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Autore: BaschVR    17/06/2009    1 recensioni
Il giorno della morte di Zack Fair, il cielo era nuvoloso, ed egli era morto lasciando qualcosa più grande di lui su questa Terra.
Il giorno della morte di Cloud Strife, pioveva, e la sua dipartita aveva messo in moto parecchi avvenimenti che avrebbero portato fine ad una lunga storia.
In entrambi i casi Aerith Gainsborough, in un modo o nell'altro, era una delle dirette responsabili: perché la follia non esiste finché non la si considera come tale.
Genere: Dark, Mistero, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Aeris Gainsborough, Altro Personaggio, Cissnei, Cloud Strife, Zack Fair
Note: Alternate Universe (AU), OOC | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 3

 

4 Ottobre 2009, 11:31 PM

 

Scarlet Krauger scosse la testa, mentre si allontanava da Zack Fair.

“E’ inutile... sai già quanto me cosa succederà adesso!” esclamò l’uomo, da dietro le sue spalle.

La donna abbassò la testa, sconvolta. Lacrime solcarono il suo pallido viso. Si affrettò ad asciugarle, austera, e mosse un altro passo, faticando. Davanti a lei tutto appariva sfocato e confuso; superò un cameriere che la guardò con curiosità ed un misto di timore ed odio, si aggrappò ad una colonna della grande sala, e guardò l’alto soffitto sopra di lei.

Tutto le appariva così… strano. Si concentrò sulla sala, cercando di mantenere vivo nella sua mente tutto ciò che le sfuggiva da sotto gli occhi. Cercava di fermare il flusso entropico che le allagava la mente, ,ma tutto le sfuggiva davanti e scorreva in un oceano di oblio che non ammetteva repliche, e si sentì già mancare, lì, in mezzo alla sala.

Si dette coraggio e riaprì gli occhi, anche se non ricordava di averli mai chiusi. Adesso riusciva a vedere quello che le accadeva davanti. Riuscì a vedere, fuori dalla sala, Cloud Strife e la moglie di Zack Fair che chiacchieravano tranquilli al chiaro di luna, mentre un leggero vento li solleticava; riuscì a vedere Elena Green che aveva appena agguantato un ragazzo e che lo trascinava verso un angolo buio della sala; riuscì a vedere tutto ciò che un attimo prima le era sembrato di perdere.

Ma le faceva male la testa...

Doveva andarsene da quella sala, non poteva più restare lì, con tutto quel frastuono,con tutte quelle luci, con lui che la squadrava... non gli avrebbe dato la soddisfazione di vederla soffrire in quel modo. Camminò ancora, un po’ incerta, poggiando una mano alla parete; costeggiò la sala, urtando di tanto in tanto qualche soprammobile e mandandolo in frantumi.

Si fermò ancora un momento per cercare di snebbiarsi le idee, e per capire cosa stesse facendo. Respirò profondamente, chiudendo gli occhi, ma poi li riaprì di scatto e vide ancora lui, Zack, che la guardava, con un sorriso soddisfatto dipinto sul volto. E lei non voleva dargli la soddisfazione di vederla così, non nel pietoso stato in cui ormai si trovava.

Cercò di ricomporsi, passandosi una mano per i capelli, ma ormai era inutile negare l’evidenza. Era evidente che aveva perso, era stata sconfitta da colui che aveva creduto di poter aggirare con facilità…

Mentre si teneva la testa tra le mani, chiuse ancora una volta le palpebre, e, come in una dimensione onirica irreale, rivide tutta la scena davanti agli occhi.

Rivide quella conversazione che l’aveva segnata, e che di certo aveva decretato il suo destino. Era incredibile sapere come un suo errore, un suo solo stupido errore era bastato a rovinare tutto quello per cui aveva lavorato in una vita.

Bah… Quanto era stata stupida. Quella scena l’avrebbe perseguitata in eterno. Era la punizione inflittale dal cielo per la sua superbia.

E nessuno le avrebbe mai detto che non se la meritava.

 

***Flashback***

 

Aerith se ne era appena andata, e loro due erano rimasti soli.

“Che simpatica” aveva detto Scarlet, non appena la ragazza se n’era andata via.

“Vero?” aveva risposto Zack, sorridendo “E’ quello che credo anche io. E’ grande!”

Poi era calato un silenzio imbarazzante tra loro due, ma che comunque, dopo un po’, era stato interrotto dalle dure parole dell’uomo.

