5 – Amori impossibili – Volti nudi
Arrivati a Palazzo Jarhayes, dopo aver lasciato i cavalli
nelle scuderie alle cure di Andrè, che contrariamente al solito, non si
affretta a seguirti, corri in casa quasi avessi una fretta infernale.
Non hai vere ragioni, e non sei in ritardo neppure per
andare a Versailles; è solo il bisogno di restare un momento da sola, e forse,
la necessità di scappare da lui, e dalla verità che non puoi più ignorare.
Mentire a te stessa, mai ti è sembrato così difficile.
Eppure insisti e continui a provarci.
Perché questo non può essere un giorno comune agli altri?
Ti attende la consueta giornata alla reggia, faticosa e
snervante; le udienze reali, le consegne, i rifornimenti militari, e alla fine
del servizio di turno, dopo aver passato in rivista il reggimento delle Guardie
Reali, potrai godere di una tranquilla serata davanti al calore del camino a
bere vino.
Una vita entusiasmante, quella che tuo padre ha pensato
per te.
Una vita d’onori, megaglie sul petto e gloria. Prima
capitano, ora colonnello; la promozione concessa come un dono dalla generosa
Regina.
Alla reggia si apprestano i preparativi per l’ennesima
festa da ballo, sono già stati mandati gli inviti ai quattro angoli del Regno
di Francia; verrà la nobiltà più illustre dalla Picardia, dalla Loira, dalla
Bretagna, dalla Provenza. Tu sarai obbligata ad esserci, ma già avverti il
fastidio delle chiacchiere, le risate maliziose, l’odore delle candele che
bruciano, le dame sudaticce sotto il belletto e le parrucche posticce,
costrette dentro i loro bustini troppo stretti che ricorrono ai sali per non
svenire, o corrono sui balconi per respirare l’aria fresca della notte.
Tu e André quante volte avete riso di quelle mise
improbabili, dei nei finti, gli occhi bistrati e le guance imporporate di
vegliarde dame ridicole, di tutto quel tronfio cerimoniale, teatro fasullo
inscenato sotto i vostri occhi.
Era il vostro modo per rendere quel mondo più
sopportabile.
Ti resta la fragile illusione che tutto è uguale a sempre,
che la tua vita debba scorrere come il solito, scandita dalla quotidianità
famigliare che dividi con André.
Inutile apparenza.
Non è così, e lo sai fin troppo bene.
Hai paura di aver perso quella quotidianità che vi legava
di un giogo dolce, senza dolore. È un terrore che taglia il respiro, paralizza
i pensieri arenati come barche in secca.
Non puoi dirti sorpresa di nulla, eppure sei ancora
sgomenta, non dalla verità che mai fu un segreto; era lì, da sempre, e lo sai,
facevi solo finta di non vederla.
Sei stata una pazza.
Andrè ti ha disarmata con estrema semplicità, ti ha
costretto a guardare nello specchio che riflette la vostra immagine, quella più
pura e sincera che nessuno, oltre voi, vede.
Quella che solo tu e lui, conoscete.
Fersen, amore impossibile e negato.
Vorresti concentrarti sul suo volto bellissimo quando
sorride, lo cerchi con la forza della mente, scivoli sui ricordi di una cena
piacevole che confina con una notte sconvolgente. Invece, non riesci neanche a
pensare a lui, e fino a poche ore fa, parevi non avere altro pensiero, né altra
sofferenza sembrava più grande e indicibile del tuo amore straziante e
disperato per lui.
Cerchi il volto di Fersen e trovi lo sguardo del tuo amico
d’infanzia.
Non lo è più.
Dio, vorresti poter lasciare tutto in quel palazzo, dentro
quella notte senza stelle, in quella terra di mezzo abbandonata: accuse,
verità, segreti inconfessabili, sentimenti repressi, tutto sigillato in quella
maledetta stanza, come dentro un forziere dei pirati che mai si dovrà aprire.
Il vaso di Pandora si è aperto, ed è uscita anche la
speranza che tutto restasse immutato nella vostra insolita vita.
Ostenti una calma che non hai. Ti sforzi di controllare le
emozioni, l’umore, i turbamenti. Versailles attende il suo perfetto Colonnello,
la Regina la sola persona di cui si può fidare in questo contesto. Vorresti
accantonare tutti i pensieri che da un po’ assillano la tua vita: Maria
Antonietta, Fersen, il loro amore scandaloso e tormentato sulla bocca di tutti,
sporcato dal ridicolo della maldicenza, dalla vergogna dell’indignazione…
André.
