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Autore: tixit    27/08/2017    6 recensioni
Una ragazzina torna a casa e cerca di adeguarsi alla vita in famiglia.
Breve storia minore su personaggi minori che non è diventata originale.
Genere: Commedia, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Sorelle Jarjeyes, Victor Clemente Girodelle
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Sigyn la rossa'
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Si cerca di farsene una ragione

La prima cosa difficile da accettare quando la tua vita si ferma è che quella degli altri prosegue.
La seconda è che sono tutti decisi a farti arrancare appresso a loro.

Sigyn se ne scivolò dentro la cappella di famiglia, cercando frescura e soprattutto silenzio in un posto dove tutti gli occupanti avevano smesso da tempo di avere fretta e, soprattutto, opinioni.

Sua sorella Joséphine aveva passato al setaccio i suoi bagagli, stringendo le labbra prima davanti ai vestiti troppo alla moda e poi a quelli troppo poco alla moda, per non parlare dello sguardo di assoluta ripugnanza dinanzi a quelli del tipo che Oscar indossava da sempre.
Lei li usava - su suggerimento del Nonno, eh! - per passeggiare sull’estran, o uscire in mare a vela o a remi. Lo faceva anche la Nonna, del resto, quando era ragazza e anche dopo sposata.

“Non si può guidare una barca con un panier,” le aveva spiegato ad un certo punto, cercando di essere paziente “hai idea di cosa succederebbe in acqua?”
Prima le gonne si sarebbero sollevate intorno alle sue braccia, coprendole il viso e poi, zuppe, l’avrebbero tirata giù, mentre le bolle d’aria sarebbero salite portandosi via il respiro.
E con quello tutti i pensieri.
 
“Non ci sono barche a Versailles.”

Sigyn convenne silenziosamente - Versailles difettava di barche.
In compenso abbondava di sorelle.

L’altra, quella che si credeva un uomo per fare contento suo padre, l’aveva trascinata davanti al precettore - un altro maestro nell’arte di stringere le labbra.

Memore dell’esperienza estenuante con Joséphine, aveva provveduto a nascondere per benino i suoi libri. 
In seguito avrebbe scambiato con calma le loro copertine con quelle dei libri di preghiere di una vecchia Contessa Jarjayes che stavano in alto, in uno scaffale della biblioteca - tanto non li leggeva nessuno. In fondo, come diceva il proverbio? Occhio non vede, cuore non duole, e se le toglievano pure i suoi romanzi d’amore, che le rimaneva?

Non c’era purtroppo nessuna copertina in cui avvolgere se stessa e sparire facendoli tutti contenti: niente aveva potuto salvarla da un interrogatorio serrato sui suoi studi - non aveva tradotto Virgilio e questo a quanto pare era il male. Lo spagnolo invece non interessava nessuno e nemmeno l’italiano.

Erano seguiti discorsi non tanto generici su come un giovane non strettamente supervisionato da un adulto fosse incline solo all’ozio ed al vizio e su come sarebbe stato opportuno che i contatti con il mondo esterno fossero quanto più possibile limitati. 
Questo perché il mondo pullulava di cose inappropriate - per fortuna che c’era Palazzo Jarjayes, la Rocca della Moralità, ad ergersi contro questo mare di peccato, che a quanto pare se la rivaleggiava con i compianti vicini di casa di Noè, degni solo di un diluvio.
 
Sigyn sospirò. Da quando Mère se ne era andata il livello di rigore morale a Palazzo si era decisamente elevato, non le pareva però che il Generale avesse questo gran piacere a tornare alla Rocca della Moralità - per lo più se ne stava con i suoi uomini a fare cose da guerriero.

Per il resto, di quanto detto dal precettore ricordava poco: le sembrava di essere stata in una specie di sogno e di essersi osservata dal di fuori, e siccome lo spettacolo non le era parso poi così interessante s’era distratta e così s’era persa gran parte dei ragionamenti.
L’unica cosa che le pareva di aver capito era che sarebbero stati inoltrati dei rapporti al Generale, concernenti virtù, buona educazione, umiltà ed onore, assieme ad un elenco di tutti i vizi inappropriati che il Precettore avrebbe tentato di estirpare.

