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Autore: DonnieTZ    01/09/2017    6 recensioni
[Destiel] [Dystopian!AU]
In un universo in cui tutto è controllato - perfino l'arte e le relazioni - si racconta della leggendaria connessione che collega le anime gemelle quando esiste la possibilità concreta che il loro amore si realizzi. Cas, con la sua fede nel rigido sistema che governa tutto, è un pittore solitario; la voce che improvvisamente sente una sera qualsiasi, invece, è quella di Dean, un cantante che il sistema lo odia.
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Avrebbe voluto essere in grado di chinare la testa, di sottostare alle regole, ma c'era qualcosa nella sua anima che non voleva saperne. C'erano passioni e tormenti e incubi dietro le palpebre quando arrivava l'alba e lui andava a dormire. Cantare rendeva tutto così evidente da fare quasi male. Ma quella sera c'era il vago pensiero di dover ricacciare indietro la malinconia, perché non era solo a sentirla vibrare nella mente.
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Non aveva davvero idea di cosa stesse dipingendo, non riusciva a carpire un'immagine completa, ma sapeva che riguardava Dean. C'erano angoli più scuri, sfumature che si incupivano fino a diventare nere, ma il verde smeraldo brillava al centro della composizione, come una luce lontana.
Genere: Angst, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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13. Distanze incolmabili

 
Quelli furono i sei mesi più belli della vita di Dean. Custodiva ricordi passati che avevano il potere di scaldargli il cuore – li aveva rivisitati instancabilmente prima di incontrare Cas, anche solo per sopravvivere –, ma nulla batteva la quotidianità con Cas, i piccoli gesti, le carezze, il silenzio della casa quando tutti gli scambi di parole avvenivano nelle loro menti. Gli orari concedevano loro solo qualche ora di vita di coppia, ma bastava per il sesso e le chiacchiere e le cene cucinate da Dean.
Charlie, Sam e perfino Bobby passarono a salutarli più di una volta, raccomandando ad entrambi di condurre le loro vite normalmente, dal momento che i loro chip erano ancora quelli impiantati dal sistema. Qualche volta, stesi a letto, uno negli occhi dell'altro, discutevano la possibilità di farsi rimuovere il chip da Charlie e aiutare gli altri nella rivoluzione in qualsiasi modo fosse loro possibile. L'idea si adagiava in modo strano nella mente di Dean, come se non fosse possibile scegliere fra la felicità per la loro connessione assoluta e quello di cui il mondo – Sam e la sua intera famiglia – aveva bisogno. Si odiava per quella debolezza, ma le rassicurazioni di Cas facevano la loro parte, finendo per sedare il familiare senso di colpa con un affetto diretto e genuino.
Charlie, durante una delle visite, ascoltò con attenzione i loro dubbi e riservò un pugno sulla spalla a Dean, dicendogli che meritava un po' di felicità. Nonostante questo, però, analizzò comunque i loro chip con attenzione, prendendo appunti su tutti i dati che il suo lettore portatile gli snocciolò sul piccolo schermo una volta avvicinato ai loro polsi.
Due settimane dopo, arrivò con un regalo.
«Cosa diavolo sarebbe?» chiese Dean, agitando la scatola che la ragazza gli aveva piazzato in mano, entrando nel loro appartamento come fosse a casa sua.
«Ehi, fai piano» lo rimproverò. «È il mio regalo per le nozze.»
«Non ti sembra di essere un po' in ritardo?»
«Cas?» ribatté lei, senza curarsi di rispondere.
«Oggi lavora. Quel Crowley continua a commissionargli strani quadri.»
Avevano discusso del fatto che Crowley fosse risultato il contatto di Bobby, anche se quest'ultimo non sembrava incline a voler parlare della faccenda e Cas sostenesse che Crowley non sembrava mai serio a riguardo, tutto sarcasmo e sorrisi amari. Avere una persona con un ruolo rilevante all'interno della società e molti contatti in politica aiutava la causa, certo, ma Charlie iniziava a sospettare che quel tipo stesse mettendo su una clinica clandestina per la rimozione dei chip. Quasi fosse una vendetta personale contro il sistema; dubbio che Dean finì per confermare visto quanto Cas sapeva dell'uomo.
«Spero tu gli abbia raccomandato di non rivelare nulla. Non so quanto sappia, ma c'è qualcosa che non mi convince, in lui.»
“Dille pure che l'ho sentita” rispose Cas nella mente di Dean, dallo studio, mentre un'altra pennellata densa di colore raggiungeva la tela.
«Dice che lo sa» ripeté meccanico Dean.
«Allora, lo apri o no?» lo incitò Charlie.
“Sono curioso” fece eco Cas.
«D'accordo, d'accordo, datevi una calmata, Gesù...»
Dean aprì la scatola e trovò all'interno due braccialetti in plastica nera, con una strana parte squadrata decorata da un'iniziale per bracciale.
«Emh... sono...»
«Non sono decorativi, idiota. Quello con la D è il tuo. Provalo» lo interruppe Charlie, dal momento che era evidente come Dean stesse cercando di reagire gentilmente al regalo.
«Uh, d'accordo.»
Dean prese il suo bracciale, per poi posare la scatola sul tavolo. Charlie glielo tolse di mano e gli mostrò come indossarlo, la parte squadrata a coincidere con la porzione di pelle sotto la quale si trovava il chip.
 