André ti ama.
André che vorrebbe sedurti.
André che non vuole dormire con te.
André, sempre André.
No, lui no.
Lui non si lascia relegare in nessun luogo remoto.
Lui c’è, immerso nella tua vita, nelle tue ore più lunghe,
più forte del tuo stesso sangue, bagnato in esso, come in un patto inscindibile
tra i vostri spiriti. Lui è un pensiero costante, ora più che mai;
un’ossessione tenera e invadente che sale come la marea e afferra la gola.
Torna prepotente la memoria della sua pelle sotto il
bagliore seducente di una fiamma, la voce nella tua testa si riveste di parole
dolci e audaci, semplici e schiette.
L’uomo che ti ama in silenzio, che non chiede niente.
L’uomo che dice la verità, mettendo a nudo il suo cuore,
come mai pensavi avrebbe fatto. Come mai speravi che facesse. Indifeso di
fronte a te, svuotata di parole inutili, ti sei sentita vinta da un simile
coraggio, quello che non richiede atti di forza, ma solo onestà, e un cuore
puro.
Guardi nello specchio, e per la prima volta ti vedi
diversa.
Sistemi la spada al fianco, aggiusti la divisa, la fascia
sul petto.
Versailles e la sua corte ti attendono.
Andrè sarà lì, al suo posto.
Al tuo fianco, muto e silenzioso.
È così che lui ti ama.
L’amore si ripaga.
Tu puoi solo accettarlo.
*****
La sera scende come un sipario scuro dietro le ampie
vetrate di Palazzo Jarhayes; sembra un velo calato a nascondere quello che non
si deve mostrare alla luce del sole.
In silenzio, hai cercato di allontanarti, ma lei ti ha
trattenuto. Era l’ultima cosa che ti aspettavi, da una giornata che è stata
insolita e difficile, fatta di lunghi silenzi, sguardi fuggevoli, inseguiti e
distolti in fretta.
Poi, mezze frasi, fredde ed essenziali, dette col tono più
neutro possibile.
“Porta questi documenti nell’ufficio di Girodelle:
riguardano l’addestramento delle nuove reclute. È lui, l’incaricato.”
“D’accordo Oscar. Qui ci sono i nuovi dispacci che devi
firmare.”
Insieme, eppure distanti, persi e concentrati in voi
stessi, nello sforzo immane di far sembrare tutto normale e consueto; siete
come due teatranti impegnati in una commedia dai ruoli difficili e piuttosto
scomodi.
Le maschere sono pesanti da portare, ora più che mai.
Il palazzo di famiglia è da sempre il luogo protettivo e
rassicurante in cui potete abbassarle, ma adesso mostrare i volti nudi è
diventato pericoloso e può fare paura.
“Ci vuole un buon bicchiere di vino, André. Mi concilia il
sonno… non bevi con me, questa sera?”
Lo dice come se si aspettasse un tuo rifiuto. Sospetti che
stia fingendo.
“Certo Oscar, un po’ di vino non può far male…” le concedi
accomodante, e ti appresti alla vetrinetta dei liquori, dove è riposta la
bottiglia di cordiale.
“Già… di sicuro, in qualche caso ha il potere di
sciogliere la lingua…”
A te non è servito. Non rispondi, deciso ad ignorare il
suo sarcasmo o qualsivoglia allusione; accenni l’ombra di un sorriso, mentre
versi il vino nel bicchiere per porgerglielo.
Lei lo afferra.
“Oggi eri assai poco loquace, André. Come mai? – Oscar
porta il calice alle labbra e ne beve un sorso. - Di solito quando siamo alla
reggia, mi racconti sempre qualche aneddoto curioso…”
È vero.
L’ultimo favore ottenuto della contessa di Polignac per un
suo parente, il pettegolezzo del momento su un cortigiano… le prodezze amorose
di qualche giovane cadetto ai suoi ordini; cose di questo genere, per
accorciare le ore e il tedio, o solo per parlare un po’ con lei, senza
dimenticare mai il luogo dove siete.
“Non ho mai pensato che fossero davvero di tuo interesse,
Oscar. Comunque, oggi mi parevi molto concentrata sul tuo lavoro, per prestarmi
attenzione.”
