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Autore: S_Austen    04/09/2017    4 recensioni
Edward Cullen, ricco e sfrontato giovane borghese nella sfrenata Chicago degli anni '20 verrà irrimediabilmente travolto dal desiderio per Isabella, semplice operaia di fabbrica. Ma tra il carbone delle nuove macchine ed il metallo della fiorente metropoli, tra sfarzose feste da ballo e intrighi economici, Edward riuscirà a scorgere in Miss Swan il tesoro più prezioso: un tenero, innocente, orgoglioso, delicato, semplice, combattivo, leale, dolce, comprensivo, sensibile Cuore di donna.
Genere: Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan, Un po' tutti | Coppie: Alice/Jasper, Bella/Edward, Emmett/Rosalie
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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Pov Edward

Percorrevo in auto le affollate strade di Chicago, ma essendo l’ora di punta il via vai dei lavoratori era più intenso rendendo impossibilmente lento proseguire in automobile. In quei giorni ero costantemente annoiato, nessun avvenimento intrigante m’aveva interessato, poco o nulla sembrava riuscire a scalfire la spessa patina di noia ed insofferenza che da due giorni mi perseguitava abbandonandomi ad alla svogliataggine; persino gli incontri con la bellissima Tanya Denali avevano perso ogni genere di attrattiva. Ero così ridotto da quella fatidica domenica in cui incontrai la deliziosa ragazza del cappellino; non capivo cosa mi stesse succedendo, mi sentivo mortalmente in colpa nei confronti di quella ragazza sebbene non capissi effettivamente cosa le avessi fatto di tanto male.
Ma ormai non avevo più motivo di pensarci, in fondo con ogni probabilità non ci saremmo più rivisti, Chicago era così grande che sarebbe stato come cercare un ago in un pagliaio.
Ma questa consapevolezza mi mortificava ancor di più: volevo rivedere quegli splendidi occhi color cioccolato, volevo perdermici dentro ancora una volta, ma non potevo, i nostri ranghi ci impedivano quasi anche solo di comunicare, figuriamoci rimanere ammaliati l’uno dell’altra.
Sbuffai.
No! Avrei fatto qualcosa, qualsiasi cosa, pur di rivedere quegli splendidi occhi, poi non l’avrei più importunata, l’avrei lasciata in pace alla sua vita… forse.
Ad ogni modo avrei dovuto prima pensare a un modo per reincontrarla, sarei dovuto andare nella zona industriale, nei sobborghi operai, ma in quella zona non ero in grado di orientarmi.
Sospirai sconfitto.
Non sapevo più che pesci prendere.
La mia mente vagò al discorso che era avvenuto con mia madre la sera stessa dell’incontro con Miss Swan.

Bussarono alla porta della mia camera.
Si? –
– Edward, sono io. – mi rispose la voce di mia madre Esme dall’altra parte.
– Entra pure. –
La porta venne aperta lasciando entrare mia madre, una donna piccola, con i lunghi capelli ramati come i miei e gli occhi nocciola ed il sorriso più dolce che avessi mai visto.
– Come stai? – mi aveva chiesto venendosi a sedere sul letto vicino a me e accarezzandomi i capelli con fare materno, come se fossi ancora un bambino.
– Sto bene. – dissi scansando infastidito la sua mano.
– Come è andato il pomeriggio con la signorina Denali? – chiese lei.
I miei genitori sapevano bene quanto avrebbe giovato alla famiglia stringere rapporti con i Denali, erano ricchi e rispettabili, nonché il signor Denali, Eleazar, era buon amico di mio padre, il dottor Carlisle Cullen. Ma mia madre sapeva, per quanto avesse preso in simpatia Carmen, la moglie del signor Denali, che le loro tre figlie, Tanya, Irina e Katherine, fossero ragazze viziate e superficiali e, come ogni buona madre, desiderava per suo figlio una compagna di vita capace di innalzzarlo a valori più alti che il mero denaro e piacere.
E in effetti aveva ragione, non amavo questo lato del carattere di Tanya, ma considerando che la vita matrimoniale non era tra i miei interessi potevo felicemente accontentarmi.
– È stato un pomeriggio divertente, la signorina Denali è molto estroversa e piena di spirito. –
– Bene … – prese fiato e poi proseguì – Tesoro, volevo parlarti di una cosa molto importante. – iniziò.
– Cosa? –
–Tuo zio Aro ultimamente non sta tanto bene, tempo fa aveva avuto un forte malore, ma grazie al cielo si è ripreso e in caso di una sua ricaduta che potrebbe risultargli fatale la sua eredità e i suoi possedimenti spetterebbero a te considerando che non ha né moglie né figli. –
Rimasi senza parole.
Avrei ereditato le aziende di mio zio, tutti i suoi immensi averi e il suo ingente denaro sarebbero diventati miei!
– Ma … non capisco… perché io? Tra tutti i soci e i parenti di mio zio? –
– Aro non avendo diretti discendenti a cui passare tutta la sua eredità deve darla al fratello minore, tuo padre, ma Carlisle ha già un lavoro con una buona rendita e comunque non ha tempo per badare anche alle fabbriche e alle proprietà di tuo zio, perciò l’unica soluzione sarebbe passare tutte le aziende in mano tua, essendo l’unico figlio maschio dei Cullen. – mi spiegò mia madre.
Non ci potevo ancora credere avrei posseduto delle fabbriche creando così il mio impero aziendale.
Mio padre faceva il medico e sapevo che accarezzava l’idea di passare a me il mestiere di famiglia, ma la medicina non era mai stata nelle mie corde sebbene avessi intrapreso un anno di collage per gli studi di medicina, prima reiscrivermi a economia, e avessi svariate volte assistito mio padre nei casi meno gravi all’ospedale.
Invece diventare un ricco imprenditore andava oltre ogni mia più rosea aspettativa e sarei stato un folle a rifiutare.
Bastava soltanto che quel vecchio di mio zio mezzo matto e solo come un cane morisse e io avrei avuto in mano tutto il suo potere.