Cas sobbalzò all'improvviso, tracciando una pennellata di colore nel posto sbagliato.
Silenzio.
Un assoluto, disturbante silenzio, denso di nulla.
Dean?
Dean, mi senti?
«Dean?»
Il panico scivolò dalla mente al corpo, gelido e incontrollabile, mozzandogli in bocca il respiro, come se l'aria fosse improvvisamente troppo pesante da respirare. Si lasciò andare su uno degli sgabelli, cercando di riguadagnare il controllo di sé.
Si guardò attorno e vide solo e soltanto il suo studio com'era stato prima di incontrare Dean: una scatola bianca in cui la sua anima si sfogava sui quadri, perché nel resto del mondo non c'era spazio. Da quando quella connessione gli aveva stravolto la vita, era come essere sempre in due posti, libero di respirare, a vivere la vita di Dean oltre alla sua. Quell'unione aveva spiegato tutto: il bisogno indistinto che Cas aveva sentito per tutta la vita aveva acquisito senso, quel desiderio interiore di spezzare la solitudine con ogni mezzo aveva dimostrato di essere l'impazienza dell'attesa. Con Dean era intero. Anche quando riuscivano a controllare il flusso di informazioni che passava dall'uno all'altro, dandosi riservatezza, restava comunque un rumore di sottofondo, una vibrante presenza che non li lasciava mai soli.
Ora, invece, Cas era solo in modo tanto profondo che faceva fisicamente male.
«Dean?» ripeté, meccanico, il tono neutro.
Non c'era più nessuno.
Una parte del suo cervello era consapevole che dovesse c'entrare il braccialetto, ma lo shock fu così grande e improvviso da lasciarlo inebetito, spremuto come un tubetto di colore, tranciato a metà da quella separazione.
“Cas!”
Tutto tornò alla stessa velocità con cui era sparito. La connessione, l'esistenza di Dean, la completezza.
Dean!
Il sollievo di entrambi ributtò aria nei polmoni dopo l'apnea a cui erano appena stati costretti.
“Cas, stai bene?”
Non c'era bisogno di rispondere a quel pensiero, perché Dean poteva sentire tutta la sua inquietudine e Cas sentiva le sue paure riflesse nell'altro. Era stato terribile, anche se era durato solo qualche secondo.
Come farsi amputare un arto perfettamente funzionante.
Le parole di Crowley ebbero un peso molto diverso dopo quella breve esperienza.
 