Non c’è ironia in quello che dici, solo verità, che lei
forse coglie.
“Io presto sempre attenzione alle cose che mi dici, André,
- puntualizza seria, lanciandoti un’occhiata obliqua - soprattutto, quando
siamo a Versailles, un luogo dove è meglio tenere occhi e orecchie aperti…”
Incroci il suo sguardo, e il ricordo corre ad un palazzo
che non è la reggia di Versailles; giureresti che lo stesso pensiero sta
sfiorando lei, ma fai finta di nulla.
“Sì, hai ragione Oscar. Se ci tieni tanto, posso
raccontarti del piccolo alterco che oggi ha visto coinvolti Girodelle e il
conte di Fersen…”
“Quale alterco?” ti chiede lei, con malcelata curiosità.
“Nel primo pomeriggio, Fersen era venuto a cercarti, non
so per quale motivo; chissà, forse voleva scusarsi per il suo strano
comportamento. Ha chiesto al tenente notizie di te, voleva parlarti in privato;
Girodelle ha risposto che eri molto impegnata e non potevi essere disturbata,
durante l’esercizio delle tue funzioni per la scorta di Sua Maestà… beh, a
quanto sembra, Fersen non l’ha presa bene; ha rimproverato a Girodelle il suo
zelo inutile, accusandolo di essere un prevenuto.”
“Incredibile… - è il commento ironico e divertito che le
esce dalle labbra. Dopo, butta giù tutto il vino in un colpo solo. - Chissà
perché Girodelle ha reagito così…” domanda più a sé stessa, che a te.
“Forse il tuo sottoposto non ha simpatia per il conte di
Fersen; magari, è per quello che si dice di lui e la regina…” commenti
tranquillo. Oscar ti guarda, ma non ribatte.
Il suo turbamento non riguarda il conte.
Tu riponi la bottiglia nella vetrinetta dei liquori, con
l’intenzione di accomiatarti. Vorresti andar via, ma ti blocchi appena senti la
sua voce.
“Sai André, non credo che parteciperò al ballo della
settimana prossima…” è più un’affermazione rivolta a se stessa. Ti volti
appena.
“Invece, dovresti andare…”
“Perché dovrei? Sai che non amo le feste mondane…”
“È un ballo importante, e tu sei il Comandante delle
Guardie Reali, la sola persona su cui la regina possa contare; anche il conte
di Fersen la pensa così…”
“No, no André! – Scuote energica la testa, infastidita,
portandosi una mano alla tempia. – Non voglio farmi coinvolgere da questa
storia, non mi riguarda… lo sai come finirà… e poi cosa dovrei fare, secondo
te? Minacciare con la spada tutti quelli che li giudicano e li guardano con
disprezzo?”
Avverti l’alterazione della sua voce, l’irritazione che
trattiene a fatica.
Non sai perché, ma ti viene da ridere, non sai resistere.
“È un’idea, perché non ci provi, Oscar? Potrebbe
funzionare.”
Basta a sdrammatizzare tutto; perfino lei si rilassa e ti
sorride di riflesso, il primo che ti concede. Ringrazi Dio che ti ha dato
questo momento, perfetto per chiudere l’argomento e questa strana giornata, e
sei deciso ad andartene. Alla stanchezza fisica devi aggiungere quella mentale,
e non te la senti si sostenere una conversazione impegnativa, non stasera.
Fai solo qualche passo in direzione della porta.
“Buonanotte, Oscar.”
“André aspetta…” la sua voce tradisce un ansito di
commozione.
“Che altro c’è?” Sussurri rassegnato.
Speravi che finisse tutto senza traumi, discorsi inutili.
La fissi e il cuore trema; il suo sguardo tradisce altro: esitazione,
stanchezza e un’inquietudine che va oltre parole troppo semplici e banalità
dette per nascondervi. Scorrono minuti di silenzio che sembrano interminabili,
in cui i vostri occhi si allacciano, liberi da maschere: sono carichi di tutto
quello che non riuscite ancora ad affrontare: chiamare le cose col loro nome.
Ma è soltanto Oscar che non ci riesce.
“No… niente André. Buonanotte.” Abbassa gli occhi.
Non aggiunge altro, e tu non sai se essere deluso o
sollevato.
Chiudi la porta della stanza alle tue spalle. È tutto
rinviato.
