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Autore: kira_92    02/09/2017    0 recensioni
Fu a letto che Isak parlò per la prima volta: “Perché non mi hai mai detto che conoscevi Sana tramite suo fratello e i suoi amici?”
“No ne vedevo il bisogno. Non parlo più con loro da almeno un anno.” Ed in parte era vero. Aveva cambiato scuola per cambiare vita, per avere un’altra possibilità con la vita. E come poteva iniziare una nuova vita se continuava a pensare al passato? Anche se sapeva benissimo dentro di sé che non era solo quello il motivo. Lui voleva anche nascondere il suo passato.
Genere: Angst, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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CAPITOLO 2
 
Non poteva credere che fosse successo di nuovo, che aveva rovinato tutto per l'ennesima volta. Non quando, per la prima volta in vita sua, sentiva di aver trovato la persona giusta. Even amava Isak ed adesso Isak lo avrebbe odiato per sempre.
Si rigirava nel letto, cercando una posizione comoda e confortante. Il cervello era spento. I ricordi di quella sera lo investirono come un treno che corre nei binari. 
 
Si sentì mortificato, immerso nella vergogna e mentre i poliziotti gli facevano domande, lui fissava il pavimento con sguardo perso. Sentiva delle voci ma non riusciva a distinguere le parole.
Uno dei poliziotti gli mise la mano davanti agli occhi, come per svegliarlo, e solo dopo un po’ lui alzò gli occhi per capire cosa stesse dicendo.
“Ragazzo, come ti chiami?”
“Even” rispose lui, quasi assente.
“Mi dai il numero di qualcuno che posso chiamare?”
Il ragazzo ci pensò un po’, gli unici numeri che sapeva a memoria erano quelli di Sonja e Isak, ma non poteva chiamare Isak. Non era pronto ad affrontarlo in questo momento. Decise dunque di dare quello della sua ex ragazza.
Sonja arrivò dopo una quindicina di minuti, correndo e abbracciandolo con la sua espressione preoccupata. Ma Even non riuscì a ricambiare l'abbraccio, la ragazza non se ne preoccupò capendo lo stato mentale in cui si ritrovava e per questo gliene era sempre grata.
Salirono in un taxi e sentì Sonja chiedere dove volesse andare e dicendogli che Isak lo aveva cercato per tutto il quartiere. Ma Even non se la sentiva di affrontare Isak in quello stato. Isak non poteva vederlo in quelle condizioni. Si strinse nel cappotto che gli avevano dato gli agenti e poggiò la testa nel finestrino. Non poteva nemmeno affrontare i genitori in questo stato, no, sarebbe andato a casa sua con Sonja.
 
Non riuscendo a prendere sonno e capendo di dover fare qualcosa, il ragazzo decise di scrivere a Isak. La paura di perderlo, di averlo già perso lo paralizzava ma allo stesso tempo non sapeva bene cosa scrivere. Passò tutta la giornata di fronte al telefono aprendo la chat e chiudendola. Quali erano le parole giuste per affrontare questo delicato argomento? “Scusa se sono andato in giro nudo?”, “Scusa se ti ho coinvolto?”, “Scusa, per favore non odiarmi”?
No, nessuna di quelle andava bene. Si guardò attorno per cercare idee e lo sguardo si soffermò su un poster di Nas: Si, aveva trovato la soluzione. Una canzone di Nas sarebbe stata la scelta appropriata ed una anche con un messaggio positivo che non avrebbe spaventato ancora di più il suo ragazzo, se poteva ancora chiamarlo così.
Even aprì la chat con Isak e inizio a scrivere vari messaggi con tutto il testo della canzone.
yeah, life is good, life is good no metter what.”
Dopo un po’ il messaggio di Isak apparse sullo schermo e fu come ricevere un pugno allo stomaco. Ecco, si disse, aveva perso la persona più importante della sua vita.
Hey Even, non ci sto capendo più niente, smettila di scrivermi.”
Even ripose il cellulare nel comodino e si avvolse nelle coperte dopo aver spento la luce. Si sentiva come se avesse perso tutto.
 