 “Sono convinto che noi due dovremmo fare un’amabile chiacchierata, Scarlet” aveva detto, porgendole un cocktail che lei aveva accettato senza indugi.

Scarlet aveva alzato gli occhi, ed aveva visto che il sorriso sereno sul viso di Zack era sparito, sostituito da un ghigno di soddisfazione che non gli aveva mai visto prima sul volto.

“Sai, ho atteso questo momento da tanto tempo. Oserei dire anche da troppo!” aveva detto l’uomo, guardandola intensamente. Lei aveva sorseggiato il suo drink, non sapendo dove Zack volesse arrivare con le sue parole.

Finché lui aveva parlato ancora.

“Sapevo già del tuo piano” aveva continuato lui, guardandola con un sorriso intriso di superbia ed osservando il puro terrore che le stava, lentamente, invadendo gli occhi chiari. “Sapevo che non avresti mai organizzato un Party del genere senza un motivo vero e proprio. O almeno, senza una motivazione che potesse essere utile ai tuoi scopi. E così mi sono… preparato”.

“Timeo Danaos et dona ferentes*” [Spiegazione dell’espressione a fine capitolo] aveva sussurrato Scarlet, cominciando a comprendere ciò che l’uomo le stava dicendo.

Zack aveva sorriso. “Esattamente. Credevi che avremmo abboccato ad una trappola così poco congegnata, in balia del nemico che avevamo cacciato dalla nostra società? Mi stupisco di te. Non eri così stupida quando lavoravi per noi. O forse si, ed è per questo che ti abbiamo allontanata”.

“Io…”

“Non parlare, ti prego” l’aveva interrotta Zack “Sei patetica. Hai creato una fitta trama di burattini che era in realtà controllata da noi senza accorgerti di nulla. Non ti sei accorta nemmeno del gesto che ha decretato la tua fine, in questo istante!”

“Che intendi dire?”

“Pensa un momento, e lo scoprirai”.

Scarlet si era costretta a chiudere gli occhi e a riflettere sulle parole dell’uomo.

Entropia, gelida entropia nella sua testa… non era riuscita a concentrarsi, ogni volta che aveva cercato di isolare la mente per pensare indisturbata, l’eco del brusio della gente le era giunto in testa,  invadendo i suoi pensieri distruggendoli istantaneamente. Era un dolore terribile.

Poi le si era accesa una scintilla, all’improvviso.

Aveva rivisto la scena di poco prima, quando aveva salutato Zack. E stavolta era riuscita a notare la polvere che si intravedeva nel fondo del bicchiere che l’uomo le aveva porto, e aveva rivisto il sorriso soddisfatto con cui lui l’aveva accolta, e subito aveva capito il piano diabolico di Zack Fair, il piano che l’aveva messa nel sacco.

“Tu!” aveva esclamato, con tutto il fiato che aveva in gola e con tutto l’odio che aveva in corpo.

“E’ inutile agitarsi in questo modo” aveva sussurrato Zack, divertito “Accelererai soltanto il processo di avvelenamento. Ma comunque, entro un paio di minuti sarai morta, e la ShinRa avrà vinto”.

“No!” aveva esclamato. “Stai mentendo!”. Non aveva voluto crederci. Non aveva potuto crederci! Tutto ciò che aveva fatto, tutto ciò che per cui era valsa la vita… era tutto finito? No… non poteva…

“Ma se ti sei accorta anche tu del mio gesto!” aveva esclamato Zack. “Ammettilo, hai perso!”

“No…” aveva sussurrato. Si era voltata, aveva scosso la testa e si era allontanata.

“E’ inutile... sai già quanto me cosa succederà adesso!” aveva esclamato l’uomo alle sue spalle. Ma lei non si era fermata.

 

***Fine Flashback***

 

Cercò di schiarirsi le idee, ma nella sua testa risuonava continuamente l’eco delle parole che poco prima l’avevano distrutta; e mentre cercava di pensare, sentiva che lentamente le forze la stavano abbandonando. Ma perché vedeva tutto così annebbiato? Non riusciva a cogliere con lucidità le cose!

Ancora una volta si guardò intorno, ma nessuno sembrava notare il suo malore. Tutti erano troppo impegnati nelle proprie faccende, chi nello scambiare contatti di lavoro, chi nello stringere nuove amicizie, chi assorto nei propri pensieri ed estraniato dal mondo. Solo lei, in quella grandissima sala, era impegnata a far tutto e niente contemporaneamente. A lottare e a lasciarsi andare. A vivere e a morire.