La verità non si può chiudere fuori, lo sai anche tu,
Oscar.
******
La sera del grande ballo a corte è arrivata. È un
avvenimento importante a cui prenderanno parte molte personalità in vista del
regno.
Tu non hai nessuna voglia di andarci.
È una settimana che sopporti gli umori di una corte
degenerata, che ha il coraggio di criticare quello che di nascosto fanno tutti
abitualmente; storie clandestine, tradimenti, voci di palazzo che si propagano
con la rapidità del vento, il tutto impregnato di una morale ipocrita.
Non ne puoi più delle loro chiacchiere maligne, dei
commenti bisbigliati dietro i ventagli delle dame al passaggio della sovrana e
dei loro sguardi d’intesa.
Non vorresti andare a Versailles questa sera. Lo
eviteresti con tutte le tue forze. Ma ti rassegni a fare il tuo dovere, ciò che
è meglio per la tua regina.
Perfino Fersen è venuto a chiederti un consiglio, a te,
che sei l’ultima persona che potrebbe darne.
“Che cosa dovrei fare, secondo voi, Oscar?”
Solo per questo ti ha cercata a Versailles? Dopo erano
arrivate le scuse per la sua fuga.
“Perdonatemi per come mi sono comportato; mi sono
allontanato in piena notte, come un ladro. Non so neppure da cosa ero mosso…
sentivo la sua mancanza, come un dolore fisico… mi attanagliava una spaventosa
solitudine e ho avuto la strana impressione di vederla riflessa nei vostri
occhi, quella sera. Poi, è arrivato André, e sapevo che vi lasciavo in buone
mani…”
Il sospetto che il conte abbia sottointeso altro è un
pensiero molesto, che ti turba più di quanto vorresti. Hai lasciato a Fersen la
sua maschera; meglio non pensare a cosa poteva succedere, se le vostre
solitudini si fossero trovate in quella terra di mezzo, terreno neutrale in cui
amore e colpa potevano abbracciarsi, o magari respingersi con dolore.
Una volta di più, André ti ha salvata da te stessa.
Fersen doveva soffocare l’amore, così ti
aveva detto, qualche giorno prima di quella notte. È una regola che lui non sa
applicare a se stesso. O forse, l’ha applicata meglio di quanto tu creda.
Dopo che Fersen se n’era andato, tu e André siete rimasti
soli; quasi tu avessi bisogno dell’ennesima conferma, di nuovo, hai cercato di
metterlo alla prova, e ti sei messa in trappola da sola.
“Che cosa faresti se tu fossi al posto di Fersen, André?”
Gli hai chiesto, senza guardarlo, con lo sguardo fisso sul vetro tinto dal
rosso della sera. Lui ha tergiversato per poco.
“Che domanda strana Oscar… stiamo parlando di noi?”
“Rispondimi, per favore.” Hai insistito, lo sguardo sempre
rivolto al cielo rossastro della sera.
“Essere al posto di Fersen, vorrebbe dire essere
ricambiato… è l’unico motivo, per cui farei a cambio con lui…”
“Sì, ma… - hai trattenuto il respiro per un attimo - credi
che il conte sia da biasimare per il suo coinvolgimento con la Regina?”
“Non si può biasimare un uomo che ama; in qualche caso
l’amore diventa un po’ egoista, e prende tutto quello che può. Questo vale
sicuramente per un uomo come il conte di Fersen.”
“E tu, André? – Allora, ti sei voltata a guardarlo. – Che
cosa prenderesti?”
Nel breve silenzio, hai sostenuto il suo sguardo verde,
che non si è mai abbassato, mentre accettava la tua sfida.
“Solo ciò che ricevo, Oscar.”
“E se nulla potessi avere? Se non fosse possibile? Puoi
continuare a nascondere i tuoi sentimenti per proteggere colei che ami?”
Andrè si è avvicinato pericolosamente. Poteva toccarti, ma
non ha alzato un dito.
“Perché fingi di non essere tu, quella coinvolta? Credi
che non sia stato sincero?” Ti ha chiesto con velata amarezza.
“No… no, André. Non volevo dire questo…” ti sei affrettata
a rispondere; mai potresti ritenerlo un bugiardo, e non vuoi che lui lo creda.
“È quello che faccio da sempre, Oscar. Ti amerei in
silenzio, come ho sempre fatto.”