**
 
I giorni passarono ed era arrivato il fine settimana. Even non era uscito di casa e a stento si era alzato dal letto per mangiare. Non aveva avuto voglia di affrontare le persone, la scuola e tutto il mondo di fuori. Sentiva ancora come se ci fosse un qualcosa di indefinito in sospeso tra lui ed Isak e non sapeva cosa fare. Era irrequieto, sentiva piccole smanie qui e là di dover fare qualcosa perché non voleva perdere quello che era stato il suo ragazzo. Sentì nostalgia dei primi incontri, della prima volta che lo aveva visto davanti scuola, ed aveva pensato che fosse cosi carino con quei riccioli d’oro e si era trattenuto dall’impulsività di andarci e baciarlo li, di fronte ai suoi amici. Aveva imparato dai suoi errori, dopo tutto.
Aveva nostalgia del loro primo incontro. Ricordava come era a corto di idee su come approcciarlo, come parlargli e fece la cosa più stupida di questo mondo nel prendere e consumare tutta la carta del bagno, strano ma aveva funzionato. Even sorrise tristemente, perché anche se in quei momenti sembrava come se fosse sempre sicuro di sé, in realtà dentro l’ansia lo mangiava vivo.
Cosa sarebbe successo se Isak non lo avesse seguito fuori? Avrebbe continuato a cercare di conoscerlo e parlare con lui? Probabilmente, perché quando si metteva in testa una cosa era difficile fargli cambiare idea e non perché era bipolare, ma perché era semplicemente molto testardo.
Even si alzò dal letto. Sentiva il bisogno di ritrovarsi in quel bagno, sentiva il bisogno di sentire l’odore di Isak, di stringerlo a sé e baciarlo e dirgli che lo amava.
Quando si ritrovò nel bagno della scuola, non sapeva bene cosa fare. La carta era stata rimessa ed aveva quell’insana voglia di strapparla tutta via. Si guardò allo specchio e l’immagine di riflesso quasi lo spaventò: Era un ragazzo con un’espressione spenta, persa, con occhiaie profonde sotto gli occhi. Un ragazzo che aveva perso il suo scopo nella sua vita e che non riusciva più a godere delle piccole cose. Even decise di mandare un ultimo messaggio a Isak, e dopo chiudere con questa storia.
Cosa avrebbe fatto? Come sarebbe andato avanti sapendo che aveva rovinato tutto di nuovo? Come sarebbe andato avanti sapendo che avrebbe sempre rovinato tutto?
Uscì fuori il cellulare dalla tasca e iniziò a scrivere parole dettate dall’istinto e dal cuore:
“Caro Isak, sono seduto nel posto dove ci siamo incontrati la prima volta e penso a te. Presto saranno le 21:21. Vorrei dirti tanto cose. Mi dispiace di averti spaventato, mi dispiace di averti ferito. Mi dispiace di non averti detto che sono bipolare. Avevo paura di perderti. Ho dimenticato che è impossibile perdere qualcuno, che tanto le persone sono sole comunque. In un universo parallelo noi stiamo insieme per sempre, ricordalo. Ti amo, Even.”
Even inviò il messaggio. Era fatta. Non c’era più speranza. Per qualche ragione non riusciva però ad andarsene da quel posto. Non si aspettava che Isak lo raggiungesse ma voleva ancora rimanere in quel posto che per lui significava molto. Quando uscì, dopo minuti che parsero ore, vide Isak sull’altro ciglio della strada. Even si fermò, lo osservò incapace di cogliere il significato del momento. Il suo cervello faticava a riconoscere quella come realtà e non come un’allucinazione. Iniziò a camminare lentamente non aspettandosi nulla, Isak lo raggiunse a metà strada.
Ed erano proprio lì, insieme, in mezzo alla strada e la presenza di Isak era vera. Even era come paralizzato, la sua mente in bilico tra la ragione e un crollo emotivo totale. Dopo qualche secondo sentì Isak carezzargli i capelli, il viso, le sue labbra vicine quasi come ad assicurarsi che fosse egli stesso presente e non un fantasma. Even chiuse gli occhi assaporando quei momenti e poi le sentì, quelle parole che lo fecero cedere.
“Tu non sei solo” Era un sussurro.
Isak lo abbracciò forte e Even iniziò a piangere sulla sua spalla, disperato, perso, in colpa per aver rovinato la loro relazione. Perché niente sarebbe stato più lo stesso ormai.
 
