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Autore: S_Austen    28/08/2017    3 recensioni
Edward Cullen, ricco e sfrontato giovane borghese nella sfrenata Chicago degli anni '20 verrà irrimediabilmente travolto dal desiderio per Isabella, semplice operaia di fabbrica. Ma tra il carbone delle nuove macchine ed il metallo della fiorente metropoli, tra sfarzose feste da ballo e intrighi economici, Edward riuscirà a scorgere in Miss Swan il tesoro più prezioso: un tenero, innocente, orgoglioso, delicato, semplice, combattivo, leale, dolce, comprensivo, sensibile Cuore di donna.
Genere: Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan, Un po' tutti | Coppie: Alice/Jasper, Bella/Edward, Emmett/Rosalie
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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13 Settembre 1917

Pov Isabella

Uscii di casa in quella frizzante mattina di metà settembre con una gioia insolita nel cuore.
Non era una gioia entusiastica ne tantomeno quel tipo di gioia euforica che ti toglie il fiato. Quella mattina mi sfegliai con quell’alone di felicità impalpabile che hanno certi giorni speciali tipici delle ricorrenze, daltronde quella mattina era il mio compleanno.
Compievo diciannove anni, non che fosse un traguardo di grande rilevanza per una giovane donna alle porte della vita adulta, ma comunque un’evento da festeggiare. Quel giorno era IL giorno in cui mi sarei permessa qualche libertà in più.
Corsi a perdifiato (per quanto mi consentiva la lunga gonna dell’abito e il traffico delle strade) attraverso l’affollata Chicago tenendo ben stretto al petto il borsello contenente i miei pochi risparmi incrementati un poco da qualche spicciolo regalatomi da mia madre e mio fretello per l’acquisto del mio regalo.
Svoltai di corsa un angolo e mi ritrovai nel quartiere più ricco e mondano di Chicago.
Attraversai a passo sicuro le belle vie borghesi, attraversate dai ricchi che nei loro eleganti completi si scambiavano convenevoli tra loro mentre proseguivano nella loro passeggiata della domenica mattina. Arrivai diretta alla mia meta, un grazioso negozio d’interesse femminile.
Lì esposto in vetrina c’era il mio tanto desiderato regalo di compleanno: un cappellino color avorio estremamente semplice col classico rispvolto della tesa e come unica decorazione una spilla dorata dalla forma che ricordava una foglia di pioppo e dai particolari ghirigori.
Non ero mai stata una ragazza frivola, nient’affatto, ma quel cappello della forma così sobria ed elegante m’aveva conquistato e con la modesta venità di una timida ragazza della terza classe desideravo concedermi quel piccolo piacere.
Entrando nella boutique vidi che c’erano già un paio di clienti al suo interno e la proprietaria era intenta a dispensare sorrisi cortesi ed amichevoli a tutti.
A tutti tranne che a me.
Anzi, quando mi vide entrare mi squadrò con aria sdegnosa prima di voltarsi e ignorarmi ostinatamente.
Ma sebbene il trattamente poco cordiale non potei offendermi, bastava guardare il mio abbigliamento per comprendere che di certo non appartenevo a una di quelle ricche famiglie borghesi che solitamente frequentavano questo negozio.
Il mio posto era in fabbrica e il mondo della borghesia era quanto di più lontano dalla mia misera situazione sociale. Mi avvicinai cautamente al bancone senza alzare lo sguardo dalle mie mani (ancor più consapevole di quanto fossero sporche e ricoperte di tagli dovuti al pesante lavoro al telaio) quel luogo mi metteva una strana soggezione, mi ricordava più che mai che quello non era il mio posto, sembrava urlarmi di tornare da dove ero venuta, certamente erano quelli i pensieri della proprietaria del negozio.
Aspettai e aspettai, ma nessuno arrivò a servirmi, perciò, come al solito, decisi di fare di testa mia.
Mi avvicinai alla vetrina e feci per prendere il delizioso cappellino in esposizione, ma altre mani lo presero prima di me.