Ero perso in queste riflessioni quando all’improvviso qualcosa attirò la mia attenzione: una donna con i capelli castani legati alla meno peggio in una crocchia e coperti da un grazioso cappellino color avorio con un’elegante spilla dorata.
Quello era il cappellino!
Non ci potevo credere! L’avevo ritrovata! La ragazza dagli occhi color cioccolato!
Ultimamente la fortuna girava a mio favore.
– Dimetri, fermati! – ordinai all’autista che fermò subito l’auto per farmi scendere.
Cominciai a correre, inseguendo quella figura che andava a confondersi col resto della marmaglia di persone che mi circondava.
– Isabella … – sussurrai senza rendermene neanche conto e pronunciando per la prima volta il suo nome – Signorina Swan! – urlai più forte per farmi sentire, ma lei non si fermava. La rincorsi urlando il suo nome perché lei mi notasse.
Alla fine riuscii a raggiungerla e pronunciando un’ultima volta il suo nome l’afferrai per la spala così che si voltasse, ma quando lei mi guardò sbigottita non mi ritrovai davanti alla ragazza dagli occhi di cioccolato, bensì a una donna di mezz’età, il volto stanco, mortalmente pallido e segnato dalla stanchezza, gli occhi castani velati e i capelli scuri screziati di grigio.
– Ha bisogno di aiuto signore? – domandò la donna lievemente preoccupata.
Solo ora notavo la netta somiglianza tra lei ed Isabella: sia il fisico, che i capelli e persino gli occhi (sebbene quelli della donna di fronte a me fossero più vacui e privi di quella luce speciale che per qualche istante avevo potuto ammirare in quelli di Isabella) erano simili.
– Ehm … no, mi scusi, l’ho scambiata per un’altra persona. – mormorai sconvolto.
– Oh, non si preoccupi. Buona gio … – non fece tempo a finire di parlare che dei forti colpi di tosse la percossero, mentre il volto le si faceva cereo, il corpo rigido mentre si piegava in due dallo sforzo.
– Signora, sta bene? – le chiesi preoccupato.
La donna si portò alla bocca un fazzoletto e continuò a tossire incessantemente e non mi sfuggirono delle macchie scarlatte a sporcare la stoffa candida.
Infine rialzò gli occhi supplicanti prima che si facessero bianchi e i muscoli si sciogliessero lasciandola crollare rovinosamente a terra priva di sensi.
Riuscii ad afferrarla prima che cadesse e sollevandola tra le mie braccia, corsi alla macchina depositando la donna svenuta sui sedili posteriori.
– Dimetri, portami subito a casa, sbrigati! – ordinai all’autista che subito ripartì verso Villa Cullen.
Ero molto più vicino a casa mia che all’ospedale e poi lì ero sicuro che la donna avrebbe ricevuto cure mediche.
Nel giro di pochi minuti eravamo già arrivati e subito presi la donna tra le braccia portandola alla porta dove venne ad aprirmi una domestica.
– Alice, aiutami con la signora, si è sentita male in strada. Va a chiamare mio padre e prepara la camera degli ospiti. – Alice Brandon, una delle domestiche di Villa Cullen, nonché cara amica di infanzia, mi fidavo così cecamente di lei che le avrei ceduto la mia stessa vita.
– Certo signor Cullen, subito. – e corse via.
Mi diressi in salotto dove mia madre stava placidamente distesa sul divano intenta a leggere un romanzo.
– Oh per l’amor del cielo! – esclamò Esme portandosi una mano alla bocca vedendomi entrare e depositare la donna sul divano. In quel momento entrò mio padre a passo sicuro e visitò velocemente la donna dopo che gli ebbi spiegato cosa era accaduto per strada.
Carlisle non aveva dubbi: tisi. La signora venne portata al piano superiore, nella stanza degli ospiti, tenuta sempre sotto controllo da una domestica.
