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Autore: Ghost Writer TNCS    02/09/2017    7 recensioni
Raémia è un mondo ricco di magia, dove i contadini vivono del lavoro nei campi, i soldati in armatura girano da un villaggio all’altro per garantire pace e sicurezza, e i saggi maghi offrono i propri servigi in cambio di cibo e rispetto.
I numerosi Reami, popolati da altrettante specie diverse, sono posti sotto il controllo di sei Re: persone illuminate che garantiscono pace e prosperità al mondo intero. O almeno così era un tempo. Oggigiorno i Re si preoccupano più che altro di godersi le proprie ricchezze, e i nobili cercano sempre nuovi espedienti per guadagnare maggiore potere.
In questa precaria situazione, Giako – un Gendarme solitario cresciuto da una strega – verrà a conoscenza di una grande macchinazione volta a ribaltare gli equilibri del mondo. Da solo non potrebbe fare nulla, ma questa volta non sarà solo: quante persone servono per salvare il mondo?
Domande? Dai un'occhiata a http://tncs.altervista.org/faq/
Genere: Avventura, Azione, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie '2° arco narrativo'
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6. Preparativi

«Jehanne» chiamò Giako. Si erano rimessi in marcia da diverse ore e in quel momento stavano procedendo su un sentiero battuto di medie dimensioni.

«Sì?»

«Chi sono gli Astrali?»

L’umana rimuginò un attimo, forse per cercare le parole giuste. «In realtà non l’ho capito bene nemmeno io. Dovrebbe essere delle… persone, credo, però sono molto antiche, più antiche della tua civiltà e anche della mia. Non hanno un corpo, sono… delle entità, ecco, per questo cercano delle persone che possano agire al posto loro, come me. Il loro modo di vivere è completamente diverso dal nostro, per loro mille anni sono un battito di ciglia, però ci tengono all’universo, quindi, quando le cose si mettono molto male, mandano qualcuno per sistemarle.»

Giako la guardò senza capire.

Jehanne si sforzò di trovare un modo più semplice per spiegarsi. «Mmh… pensali come a dei maghi saggi ma vecchissimi, talmente vecchi che ormai il loro corpo non esiste più.»

«Ah… Quindi sono tipo degli dei?»

«Eh? No! Non sono dei! Sono persone molto antiche che hanno… trasceso la carne e sono diventate immortali… credo.»

«E quindi sono degli dei.»

«Non sono dei!» ribatté la ragazza, stizzita.

Di nuovo il mezzelfo la guardò con aria interrogativa. «E allora perché li preghi continuamente?»

«Io non prego gli Astrali! Io prego il mio Dio.»

«Ah… Quindi siete un po’ come il Corpo di Gendarmeria, ma al posto dei Re ci sono questi… antichi-maghi-cosi-immortali, giusto?»

«Qualcosa del genere, sì.»

Giako annuì per confermare di aver capito.

Il Corpo di Gendarmeria era una grande organizzazione che inglobava soldati da ogni Reame e aveva lo scopo di assicurare pace e ordine. Erano stati i Primi Re a istituirlo, così da sfavorire la formazione di pericolosi eserciti nazionali.

Fin dalla sua fondazione, ogni Gendarme aveva avuto accesso alla Magia dei Re grazie al cristallo incastonato nel proprio distintivo. Molti credevano che tale gemma fosse una pietra preziosa, ma in realtà l’unica cosa che poteva darle valore era proprio la capacità di raccogliere e convogliare la Magia dei Re. Provare a rubare il pendente di un Gendarme sarebbe stata comunque fatica sprecata: solo il legittimo proprietario era in grado di attivarne il potere. Purtroppo non erano pochi i ladri ignoranti che provavano ugualmente a impadronirsene.

Raggiunsero un bivio e Giako imboccò con sicurezza la strada che portava a nord, senza curarsi di controllare la bussola magica. Questo perché in quel momento non stavano inseguendo il mostro: il mezzelfo sapeva che, anche con l’aiuto di Jehanne, sarebbe stato molto difficile riuscire a sconfiggere la creatura, quindi aveva deciso di fare tappa nella cittadina più vicina. Non intendeva chiedere aiuto ad altri Gendarmi, ma gli restava comunque un’altra opzione. Era un’opzione rischiosa e lo sapeva, ma non gli importava. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per tenere fede alla promessa fatta ad Alisha.

