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Autore: Cathy Callen    28/08/2017    1 recensioni
Capii subito che era la persona giusta, dal suo sguardo.
Capii subito che era Lui, dal suo abbraccio.
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alice Cullen, Edward Cullen, Isabella Swan | Coppie: Alice/Jasper, Bella/Edward, Carlisle/Esme, Charlie/Renèe, Emmett/Rosalie
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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Pov Edward
 
Erano passate due settimane dal mio rientro, i primi giorni li avevo passati a casa dei miei mentre terminavamo il trasloco nel mio nuovo appartamento.
 
Ricordo benissimo il giorno del mio rientro; scendemmo dall’aereo insieme, Emm e Rose camminavano stringendosi la mano davanti a me, nascondendomi involontariamente, il comitato d’accoglienza era composto unicamente da mia madre e mio padre ma non avrei potuto chiedere di meglio.
La prima a stringermi fu mia madre, mi abbracciò come solo una madre sa fare, piangendo commossa e ridendo della battuta di Emm: “Miei cari genitori, vi ho riportato il figlio sciagurato”.
Per la prima volta vidi mio padre con gli occhi lucidi, mi abbracciò e mi sussurrò: “Ben tornato a casa figliolo”.
Quando gli ero mancato? 
Quanto erano mancati loro a me.
Tanto.
Il viaggio verso casa fu tranquillo, parlammo del volo, di New York e del trasloco, una chiacchierata tranquilla senza argomenti spinosi o difficili come il motivo del mio ritorno, sapevo che avrei dovuto affrontare quel discorso, non era quello, però, il momento.
Mamma cucinò tutti i piatti preferiti miei e di Emm, restammo a tavola fino a tardi nonostante la stanchezza, la voglia di stare insieme tutti riuniti e respirare quel profumo di famiglia, di casa, che tanto mi era mancato nelle mie serate solitarie a New York, era maggiore.
 
A quindici giorni da quella serata, stavo per entrare nel mio nuovo appartamento, avrei certamente potuto continuare a vivere con i miei un altro po’ ma fino a quando? Non avevo immediati progetti futuri, quindi affittai in centro un appartamento appena restaurato, che secondo il parere di mia madre, la famosa arredatrice d’interni Esme Cullen, era: “Ottimo per un uomo giovane, single e in carriera, comprende: una grande sala con un divano nero e spazioso, la tv, un’ampia vetrata, una tavola in noce, un’essenziale libreria, una camera con un bel letto matrimoniale, uno studio, il bagno, dove potersi rilassare nella grande vasca e la cucina moderna e attrezzata, con un’isola dove poter consumare pasti veloci e frugali. Gli arredamenti sono moderni, le linee pulite, i colori neutri, anche se in contrasto. È semplicemente perfetto per te, Edward”.
Le parole entusiaste di mia madre continuavo a sentirle in testa mentre sistemavo le scatole in sala certo, aveva ragione, la casa era strepitosa; non capivo però cosa servisse snocciolare tutte le qualità di quelle quattro mura a me, suo figlio, bah probabilmente aveva ragione Rose quando mi disse che mia madre era solamente entusiasta del mio ritorno e voleva rendersi utile cercando la casa perfetta per me.
Andando al bagno mi accorsi delle condizioni della camera da letto, disastrose, scatoloni ovunque anche sopra il letto, e io non avevo intenzione di dormire sul divano quindi decisi che la sala poteva attendere avrei sistemato la camera almeno avrei dormito su un letto comodo.
 
Lo scatolone che aprii però fece cambiare, nuovamente, i miei piani.
Era il famoso scatolone che mi bloccò anche durante i preparativi della partenza, quello che contiene il mio passato.
Non ero più a new York lontano da quella che era stata la mia vita. Ero deciso a ricominciare da zero e il modo migliore era chiudere tutti i conti con il passato, ero tornato e dovevo riprendere in mano la mia vita e forse trovare il coraggio di rileggere quel foglio di quaderno mi avrebbe aiutato.
M’immersi nella lettura di quelle righe da me scritte anni fa, sapendo che l’avrei portata sempre nel cuore, ovunque lei fosse.
 