Quando riprese i sensi la prima persona con cui volle parlare fui io. Mi stupii di come prese la notizia della sua malattia, quando mio padre le disse che lei era affetta da tubercolosi polmonare lei sorrise e annuì.
La donna sembrava essere serena, come se se lo aspettasse, accettava con ammirabile tranquillità e calma la sua probabile morte. Ma la cosa che più mi colpì della signora fu il suo sorriso: non era rassegnato come quello che vedevo in molti dei pazienti di mio padre, bensì sereno, immune da tutto il male del mondo. Forse era questo che la morte portava con se, almeno per questa donna: la pace, l’assoluzione da tutti i mali commessi e subiti, perché, ne ero certo, quella donna doveva aver visto davvero tanto dolore, glielo si leggeva in quegli occhi spenti e ormai privi della gioiosa vitalità della sua spensierata giovinezza.
Ma dopo aver fatto quelle osservazioni sull’insolito comportamento della signora, ella non disse niente della sua malattia ma espresse la sua gratitudine nei miei confronti.
– La devo ringraziare signor Cullen, non so dove sarei adesso senza il suo intervento. –
– Non c’è di che ringraziarmi signora …? –
– Swan. Renée Swan. –
Swan … non mi dire che …!
– Qualche giorno fa ho incontrato una certa signorina Swan, in un negozio. – lanciai uno sguardo al cappellino che era stato messo sulla poltrona in fondo al letto assieme al soprabito.
– Oh, ma non c’è dubbio! Lei è il gentile gentiluomo che ha fatto quel generoso regalo a mia figlia. –
Mi compiacqui sentendomi definire un “gentiluomo”, ne ero davvero lusingato, i miei genitori ci tenevano all’educazione e di conseguenza mi avevano sempre istruito per farmi diventare un uomo dalle maniere amabili e dai modi impeccabili.
– La signorina Isabella è sua figlia? – chiesi stupito.
Beh, forse non tanto stupito, ormai avevo intuito che tra la donna e la ragazza ci fosse un certo legame.
– Si, la mia Bella è la più piccola dei miei due figli. –
– Allora quando tornerà a casa può scusarsi da parte mia con Miss Swan, purtroppo durante il nostro primo ed unico incontro senza volere le ho recato offesa. –
Mrs Swan, con mia grande sorpresa, scoppiò a ridere – Non si preoccupi signor Cullen, a volte mia figlia è molto permalosa, ma non la prenda a male, ha apprezzato molto la sua generosità e sono certa che le è infinitamente grata per aver reso il giorno del suo compleanno ancora più speciale. –
– Io non ho fatto niente, anzi è stato un piacere per me rallegrare un giorno così speciale per sua figlia, come dice mia madre “infondo si compiono diciannove anni solo una volta nella vita!” – scherzai.
– Purtroppo Bella pecca d’orgoglio e anche se le portassi le sue scuse non le accetterebbe, è troppo testarda! Ma sono sicura che le sarà eternamente grata per ciò che ha fatto per me. Mia figlia a volte è così apprensiva, questa mattina era restia anche a farmi uscire per via della malattia, oh se le avessi dato ascolto! –
Un’inspiegabile moto di orgoglio virile m’invase a quelle parole, in un certo qual modo l’idea che Miss Swan mi fosse eternamente grata (in debito nei miei confronti oserei dire) mi dava un’innata scarica di potere e compiacimento del quale il mio egoismo si nutriva ferocemente.
– Se non sono indiscreta le posso chiedere un ultimo favore Mr Cullen? –
– Certamente. –
– Mi può aiutare a scrivere una lettera ai miei figli? Le restituirò al più presto i soldi dei francobolli. –
– Non dica sciocchezze Mrs Swan, i francobolli non sono certo un problema e sarò lieto di aiutarla a scrivere la lettera per lei, anzi se lei gradisce farò accompagnare qui i suoi figli a farle visita finché lei sarà ospite a casa mia. –
E detto questo mi feci portare carta e penna e sotto dettatura della signora Swan cominciai a scrivere.