Parole troppo semplici e schiette.
Paiono innocue e non ti sei accorta che ti hanno
trapassato il cuore.
“Ma l’altra sera sei diventato egoista… hai interrotto il
silenzio…”
“Più egoista dello svedese? Certo, perché lui è perfetto,
vero Oscar? Anche se col suo amore fa soffrire la donna che ama. Quello che ti
ho detto in quella stanza di Palazzo Fersen, non uscirà da lì. La storia tra il
conte e Maria Antonietta ha varcato i cancelli dorati della reggia e raggiunto
le bettole più infime di Parigi. I miei sentimenti sono un segreto fra me e te.
Tu puoi continuare ad ignorarlo, se vuoi, ma io mi sento più libero da quando
te l’ho detto… - improvvisamente si è interrotto, come se André dovesse trovare
il coraggio. Infine, emette un sospiro. – Forse, un giorno sarò libero anche di
lasciarti, Oscar…”
Il pensiero ti fa sgranare gli occhi, mentre lo specchio
rimanda la tua immagine in alta uniforme, splendida e altera.
È la prima volta che la indossi.
È la prima volta che vai a corte per danzare, ma quello
che per gli altri è divertimento, per te è dovere. Non c’è gioia nel tuo
sguardo, e hai una strana voglia di piangere.
Lui potrebbe lasciarti?
Ha mai voluto farlo?
Vorrà mai farlo, un giorno?
Alla fine, è stato Andrè a convincerti.
“Tu sei l’erede della famiglia Jarjayes, non puoi mancare…
hai pensato a quello che accadrà, se la regina Maria Antonietta e il conte di
Fersen balleranno insieme questa sera? Sarà palese a tutti, quello che c’è fra
loro, e non si potrà evitare lo scandalo. Il tuo primo dovere è proteggere la
Regina, dovresti pensare solo a questo.”
Non avevi obiezioni da opporre.
André aveva ragione, e tu hai ceduto.
All’improvviso ti rendi conto che non riesci proprio a
resistere; alla fine, non sapresti dire in che modo, André riesce a farti fare
quello che vuole lui.
Ti arrendi quasi per istinto, come se ti venisse naturale.
Che strano potere che ha su di te…
Forse ora, ne ha più di un tempo. In fondo, ti fidi di
lui, come di nessun altro.
Non ricordi, quando gli hai concesso tutto
quest’ascendente. È così e basta.
Uno palpito ti attraversa il petto, un brivido che
serpeggia e morde lo stomaco; si chiama paura, la consapevolezza che André
potrebbe avere il potere di farti arrendere a te stessa.
Di farti arrendere all’amore.
****
Il tuo ingresso a corte ha colto tutti di sorpresa.
Andrè ti ha detto che sei splendida in alta uniforme, e al
centro del grande salone, gli occhi che ti circondavano lo confermavano.
Hai incrociato perfino lo sguardo di Fersen, e anche in
lui hai colto sincera ammirazione e un pizzico di meraviglia, ma non quella che
si riserverebbe ad una bella donna; era quella di un uomo verso un suo pari.
Con chi avresti danzato? Con una dama o un cavaliere?
All’inizio, quello è stato l’interrogativo principale, che
svelasti quasi subito.
Danzasti con la regina; fosti il suo unico impeccabile
cavaliere, riuscendo nell’intento di distogliere l’attenzione da lei e dal
conte di Fersen.
Sua Maestà era bellissima nel suo elegantissimo abito da
sera, indossato sicuramente per lui. Fersen rimase ad osservarvi tutto il tempo
dal fondo della sala, sorseggiando pigramente un calice di vino, e Maria
Antonietta gli lanciò solo di rado qualche fuggevole occhiata.
Quegli sguardi non erano per te, ma in un’altra vita,
distante quanto un orizzonte sul mare, avresti desiderato essere al posto della
regina solo per riceverli.
Ti fingevi serena, ma dentro ti sentivi morire, sotto
l’assalto dell’angoscia e di una strana frustrazione che non riuscivi a
decifrare.
Stavi prendendo in giro tutti, stavi prendendo in giro
lei, che ti sorrideva magnifica e affascinante e non immaginava cosa portassi
nel cuore; un sentimento che era un tradimento nei suoi confronti, che si
trasformava d’ora in ora, in bruciante senso di colpa, verso tutti quelli
coinvolti in quel perverso quadrilatero, dove solo Fersen e Maria Antonietta
erano sinceri nei loro reciproci sentimenti.