 
 
Uscii poche ore dopo, deciso a fare una spesa decente e riempire un po’ la cucina; me la cavavo a cucinare, uno degli obblighi prima di andare a vivere a New York, secondo mamma Esme, fu quello di imparare a cucinare.
Scesi di casa e presi la macchina, deciso a fermarmi al supermercato poco lontano, parcheggiai e corsi verso l’entrata sotto una pioggia battente.
Le porte automatiche si aprirono nello stesso istante in cui mi piombò addosso una ragazza: “Scusami!” le chiesi senza guardarla davvero.
“Oh no scusami tu non ti ho visto con questo cappuccio! Scusa ancora, ciao!”
Girai la testa verso di lei ed effettivamente anche se avessi voluto non avrei visto molto infagottata in quella specie di impermeabile di sicuro di due taglie più grandi della sua forse anche tre, dal colore non definibile.
La vidi correre dentro e fermarsi solo dopo aver preso un carrello, calarsi il cappuccio sulle spalle e procedere spedita verso gli scaffali.
Presi il mio carrello, ma non ero concentrato sulla spesa, quanto più sulla ragazza e il problema è che non ne conoscevo il motivo.
Riuscivo a scorgerla tra le corsie, lunghi capelli castani ormai fradici sembrano leggermente mossi, credo abbia un fisico minuto ma quell’impermeabile, che, a quanto pare, sembra non fare il suo dovere, lo nasconde.
Osservai lei e come si muovesse spedita, sembrava conoscere bene questo posto.
Presi quello che mi serviva e una volta alla cassa la vidi pagare e uscire.
Velocemente mi diressi fuori dal market sperando di riuscire a vederla ancora, quella volta la fortuna fu dalla mia parte, cercava di caricare circa una decina di borse più grandi di lei nella sua macchina un vecchio modello ormai forse da rottamare.
Il mio corpo agì scollegato dalla mente mi diressi verso di lei:
“Scusami, vuoi un aiuto?”
Si girò titubante, come darle torto, un parcheggio di supermercato, di sera, una giornata piovosa e invernale, mi chiedo come non si sia presa uno spavento alla mia domanda.
“Sono il tizio a cui sei piombata addosso prima all’entrata!”
“Oh!”
“Allora, posso aiutarti?”
“Ok grazie!”
Mi avvicinai e lei si spostò, in quel momento la luce del lampione la colpì in pieno viso, facendomi finalmente vedere i tratti di quel volto di nuovo infossato nel cappuccio.
Occhi castani, screziati di dorato, viso sottile, pelle bianca e le gote leggermente rosate, per il freddo o per l’imbarazzo non seppi dirlo, un ciuffo ribelle le cadeva davanti all’occhio destro.
Era bellissima.
Mi incantai qualche secondo a guardarla, prima di prendere una borsa e caricarla nel bagagliaio, andando lentamente, certo ci bagnavamo ma ero deciso a passare più tempo possibile con lei.


Pov Bella



10.10.2004
 
Caro diario,
ormai l’ultimo anno di liceo è iniziato da un pezzo, ma con Edward le cose sono sempre strane.
Ho passato l’estate a dimenticare Ryan e ci sono riuscita, sono felice se lui è felice.
Da quando è ricominciata la scuola però mi sento strana; il primo giorno non vedevo l’ora di entrare perché volevo vedere Ed, mi era mancato molto.
So che aveva una ragazza durante le vacanze ma non mi ha parlato di nulla, non ha detto niente di lei, non frequenta la nostra stessa scuola.
Oggi ci siamo visti durante la pausa e come sempre è venuto a sedersi vicino a me abbiamo parlato, mi ha abbracciata più del solito.
Un suo compagno di squadra gli ha detto: “Ehi Ed, se ti vede la tua ragazza, sono guai!” lui ha grugnito una risposta che non sono riuscita ad interpretare tanto meno a tradurre.
La curiosità o la gelosia però mi hanno fatto parlare, così gli ho chiesto chi fosse questa ragazza lui ha risposto così: “Non credo sarà la mia ragazza ancora per molto, se mai lo è stata” non sono riuscita a scucirgli nient’altro.
All’uscita mi ha aspettato come sempre, mi ha messo un braccio intorno alle spalle e assieme ad Angela e Ben ci siamo diretti verso il parcheggio, dove una ragazza lo aspettava, con uno sbuffo ha sciolto l’abbraccio, ha salutato Ben e Angela per poi avvicinarsi lasciarmi un bacio sulla guancia e un sorriso dolce mentre mi diceva: “Ci vediamo domani!”
È andato verso di lei che lo ha abbracciato, lui è rimasto freddo. Si sono messi a parlare vicino alla macchina di Ed che casualmente era affianco a quella di Alice.
Non so cosa si sono detti perché sono andata via, mi dava fastidio vederli insieme, quando però prima il campanello ha iniziato a suonare all’impazzata ho capito che la mia amica aveva qualcosa di importante da dirmi.
Alice mi ha raccontato che era in macchina quando li ha visti e sentiti parlare, a quanto ho capito lei è la ragazza con cui è stato quest’estate ma non sembra voler ancora stare con lei mentre lei non si rende conto che per lui è finita.
Secondo Alice lui era infastidito dalla sua presenza all’inizio, infatti sembrava tenerla a distanza, poi ha dato di matto quando si è accorta che Ed mi ha vista andare via e non l’ha ascoltata per seguire con lo sguardo la mia macchina, lei si è arrabbiata e gli ha detto più o meno queste parole: “Si può sapere perché la guardi? Perché eri abbracciato a lei? Si può sapere che stai facendo? Chi è lei? Non voglio che la abbracci, la baci come prima, anzi non voglio che la vedi, devi evitarla, capito?”
A questo punto lui le ha risposto che non deve permettersi di nominarmi che lui fa quello che vuole e che non può capire quanto io sia speciale, di non azzardarsi a parlare mai più di me e che tra loro due era finita.
Mi ha difeso.
Mi vuole bene.
Si sono lasciati.
Credo che lui mi piaccia.
Aiuto!
 