Sigyn arricciò il nasino osservando le lapidi dei suoi antenati - quel rapporto sarebbe finito come la lettera del Nonno: gettato in qualche cassetto, perché tanto il Generale già sapeva tutto quello che c’era da sapere. Una ragazza a cui si ritiene vada estirpato qualcosa che non sia un dente di solito è vanitosa, civetta, pigra, pettegola, troppo curiosa, troppo poco obbediente, decisamente poco raffinata e sicuramente le avrebbe detto che il succo si riduceva ad un unico interrogativo: poterla far sposare da qualcuno oppure no.  Il resto eran dettagli.
Nel primo caso sperò che avrebbero preso in considerazione un gentiluomo non eccessivamente colto, magari un po’ scemo come lei, e a cui piacesse parecchio lavarsi.

Poi ci si era aggiunta pure Nonnina, che dopo aver messo in chiaro in modo inequivocabile che Oscar era una bambina speciale, non come lei che era invece solo normale, era partita a sbatacchiare quel suo mestolo sul ripiano di marmo di uno dei tavoli della cucina, tempestandola di domande di ogni tipo, comprese cose sul suo intestino che le sembrava impensabile dover condividere con qualcuno.

Quando anche André le si era avvicinato per parlarle, era scappata via - va bene tutto, ma c’era un limite.

Scese la scala a zampa di papera che portava alla cripta inferiore.

Erano quattro giorni che la trascinavano a forza, recalcitrante, tra sveglia alle cinque, abluzioni con l’acqua gelida, Messe, lezioni, bacchettate, preghiere, prediche, interrogazioni incalzanti, incontri con Joséphine per pianificare il suo guardaroba dalle ceneri di quello delle sorelle - indegna insomma, perfino della visita ad una modista - e poi di nuovo Nonnina per prediche che lei pensava bonarie e dove le portava ad esempio Oscar, il che andava benissimo perché lei lo sapeva da sempre che Oscar era la preferita a Palazzo Jarjayes, assieme a Joséphine, così come lei era la preferita in Normandia, motivo per cui non era mai stata gelosa, solo che ora cominciava a non poterne più.

Finalmente un po’ di pace, pensò. Le sfuggì l’ironia che era andata a cercarsela nel luogo della pace eterna.

Lì c'era la tomba del fratellino, il più preferito di tutti, l’unico maschio dei Jarjayes, che era nato prematuro ed era vissuto solo per alcuni giorni. La raggiunse e sfiorò con la punta delle dita il marmo bianco: c’era un angelo accasciato in lacrime, solo il busto e parte delle ali spuntavano, la mano era abbandonata, e intorno tanti fiori. Mère non ne parlava mai, ma una volta aveva detto che il fratellino era stato un bocciolo così bello che gli angeli se lo erano preso per farlo fiorire altrove - segno che la Rocca della Moralità non era stata considerata abbastanza degna da un angelo di passaggio nemmeno per un bambino così tanto amato.
Forse il rigore era per quello? Perché non succedesse più?

Lì avrebbe dovuto esserci la sua.
La storia che le aveva raccontato lo zio Jean-Claude era che lei era nata troppo presto e troppo piccola, la quinta femmina, e così era stata battezzata in casa proprio da lui, che era un prete, nonché gesuita, nonché missionario appena rientrato, e che aveva aiutato sua mamma a farla nascere, perché i missionari devono occuparsi sia di faccende dell’anima sia di faccende del corpo.
I nomi li aveva scelti là per là, ma Mère era stata d’accordo ed era per quello che le era toccato in sorte il nome Sigyn, la dea della lealtà, perché Mère era appassionata di mitologia norrena e perché mentre aspettavano che lei nascesse, Mère aveva voluto sentirsi raccontare ancora una volta la storia di Balder e di Loki e del ramo di vischio.
Comunque quello che lei sapeva era che lo zio Jean-Claude ad un certo punto quella sera l’aveva acquistata - quella sera c’era pure Monsieur Henri, il padre di Cassandra, e di Clément e di Alo e Maxence - con quella moneta che poi le era stata regalata e che lei portava sempre al collo o al polso perché le ricordava tanto la casa in Normandia e perché le sembrava un pochino il simbolo della sua libertà.