Immaginando che fosse la proprietaria mi voltai subito per scusarmi della mia sfacciataggine, ma al posto di quella grassoccia donnina mi ritrovai di fronte ad un uomo che doveva avere pressappoco la mia età, molto alto, il fisico tonico e asciutto come quello di un atleta, vestito di abiti eleganti d’alta moda. Il volto bellissimo e pallido era incorniciato da una zazzera di capelli ramati malamente pettinati all’indietro in una tentativo di tenerli in ordine e per occhi aveva due smeraldi verdi ed intensi che mi scrutarono nel profondo attirandomi e ammaliandomi come il topolino nella trappola del serpente.

Pov Edward

Passeggiavo lungo i viali di Chicago in compagnia della deliziosa signorina Tanya Denali e ovviamente seguiti a distanza da mio cugino Garret.
In realtà non ero particolarmente interessato alle donne, avrei preferito concentrarmi sulla carriera militare, ma sebbene avessi tutte le capacità fisiche e la motivazione per prender parte alla guerra i miei genitori si erano opposti con così tanta forza dal lasciarmi partire per il fronte che fui costretto a restare a guardare i successi del mio paese che combatteva nella Grande Guerra trastullandomi tra giovani ragazze borghesi in cerca di marito e partite a poker con gli amici.
La signorina Denali era senza dubbio una delle creature più belle che io avessi mai visto, non mi sarebbe dispiaciuto se in futuro ci fossimo sposati, come tanto desideravano i nostri genitori. Sapevo bene però che la signorina Denali era una cacciatrice d’ori, ambiva al matrimonio con me solo per i soldi che avrebbe guadagnato sia dalla più che cospicua eredità dei miei genitori (mio padre medico e mia madre insegnante di filosofia e arte in un’accademia femminile che a loro volta avevano ereditato buona rendita dai miei avi) che dall’alto rango sociale che la mia famiglia poteva offrirle.
Certo, il mio bell’aspetto non guastava di certo nella sua scelta come futuro consorte.
Spesso venivo definito “uno degli scapoli più ambiti di Chicago” e a quest’affertmazione non potevo che riderne sebbene inondo sapessi che era una verità.
Mi dispiaceva per le signore, ma i miei occhi al momento erano solo per la guerra e quel poco di interesse che avevo per le donne ormai l’avevo dedicato a Tanya.
Lei non era il tipo di donna che desideravo sposare, con quegli occhi freddi come il marmo e quel cuore di ghiaccio, ma per lo meno l’avrei potuta esibire al mio fianco come una donna trofeo ed ero sicuro che a lei non sarebbe dispiaciuto affatto in cambio di qualche bell’abito di seta o un paio di scarpe costosissime, di certo i soldi per me erano un problema. Mentre parlavamo del più e del meno ci fermavamo ogni tanto in qualche negozio che sapevo l’avrebbe resa contenta, entrammo in una boutique e la signorina Denali cominciò a guardare gli ombrellini da sole, ammirandone con estremo interesse e attenzione ogni rifinitura, merletto e ghirigoro.
Avevo sempre trovato le compere un passatempo noioso ed inutile, adatto alle donne non certo ad un uomo come me, ma si sa, per piacere a una donna bisogna fare buon viso a cattivo gioco, perciò me ne rimanevo li a guardarla ammirare uno ad uno quegli ombrellini e limitandomi a rispondere con cortese meraviglia ed approvazione ad ogni domanda che mi rivolgeva. Il campanello all’ingresso trillò annunciando l’arrivo di un altro cliente, mi voltai annoiato per vedere di chi si trattasse e con mia grande sorpresa vidi una ragazza vestita con abiti dozzinali e un cappotto lercio avvicinarsi a testa bassa al bancone e aspettare li.
Strano, questa non era di certo una boutique frequentata da straccioni e operai, ma allora cosa ci faceva qui una donna del suo ceto sociale? Il mio interesse per la sconosciuta cessò subito e ritornai a prestare la mia attenzione a Tanya, ma quando anche quest’ultima cominciò ad annoiarmi mi guardai attorno distrattamente, ammirando con poco interesse gli articoli esposti. Vidi un grazioso cappellino esposto in vetrina, era pesante stoffa color avorio decorato con una particolare spilla dorata, molto semplice ed elegante.