 

Pov Isabella

Continuavo a percorrere avanti e indietro la piccola stanza che fungeva da cucina a grandi falcate.
Ero nervosa, continuavo a torturarmi le mani in preda all’ansia.
Ero uscita quella mattina per andare a lavorare in fabbrica e dissi a mia madre, che quel giorno sembrava star bene, che se voleva uscire doveva coprirsi bene e le avevo persino dato il mio cappellino nuovo per ripararsi il più possibile dal freddo autunnale.
Erano ormai le cinque del pomeriggio e mia madre non era ancora tornata a casa.
Per l’amor del Cielo, dov’era finita? E se le fosse successo qualcosa? Se avesse avuto un malore lungo la strada e ora si trovava in un vicolo dimenticato da Dio a patire le pene dell’inferno in fin di vita? Oddio, non volevo neanche pensarci!
Sentii la porta aprirsi e corsi in entrata.
– Mamma?! … ah no, sei solo tu. – dissi vedendo sulla porta mio fratello maggiore.
– Oh che che calorosa accoglienza! – si finse stizzito stizzito Emmet.
Mio fratello era un uomo di venticinque anni, alto e robusto che con quell’aria provata e l’aspetto smunto dalle troppe ore di lavoro ai pesanti macchinari della fabbrica ad un occhio esterno avrebbe dato l’idea di un’uomo senza dubbio minaccioso, ma per me lui era il mio dolce fratello maggiore, troppo impegnato a voler bene a me e mia madre per apparire anche solo lontanamente intimidatorio.
– Hai finito prima il tuo turno oggi. Cosa succede? – mi chiese.
– Si, dei lavoratori hanno fatto sciopero e ci hanno fatto tornare a casa prima. Ma non è questo l’importante! Oggi la mamma è uscita e non è ancora rientrata! – singhiozzai ormai sull’orlo della disperazione.
– Bella calmati. – ordinò Emmett – È tutto sotto controllo, va tutto bene. – disse in tono sicuro per rassicurarmi.
In quel momento sentimmo un esile bussare alla porta e ci precipitammo entrambi verso l’entrata nella speranza che fosse nostra madre che rientrava.
Ma per la seconda volta rimasi delusa: sulla porta non c’era mia madre, bensì un ragazza minuta e con i capelli neri e gli occhi scuri, i vestiti suggerivano che fosse una domestica ma il taglio corto ed accurato e la raffinatezza delle mani stonavano con l’ingombrante divisa da lavoro.
– Ehm … salve. – dissi alla sconosciuta.
– Salve, sono Alice Brandon, al vostro servizio. – ci rispose con un inchino elegante – Voi siete il signore e la signorina Swan? – ci chiese con voce trillante.
– Si, siamo noi. – rispose mio fratello altrettanto confuso.
– Bene. Questa è una lettera di vostra madre, mi hanno detto di consegnarla a voi. – disse la ragazza porgendoci una busta che mio fratello prese.
– Una lettera? – chiesi strappandogliela di mano e aprendola.
La scrittura mi era completamente sconosciuta elegante e spigolosa.


Cari Emmett e Bella sto bene. Questa mattina, mentre mi dirigevo al mercato, mi sono fatta prendere da un malore, ma il gentile signor Cullen mi ha soccorsa. Al momento sono ospite a Villa Cullen, dove il dottor Carlisle Cullen mi sta curando, è un uomo molto generoso come il figlio e gli sono molto grata. Non preoccupatevi per me, mi sto già riprendendo e tra un giorno potrò tornare a casa. Fate i bravi durante la mia assenza.

P.S.: Il signor Cullen vi invita a farmi visita a casa loro. Seguite le istruzioni che vi darà la domestica.

Mrs Renée Swan Mamma

 

 

– Mr… Cullen? – mormorai impallidendo. 



Ciao a tutte! Ecco un nuovo capitolo! Spero che vi piaccia anche se dobbiamo ancora entrare nel vivo della storia! 
Un saluto e un grande grazie a tutte quelle che mi hanno recensito nel capitolo precedente, tutte quelle che hanno messo questa storia tra i seguiti o addirittura tra i preferiti, mi avete resa davvero felicissima! :) 
A presto, bacioni a tutte!
S.

  
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