Possibile che non ci fosse una cura? No, il veleno agiva troppo in fretta. Aveva già sintomi troppo gravi per potersi salvare in qualche modo. Ma allora, che fare? Se solo fosse riuscita a pensare un momento in tranquillità...

I documenti! Sicuramente erano uno dei motivi che avevano spinto Zack a compiere il suo inaccettabile misfatto! Erano ben nascosti, ma chi poteva garantirle che non potessero tranquillamente essere scoperti dopo la sua morte?

Doveva distruggerli, e subito. Solo così avrebbe potuto vincere, almeno in parte.

Stava già lasciare quella nefasta sala, quando una voce risuonò per quest’ultima, una voce forte, sicura, soddisfatta.

Una voce che aveva imparato ad odiare.

“Permettetemi di dire un paio di parole, vi prego!” disse Zack Fair, cogliendo l’attenzione della sala. Tutti gli invitati si voltarono verso di lui, curiosi di sentire cosa avesse da dire. Scarlet incontrò lo sguardo dell’uomo, che le rivolse un cenno divertito con la testa, godendo della sua disperazione.

“Credo di parlare a nome di tutti quando faccio i complimenti alla Signora Krauger per questa magnifica serata” continuò Zack “Tutto è stato organizzato magnificamente, con il gusto e l’eleganza che la contraddistingue da sempre. Davvero i miei complimenti, Scarlet”.

Partì un applauso solitario, da qualche parte nella sala.

Quel suono sordo le faceva male alla testa. Ogni volta che le mani battevano, una spaventosa fitta le attraversava il cervello. Sentiva la morsa della Morte più vicina, adesso.

Un altro paio di mani si unì all’applauso, e un altro, e un altro ancora.

Zack Fair sapeva cosa stava provando, e godeva di ogni fitta che le attraversava il cervello, di ogni secondo che l’avvicinava di più alla morte. Attuava un muto ma violento terrorismo psicologico che era alimentato da quel suo piccolo ed insignificante discorso, dettato da una motivazione visibile solo nell’ombra.

L’aveva sempre detto anche lei, la psicologia era la peggiore tra le armi.

E mentre l’applauso si esauriva e Zack continuava il suo discorso in onore a Scarlet, lei cominciò a non distinguere più le voci della gente accanto a lei, e sentì che la sua ora stava per giungere. Niente più tempo per nascondere i documenti, niente più tempo per salutare ciò che di più aveva amato nella sua vita.

Non c’era nemmeno il tempo per vedere per l’ultima volta sua figlia Eliza. Che razza di madre era stata? Sempre troppo occupata, senza avere mai un momento libero da dedicarle. In effetti, non aveva tempo da dedicarle nemmeno adesso, era troppo impegnata a morire! Ogni attimo che passava era un passo verso la morte, e probabilmente non sarebbe riuscita nemmeno a svegliarla in tempo prima che la vita l’abbandonasse.

Era arrivata l’ora di abbandonare la scena.

Stanca, poggiò una mano contro l’alta parete della sala. Il suo respiro era affannoso, non riusciva più a formulare un pensiero concreto,  tutto le sfuggiva davanti, troppo lontano per essere raggiunto.

Poi una consapevolezza la attraversò: non era ancora troppo tardi per la vendetta. Le sue mani si chiusero su un oggetto che aveva nascosto nella borsa che portava con lei. Un oggetto lucido, freddo al tatto, che si era riproposta di non utilizzare almeno per quella sera. Questo prima di conoscere il tremendo colpo inflittagli da Zack Fair.

“… Ed è per questo motivo” continuò quest’ultimo “che voglio brindare a questa grandissima donna, capace di mandare da sola avanti un grande impero finanziario e, soprattutto, di riuscire, ancora una volta, a stupirci con le sue idee e le sue iniziative, dopo tanti anni. A Scarlet Krauger!”

E mentre tutti brindavano alla sua salute, Scarlet decise che quello era il momento giusto per attuare una volta per tutte il suo piano. Mise allo scoperto la pistola che fino a quel momento aveva tenuto ben nascosta e prese la mira.

Non vedeva bene, e le girava la testa… ma doveva farlo.

E fu in quel momento, mentre le ultime forze la abbandonavano, che Scarlet premette per la prima volta il grilletto, e poi ancora, e ancora, e ancora una volta.

Il primo colpo mancò di qualche metro Zack, colpendo il muro alle sue spalle; il secondo si infranse contro la finestra che dava sul giardino della tenuta, mandando in frantumi le alte vetrate della sala; il terzo finì in mezzo alla folla, scuotendola come la tempesta agita il mare.