Sospirò. Lì in effetti c’era la sua tomba - gliela avevano preparata, una molto semplice, per via della fretta, ma poi li aveva sorpresi tutti non morendo. Erano perfino riusciti a fare il fratellino e a vederlo morire, nato troppo in fretta, proprio come lei, solo che lui non ce l'aveva fatta.
Quando l’aveva scoperta - tutto per colpa del vecchio giardiniere - aveva scritto allo zio Jean-Claude perché a quel punto scendere nella cripta la terrorizzava e così Oscar quando giocavano a nascondino andava sempre a nascondersi lì. Lui le aveva risposto con una lettera divertentissima in cui alla fine le diceva che lei aveva un suo personalissimo memento mori - non era mica da tutti! - e che comunque era solo questione di tempo: prima o poi sarebbe successo, capita a tutti in fondo, no? L’importante era di cosa l’avesse riempita, quella vita.

Si chiese per l’ennesima volta se era quello il suo diritto di nascita a cui aveva accennato il Generale, quello per cui non era colpa sua. O se intendeva una cosa molto più semplice, che avrebbe dovuto essere educata come le altre femmine, in un convento, lontana da tutti, e non in casa come Mère aveva desiderato. Come aveva lasciato fare allo zio Jean-Claude ed al Nonno 

Poi si sedette su un gradino di marmo di un cenotafio e si riposò contro il marmo piacevolmente freddo. Senza accorgersene si addormentò.



Quando si svegliò fuori era buio. 

Se ne accorse solo quando uscì dalla cappella e rabbrividì: aveva saltato la sessione di studio autonomo da fare sotto gli occhi del precettore, e, soprattutto, la cena, presieduta da Joséphine, anche se Oscar aveva il privilegio di sedere al posto del Generale.

Scommise dentro di sé che a passare per la cucina in cerca di cibo ci avrebbe trovato Margot-Pur-Beurre di sentinella e si rassegnò - non era la prima cena che saltava e non aveva fame. Sempre meglio che incrociare lo sguardo trionfante di quell’Anima Nera del Generale e di Joséphine, che, siccome aveva capito che tutte loro, le femmine, non contavano proprio un bel nulla, pensava di contare più di loro - come no?

Non aveva previsto che Joséphine era comunque figlia del Generale.
L’aveva sottovalutata perché sua sorella aveva studiato in convento, il che era come dire che non aveva studiato affatto perché sapeva meno di quello che sapeva lei, anche se, nel caso di Joséphine, nessuno si era mai preso la briga di farglielo notare, mentre nel suo, adesso, c’era pure questa bella novità dei rapporti settimanali.

Ma Joséphine era la figlia del Generale, l’unica femmina, a quanto pare, che gli desse una certa soddisfazione, e quindi, per questioni di sangue, una stratega, maestra degli assedi. E di altre cose che una vera signora non dice.

Joséphine, perciò, la stava aspettando seduta fuori dalla sua stanza su una sedia à-la-Reine tappezzata di damasco rosso sangue, piazzata lì proprio per l’occasione - molto teatrale ed anche molto adeguato. Molto da Giudizio Universale
 


Più tardi, mentre si passava  dell’unguento sui polpacci solcati da strisce rosse, pensò ad Amleto - si lamentava un po’ troppo quel Danese, mentre aveva avuto l‘indubbia fortuna di essere figlio unico. E soprattutto di non avere avuto tra i piedi nessuna Margot, perché alla fine, il lavoro sporco l’aveva fatto lei, l’anima nera del Generale e di Joséphine.
E, ci scommetteva, ci aveva pure preso gusto.

D'impulso prese il suo scrittoio portatile e aprì la boccetta dell'inchiostro.