Quando Cas tornò a casa, Dean stava iniziando a preparare la cena. Charlie gli aveva spiegato che non dovevano usarli per forza, ma che voleva dare ad entrambi la possibilità di prendersi delle pause, se le volevano. Il bracciale bloccava solo la connessione, ma lasciava che il chip funzionasse correttamente, a parte qualche piccolo bug. Dean aveva pensato a lungo a quella brutale separazione e aveva sentito lo stesso caotico vortice di ragionamenti agitare la mente di Cas.
Sì, ha fatto schifo, ora smettiamola di rivivere la cosa, si ritrovò a pensare, istintivamente, non appena l'altro mise piede in casa.
«Credo sia il momento giusto per parlarne, invece, Dean» rispose Cas, ad alta voce, irritandolo ancora di più.
La verità era che la frustrazione accumulata per l'impossibilità di aiutare Sam e gli altri era tenuta a bada dall'idea che un giorno avrebbe preso una decisione e sarebbe stata quella giusta. Lo sapevano entrambi, per quanto avessero rimandato ogni scelta ad un tempo indefinito nel futuro, che Dean era un combattente. Ora che Dean sapeva cos'avrebbe significato, però, quanto sarebbe stato doloroso e sconcertante – per lui, certo, ma anche per Cas – si sentiva sconfitto dalla vita ancora una volta. Scegliere senza sentirsi in colpa era semplicemente impossibile. Scegliere senza distruggersi non era un'opzione.
«Non c'è niente da dire» dichiarò, quindi, deciso ad evitare la questione finché fosse stato possibile.
«Non sembra che la pensi davvero così» fece notare Cas.
«Sei tu quello che dice sempre che solo i pensieri non contano. Cos'è, vale solo quando vuoi tu?»
«Sei arrabbiato.»
«Non... dannazione, Cas. Non sono arrabbiato, va bene?»
«Posso sentirlo.»
Cosa vuoi che dica? Che a volte mi chiedo quanto sia giusto stare insieme così? Che tu hai sempre creduto nel sistema e io ti ho rovinato, trascinandoti in questa storia? Che non voglio dover scegliere ma devo farlo. Lo sto facendo ogni giorno? Sto scegliendo te credendo di non fare una scelta. Ma Sam è mio fratello. E Bobby e Charlie, loro...
«Dovremmo provare» lo interruppe Cas, la voce a risuonare nella stanza che li aveva visti appartenersi in ogni modo possibile.
“Anche se non voglio sentirlo di nuovo, il vuoto” aggiunse la sua mente.
Cas intendeva provare a stare separati, a usare i bracciali, e Dean poté quasi vedersi attraverso i suoi occhi, come se fossero uno fuori dalla portata dell'altro, come se la distanza si stesse già allungando promettendo di diventare incolmabile.
“Potremmo renderlo piacevole, Dean.”
Cas allungò la mano verso il proprio bracciale sotto lo sguardo attento di Dean, un tremore leggero a scuotergli le dita. Entrambi sapevano a cosa si stesse riferendo, davanti a quali possibilità li poteva porre una rinnovata distanza: sentirsi solo con il corpo, prendersi in modi nuovi.
Dean lo osservò far scattare la plastica nera sul polso, serrando la mascella, e fu di nuovo quel orribile, devastante silenzio. Un pugno nello stomaco per cui non c'era preparazione possibile se non incassare e soffrire.
«È...»
«Fa schifo» lo interruppe Dean.
«Stavo per suggerire che è alquanto diverso, ma anche la tua esternazione mi sembra valida.»
«A sentirti parlare e basta suoni davvero...»
Cas lo guardò, perplesso, in attesa che completasse la frase.
«Interessante» mormorò Dean, tentando di creare la giusta atmosfera, la voce un po' più bassa, mentre si avvicinava a Cas passo dopo passo.
Dentro si sentiva arido e solo.
 
