Ho sperato a lungo e a fondo in un
qualcosa di impossibile.
Eri la mia
ancora, sapevo che dopo un sabato sera, dopo un altro addio, dopo un
mischiarsi di umori , il giorno dopo potevo tornare da te..
Confidavo in
quelle lunghe, ma in fondo corte chiacchierate
che
comparivano in una seria di click spasmodici sulla tastiera.
Sapevo di
trovarti il lunedě intento ad attraversare la strada con non curanza
E un po’ di affanno, ignorarti e poi giocare a guardarti.
Respiravo
urlando, schiava di parole neanche troppo dolci
che
mi rapivano e trascinavano nel tuo baratro interiore di cui
sono
stata partecipe senza che tu trovassi il coraggio
per
disarmare le mie parole e uccidere i miei sospiri.
Bigotta e
orribile consumavo un tempo che nella storia
non
sapeva bene come e quando collocarsi.
Mi bramavi e
avevi paura di me, troppo impegnativa
troppo empatica e forse troppo erroneamente intelligente
Di te. Ma,
avrei trovato il modo giusto per far quadrare tutto
alla
perfezione, il giusto accordo dissonante
delle
nostre voglie e dei nostri dissapori.
Sapevo che
era solo questione di altro tempo, tempo su tempo,
il solito tempo a perdere da cui rifuggivo per la paura di soccombere
io, prima di te.