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Autore: chiaretta85_    30/08/2017    3 recensioni
Tratto dal primo capitolo:
Eppure ora era diverso. O forse erano i miei occhi ad essere cambiati. Quel bosco mi intimoriva e mi affascinava in ugual misura. Perchè ora quelle stesse fronde, quegli stessi colossi silenziosi, avevano per me un altro significato. Io sapevo. Sapevo cosa potevano nascondere, io sapevo cosa potevano raccontare se fosse stato concesso loro il dono della parola, io sapevo i loro segreti. E loro conoscevano i miei. E mi aiutavano a custodirli. A loro avevo sussurrato il mio amore, il mio cuore e la mia gioia e avevo gridato il mio dolore, il mio tormento, il mio castigo.
Sospirai.
«Sei pronta?»
Sobbalzai, voltandomi verso la porta. Due lucenti occhi color ambra mi guardavano sereni, cercando di nascondere la ruga di apprensione che si stava formando al centro della stessa fronte del volto dal quale mi osservavano.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan, Un po' tutti | Coppie: Bella/Edward
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: New Moon, Più libri/film
Capitoli:
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Capitolo 4 – Arrivo

Pov Bella

È incredibile quanto può essere assordante il silenzio. È un amico fidato nella maggior parte dei casi, ma sa essere anche subdolo e ingannatore. Perfino tentatore. Ti sussurra nell’orecchio con le sue note mute, instilla idee, pensieri, parole.

Il paesaggio scorreva veloce davanti ai miei occhi, ma non lo vedevo. Il vampiro era silenzioso al mio fianco, fintamente concentrato sulla strada che gli si apriva davanti. Chissà se i suoi pensieri erano simili ai miei. Chissà se il suo silenzio era altrettanto rumoroso. Avrei voluto tapparmi le orecchie per fermare il flusso dei pensieri.

“È fuggito lontano, subito dopo averti lasciato. Non poteva soffocare il dolore di averti persa. Non siamo riusciti a fargli cambiare idea”

Non riuscivo a smettere di pensare alle parole di Carlisle. Dargli un senso era impossibile. Inconcepibile. Almeno per me. Era quello che avevo risposto anche al mio padre immortale, mentre chiuso nell’abitacolo accogliente ma freddo dell’auto che ci portava a destinazione. dava voce a quei segreti  “Davvero Bella? Davvero non hai mai dubitato delle parole di Edward? Mai?”

Le parole di Edward. Mi dispiace di averla fatta durare tanto a lungo. Non voglio che tu venga con me. Sarà come se non fossi mai esistito. Le ricordavo tutte. Glaciali, crudeli, affilate. Mi squarciavano e spezzavano con la forza di mille lame. “Ha detto che sarebbe stato come se non fosse mai esistito”avevo ribattuto io. Mi era sfuggita una risata amara. “A quello non ho mai creduto”

Carlisle si era limitato ad annuire.”Il problema era la mia anima, vero?Lui ha negato ma…” Aveva rivolto lo sguardo all’immensità degli spazi aperti che quello stato regalava al mondo, non vedevo altro che verde e il bianco in lontananza che già  in quella stagione avanza senza pietà pronto a conquistare ogni angolo. Mi chiedevo cosa invece riuscisse a vedere lui. “Il problema era l’amore travolgente che provava per te e l’odio e la repulsione che sentiva per se stesso.”

Ero rimasta in silenzio da allora, persa nei ricordi, nel rimorso, nella rabbia per non essere abbastanza. Per essere diventata ancora meno.  Nella paura di ciò che mi aspettava. Nel desiderio quasi insopportabile di rivederlo. Ancora una volta. Mi occorsero diversi secondi prima di rendermi conto di non sentire più il lieve ronzio del motore. Prima che mi accorgersi che il mondo intorno a me era fermo, che non scorreva più.

«Bella.»

Inspirai forte. La  voce pacata di Carlisle mi aveva colpito come una palla di cannone. Voltai lentamente la testa e mi persi nello spettacolo davanti a me. Un enorme casa, non molto diversa da quella di Forks, svettava imponente e maestosa davanti a me, incurante della neve che tentava senza successo di ricoprire ogni cosa. Cinque figure attendevano immobili davanti all’ingresso. Una di loro si staccò dalle altre.

Fu un lampo che non riuscii a registrare. L’istante prima Carlisle era al mio fianco, quello dopo la portiera era spalancata su un sedile vuoto, la figura del mio secondo padre a pochi metri dall’auto, la sua schiena china in avanti ad abbracciarne un'altra più piccola e minuta. Le bianche ed eleganti mani di Esme lo stringevano in vita mentre il leggero tremore delle sue spalle scuoteva entrambi, unico sfogo concesso a delle lacrime che non potevano più essere versate.

