innaffiatoio automatico del parco che si era bloccato, quando mi è praticamente atterrata addosso. Piangeva e stava correndo senza guardare dove andava; voleva scappare via di nuovo ma sono riuscito a passare un po’ di tempo con lei e tranquillizzarla. Mi ha detto… che quello stronzo di Tomlinson ha tentato di violentarla»
Phil mi guardò con l’espressione più sorpresa che gli avessi visto in diverso tempo. Ingoiai il disgusto che provavo ogni volta che pensavo a quella vicenda e mi costrinsi a continuare.
«Inutile dire che non avrei potuto farla tornare alla villa ieri sera. L’ho portata qui, ero riuscito a farle quasi dimenticare quello che era successo… Quello che non avevo previsto era quello che mi ha detto stanotte; che i suoi genitori avevano combinato un matrimonio tra lei e Tomlinson, in modo da poter salvare l’azienda di famiglia. E poi… mi ha detto di provare qualcosa per me»
Improvvisamente mi piovvero davanti agli occhi immagini di Lizzie mentre parlava osservando il buio davanti a sé, il suo modo di portare le ginocchia al petto ed appoggiarvi il mento, le sue mani che non riuscivano a stare ferme.
«Cos’avrei potuto fare? Non sono riuscito a trattenermi dal dirle che per me era lo stesso. Ci… ci siamo baciati. Le ho fatto promesse che non avrei potuto mantenere. Ero completamente accecato dalla felicità di aver scoperto come si sentiva nei miei confronti. Sono stato un coglione irresponsabile, e l’ho fatta soffrire ancora di più»
Phil rifletté qualche minuto sulle mie parole, in silenzio, rigirandosi di tanto in tanto la tazza ormai vuota tra le mani. La pioggia grigia continuava a cadere noiosa, tracciando sentieri zoppicanti sul vetro delle finestre, e le foglie degli alberi si piegavano sotto il peso dell’acqua.
«Sarò franco, ragazzo, voi due vi siete cacciati in un bel pasticcio» sentenziò infine Phil con aria grave. «Sarà difficile per entrambi superare questa situazione. Tuttavia non si può dare la colpa a nessuno, suppongo; non avete deciso voi di provare questi sentimenti l’uno per l’altra»
Sospirai, sempre più scoraggiato, ma lo lasciai proseguire.
«Vorrei dirti che per voi c’è una possibilità, ma purtroppo non posso farlo. Da quel che ho capito Lizzie non è del tutto libera di scegliere di non sposare il signorino Tomlinson, perciò forse la cosa migliore è che cerchiate di dimenticare i sentimenti che vi legano»
Gemetti, nascondendomi il viso tra le mani. Cosa mi aspettavo? Che Phil tirasse fuori qualche soluzione geniale a cui né io né Lizzie avevamo pensato?
Tornai a guardarlo stringendo i pugni.
«Tomlinson le ha messo le mani addosso, Cristo santo! Come posso starmene qui con le mani in mano senza fare nulla, mentre lui probabilmente lo rifarà ancora e ancora?»
«Quelli come noi non valgono niente qui, Harry!» replicò lui esasperato. «Dobbiamo fare il nostro dovere a testa bassa senza protestare, o ci sbattono fuori tutti e due, mi hai capito?»
«Non mi interessa di venire sbattuto fuori, ma non permetterò che quello stronzo alzi ancora un dito su di lei!» sbottai. «Non esiste che io me ne stia a guardare, piuttosto mi faccio arrestare»
«Non dire cretinate, ragazzo! A che servirebbe se tu ti facessi buttare fuori?» tuonò Phil, battendo con violenza le mani sul tavolo. «Faresti solo il suo gioco, per Dio, riflettici un secondo. Lui potrebbe continuare indisturbato a rendere la vita di Lizzie un inferno, e lei non avrebbe più nessuno accanto a lei. Resterebbe da sola»
Quelle parole mi colpirono come un pugno allo stomaco. Non avevo considerato questo aspetto, ma il vecchio aveva perfettamente ragione. Ero l’unica persona a Rangemore Hall che poteva starle vicino. Non potevo nemmeno combattere per aiutarla, ribellarmi ai Tomlinson, uscire dall’ombra per potermi schierare apertamente con lei; l’avrei solo esposta ancora di più. Non potevo fare niente di niente.
