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Autore: Stillmar    01/09/2017    2 recensioni
L'acqua gli alberi e i fulmini erano gli unici testimoni della strana creatura apparsa improvvisamente in quel luogo
chiunque fosse passato di li sarebbe senz'altro rimasto sorpreso di trovare una così bizzarra sagoma giacere sull'erba bagnata.
una storia avventurosa e a tratti inverosimile che tenevo in cantiere da un po' e che finalmente pubblico qui; è un esperimento ma spero possa piacere comunque.
Genere: Avventura, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Judy Hopps, Nick Wilde, Nuovo personaggio
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 7
Il tesoro sepolto
Un forte battito risuonava nelle sue orecchie, non capiva cosa fosse ma di certo non se lo stava immaginando. Il sole stava ormai per tramontare e le ombre iniziarono ad allungarsi sulle strade della città. Ovunque si accesero lampioni, luci e insegne a neon come a voler indicare che il ritmo di quella città non terminava nemmeno di notte.
Il movimento nelle vie più interne non diminuì, o almeno Jackson non se ne accorse, ormai stanco di quel giorno che gli aveva riservato così tante emozioni. La sola cosa che avrebbe voluto in quel momento era solo un posto in cui poter riposare. Aveva camminato per chilometri, tanto da non sentire quasi più le gambe, doveva assolutamente fermarsi, ma dove? Quando il sole calò del tutto, l’aria diventò fredda. Troppo fredda per passare la notte fuori. Si sarebbe accontentato anche di un pezzo di cartone abbandonato sul marciapiede se ne avesse trovato uno. Il suo vagabondare lo portò vicino alla periferia del distretto, in un vecchio complesso industriale abbandonato, ben lontano dalle luci e dall’allegria del centro, formato da grandi capannoni marcescenti e altre strutture a prima vista tutt’altro che sicure. In un batter d’occhio riacquistò la propria identità di figura scura e anonima che vaga alla ricerca di un posto in cui poter riposare. Non era così che si sentiva del resto? Come un fantasma? Anzi avrebbe quasi preferito essere davvero un fantasma. Almeno non avrebbe sentito la stanchezza e i crampi allo stomaco. Il tremendo silenzio che dominava quel luogo non fu un problema per lui, ormai si era abituato alla solitudine. Si addentrò in quel luogo restando vigile, per quanto ancora potesse. Dovette anche fare i conti con un fastidiosissimo senso di paranoia. Si fermò ad un certo punto davanti ad un vecchio deposito grigio, con i vetri rotti e i muri ammuffiti dal tempo, e rimase ad osservarlo per un po’. Gli ricordò il capanno in cui aveva fatto la conoscenza di Jeremy. Questo però era molto più grande e a prima vista non gli disse assolutamente nulla. Quello non era di certo un posto segreto in cui poter esprimere la propria fantasia. Quella struttura fatiscente portava i segni dell’abbandono e insieme all’oscurità che la circondava appariva come qualcosa di spaventoso. Normalmente non ci avrebbe mai messo piede ma quella era una situazione assolutamente fuori dal normale. La gelida brezza notturna fu sufficiente a fargli cambiare idea. Il cigolio della pesante porta di lamiera rimbombò in ogni angolo. Dentro era completamente buio, non vi era nessuna luce fatta eccezione per una vecchia torcia impolverata abbandonata sul pavimento, Jack la raccolse e la accese. Una scossa di paura lo attraversò quando vide una orribile ombra con la bocca piena di denti affilati apparire sul muro. Lo spavento che prese fu tale che perse la presa sull’oggetto che si spense nuovamente. A tentoni Jack lo recuperò, fortunatamente funzionava ancora. Guardò meglio e si sentì uno sciocco ad essersi spaventato per l’ombra di un vecchio macchinario arrugginito. Fece un respiro profondo e, con molta prudenza, continuò ad esplorare quel luogo dimenticato. Li dentro c’era un terribile odore di muffa, ma se non altro era asciutto. Ovunque vi era un gran numero di rottami metallici e macchinari in disuso, abbandonati li come giocattoli rotti, insieme  ad innumerevoli imballaggi vuoti che fornivano ora riparo agli insetti. Jackson iniziò a chiedersi quali altri “mostri” potessero nascondersi in quel posto, e un poco rise rendendosi conto che l’unico vero mostro presente li dentro era proprio lui.
