Anime & Manga > Inazuma Eleven
Segui la storia  |       
Autore: ROW99    28/08/2017    2 recensioni
Essere soli è una delle cose più devastanti che possano colpire la vita di una persona, ma spesso la luce è nascosta più vicino di quanto sembri, magari negli occhi di qualcuno di insospettabile!
Dal testo: Non è facile avere amici quando sei troppo intelligente. Sembri sempre troppo alto, troppo lontano per chi vive una vita normale. Minaho non ricorda un periodo della sua vita in cui non sia stato solo. Forse, nei suoi primi ricordi, prima dell’incidente che gli porterà via il padre, vi era una stilla di felicità, ma poi tutto era crollato.
nb: Minaho e Manabe frequentano la Raimon, ma in una sezione diversa dai protagonisti di IE go
Genere: Drammatico, Fluff, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, Manabe Jinichirou, Minaho Kazuto
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Dies irae, dies illa,
solvet saeclum in favilla
teste david cum Sibylla.
Quantus tremor est futurus
Quando judex est venturus
Cuncta stricte discussurus!

Una giornata intera di appostamenti può comportare molti rischi, ma anche dare grandi soddisfazioni… La mattina seguente, il primo giorno della sia seconda settimana a casa di Manabe, Minaho poteva dire di avere alcune fondamentali certezze.

1)    Manabe era decisamente preoccupato per qualcosa, e buona parte della sua preoccupazione veniva da quelle telefonate che riceveva almeno tre volte al giorno… si capiva da come si teneva lontano dal telefono, nel timore di trovarci un messaggio o peggio, un avviso di chiamata.
2)    Aveva buone ragioni per dedurre che Manabe parlasse al telefono con i genitori. Aveva sentito l’amico urlare “Mamma!” più volte nelle conversazioni più accese. Niente di strano, in fondo. Manabe non parlava mai dei suoi genitori, ma questo era per L’arancione una prova fondamentale che il rapporto presentasse dei problemi.
3)    Era evidente che le telefonate vertevano su una qualche bugia che Manabe doveva aver detto tempo prima ai suoi genitori… non faceva altro che negare e supplicare che gli credessero, dunque non dovevano più avere molta fiducia in lui!
Poste queste tre condizioni, Minaho non riusciva proprio a capire quale fosse la causa di tanto panico nell’amico.
Aveva pensato che i genitori del lilla non gradissero la sua presenza, ma Manabe non faceva che confermargli che sapevano tutto e che andava tutto bene… stava iniziando ad andare in tilt. Era certo che bastava afferrare il capo del filo per sciogliere tutto il gomitolo, ma l’appiglio proprio gli sfuggiva.

Manabe entró in cucina in quel momento. Aveva in mano il telefono ed era impegnato in una conversazione ancora più accesa degli standard abituali.
-Insomma! Dovete lasciarmi stare! Vi prego! Non succederà nulla, nessuno dirà o penserà nulla! Vi ripeto che non so quali voci abbiate sentito, ma la questione è già chiusa!
Il lilla sbatté il telefono sul tavolo. (-la situazione sta peggiorando! Non aveva mai chiuso la chiamata di colpo!- pensó Minaho).

-Perdonami Minaho,  questioni da poco… piuttosto, oggi che facciamo di bello? Non abbiamo scuola!
-Mhhh… perché non andiamo a mangiare qualcosa al parco, sulla collina della città? Conosco un posto dove fanno dei panini a cinque stelle, e potremo giocare a calcio! -L’arancione sorrise. Si sarebbero divertiti e avrebbe portato per un po’ l’amico lontano dal maledetto telefono.
-Perché no? L’idea non mi dispiace per niente sai? Però bisogna assolutamente che io vada a comprare una palla da calcio, quella che ho ha avuto un brutto incontro con un labrador in astinenza. -il lilla sorrise sornione. Avevano da poco scoperto di essere bravini dietro una palla. A dire il vero Minaho giocava spesso da solo quando era piccolo, portandosi il pallone al campetto. Manabe invece non aveva mai avuto occasione, ma si vergognava di dirlo all’amico, così il giorno della loro prima sfida si era procurato di straforo una palla che era durata ben poco, grazie al migliore amico dell’uomo che risiedeva nella ciclopica cuccia nel cortile del vicino.
-Facciamo così, Manabe… tu vai a comprare una palla, intanto io preparo le borse. Verso le dieci partiamo, ok?
-Va bene… esco un attimo per comprare la palla allora! Non bruciare la casa in mia assenza! La probabilità di un disastro è inferiore al dieci per cento, puoi farcela!- E cosí dicendo tirò un ciuffo all’amico che lo inseguí nel corridoio minacciando vendetta e sadismo.