Lanciò uno sguardo alla sua compagna di viaggio, a cui aveva detto che stavano andando a prendere delle semplici pozioni curative e qualche quadrello per la sua balestra. Si sentiva ancora in colpa per averla costretta ad aiutarlo, quindi se le cose si fossero messe male, avrebbe fatto il possibile per salvarla. Jehanne era una ragazza in gamba: poteva salvare il mondo anche senza di lui.

Imprecò tra sé. Certo che era davvero sfortunato: proprio quando Alisha gli chiedeva di svolgere una missione incredibilmente rischiosa, ecco che i ribelli tiravano fuori delle terrificanti armi magiche.

Un momento, e se non fosse stata solo sfortuna? Se le due cose fossero collegate?

No, era impossibile. Che collegamento poteva mai esserci tra un mostro impazzito e i ribelli…?

Poi però un subdolo pensiero si fece largo nella sua mente: se davvero quell’essere era Bengal, allora forse le due cose potevano essere collegate. Del resto il felidiano era una spia – non conosceva i dettagli, ma sapeva che lavorava per la Regina Blu – quindi magari aveva fatto quella fine proprio perché aveva scoperto qualcosa legato all’alchimista.

Scosse il capo. No, era impossibile. Sicuramente si trattava solo di una coincidenza.

L’ennesima coincidenza…

Il sole era ormai completamente tramontato quando il mezzelfo e l’umana avvistarono la loro meta: una cittadina protetta da una palizzata di legno e pietra, a sua volta circondata da un ammasso di baracche sgangherate.

Il centro abitato era sorto sulle sponde di un fiume di medie dimensioni, il quale muoveva le ruote di alcuni mulini e garantiva il passaggio frequente di piccole imbarcazioni mercantili. La sua posizione era particolarmente favorevole anche perché si trovava all’incrocio di due sentieri: era il luogo perfetto per il commercio e il ristoro dei viandanti.

Raggiunto il portone d’ingresso, Giako scese dal suo ippolafo e si avvicinò a uno dei myketis di guardia. Non era un Gendarme, ma non ebbe problemi a indirizzarlo alla caserma.

Memorizzate le informazioni, il mezzelfo lo ringraziò e insieme a Jehanne si incamminò per la strada principale, a quell’ora quasi deserta. Questo gli fece tirare un sospiro di sollievo: non era mai stato a suo agio in mezzo alla folla. Aveva sempre la sensazione di essere circondato, a maggior ragione quando veniva avvicinato da mercanti insistenti che cercavano di vendergli qualche inutile cianfrusaglia. Senza contare i tagliaborse che sgattaiolavano tra la calca facendo razzia di monete.

«Wow, che puzza!» esclamò l’umana, stranamente contenta. «Ora sì che mi sento a casa!»

Giako, tutt’altro che entusiasta dell’odore, spronò il suo ippolafo per raggiungere il più in fretta possibile la caserma.

A prima vista l’edificio sembrava una comune locanda di legno a due piani, ma la grande insegna con lo scudo gli fece capire di essere nel posto giusto. Incassate nella struttura si trovavano anche una stalla di medie dimensioni e la bottega di un fabbro, il cui fuoco veniva sfruttato per scaldare le stanze ai piani superiori.

Per prima cosa Giako e Jehanne condussero le rispettive cavalcatura alla stalla per farle rifocillare. Lo stalliere, un ragazzo myketis di una decina d’anni, controllò svogliatamente il pendente del mezzelfo e poi indicò loro la mangiatoria.

Sarebbe stata una sosta molto breve, quindi non smontarono i bagagli. Giako prese giusto uno degli otri per l’acqua e una delle sacche impermeabili in cui teneva le provviste, entrambi quasi vuoti.

«Aspettami qui, per favore» disse all’umana. «Farò in un attimo.»