Il quarto fu il colpo maggiormente calibrato. Ci fu un momento in cui tutti si chiesero se Scarlet avrebbe avuto il coraggio di sparare ancora: il tempo pareva essere rallentato, la folla si era fermata ad occhi sbarrati, per osservare il folle gesto della donna, Zack Fair aveva urlato: “No!” e l’aveva guardata con un espressione di puro terrore dipinta sul volto.

Scarlet sorrise. Poi sparò e, un attimo dopo, si accasciò a terra, tra le oscure spire della morte, ma non prima di aver visto Zack accasciarsi a terra, colpito dal suo proiettile.

“Ci rivedremo all’inferno, Zack…”

 

 

 

 

 

Qualche secondo prima, Cloud Strife ed Aerith Gainsborough stavano animatamente conversando, cullati dalla leggera brezza che offriva quella notte. La luna rischiarava i loro volti e la facciata principale della tenuta. Dalla sala della festa proveniva un lieve brusio.

Cloud Strife soffermò ancora una volta i suoi occhi sul viso della donna che aveva davanti a sé. Era… strano. Con lei era semplice parlare, ascoltare, persino stare in silenzio, come in quel momento. Era speciale. Ora capiva ciò che Zack gli aveva sempre detto a suo proposito.

Non sapeva nemmeno cosa pensare, aveva come la mente ferma, in attesa di un ordine che non sarebbe arrivato molto presto.

Poi lo sentì. Un suono secco, un rombo cupo che squarciava la tranquillità di quella calma serata. Qualche urla dall’interno della sala. Poi un altro colpo, che stavolta infranse una delle alte finestre.

“A terra!” esclamò Cloud, trascinando Aerith con lui. Il proiettile passò sopra le loro teste, e si perse nel prato verde antistante la Magione.

“Ma che sta succedendo?” domandò lei, mentre un altro colpo esplodeva all’interno della sala, seminando il panico. Molti degli invitati si riversarono fuori, fuggendo e urlando frasi incomprensibili.

“Non lo so, non riesco a capire!” rispose l’uomo, mentre cercava di intravedere qualcosa di ciò che stava succedendo nella sala.

Trepidanti, attesero che un altro colpo fendesse l’aria. E quello venne, dopo qualche secondo, come se fosse stato maggiormente studiato rispetto ai precedenti. E stavolta, furono sicuri che qualcuno fosse stat colpito. Lo sentivano.

“E’… è finita?” chiese Aerith dopo qualche secondo, sporgendo un po’ la testa verso l’alto.

“Aspetta!” le rispose Cloud “restiamo un momento qui”.

Stettero vicini, senza guardarsi negli occhi, con le orecchie tese alla ricerca di un minimo rumore che lasciasse presagire una nuova sparatoria. Ma quando fu chiaro che più nulla sarebbe accaduto, lasciarono il loro nascondiglio per correre all’interno della sala. Gli invitati erano fuggiti dalla sala, che era rimasta deserta. Molti tavoli ai margini della stanza erano stati capovolti, probabilmente durante la fuga degli invitati.

“Non vedo niente di strano…” sussurrò Aerith all’orecchio di Cloud.

“Neanche io, ma facciamo attenzione” le disse l’uomo tenendola dietro di sé.

C’era qualcosa che non andava, se lo sentiva. L’ambiente traspirava di una calma gelida, frammentaria e stridente. Sembrava che il silenzio fosse stato creato da una dilaniante disperazione, la stessa disperazione che aveva spinto qualcuno tra gli invitati a sparare quattro colpi di un’arma da fuoco nel bel mezzo della festa.

“Non ti sembra come… innaturale? Questo silenzio, intendo” chiese Aerith, cercando di mantenere il tono della voce ferma.

“Non mi pare” sussurrò Cloud, rispondendole senza neanche sentirla. Era molto preoccupato per Cissnei e per Zack. Dove erano finiti? Sperò che fossero fuggiti insieme agli altri.

“Dove sono…?” chiese ad un tratto Aerith, guardandosi intorno.

“Zack e Cissnei?” rispose Cloud “Me lo stavo chiedendo anch’io. Spero che stiano bene, e che siano usciti via”.

“Non dovremmo andare anche noi?” domandò Aerith incerta, non riuscendo a nascondere il timore dai suoi occhi cerulei.

“Tu va’ pure, in effetti è troppo pericoloso per te” rispose Cloud “io voglio scoprire qualcosa, prima che arrivi la polizia!”