La polvere era talmente tanta che Jack se la sentiva continuamente dentro il naso. Si spostò verso il centro del capanno finché non arrivò in una spazio più largo delimitato da alcune taniche di benzina e altri macchinari, notando con sua grande sorpresa una  discreta quantità di bottiglie di birra vuote e anche i resti di un falò, lasciati probabilmente dai precedenti (o attuali) inquilini. Jack non aveva valutato questa possibilità ma ormai era troppo stanco per pensarci, decise quindi di fare finta di niente, almeno finché non se ne fosse presentata l’eventualità. Appoggiò la torcia su un ripiano, in modo da avere una migliore illuminazione poi prese alcuni fogli di cartone, dei quali c’era abbondanza, e li sovrappose creandosi una sorta di letto.
–Non potrei cadere più in basso di così- pensò Jack mentre terminava il lavoro.
 Il letto non aveva certo un’aria accogliente ma almeno non avrebbe dormito sul pavimento. Subito decise di accendere un fuoco, cosi liberò una piccola porzione di pavimento e vi accatastò altri fogli di cartone. Poi si diresse verso le taniche di benzina che aveva visto poco prima pregando di trovarne almeno una piena. Incredibilmente la maggior parte delle taniche era piena; ne afferrò una ma, mentre stava tornando indietro, inciampò e cadde in ginocchio perdendo la presa sull’ oggetto che fortunatamente non si aprì.
Recuperò la torcia e la puntò ai suoi piedi per capire su cosa avesse inciampato, e rimase perplesso notando che il pavimento in quel punto era leggermente rialzato, Jack si avvicinò e vide che in realtà si trattava di una spessa tavola di legno nodoso coperta da polvere e piccoli rottami, posta in modo da coprire quella che sembrava una piccola fossa. Al massimo della sua curiosità Jack afferrò la tavola e faticosamente la sollevò, prese la torcia e la diresse in quel punto, ciò che trovò lo lasciò sconvolto. Sotto alla tavola c’era davvero una fossa e quella fossa era piena di soldi, un mare di banconote di ogni taglio e colore. Troppi per contarli tutti.
Jack lo toccò per un istante come per credere ai suoi occhi, un inconsapevole sorriso si formò sul suo volto, mentre osservava quel tesoro. Il suo balbettio si trasformò in una risata sempre più forte. Afferrò i soldi a manciate e cominciò a giocarci, facendoseli scivolare tra le dita. Una espressione di vera gioia dovuta ad un vero colpo di fortuna. Quando tornò con i piedi per terra, si rese però conto di quella ennesima stranezza.
Qualcuno aveva nascosto li quel denaro. Poteva essere falso. Ma sicuramente il proprietario sarebbe ritornato presto per recuperarlo. Magari quella stessa notte. Non potevano certo essere soldi puliti.
Consapevole che avrebbe potuto mettersi in grossi guai decise comunque di approfittarne, ma solo per disperazione. Afferrò alcune manciate di soldi e si farcì per bene il portafogli. L’indomani avrebbe accertato la loro autenticità. Poi ripose nuovamente la tavola al suo posto recuperò la tanica e, servendosi del suo accendino, diede fuoco ai pezzi di cartone ammucchiati li vicino. Una fiamma scoppiettante illuminò l’ambiente scacciando le ombre che si allontanarono negli angoli più remoti del capanno. Dopo aver fatto luce sulla situazione prese il proprio “letto” e lo spostò in un angolo più riparato, in modo che chi fosse entrato dalla porta non lo avrebbe visto subito.
Una volta terminato, si sedette pesantemente sul proprio giaciglio. Avvicinò le ginocchia al petto ed assaporò il sollievo di trovarsi al riparo con un fuoco acceso. Sapeva di dovere riposare, il giorno dopo sarebbe stato parecchio impegnativo, eppure non poté fare a meno di pensare un’ ultima volta al suo amico Jeremy. Si chiese se anche lui lo stesse pensando in quel momento. Rimase un poco assorto a guardare le piccole fiamme che divoravano lentamente il cartone. I pezzi di cartone si erano consumati e avevano assunto una forma strana, spiovente, come il tetto di una casa. Una casa circondata dal fuoco, il quale sembrò recuperare intensità all’improvviso. Jack distinse la scena per pochi secondi. Si stropicciò gli occhi stressati sentendo la propria lucidità abbandonarlo. Colto da una improvvisa stanchezza si addormentò, con impressa nella mente l’immagine della casa in fiamme.
Abbandonata a poca distanza sul pavimento, la torcia scaricò in poco tempo le batterie e si spense da sola riconsegnando quel luogo all’oscurità a cui apparteneva.
 
   
 
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