Lei annuì. «Ok.»

Il Gendarme entrò nella caserma vera e propria e l’ampio locale che si trovò davanti gli sembrò in tutto e per tutto quello di una locanda economica: proprio di fronte all’ingresso c’era il lungo bancone dell’oste e i robusti tavoli per i clienti erano sparsi in modo da occupare tutto lo spazio disponibile. Data l’ora, c’erano parecchi Gendarmi intenti a mangiare e bere – quasi tutti myketis –, e ovviamente non mancavano le cameriere dai vestiti particolarmente procaci che distribuivano piatti di cibo povero ma sostanzioso e boccali di birra scadente. Il chiasso era insopportabile per uno come Giako, abituato alla calma della foresta, e lo stesso si poteva dire per il tanfo di sudore e alcol che impregnava perfino le pereti.

Alla sua sinistra spiccava una grande bacheca su cui erano appesi innumerevoli fogli: si trattava per lo più di manifesti di ricercati o di richieste di lavoro che gli abitanti della zona facevano ai Gendarmi in cambio di somme di denaro. Un tempo era contro le regole accettare missioni dietro compenso, ma il continuo dilagare di tale abitudine aveva spinto i Re ad abolire il divieto e a stabilire delle linee guida per evitare gli abusi. Lui stesso aveva dovuto comunicare al suo superiore che si sarebbe assentato per svolgere un incarico, rinunciando così ad alcuni dei suoi giorni liberi.

Senza guardare in faccia nessuno, andò deciso dall’oste.

«Ehi, mangi sul banco o a un tavolo?» gli chiese subito il myketis senza nemmeno curarsi di controllare il suo pendente. Era piuttosto grassoccio e le guance paffute avevano assunto una colorazione arancione che risaltava sulla pelle ambrata: probabilmente era brillo pure lui.

Giako scosse il capo. «No, devo ripartire subito.» Appoggiò sul bancone l’otre e la sacca impermeabile. All’interno di quest’ultima restavano solo due pezzi di pane scuro, duri come pietra, e un avanzo di formaggio. «Puoi darmi qualche provvista? E anche qualche pozione.»

«Certo» rispose l’oste. Prese i due contenitori e sparì dietro la tenda alle sue spalle. Dopo meno di un minuto riemerse dalla dispensa con entrambe le borse piene e le porse al mezzelfo. «Qualcos’altro?»

Giako gli si avvicinò, così da poter parlare in tono leggermente più basso. «Mi serve un’Essenza del Dannato.»

Il myketis rimase un attimo imbambolato, poi sgranò gli occhi. «E a co-»

«Conosco i rischi» lo interruppe il Gendarme. «Ce l’hai o no?»

Di nuovo l’oste ci mise qualche istante per rispondere. «Eeh… sì.» Di nuovo tornò nel magazzino alle sue spalle e, quando ricomparve, lo fece con una piccola fiala in mano. Era protetta da una specie di gabbia metallica anti-caduta e al suo interno c’era un liquido denso e scuro che sembrava sangue.

Giako allungò una mano per prenderla, ma l’oste si ritrasse. «Sei… proprio sicuro?»

«Non te l’avrei chiesta se non fossi stato sicuro» tagliò corto Giako. Aprì il palmo verso di lui, impaziente.

Il gestore della caserma rimuginò ancora un attimo, studiandolo con una certa diffidenza, poi finalmente gliela consegnò. «Qualcos’altro?»

Giako stava per dire di no, ma poi ci ripensò. «Solo una domanda. Alcuni giorni fa ho trovato dei Gendarmi uccisi, e tutti quanti avevano due linee verticali tracciate col sangue dalla tempia fino alla mascella.» Imitò il gesto con una mano per spiegarsi meglio. «Ma la cosa strana è che ho visto fare una cosa simile ad alcuni banditi che ho affrontato tempo fa, solo che in quel caso se le sono tracciate da soli prima di morire.» L’episodio risaliva a prima di ricevere la lettera di Alisha, ma gli era tornato in mente quando aveva visto i cadaveri dei suoi colleghi. «Vuol dire qualcosa?»