“Io non me ne vado!” esclamò Aerith in tono cocciuto, alzando la voce.

“va bene allora” sussurrò Cloud, per farla stare in silenzio. Sperò che nessuno li avesse sentiti. Colui che aveva sparato poteva essere ancora lì, ad ascoltarli, ma non disse niente per non spaventare ulteriormente Aerith.

Continuarono ad avanzare lentamente, con il rumore dei loro passi che attraversava le loro menti. Avanzarono fino a metà sala, con gli occhi che andavano da una direzione all’altra, cercando di intravedere tutti i luoghi che sarebbero potuti fungere da nascondiglio in caso di un attacco. Poi Aerith, parlò, e stavolta non cercò nemmeno di mascherare il proprio terrore.

“C-cos’è quello?” chiese, con un tono disgustato che tradiva la sua paura. Cloud si voltò ad osservarla e notò che puntava il dito contro una sagoma a pochi metri da loro, distesa in modo innaturale sul pavimento.

Fuori un lampo illuminò il cielo, seguito da un forte scroscio di pioggia quasi improvvisa. Un temporale stava abbattendo la sua furia contro Midgar. Forse, era stata la brezza che tanto li aveva accompagnati in quei giorni a portarlo da loro, lì, in quell’istante.

Gocce di pioggia bagnarono i vetri della sala, colando lenti verso il basso. Altri lampi illuminarono il cielo, squarciandolo.

Nella penombra della sala, non riuscivano a vedere con esattezza la sagoma che stava loro davanti.

“Credi che possa essere una vittima della sparatoria?” chiese Aerith.

“Probabile” rispose Cloud avvicinandosi. “Sembra una donna”.

Adesso era a pochi centimetri dal corpo. Con lentezza, mosse una mano verso quest’ultimo, ma non ci fu bisogno di toccarlo. Un violento lampo illuminò la scena: adesso sembrava che dalle finestre colasse sangue, anziché normale acqua, talmente era macabra la scena.

“E’ Scarlet!” esclamò Cloud, dimenticatosi ormai di mantenere basso il tono della voce.

“Che cosa?” esclamò Aerith, eppure non c’erano dubbi: anche lei aveva riconosciuto la fiera figura della donna, i suoi capelli dorati ed i suoi occhi, di solito così azzurri ma adesso vuoti ed inespressivi.

Cloud le tastò il polso. Nessun battito. Ancora non convinto, mise due dita sulla giugulare, alla ricerca della benché minima traccia di vita nel suo corpo. Poi si convinse che non c’era più nulla da fare.

“E’ morta” sussurrò.

“Che cosa?! Non è possibile!”

Cloud non le rispose. Aveva notato qualcosa di molto importante stretto tra le mani della donna esanime. “Guarda lì, è probabile che quella sia l’arma dalla quale sono esplosi i colpi!”

“Dici che si è trattato di suicidio?” chiese Aerith, continuando a guardare il corpo.

“Non vedo sangue… deve aver sparato contro qualcuno. Ricordi per caso se l’hai vista discutere con un invitato, oggi?” chiese Cloud, cercando di ricostruire come fosse andata la vicenda. C’era qualcosa che non quadrava… com’era morta? E soprattutto, perché aveva deciso di compiere quel folle gesto ai danni di qualche malcapitato? Non riusciva a spiegarselo.

Scarlet era una strana donna, questo lo sapeva. Ambiziosa, severa, piena di fascino e capace di incantare tutti con le sue parole; molti le erano nemici. Era stato uno di questi nemici il responsabile della sua morte? E lei gli aveva sparato contro  prima di morire? Sembrava una storia troppo strana per risultare reale.

“Beh, da quel che ne so Scarlet non era propriamente amichevole con tutti…” disse Aerith, pensando “Poi oggi non l’ho proprio vista litigare con nessuno, da quel che so ha parlato solo con…” si fermò di colpo “con Zack”.

“Che cosa?” domandò Cloud, sconvolto. Scarlet aveva parlato con Zack…

Zack Fair, eminente membro della ShinRa, aveva discusso con lei riguardo qualcosa. Qualcosa che doveva averla sconvolta, a quanto pare. 

“Dobbiamo trovare Zack, subito. Dobbiamo assicurarci che stia bene!” disse Cloud.

Accanto a lui, Aerith assentì e cominciò la ricerca.