Caro Nonno,

come stai? Io bene. 

Questo non era vero, ma non poteva scrivere delle frustate perché poi sembrava che lei si stesse comportando davvero male. 

Mi dispiace per i gatti, ma la loro casa è in Normandia e so che non sarebbero stati felici se me li fossi portati qui a Versailles. Spero che ve ne occupiate. A Monsieur Jambe-de-Bois piacciono molto le olive sott’olio, per esempio, sarebbe carino se ogni due settimane gliene lasciaste mangiare una.

Questo era vero.

Catticus, invece, adora la panna.
Ovviamente tutto questo se avete del tempo libero.

Io ho tante cose da fare durante il giorno. 

Anche questo era vero.

Non sono riuscita ad occuparmi del pentametro giambico e nemmeno di comprare il servizio per la cioccolata, cosa che mi spiace molto, anche se forse è meglio così.

E se Joséphine avesse avuto ragione? E se Clément adesso la trovava noiosa? o troppo ignorante?
Quanto ad Alo… a teatro ci andava con sua sorella e questo la diceva lunga.
Forse doveva arrendersi all’idea di essere proprio come le diceva Joséphine?

Ce la sto mettendo tutta.
A farmi piacere tutta questa storia, ma questo non lo poteva dire.
 
Mère è a Versailles

e Joséphine non mi ha ancora dato il permesso di andare a trovarla perché secondo lei disturberei, ma questo non si può dire. 

Père è in giro a preoccuparsi per la Corsica.
Oh finalmente una cosa che si può dire come è!

Horthense, come sai, è giro per l’Europa con la Zia, Vostra figlia Maggiore. L’uomo che la deve sposare ha scelto così perché conoscesse un po’ il mondo prima di diventare una moglie.
Le sue lettere arrivano sempre, ma la posta è lenta e spesso finisce che le leggo nell’ordine sbagliato.

Mi manca molto e non solo lei.
Joséphine invece non mi manca affatto! ma questo non si poteva dire…

Joséphine ed Oscar stanno bene. E sta bene anche André.
Joséphine passa buona parte del tempo a tentare di affilare il suo sarcasmo. Per adesso è solo passabilmente brutale.
Con Oscar stiamo traducendo Virgilio, che a me mette molta tristezza perché parla sempre di amore non corrisposto che travolge uomini (ed animali) portando distruzione e morte. A lei e ad André piace. Ma per loro è facile.

Io invece mi sento tanto sola, ma questo non lo poteva dire.

Mi piace tanto l’algebra perché esprime il rapporto tra le cose in modo generale e perché c’è sempre da trovare il valore di una incognita. Invece di sigillarla e sbatterla in un cassetto dimenticandosene, come succede con le incognite della vita reale.

Sigyn guardò quello che avea scritto con orrore, incerta se cancellarlo o meno. Poi si guardò le gambe che ancora le facevano male e decise che loro non erano stati delicati con lei, avevano tenuto una tomba pronta per anni senza nemmeno chiedersi se a lei facesse piacere! D'accordo che avevano proibito ai bambini di scendere nella cripta inferiore, ma che gente! ma che mondo era se il giardiniere, padre del capo-giardiniere, sapeva i fatti suoi meglio di lei? E poi doveva essere frustata da Margot? E perché? E allora lei aveva tutto il diritto di essere indelicata a sua volta!


Fammi tornare a casa, ti prego. Nessuno ha aperto la tua lettera e nessuno sa cosa ci faccio qui, sembra quasi una domanda teologica. Io non te lo chiedo più, promesso, ma ti giuro che potrei farmi così piccola che nemmeno ti accorgeresti che ci sono.

Concluse con i soliti convenevoli, asciugò in fretta l’inchiostro, ripiegò il foglio con gesti precisi e lo sigillò con la ceralacca. Poi mise via tutto con cura.

Rimase pensosa per un pochino, poi scese dal letto e a piedi nudi zampettò fino alla camera di sua sorella.

"Oscar? Stai dormendo? Hai cinque minuti per parlare?"

   
 
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