Perfino il conte, nonostante le sue avventure galanti, era
più innocente di te, che solo una settimana prima avevi sperato di infilarti
nel suo letto per rubare poche briciole di quello che confondi con l’amore.
Quella recita fatta a beneficio di tutti durò fino
all’alba.
Solo Fersen conosceva le battute di quel copione, ed egli
recitò altrettanto bene la sua parte fino in fondo; se n’andò poco prima del
sorgere del sole senza aver neppure parlato con Maria Antonietta.
*****
Eri stanco e non vedevi l’ora di tornare a casa.
Guidavi la carrozza lentamente lungo la strada, mentre il
giorno iniziava a sorgere illuminando il paesaggio circostante che ti
accompagna tutti i giorni che percorri questa strada con Oscar.
In fondo tutto era uguale a sempre, eppure ogni foglia,
ogni luce del cielo, perfino le nuvole che si specchiavano nell’acqua della
Senna ti parevano diverse.
Ti fermasti quando notasti la carrozza, e accanto, la
figura di un uomo avvolto in un mantello: Fersen vi stava aspettando.
Oscar scese per parlare con lui, mentre tu sei rimasto a
distanza ad osservarli. Dall’espressione di Fersen capivi che le stava parlando
della regina, hai colto anche qualche brandello di conversazione.
“Ammetto che avrei voluto danzare con sua Maestà, ma se
l’avessi avuta tra le braccia questa sera, non sarei più riuscito a nascondere
quello che provo per lei. Proprio perché l’amo, non sarei mai dovuto arrivare a
questo punto, Oscar, lo capisco solo ora. Vi ringrazio, perché mi avete
impedito di esporla alla vergogna. Adesso c’è solo una cosa che posso fare…”
Fu quella sera che maturò l’idea di partire per l’America.
La scelta del conte è quasi forzata; ama una donna che non
potrà mai avere per davvero, irraggiungibile quanto le stelle più lontane;
comprendi la fuga come unica soluzione possibile, ma non riusciresti mai ad
applicarla al tuo caso personale.
E adesso le cose sono cambiate, rivelate alla luce del
sole.
Ricordi l’espressione di Oscar quando capì le sue
intenzioni, insieme alle uniche parole che rivolse al conte nel tentativo di
fermarlo.
“Là c’è la guerra… Potreste non tornare, nessuno vi
garantirà la vita…”
Non bastarono a scoraggiarlo.
Seduto al tavolo, la osservi in piedi alla finestra; la
luce liquida del primo mattino entra dalla vetrata e fa brillare il marmo dei
pavimenti; lei ha lo sguardo cupo e distante, e tu sai cosa teme. Cerca di
mostrarsi imperturbabile, come sempre.
Cerchi di stanarla quando le chiedi se non ha desiderio di
vederlo, prima che la sua nave salpi l’indomani dal porto di Brest. Lei
all’inizio, cerca di eludere la domanda.
“Non capisco perché debba andare a combattere in America;
potrebbe semplicemente tornare in Svezia…”
“La Svezia è troppo vicina; credo che Fersen non abbia
alternative…”
“Devo provare a convincerlo, André. Forse mi darà ascolto;
è assurdo mettere a repentaglio la propria vita…”
Impulsiva, Oscar si allontana dalla finestra, decisa a
mettere in atto la sua iniziativa, ma tu ti alzi dalla sedia e la blocchi
afferrandole un polso.
“Lascialo andare, Oscar! Ti prego…”
“André smettila!”
Oscar grida, cercando di opporre resistenza, ma tu la
trattieni con fermezza.
“Non capisci? Vuole tentare di dimenticare Maria Antonietta;
lasciare andare chi si ama è un’impresa titanica, e un oceano tra loro, forse è
l’unica cosa che possa aiutarlo…”
“Tu lo faresti, André?”
Grida ancora, improvvisamente, inchiodando il suo sguardo
di ghiaccio al tuo.
Il suo volto è nudo e senza maschera, e così la vedi; la
paura in fondo al celeste dei suoi occhi. Solo, ancora non sai di cosa Oscar
abbia davvero timore; di perdere l’uomo di cui è innamorata, o l’amico di una
vita?