**
 
Quando Even riaprì gli occhi ebbe un momento di smarrimento. Per un attimo non riuscì a ricordare dove si trovasse, ma poi sentì accanto a sé la presenza di Isak. Non sapeva bene cosa dire, perché era finito in camera sua? Ricordava vagamente cosa fosse accaduto dopo il loro abbraccio. Isak lo aveva baciato. Poteva ancora sentire la presenza fantasma delle sue labbra morbide sulle sue, quel tocco pieno d’amore eppure così innocente. Isak lo aveva portato al suo appartamento. Le immagini di loro due che camminavano nelle strade deserte si presentarono nella sua mente come la pellicola di un film. Non parlarono per tutto il tragitto, Even sentì solo la presenza del ragazzo che gli strinse la mano per tutto il tempo. Sembrava come se avesse paura di lasciarla andare, come se lasciando la sua mano, avesse perso Even per sempre.
Ma Even non voleva continuare, non aveva senso continuare quella relazione perché avrebbe incasinato di nuovo le cose. Era nella sua natura, era nato per distruggere i rapporti con le persone che amava e soprattutto non voleva che Isak si sentisse in obbligo di restare con lui solo perché aveva scoperto la verità.
“Fame?” chiese una voce accanto a lui.
Even rimase un attimo in silenzio, raccogliendo i pensieri nella sua testa, cercando di mettere un po’ di ordine. “Che ore sono?” domandò, ignorando la domanda precedente.
“le dieci e mezza, forse”
Silenzio. Di nuovo.
“Dovrei andare” esclamò debolmente.
“Perché?” Domandò Isak e la sua voce aveva una nota di disperazione che Evan si costrinse ad ignorare.
“Perché non voglio che te ne stai lì a badare a me”
“non mi sembra di starti accudendo” ribatté il ragazzo debolmente. “Perché…perché non va bene?” aggiunse esitando.
Even non riusciva a sopportare questa situazione. Come poteva insistere così dopo tutto il male che gli aveva fatto? La poteva sentire nella sua voce tutta la tristezza che cercava di nascondere.
“No, è che…non voglio che te ne stai lì ad essere triste”
“Io non sono triste” rispose, sempre con quel sussurro e quella voce carica di sentimenti a cui non voleva dare un nome, perché no, non era possibile che Isak volesse stare ancora con lui. Perché non voleva capire che lui era un pericolo e che distruggeva solo i rapporti con gli altri?
“Ma tanto non funzionerà” e lo disse con convinzione, con voce ferma, seppur bassa. Perché era la pura verità. Lui era destinato a rimanere solo per sempre e Isak poteva senz’altro trovare di meglio. Non voleva che sprecasse la sua vita con lui.
“Perché dici così?” chiese sinceramente sorpreso il più giovane.
“Perché è vero” rispose e con enorme sforzo lo guardò negli occhi. Gli avrebbe detto la verità e distrutto quelle poche speranze che aveva ancora su di loro. Gli avrebbe fatto male ma col tempo avrebbe capito che era la cosa migliore. “Io…ti farò solo del male e poi mi odierai.” Perché forse Isak non lo odiava in questo momento, ma cosa sarebbe successo se fosse finito a fare cose peggiori?
“No! Non sai niente di come finirà.” Le parole di Isak erano piene di rabbia e continuò senza dargli l’occasione di interromperlo. “Magari domani ci scoppia una bomba in testa e… ed allora questo sarà solo tempo perso. Quindi io dico che tu fai schifo a parlare del futuro e che adesso io e te ce ne stiamo qui belli rilassati e facciamo un gioco che si chiama Isak e Even minuto per minuto. L’unica cosa di cui ci dobbiamo preoccupare è il prossimo minuto. Ci stai?”
Even non sapeva che dire. Isak lo aveva travolto, colpito, distrutto ogni volontà che aveva di cacciarlo via dalla sua vita con quel discorso. Isak lo aveva sottomesso, aveva plagiato la sua mente contorta, facendo riprendere la parte razionale di sé che continuava a dirgli, che si, Isak aveva ragione. La vita era imprevedibile, e sicuramente lui stesso sapeva che era fin troppo breve, e forse, solo forse, la cosa migliore era prendere il meglio di essa e viverla a pieno per quel che si poteva. E la cosa migliore della sua vita era sicuramente il ragazzo accanto a lui che gli carezzava i capelli con infinito amore. Quell’amore che sentiva nei gesti, nelle parole, che vedeva nei suoi occhi di cui era follemente innamorato e la risposta gli scappò dalle labbra prima che se ne rendesse conto: “Okay”. Ed era una risposta semplice ma allo stesso tempo piena di significati ed era sicuro che Isak li avesse individuati tutti.
“E che dovremmo fare in questo minuto?” chiese ancora.
“In questo minuto ci baciamo” e grazie Dio, Allah o Universi Paralleli, perché quella era la risposta che sperava. “Bello” riuscì a dire Even, accennando un sorriso. “Bello “ rispose il suo ragazzo. E pensare di nuovo a Isak come al suo ragazzo gli riempì il cuore di gioia.
Un momento dopo sentì le labbra del minore sulle sue. Un tocco lento, gentile, casto, senza passione ma con tutto l’amore che sentiva ed Even ricambiò debolmente quel bacio e seppe dentro di sé che le cose sarebbero andate bene. Non aveva più nulla da nascondere, se non qualche episodio del passato, ma Isak sarebbe sempre rimasto accanto a lui. E forse non lo avrebbe creduto sempre, avrebbe continuato ad avere crisi depressive e momenti di mania ma se il suo ragazzo era con lui, Even le avrebbe superate tutte.
 




NA: L'ultima parte di questo capitolo contiene citazioni della serie tv. Così come i messaggi che si scambiano.
Volevo anche mettere un trigger warning per il messaggio che Even manda a Isak perchè, Dio, i feels, ma ho preferito evitare xD
  
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