L’oste annuì. «Così è capitato anche a te, eh.» Sbuffò. «Sta succedendo abbastanza spesso ultimamente. Gira voce che è un’abitudine dei ribelli contro i Re. Dicono che le due linee sono l’opposto di una corona.» Nel dirlo si passò il pollice sulla fronte, come a tracciare una linea orizzontale sulla pelle ambrata. «Abbiamo già segnalato la cosa ai piani alti, ma per il momento non ci hanno dato disposizioni particolari.»

Giako rimase un attimo in silenzio, pensieroso. Sapeva da tempo che c’erano dei focolai di ribellione sparsi praticamente in ogni Reame, ma si trattava per lo più di gruppi isolati che agivano ognuno per ragioni diverse. Se però cominciavano a unirsi e a organizzarsi poteva diventare un grosso problema, a maggior ragione ora che erano saltate fuori quelle spade magiche.

Prese le due sacche. «Grazie, ora devo andare. Arrivederci.»

Uscito dalla caserma, trovò Jehanne ad aspettarlo. Le diede le due sacche e lei si diresse verso la stalla, lui invece andò dal fabbro per chiedere una decina di quadrelli.

Dato che c’era, consegnò anche le armi che avevano sottratto ai ribelli un paio di giorni prima, fatta eccezione per la spada magica. A prima vista sembrava ormai priva di qualsiasi potere, tuttavia magari Alisha avrebbe potuto ricavarci qualche informazione utile.

La parte più difficile della sosta fu convincere l’ippolafo di Giako a rimettersi in marcia. Appena il mezzelfo gli prese le briglie, l’animale batté le zampe per terra e sbuffò, visibilmente irritato. Ci vollero ben sette zollette di zucchero per convincerlo a uscire dalla stalla, e altre quattro per evitare che ci rientrasse subito dopo.

Jehanne assistette alla scena senza intervenire, gustandosi il momento con un sorriso divertito stampato sul viso. E il sorriso divenne una genuina risata quando vide l’animale che, per puro dispetto, faceva un passo di lato appena Giako cercava di salirgli in groppa.

«Vaffanculo, mi terrà il broncio per una settimana» sbottò Giako, finalmente in sella.

L’umana continuò a sorridere per qualche momento, poi cercò di tornare seria. «Allora, quanto vantaggio ha il mostro?»

Il mezzelfo tirò fuori la bussola e osservò il quadrante. Pulsava ancora, seppur in maniera lenta e flebile. «Non molto. Possiamo raggiungerlo entro domani.»

«Ottimo, così poi potremo salvare il mondo.»

Giako annuì silenziosamente e, come Jehanne, spronò il suo destriero per affrettare il passo.

Con una mano toccò la tasca della cintura doveva aveva riposto la fiala di Essenza del Dannato. Non avrebbe detto niente in proposito alla sua compagna di viaggio, e nella migliore delle ipotesi non avrebbe nemmeno dovuto farne uso. Ma aveva il netto presentimento che la sua sarebbe stata una speranza vana.

Di una cosa era certo: questa volta non avrebbe permesso al mostro di fuggire.



Note dell’autore

Ciao a tutti!


Questa volta siamo tornati da Giako e Alisha, che pian piano cominciano a conoscersi un po’ meglio :)

Approfittando del momento di tranquillità, ho aggiunto qualche informazione in più su Alpha, sui Gendarmi e sul loro versatile pendente. Ma soprattutto Giako ha avuto modo di riflettere: che l’uccisione di Bengal sia collegata alle spade magiche e alle recenti prove di forza dei ribelli?

Alla fine l’ippolafo ha voluto prendersi un po’ la scena con i suoi capricci: manie di protagonismo XD Presto però dovrà farsi da parte: lo scontro col mostro-Bengal è ormai imminente, riusciranno Giako e Jehanne ad avere la meglio? O il mezzelfo dovrà ricorrere all’Essenza del Dannato (il nome dice tutto)?


Appuntamento tra un paio di settimane per il prossimo capitolo.

Ciao! ^.^


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