Era tutto sbagliato, Cas lo avvertiva nelle viscere, in profondità. Eppure lasciò che Dean si avvicinasse e posasse un bacio titubante sulle sue labbra screpolate. Sentirlo solo di corpo, solo di tatto e di olfatto, le palpebre a chiudersi lentamente, era un'esperienza a metà, tranciata sopra il ventre. Non avvertì che un brivido dovuto alla sua attrazione, dovuto all'amore, che non arrivò dritto dove di solito arrivavano i baci di Dean.
Qualcosa non era al suo posto.
Mancava l'inspiegabile.
Eppure Cas provò ad abbandonarsi con tutto se stesso, lasciando che la mano di Dean salisse calda contro la nuca, concentrandosi sulla pelle che si toccava in modi nuovi. Si sforzò, si sforzarono, andando avanti a stringersi, sfiorarsi, spingersi uno sull'altro. Quando il palmo di Dean scivolò sui suoi pantaloni, Cas distolse appena lo sguardo per l'assenza delle giuste reazioni da parte del suo corpo.
«Ora ci penso io» lo rassicurò l'altro, un sorriso malizioso a riflettersi nelle iridi verdi.
Finì in ginocchio, Dean, sotto gli occhi attenti di Cas che lo studiavano come se fosse la prima volta che compiva un gesto compiuto mille altre – appena rientrava dal lavoro, con foga; o lentamente sotto la doccia, per tutti i minuti a loro disposizione; qualche volta in camerino, prima dei concerti, quasi fosse illegale anche per loro che del sistema facevano parte.
La mano di Dean lo espose, le labbra si aprirono, e presto fu avvolto dal calore umido della bocca, dalla carezza delicata della lingua. Passarono secondi, poi minuti, ma continuava a mancare qualcosa che aveva finito per essere fondamentale. Dean si staccò, arreso, rivestendolo con mani veloci.
«Scusami» mormorò Cas, il tono assente, come se non fosse più lui ma qualcuno di freddo e intoccabile, lontano dall'essere umano che era sempre stato.
Dean non rispose a quelle parole, ma si rialzò e strappò il bracciale dal polso di Cas per lanciarlo con rabbia contro il muro, spaccandolo in qualche pezzo contorto di plastica nera.
Tornò tutto, di nuovo, con forza estrema. Perché Dean era frustrato più di quanto non lo fosse mai stato, arrabbiato con se stesso e la vita, pieno di risentimento e senso di colpa. Le emozioni riempirono Cas fino all'orlo, minacciando di strabordare come stavano facendo in Dean.
“Non posso pensarci ora, non posso. Fanculo, non voglio. Neanche... neanche ti piaccio senza la connessione, non è così? Sei incastrato in questa cosa! Sono io, ma poteva essere chiunque altro. Un dannato malfunzionamento, ecco cosa siamo!”
Cas assisté al suo sfogo interiore, impotente, per poi pronunciare una singola frase che andava contro tutto quello che provava.
«Voglio farli rimuovere» disse.
Dean si bloccò, lo squadrò, sembrò attento ai suoi pensieri.
«Dopo quello che è appena successo? Nonostante quello che senti?» chiese.
«Non conta solo quello che-»
«Vuoi togliermi la responsabilità di decidere! È una cazzata, Cas.»
«Dean... non puoi andare avanti così. Non voglio tu stia male.»
“Ho bisogno d'aria” fu l'unico pensiero di Dean. Poi guardò verso il tavolo, afferrò il bracciale, lo strinse al polso, chiese un permesso al lettore – dovette farlo un paio di volte, perché il lettore non lo lesse alla prima – e sparì oltre la porta.
Cas si ritrovò solo di nuovo, in modo estremo e terribile. Tanto che respirare divenne impossibile, il fiato un grattare ruvido nei polmoni. Avrebbe voluto raggiungere Dean, parlarsi e pensarsi fino a comprendersi e trovare un compromesso, ma sapeva quanto fosse impossibile. Non quando Dean lottava contro se stesso, odiandosi per colpe nuove e vecchie.
E poi, Cas lo sapeva, Dean aveva ragione: la causa aveva bisogno di lui, della sua forza d'animo, della sua combattività, delle sue convinzioni e dei suoi ideali.
E Cas sentiva di dovere a Dean tutto. Sentiva di dover tornare da lui con un successo – niente più fallimenti.
Si avvicinò al lettore, selezionò un permesso per sé, e si lasciò la stanza alle spalle.
Crowley poteva aiutarlo.



 
Credevate fossi morta? Ebbene eccomi qui con un nuovo capitolo!
Scusate, non voleva saperne di uscire e mi sono ritrovata con miliardi di impegni/progetti in ballo!  Stasera passo a rispondere alle recensioni che ho trascurato, ma già da ora vi dico GRAZIE GRAZIE GRAZIE, se non fosse per voi mi arrenderei alle prime difficoltà come la merdina che sono!
Spero vi piaccia anche questo capitolo che non promette nulla di buono! 
Avrei un sacco di informazioni di servizio da lasciarvi, ma mi limito a dire che, se siete lettrici, questo è un bel gruppetto per trovare altre con cui chiacchierare e, se vi piace come scrivo, sulla mia pagina (link nella firma) trovate "altra roba".
Devo scappare...
Alla prossima!!!
DonnieTZ



 
   
 
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