Manabe era uscito da pochi minuti. L’arancione era salito in camera e aveva messo sul letto due piccoli borsoni, iniziando ad infilarci dentro una maglietta pulita, calze e scarpe, pantaloncini sportivi…quanto serviva per una partita di calcio a due sull’erba.
Stava mettendo il deodorante nel suo borsone quando il campanello trilló al piano di sotto. Perché Manabe era già tornato?
-Avrà di sicuro dimenticato i soldi!- pensò L’arancione.  -Arrivo!!!-
Corse di sotto e iniziò ad armeggiare con la porta. Perché il lilla doveva scegliere una serratura così difficile da aprire anche dall’interno???

Finalmente la porta si spalancò mentre Minaho tirava fuori il suo sorriso più brigantesco.
-Manabe! Già di ritor….
L’arancione sbiancò. Non c’era il suo amico dietro a quella porta. C’erano due adulti, un uomo e una donna. Lui era alto e ben vestito, lei sembrava una donna potente a giudicare da come si muoveva con sicurezza al fianco del compagno.
-Siamo i genitori di Manabe. Tu devi essere Minaho Kazuto vero?



Prima avevano perquisito la casa come due cani da tartufo, ignorando completamente il ragazzo spaventato che li seguiva, poi lo avevano spinto a sedersi in salotto, di fronte a loro. La mente di Minaho non riusciva ad elaborare niente. Non capiva più nulla.
I due adulti avevano iniziato un lungo discorso divagante, su quanto fosse importante la reputazione per chi faceva come loro carriera diplomatica, su quanto le voci corressero… Minaho aveva iniziato ad intuire.
Giravano voci, dicevano, che insinuavano che il loro unico figlio, che già gli dava troppi problemi con le sue pretese di indipendenza, avesse preso in casa uno sconosciuto… e si sa, le voci corrono!
Minaho aveva il cuore a mille. Quei due parlavano come se non si trattasse di lui, come se raccontassero il fatto ad un estraneo.
A quanto pare qualcuno insinuava che lui si fosse introdotto proditoriamente in casa del lilla, che lo avesse ingannato, costretto, o peggio! Che avessero un rapporto, una love story “squallida e ridicola” per usare le parole dei genitori del lilla.

L’arancione avrebbe voluto prima sprofondare, poi reagire, difendersi da quelle accuse, da quel disprezzo mascherato di pietà e prudenza, ma era come paralizzato. Sentiva di voler piangere, ma sarebbe stato il colpo di grazia. Era completamente bloccato, come se si aspettasse di essere messo alla porta da un momento all’altro, di nuovo in strada, di nuovo solo.
I due adulti continuavano a parlare, a divagare e poi a colpire ancora, come il serpente che gira intorno alla preda e morde più volte piagando la carne e inoculando un veleno paralizzante. Minaho sentiva la pressione calare, il panico salire. Non ascoltava più le parole, percepiva solo dei concetti sputati come bocconi velenosi. “Rispetto”, “reputazione”, “capisci vero?”, “responsabilità”….
L’Uomo ora era in piedi, la voce pacata ma lo sguardo gelido. Lo sovrastava. La donna parlava in sottofondo. Minaho non ce la faceva più. Sentì una fitta al petto e si afflosciò sul divano con un gemito, ma mentre tutto si faceva scuro riuscì ad intuire il rumore di una porta che sbatteva, una palla che rimbalzava, qualcosa che si rompeva e una voce, di solito pacata, che ruggiva -FUORI!!-


-Quante scintille, quanti lampi di luce davanti ai miei occhi!- Minaho apriva la bocca per parlare ma non usciva nessun suono. Sentiva una voce che lo trascinava verso di sé, qualcosa che lo forzava e gli occhi che rimanevano ostinatamente chiusi. Il dolore al petto si era fatto più forte.