 
 
Dopo aver riletto quella pagina del mio diario sorrisi di cuore.
Anni dopo seppi, sempre da Alice, una cosa che all’epoca mi aveva omesso, ossia che lei chiese ad Ed se io gli piacessi, e come fosse possibile visto che ero grassa e brutta, lui rispose dandole della stupida ignorante e che non era più affar suo la sua vita, Alice non me lo disse perché non voleva farmi soffrire, sapeva quanto quella situazione mi pesasse.
 
Salii in macchina diretta al piccolo negozio biologico per prendere alcune cose per me e poi al supermercato a prendere un po’ di spesa ai miei genitori.
Quando arrivai al mio piccolo paradiso, il negozio biologico dove mi rifornivo delle migliori cose, dovetti fare i conti con la pioggia e il vecchio impermeabile stinto di mio padre lasciato in macchina per le emergenze.
Finiti gli acquisti, della frutta di stagione, dello yogurt, della carne e delle verdure, caricai in macchina sui sedili posteriori e mi avviai al supermercato.
Scesi e sfrecciai verso le porte, la pioggia era aumentata.
Non mi accorsi di piombare addosso ad un uomo, fino a che non lo sentii scusarsi con me,  mi scusai anche io, era colpa mia dopo proseguii per la mia strada percorrendo scaffale dopo scaffale alla ricerca dei prodotti che dovevo comprare.
 
Mi prese un colpo quando alle mie spalle una voce maschile mi chiese se mi servisse aiuto.
Mi girai spaventata, non si fanno queste cose; peggio di un film di bassa produzione, con il classico parcheggio di supermercato, verso sera, d’inverno con la pioggia che cade fitta e lei che viene rapita per poi non essere mai più ritrovata.
“Sono il tizio a cui sei piombata addosso prima all’entrata!”
Sentii dire alla voce che mi riscosse dai miei pensieri e stranamente mi fece perdere qualche battito.
“Oh!”
“Allora, posso aiutarti?”
“Ok grazie!” Mi ritrovai a rispondere come un automa.
Si avvicinò e io mi spostai, il lampione lo illuminò, capelli spettinati e ramati, occhi verdi profondi, sorriso da infarto, spalle larghe.
Edward.
Il mio cuore prese a battere all’impazzata, nella mia testa rimbombava la frase del libro, dicon le stelle che in un altro dì ti diranno di certo un chiaro sì.
Edward.
Vedo che passa in rassegna il mio viso, non mi ha riconosciuta.
Cominciò a caricare piano le borse, dal carrello alla macchina, sembrava non importargli della pioggia.
Quando finì abbassò lo sguardo a terra come se fosse dispiaciuto.
“Grazie … Edward”.
Alzò lo sguardo sbalordito verso di me:
“Mi conosci? Non ci siamo presentati come sai il mio nome?”
“Guardami bene, non mi riconosci?”
Per due lunghi minuti mi squadrò il volto come se non lo avesse fatto prima, sembrava vedermi davvero non solo limitarsi a guardarmi, era una sua caratteristica, lo faceva sempre.
I suoi occhi si spalancarono, le labbra perfette disegnarono una O muta.
“Bella” 








Angolo Autrice 

Ciao! chiedo scusa per il ritardo nella pubblicazione sono giorni un pò incasinati sto preparando due esami che dovrò sostenere la prima settimana di settembre, a tal proposito è possibile che venerdì prossimo non riesca a pubblicare vi avviso perchè mi sembra corretto. 
chiedo scusa per gli eventuali errori che potrebbero esserci, ho riletto mille volte ma sono fusa davvero e ci tenevo a finire il capitolo e pubblicarlo, se ne trovate segnalatemi che poi correggerò.. vi ringrazio! 
be in questo capitolo ci sono due POV (spero vi faccia piacere) e per il resto non commento spero lo facciate voi anche se l'incontro non è ancora concluso.
Al prossimo capitolo 
Cath 
  
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