Il singulto mi scosse dal profondo, mi portai un mano alla bocca cercando di non lasciarlo uscire, mentre le lacrime mi gonfiano gli occhi impazienti di fuggire al mio controllo. Distolsi lo sguardo per rispetto quando le loro labbra si toccarono con avida impazienza.

Mi riscossi quando la mia portiera si aprì e il volto di Carlisle tornò a dominare il mio campo visivo. Esme era alle sue spalle, gli occhi aperti, sbalorditi, l’espressione incredula mentre mi guardava da dietro le spalle del marito registrando ogni più piccolo dettaglio del mio corpo. Mi irrigidii per istinto.

«Bella» disse, con la sua voce cristallina, incantevole come un coro di cherubini. Mi sforzai di sorridere. «Ciao, Esme.» Il suo viso passò dall’incredulità alla consapevolezza, dalla comprensione al dispiacere, per finire di nuovo in uno di ammirazione e assoluta adorazione tornando sul suo compagno di immortalità.

«Bella. Ora ti faccio scendere.»

Annuii a Carlisle e attesi che recuperasse la sedia a rotelle. Tenni lo sguardo basso. Non volevo guardare i volti di nessuno di loro. La pietà nei loro occhi mi avrebbe ucciso. Lasciai che Carlisle mi sollevasse dal sedile, come se fossi un bambina, aspettai guardandolo assicurarmi alla sedia a rotelle e posarmi una coperta sulle gambe. Erano gesti del tutto automatici per noi, una routine a cui non facevamo più caso ne lui ne io. Ma mai come in quel momento fui consapevole di ogni gesto, espressione o movimento. Sentivo lo sguardo penetrante dei vampiri su di me. Sollevai  lo sguardo. Quattro figure bellissime e assolutamente immobili si ergevano in tutta la loro magnificenza di fronte a me, gli sguardi fissi increduli e sbigottiti. Solo una di loro sorrideva, piccola e minuta, elegante come una dea, gli occhi color caramello sembravano liquidi, piene di un emozione potente.

«Alice» mormorai sforzandomi di non piangere. Sobbalzai ritrovandomela davanti in un battito di ciglia, forse meno. Carlisle alle mie spalle si irrigidì.

«Piano Alice. Non spaventarla» La vampira sollevò il volto angelico sul nostro padre adottivo, leggermente spiazzata da quel rimprovero. «Mi dispiace» disse tornando a guardarmi. «Bella. Mi sei mancata» la sua voce si spezzò in un singhiozzo strozzato.

Annuii. Non ero capace di niente di più. Milioni di volte avevo pensato e ripensato a tutte le cose che avrei voluto dirle se un giorno l’avessi rivista. Fiumi di domande, distese di parole, milioni di perché. Ma in quel momento non c’era niente in me. Allungai una mano e sfiorai delicatamente una delle sue.

«Alice» la voce mi si era già spezzata. «Grazie» fu tutto ciò che riuscii a dire. Non servivano milioni di parole. O spiegazioni. Non con Alice.

Emmett, Rosalie e Jasper attendevano nella loro incredibile immobilità a pochi passi da me. I volti innaturalmente perfetti. Alice raggiunse il marito, mentre Carlisle spingeva lentamente la mia sedia a rotelle. Non mi staccavano gli occhi di dosso. Ma tutto ciò che riuscivo a pensare io, era : lui non c’è.

Mi accorsi vagamente che Carlisle si era avvicinato ai suoi figli, salutandoli. Sentivo mormorii di stupore e credo che qualcuno, forse Emmett, stesse cercando di attirare la mia attenzione. Ma io non sentivo niente. Non vedevo niente. Il muro di vampiri si era scostato e tutto ciò che riuscivo a vedere, era il portico di ingresso della grande casa. Una distesa di vetro e legno bianco. Una figura immobile mi fissava con occhi del colore della notte. Il volto distorto in una smorfia di dolore e rabbia. Incredibilmente pallido e visibilmente provato mi fissava con insistenza. I pugni erano serrati, i denti scoperti. Non mi accorsi subito di cosa stesse succedendo, qualcosa tremava e sussultava, scuotendomi in modo convulso. Il viso dell’angelo mutò in un espressione terrorizzata, gli occhi si riempirono di un nero liquido come petrolio. Qualcuno gridava il mio nome. Carlisle.

«Respira! Bella! Bella!»

Ero io. Io. I tremori che mi scuotevano venivano dal mio petto. Non riuscii ad obbedire al mio padre custode, il cuore insisteva per squarciarmi in due, voleva fuggire da quel dolore, da quel tormento.

«Edward»mi sentii dire, prima che il buio coprisse ogni cosa.

 

Pov Edward

Quando credi di aver raggiunto il fondo dell’inferno, questo si spalanca sotto i tuoi piedi per mostrarti quanto può essere infinito.