Di punto in bianco Minaho riguadagnó la lucidità. Ricordava vagamente cosa fosse successo. Aprí lentamente gli occhi. Era steso su un divano. Qualcuno gli teneva la mano.
-M…M…Manabe?- sussurrò con un filo di voce. Il lilla era seduto su una sedia di fianco a lui e gli reggeva la mano. Aveva gli occhi rossi e i capelli arruffati.
-Minaho… ti  sei svegliato! Ho avuto così paura!  -Manabe lo abbracciò. L’arancione sentì alcune lacrime calde scivolargli sul collo. -penso… penso che tu abbia avuto un attacco di panico… non ti riuscivo a svegliare… sei rimasto svenuto per quasi dieci minuti…
L’arancione trasalì. Dieci minuti? Era rimasto svenuto cosí tanto?
-T… tranquillo Manabe… sto bene vedi?
-Grazie al cielo … se avessi saputo che sarebbero venuti non ti avrei mai lasciato da solo! Sono stato un idiota …. -Manabe si prese il volto tra le mani
-Lascia… lascia stare Manabe. Avevo intuito che qualcosa non andasse con i tuoi. Lo stupido sono…. sono stato io a non capire che la causa dei tuoi problemi ero io. Penso che sia ora… che me ne vada.
-NO! -L’urlo di Manabe fu così acuto che l’arancione si spaventò.
-Perdonami… perdonami! E’ solo che… non voglio che i miei genitori mi rovinino ancora la vita! Non voglio che ci separino! -Il lilla era sull’orlo delle lacrime.
Minaho era a sua volta commosso. Erano tanti anni che non era più importante per qualcuno. Anche lui sentiva salire la nausea al pensiero di non vedere più il lilla.
-Mi hanno tolto l’infanzia, mi hanno tolto la libertà, ma adesso basta! Non mi toglieranno anche te! No, no e no! -Manabe tremava e gli occhiali gli scivolarono sul naso.
-Manabe, sono  i tuoi genitori… la casa è pagata da loro, hanno il diritto di mettermi alla porta! Siamo… siamo minorenni…
-No! E’ vero che la casa è loro, ma io ho richiesto al tribunale minorile l’emancipazione… se solo si decidessero a darmela , non potrebbero più avere potere su di me. E’ per questo che sono riuscito a mandarli via. Se… se riferissi al tribunale che mi fanno pressioni andrebbe a loro sfavore nella causa.
-Ma ti metterebbero alla porta… e distruggeresti il rapporto con loro. Non puoi fare questo per una persona che fino a dieci giorni fa era quasi una sconosciuta. Non esiste.- L’arancione era deciso a mostrarsi forte per proteggere l’unica persona che gli voleva veramente bene.
-Ma… ma allora… allora non mi vuoi più come amico? Lo sapevo, sono un incapace! Ho detto qualcosa di sbagliato senza dubbio! Non sono stato abbastanza gentile… sono un fallimento totale! Mi faccio schifo e mi fa schifo anche la matematica! -Manabe scoppiò definitivamente a piangere come una fontana.

Minaho era allibito. Il lilla era stato fino ad allora quello forte… come aveva fatto a non accorgersi di quanto fosse sotto pressione? Anche lui aveva tanta insicurezza dentro, ma l’arancione non era stato in grado di coglierla.
D’impulso si alzò seduto e abbracciò l’amico.
-Non dirlo nemmeno per scherzo. Io sarò sempre tuo amico! Volevo solo proteggerti... -Minaho faticava a spiegare.
-S… scusami. Non… non sospetto della… della tua amicizia… è che c’è qualcosa dentro di me che pensa sempre che le cose vadano nel… nel modo peggiore possibile.- Manabe si stava calmando e piangeva piano.
-Sistemeremo tutto, vedrai… però non voglio che le cose tra te e i tuoi crollino per colpa mia… promettimi che se qualcosa dovesse succedere, che se i tuoi facessero qualunque manovra contro di te me lo dirai subito, d’ora in poi.-Minaho teneva il lilla per le spalle.
-S.. Si … te lo prometto! -Il lilla tirò su col naso e abbozzò un mezzo sorriso.
-E ora… se non erro noi si voleva andare al parco, no?- Minaho picchiettò scherzoso sulla spalla dell’amico.
-Sì, ma…
-Niente ma, gambe in spalla!
(-oggi sarò io quello forte, per te amico!- pensò l’arancione.)
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Inazuma Eleven / Vai alla pagina dell'autore: ROW99