Chi sa se alla signorina Denali può piacere?” mi chiesi.
Quel cappellino non era proprio il genere di cose che piacevano a Tanya, lei avrebbe proferito qualcosa di più vistoso, magari con piume e gioielli, ma io trovavo quel cappellino grazioso per la sua semplice eleganza e sobrietà. Lo presi in mano nello stesso istante in cui una piccola mano affusolata e bianca come la neve si allungava per prendere il cappello. Alzai lo sguardo affogando in due pozze scure come il più prezioso cioccolato del Brasile.
Chi mi stava di fronte era la ragazza stracciona.
Era piccolina, un volto d’avorio incorniciato da lunghi capelli color mogano stretti in una crocchia disordinata e con quei due occhi così scuri e profondi che sembravano scrutarti l’anima e in cui io mi ci stavo perdendo.
Piano, paino le guance della ragazza si tinsero di un grazioso rossore, mentre lei abbassò prontamente lo sguardo, forse intimidita dal mio che avevo preso a scrutarla in modo assai inopportuno.
No! Doveva rialzare il volto, volevo vedere ancora quegli occhi, perdermici ancora dentro.
Ma sebbene l’istinto mi diceva di farle rialzare quel bel volto di porcellana per ammirare ancora quelle pozze di cioccolato, la ragione mi impediva di fare una mossa così avventata.
– Mi scusi. – dissi con tono sicuro, sfoggiando il mio miglior sorriso che sapevo far capitolare ogni donna. Non servì a molto visto che lei continuava a tenere lo sguardo basso senza osare rialzarlo per incontrare il mio.
– Mi … mi scusi lei. – balbettò a mezza voce facendo un passo indietro.
Ok, dovevo tentare di nuovo, ormai mi ero messo in testa che avrei rivisto quegli occhi e niente e nessuno mi avrebbe impedito di farlo
– Aveva visto prima lei questo cappellino? – le chiesi cortesemente.
– Ehm … si … ma se lei vuole … – balbettò e potei notare come le guance le si tinsero ancor più di rosso e come gli occhi le si riempirono di lacrime.
Quella vista mi lasciò impietrito. Cosa avevo fatto? Perché ora piangeva?
– No, no, è suo. – dissi porgendole il cappellino – A proposito, che maleducato, io sono il signor Edward Cullen. – dissi afferrandole con gentilezza la mano che timidamente aveva alzato per afferrare il cappello e chinandomi vi posai delicatamente le labbra percependo con mia grande sorpresa la sua pelle morbida e vellutata.
La sentii trattenere il respiro, colta di sorpresa, sicuramente nei bassi fondi non erano dediti a questo genere di galanteria.
Quando mi rialzai, nella speranza di poter vedere gli occhi, lei fece un timido e un po’ goffo inchino, ma senza alzare la testa.
– I- Isabella Swan … piacere di conoscerla signor Cullen. – disse con voce tremante.
– Il piace è mio signorina Swan. Mi permetta di congratularmi per la scelta del cappello, è molto grazioso. – dissi.
Un timido sorriso affiorò su quelle labbra rosse e carnose e mi ritrovai ancora più attratto.
– La ringrazio signor Cullen, è un regalo. – disse, sembrando rinvigorirsi.
– Oh, davvero? E per chi, se mi posso permettere di chiederlo? –
– Ehm … per me … oggi è il mio diciannovesimo compleanno. – balbettò avvampando se possibile ancora di più.
Rimasi di stucco, quel giorno era il compleanno della ragazza!
– Per bacco! Queindi questo è un giorno speciale! Mi permetta di farle un regalo allora! – esclamai entusiasta.
Per qualche ragione che non comprendevo bene desideravo veder sorridere quella ragazza dall’aria tanto tenera ed emaciata.
La giovane finalmente alzò lo sguardo su di me sgranando quegli enormi occhi scuri dalla sorpresa e arrossendo ancora.
– Mr Cullen non serve… dico davvero… non mi permetterei mai di chiederle una cosa simile … –
– Insisto. – e così dicendo le voltai le spalle guardando ora con un nuovo interesse gli articoli esposti fino a trovare quello che cercavo.