Il mio personale inferno  dagli occhi di cioccolato me lo aveva appena dimostrato. Avevo sbagliato tutto. Ogni cosa. Ancora una volta. Guardai mio padre sistemare un'altra coperta sul suo corpo addormentato. Controllò i suo parametri vitali per l’ennesima volta, i suoi pensieri erano tutti rivolti a lei.

Dovresti andare a caccia.

«Non la lascio»

Leggevo la disapprovazione di mio padre, mal camuffata nella sua mente,per la mia testardaggine.

Edward. Non voglio che si spaventi. Non deve agitarsi ancora. Non voglio che ti veda in questo stato.

Inspirai. Mille lami affilate mi trafissero la gola lacerandomi quasi fino a strozzarmi. Sentii gli occhi bruciare per la fame. Il mostro dentro di me ruggì.

Dormirà per almeno tre o quattro ore. Vai.

Non mi guardava nemmeno. Fissava Bella con la grazia e l’immobilità che solo gli individui della mia specie erano in grado di raggiungere. Sentivo il suo dolore come se lo vivessi attraverso Jasper. Ma era così forte da essere tangibile. Una quarta presenza nella stanza. Soffriva per lei, per il suo dolore. Lessi il senso di colpa che dominava la sua mente. Si rammaricava di non essere arrivato in tempo. Era un litania continua. Non riusciva a darsi pace.

«Non è colpa tua. Se c’è un colpevole sono io. Non avrei dovuto…» Mi mancavano le parole. Prenderla? Lasciarla? Non ne ero sicuro. Se fossi stato qualcosa di migliore del mostro che sono, non avrei mai dovuto prenderla, non avrei mai dovuto lasciare che si innamorasse di me. Ma ero un mostro e quindi mi rammaricavo di più di averla lasciata, di averla persa, di averla lasciata andare.

Ero un mostro. E avevo scelto di amarla.

«Dimmi che cosa è successo. Ti prego.»

Una serie di flash scoppiarono nella mia mente come un incendio nel buio della notte. Mio padre in uno studio medico, lo squillo del telefono, la voce isterica e disperata di mia sorella dall’altra parte. “Non c’è  tempo Carlisle, corri.” Il terrore nel cuore di mio padre, “Ma Edward?” Alice era stata lapidaria. “No, devi farlo tu!” E poi la corsa folle, il rumore di uno schianto che frusta l’aria con la potenza di un onda d’urto e l’ode di sangue. L’odore paradisiaco del sangue di Bella, insieme all’odore inconfondibile della morte. Charlie. Un groviglio di lamiere accartocciato e rovesciato contro un albero, il corpo di Bella scomposto riverso sull’asfalto nero in un mare di rosso.

Un urlo squarcia il silenzio della casa. Le immagini cessano di colpo. E lo capisco solo in quel momento, lo vedo nella mente che conosco fin dal primo istante della mia nuova non-vita. Il verso disumano di un animale selvatico accartocciato su se stesso ridondante della sua stesa agonia. Io.

E scappo. Fuggo. Corro. E sono nella foresta. Mi seguono. Jasper. Emmett. Alice. Mi seguono, mi supplicano, mi implorano.

“Fratello, ti prego”

E sono fermo. Immobile. Agonizzante. E loro sono dietro di me. E poi sono rabbia. Attacco. Il volto spaurito di mia sorella mi fissa con occhi spaventati. Stringo la presa sulle sue braccia.

«Perché? Dimmi perché?» E poi non c’è più. E Jasper mi tiene fermo. Immobilizzato contro il troco di un albero. La mia mente è troppo offuscata per prevedere le sue mosse. Non mi ribello. La guardo.

«Credi che non ci abbai pensato?Credi che non abbia pensato di chiamarti immediatamente appena ho avuto la visione? L'ho fatto. Certo che l’ho fatto…»La sua voce angosciata segue quella dei suoi pensieri.«Ho corso fino a quasi a raggiungerti, poi quando mi mancavano solo poche miglia, una visione mi ha annunciato che TU non mi avresti creduto. Non saresti corso da lei, credendo che era solo un mio tentativo di costringerti a rivedere la tua decisione. Sarebbe morta Edward. Carlisle a Seattle era il più vicino, l'unico che poteva salvarla. Non avevo scelta.»

Sto scuotendo la testa, non riesco a pensare, non riesco a sopportare. Voglio sapere. Voglio chiedere. Voglio perire. La visione di Alice precede ogni cosa e lei sorride.

«Lei non ha voluto. Carlisle ha promesso. E anch’io. Mi dispiace Edward.» Non voleva che tu sapessi. Non voleva la tua pietà.

E cedo. Ora lo so. Non potro più tornare indietro. Non da questo. Mai più.

 

 

 

   
 
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