“Io non sono Fersen, lo sai. Ci vuole coraggio per
lasciare chi si ama, ma se fuggire fosse la soluzione, io sarei scappato da te
molto tempo fa…”
“Qualche giorno fa, mi hai detto il contrario…” obbietta
ancora, cercando di divincolarsi, e tu allenti un poco la presa. Respiri forte, per calmarti, e anche lei.
“Perché questo accada, io dovrei smettere di amarti,
Oscar. Non credo succederà mai.”
Questo in qualche modo, l’ha placata.
Solo allora, l’hai lasciata andare da lui.
******
Hai cavalcato veloce come il vento fino alla dimora di
Fersen. Il tuo cuore è confuso, intrappolato tra mille pensieri, spaventato da conflitti
che non sai risolvere.
È perspicace André.
Lui sa cos’è l’amore, lo sa perché lo prova per te.
Lo sa perché è un uomo, come Fersen.
E sa che soffri, e di questo vorrebbe consolarti, ma per
quanto ti sia amico, non ci riuscirebbe ora. Tu non vuoi consolazione; vuoi
solo che passi questa cosa che gli uomini chiamano amore.
Tu senti qualcosa, ma non sai cosa sia, o per chi sia.
È per amore che ti senti così male, se pensi che potrebbe
non tornare? O forse, è solo un’altra maschera, una pena che ne nasconde una
più profonda.
In realtà, hai più timore, che un giorno anche Andrè possa
andarsene, lontano da te e da un amore impossibile che lo consuma.
Devi parlare con Fersen, eppure non ne avresti il diritto;
non sei tu la donna che ama, e se perfino lei, tra le lacrime, ha il coraggio
per lasciarlo andare, di non chiedergli niente, tu non puoi pretendere di farlo
restare.
È legittimo sperare che torni sano e salvo.
La stessa speranza che anche lei nutre, e diventa
consolatoria, a te un pensiero che non lascia niente. Non puoi
disperarti, perché non è te che sta lasciando e non tornerà per te.
Se resterà vivo, sarà per lei.
Questa è l’unica certezza che hai.
Quando arrivi a Palazzo Fersen, sei trafelata; il conte,
preso dagli ultimi preparativi per l’imbarco, ti accoglie nel suo salotto
sorpreso e turbato.
“Oscar non mi aspettavo la vostra visita. Avete l’aria
sconvolta; vi prego sedetevi un momento. Vi faccio portare qualcosa da bere?”
Tu preferisci non sederti.
Devi dire tutto. Adesso.
“No, Fersen. Sono qui, solo per farvi una richiesta, e
dopo me ne andrò; se volete lasciare la Francia, fatelo, ma non partite per una
guerra che non è la vostra. Perché non tornate in Svezia? Sapervi in pericolo,
getterà la regina nell’angoscia… e anch’io sarò preoccupata per voi.”
Fersen ti guarda per un istante con calore e dolcezza e un
lieve dispiacere.
“Oscar, mia cara amica… - Abbassa lo sguardo attraversato
da una luce di rassegnazione, e sospira pesantemente. – Non posso fare quello
che dite. Io devo andare lontano, molto lontano…”
Si siede sulla poltrona, e porta le mani
intrecciate alla fronte, in un gesto che sa di stanchezza estrema. Ti basta
vederlo così, per capire quello che per André era assolutamente chiaro.
“Non esiste un altro modo, credetemi. Se resto qui,
succederà l’irreparabile, Dio non voglia che accada mai una cosa del genere, io
sarei la causa della sua disgrazia, e la Svezia non è abbastanza lontana… - Le
stesse parole di André, solo dette con maggior dolore. - Io non ho la forza di certi
uomini… né la vostra, Oscar… non ho la forza per resistere alle sue mani
che mi cercano…”
Ti accorgi improvvisamente che cerca di trattenere le
lacrime, e allora comprendi che il tuo tempo è finito. Hai fatto tutto quello
che potevi. In silenzio ti avvii verso la porta.
Avverti solo il suono dei tuoi stivali sul pavimento.
Stranamente ti senti più leggera, come se il peso che
avevi sul cuore, fosse scivolato via, sostituito da una tristezza più mite.
Appoggi una mano allo stipite della porta, e ti volti a
guardarlo, un’ultima volta.
Adesso puoi lasciarlo andare.
“Fersen… cercate di non morire…”
continua…