 

 

 

 

Tifa Lockheart corse a perdifiato per i vasti prati antistanti alla tenuta di Scarlet. Era entrata dal cancello posteriore, di soppiatto, ed adesso correva a perdifiato verso la sala dove si teneva il party, per cercare di avvertire Scarlet del pericolo che stava per correre. Tuttavia, per quanto stesse correndo veloce, sapeva già che non sarebbe servito a nulla, e che tutto era già perduto.

Aveva visto le volanti della polizia al cancello principale della tenuta, da cui scendevano alcuni poliziotti preoccupati; aveva visto la gente che si riversava fuori dalla villa, spaventata da ciò che stava accadendo all’interno di essa; e subito aveva capito che non c’era più nulla da fare, purtroppo.

Ma aveva continuato a correre, aveva continuato la sua folle e inutile corsa verso la verità. Dio solo sapeva quanto in quel momento stava odiando Zack Fair; non le aveva detto nulla sulle sue reali intenzioni, le aveva fatto credere di essere solo alla ricerca di informazioni! Ma in quel momento… se l’avesse avuto davanti, avrebbe anche potuto ucciderlo.

La pioggia fendeva il suo volto, i lampi illuminavano la sua via, il vento la spingeva verso il suo obiettivo.

Quando arrivò alla tenuta, si nascose vicino ad una della alte vetrate e guardò la scena.

Aerith Gainsborough, la moglie di Zack, ed il suo amico Cloud Strife, che conosceva di vista, stavano cercando qualcosa. Entrambi erano parecchio scossi, scuri in volto, immersi in una disperata ricerca.

Li osservò per un po’, cercando di carpire una qualunque informazione dai loro gesti, qualunque cosa che la potesse aiutare a capire che fine avesse fatto Scarlet. Loro sapevano cos’era successo?

Se restava così nascosta non l’avrebbe mai scoperto.

Ma mentre valutava l’idea di mostrarsi, un urlo di dolore la distolse dai suoi pensieri.

Aerith Gainsborough era scoppiata in lacrime. Nel lato all’estremo ovest della sala, lei e Cloud Strife erano accanto al corpo di Zack Fair, steso in una pozza di sangue scarlatto.

Tifa osservò per bene la scena. Non sapeva dire se Fair fosse morto o meno, ma al momento ciò non gli interessava. L’importante è che stesse pagando per ciò che aveva fatto a Scarlet. Si meritava tutti i mali del mondo, per il diabolico piano che aveva architettato.

Represse una lacrima, fuoriuscita al pensiero della dipartita dell’amica, e si concentrò sulle parole che una volta le aveva pronunciato Scarlet sui loro piani futuri.

Anche se il suo capo era morto, infatti, Tifa non aveva ancora terminato la sua missione. Sapeva di dover fermare in ogni modo possibile gli esperimenti della ShinRa, ed aveva intenzione di trovare nuovi validi alleati che sostenessero la sua causa.

 

 

 

 

 

 

 

 

*la frase “Timeo Danaos et dona ferentes” significa “Temo i Greci (Danai) anche quando portano doni”, ed è una citazione del 2° libro dell’Eneide. Insegna a non fidarsi dei nemici nemmeno quando essi mostrano buone intenzioni!

 

 

 

Et voilà, ecco qui un altro capitolo, il continuo del precedente! A mio parere questo capitolo non è un granché, ma lascio comunque il giudizio a voi! Povera Scarlet, a quanto pare dovremo dirle addio per sempre da questo fan fic, purtroppo! E in quanto a Zack, invece? Sopravviverà? Per capirlo vi invito a rileggere il prologo, dove ci sono molti indizi sui futuri capitoli! Chissà che non riusciate a capire qualcosa di importante nell’economia della trama… XD

Veniamo adesso al ringraziamento per coloro che hanno recensito:

 

Bankotsu: Ma grazie davvero per tutti i complimenti! In effetti è vero, lo scorso capitolo era abbastanza carino, invece questo non mi convince per niente… tu ne hai avuto già un assaggio, quindi mi raccomando dimmi cosa ne pensi!

 

Lirith: Beh, Zack non ha ucciso Scarlet con una pistola nei pantaloni, mi dispiace, però ha dimostrato ugualmente una gran dose di cattiveria! Secondo te muore adesso? Boh, comunque grazie ancora per i complimenti anche a te e spero che questo capitolo ti sia piaciuto!

 

Ringrazio inoltre anche i lettori e spero che anche a loro il capitolo piaccia! ^^

 PS: Non so quando aggiornerò perché al momento sto preparando una fan fiction per un contest… spero di fare presto! ^^

Ciaooo!

   
 
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