«Cosa devo fare?» chiesi in un sussurro, guardando implorante Phil. Lui sospirò, passandosi una mano sul mento liscio.
«Niente, Harry, è questo il punto. Devi restarle accanto, ma per poterlo fare non ti puoi permettere di fare stupidaggini. Ha bisogno di te, ora più che mai»
Avrei dovuto lasciare che sposasse Louis? Starmene buono e vederla soffrire, gettando alle ortiche giorno dopo giorno la sua vita?
Il vecchio ha ragione, non c’è nient’altro che tu possa fare. È l’unico modo per aiutarla.
Presi un respiro profondo, a testa bassa, quindi annuii debolmente. Phil addolcì lo sguardo, posandomi una mano sulla spalla e stringendo leggermente.
«Coraggio ragazzo, andrà tutto bene» disse piano, probabilmente senza nemmeno crederci più di tanto. Gli rivolsi comunque un piccolo sorriso, come a ringraziarlo in silenzio per avermi ascoltato ed aiutato. Sarebbe stata una lunga giornata; la pioggia ci impediva di lavorare in giardino e gli attrezzi non avevano bisogno di manutenzione, perciò non avrei avuto nulla da fare per tenere occupata la mente ed evitare di pensare a lei.
Emisi un piccolo sbuffo rassegnato e mi alzai in piedi. Decisi di uscire comunque e fare una passeggiata nel parco sotto la pioggia, come facevo ogni tanto quando volevo distrarmi da qualche pensiero scomodo. Aprii la porta e uscii all’esterno, venendo subito investito da una miriade di goccioline fredde che mi provocarono un brivido lungo la schiena.
Non vi badai, iniziando a camminare a passo tranquillo godendomi la sensazione dell’acqua fresca contro la pelle delle braccia lasciata scoperta dalle maniche corte della t-shirt. I capelli non tardarono ad attaccarsi al mio viso in ciocche fradicie che non tentai nemmeno di spostare, la maglietta ormai inzuppata aderiva perfettamente al mio corpo.
Alzai il viso, socchiudendo gli occhi per non farvi entrare le gocce di pioggia, fingendo che quelle che mi scorrevano sul viso fossero le lacrime che tanto odiavo far uscire. Avevo pianto pochissime volte nella mia vita, detestavo il senso di impotenza che mi schiacciava mentre piangevo. Preferivo sempre soffrire in silenzio e lasciare che il dolore facesse il suo corso spontaneamente.
Tuttavia in quel momento desiderai piangere; prendendo in prestito l’acqua del cielo sfogai tutta la rabbia e la frustrazione che non sapevo come far uscire, illudendomi di essermi liberato, almeno in parte, della cappa di inesorabile solitudine che mi avvolgeva il petto. 



Spazio autrice
Salve a tutti! Come promesso, ecco qui il capitolo di compleanno :D
Spero che non mi odierete ahah
Lizzie si trova di fronte al solito doloroso bivio, e purtroppo è una ragazza troppo razionale per mettersi le proverbiali fette di prosciutto davanti agli occhi ed ignorare le conseguenze delle proprie azioni. In cuor suo sa che, nonostante il metodo scelto non sia decisamente dei meno vigliacchi, doveva troncare il suo rapporto con Harry sul nascere per salvaguardare entrambi - oltre che la propria famiglia, che ama molto.
Per la prima volta, poi, abbiamo la storia raccontata dal punto di vista di Harry. Il ragazzo si rende conto di avere le mani legate e Phil gli raccomanda di tenere un profilo basso, in modo da poter stare accanto come può alla nostra protagonista.
Come si svilupperanno le cose? Aspetto i vostri commenti e le vostre opinioni <3
Noi ci rivediamo come sempre mercoledì prossimo :*
Un grazie immenso a
ArtAttack69 per aver messo High Society tra le storie preferite <3

Un abbraccio,
mononokehime
   
 
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