Mi scostai per mostrarle la lunga collana di perle da avvolgere più volte attorno al collo e che, ne ero sicuro, avrebbe reso ancor più regale il suo candido collo affusolato.
Sgranò gli occhi ed avvampò riabbassando di nuovo lo sgurdo incredula.
La vidi torcersi le mani attorno a un lacero borsello di pelle ed improvviso cambiò espressione diventando cerulea e quando rialzò lo sgurdo sul mio vi vidi un’indignazione profonda.
– Non ho intenzione di accettare la sua carità signor Cullen, lei è senza dubbio generoso, ma io non sono una pezzente in cerca di elemosina. – sentenziò a denti stretti.
Rimasi sbigottito da questo suo cambio repentino e mi sentii in dovere di riproportle la mia offerta.
– Non se la prenda a male, signorina, voglio solo farle un favore. –
– Come le ho già detto Mr Cullen, per quanto magnanimo lei sia – e sputò tra i denti l’aggettivo ‘magnanimo’ come se vi leggesse una macabra ironia – io non chiedo la carità, o come li chiama lei “favori”, da chicchesia. – e dicendo ciò mi voltò le spalle dirigendosi al bancone col suo cappellino.
La proprietaria del negozio le si avvicinò di malavoglia per farle pagare l’acquisto ma quando la ragazza rovesciò il contenuto del borsello sul piano di legno e vide quei pochi spiccioli che non coprivano neanche miseramente il costo di quel cappello la vidi sgonfiardi e le sue spalle prendere a tremare lievemente.
Mi avvicinai a passo sicuro e senza pensarci due volte posai teneramente un mano alla base della schiena della ragazza mentre con l’altra possavo sul bancone una banconota.
– Se non vuole che le regala la collana almeno mi permetta di contribuire all’acquisto del suo delizioso cappello – mormorai.
La sentii rabbrividire un’istante sotto il tocco della mia mano ma subito rizò la schiena e alzando lo sgurdo su di me vidi quei bellissimi occhi pieni di lacrime trattenute e carichi di un orgoglio profondo.
– Non voglio essere trattata da stracciona. – disse con la voce bassa ma secura.
– Suvvia non se la prenda a male per una sciocchezza simile! È un dono che offro volentieri ad una bella signorina come lei, la prego di prenderlo e non far storie. – provai a sorriderle ma lei non mi guardava neanche più.
Si mordeva il labbro inferiore pallida in volto, poi titubante prese il cappellino.
– La ringrazio mr Cullen, le auguro una buona giornata. – e così dicendo uscì dal negozio senza alzare più lo sgurdo.
Rimasi fermo dov’ero, bruciato dal desiderio di correrle dietro e fermarla, per chiederle cos’avessi sbagliato, per farmi perdonare, o semplicemente per supplicarla di guardarmi ancora con quegli occhi che m’avevano stregato.
Ma non feci nulla, rimasi fermo fin quando non mi riscossi dal mio torpore per poi tornare da Miss Denali ora intenta ad ammirare dei nastri colorati, per tutto il tempo non si era accorta di niente, o almeno speravo.
– Beh, almeno sa stare al suo posto.– commentò malignamente la signorina Denali tenendo lo sguardo sempre puntato sui nastri colorati.
No, Tanya aveva visto tutto e aveva anche ragione: quella ragazza sapeva dov’era il suo posto e lì ci restava, al contrario di me che mi stavop mettendo in ridicolo. Lei era una ragazza dei bassi fondi, viveva tra il carbone e i macchinari delle fabbriche che circondavano la città e li sarebbe rimasta, io ero un borghese, la mia famiglia era conosciuta dalle più importanti famiglie di Chicago e avevo un nome e un onore da portare alto.
Ma infondo quando si aveva soldi e potere si poteva fare tutto, e ormai avevo preso la mia decisione: avrei fatto il possibile per rivedere gli occhi di Isabella Swan.


Salve a tutti! volevo riproporvi questa mia vecchia ff con dei piccoli moglioramenti. spero che vi piaccia!
Buonanotte
S.

  
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