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Autore: Jackthesmoker7    03/09/2017    3 recensioni
Ho cercato di scrivere una storia il più simile possibile agli episodi della serie TV, che dia alla serie una conclusione (p.s. La quinta stagione non conta qui).
Vedrete uno Slado mai visto ed una Stella che potreste vedere solo nei vostri incubi.
E Robin...
Vedrete
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Robin, Slade, Starfire, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Pov Robin
Sento l'ago penetrare nel mio braccio, poi la tuta comincia a pompare l'antidolorifico endovena. È un composto creato da Batman, me lo ricordo; praticamente una droga che impedisce al cervello di metabolizzare il dolore e la fatica. Non è stata una sorpresa trovarla inserita all'interno di un'armatura concepita per combattimenti estremi; è quasi piacevole.
Aspettando che la droga cominci ad agire lascio che i nemici si sfogano contro le lastre in promezio. Tanto non riusciranno mai a penetrarle.
Appena la sento agire, ossia quando la testa si alleggerisce e la bocca si riempie di saliva, ritiro le protezioni e mi butto nella mischia. Ho appena il tempo di godermi la pioggia battermi sul petto prima che l'armatura si sigilli che già mi sono addosso.
Distruggo i primi androidi di oggi cadendo, frantumandoli sotto il peso di tre metri di lega sconosciuta. Appena tocco terra l'armatura affonda nel fango e sembra incastrarsi. La gamba cede; sprofonda nel fango freddo e viscido per metà, lasciandomi scoperto. I nemici approfittano del fatto che non riesco ad alzarmi abbastanza in fretta e subito mi sono addosso. È un dieci contro uno, e sono bloccato riverso nel fango. Tre mosse possibili in questa posizione. Scelgo di andarci leggero e decido di lasciare dei crani ancora integri. So che sono solo dei robot, e lui sa che così posso sfogarmi quanto mi pare.
Mi sollevo e la pioggia mi scrosta via la fanghiglia, ripulendomi. Alzo lo sguardo dallo scarso comitato d'accoglienza e vedo un plotone di quei cosi circondarmi. Bastano poche mosse e nelle pozzanghere si sparpaglia il paradiso bagnato di un meccanico.
Quando ne arrivano altri urlo. Ma non per il dolore.
Preferisco credere che quelle grida agghiaccianti non siano le mie. E neanche le risate.
Mi butto nel pieno centro dell'esercito sparpagliando i ranghi e dandomi il tempo di pestarli come farebbe un fabbro con un pezzo di ferro grezzo appena uscito dalla fornace. Afferro uno di quelli che non si sono rotti subito e lo uso come mazza. Lo lascio andare solo quando mi rimane in mano solo il suo piede.
Un gruppo che è riuscito a riunirsi in fretta mi inonda con una pioggia di laser, ma la Hellbat è un'armatura resistente, pensata per reggere il confronto con gli dei. Dei semplici laser non le fanno niente, nemmeno se è già danneggiata ed in pessimo stato. Quegli stupidi lo capiscono troppo tardi.
Mi giro alla ricerca di Slado, e vedo che quel bastardo che si gode anche lui la pioggia guardandomi da lontano, ancora sospeso in aria senza la minima intenzione a scendere. Prendo un'altro dei suoi e glielo mando a mo' di regalo mentre è distratto, ma Cyborg lo polverizza prima che lo raggiunga.
Carico le gambe, mi preparo a saltare verso di loro, ma qualcosa non va. Sento la testa girare ed i miei occhi si riempiono di puntini neri. Cado a terra in ginocchio, ed un secondo è tutto il tempo che serve ai suoi tirapiedi per travolgermi.
Stavolta mi attaccano in massa, formando una gigantesca onda di metallo che si abbatte su di me con furia cieca. Mi sento soffocare sotto il loro peso e tutto si fa buio. Come nella buca.
"Non ancora."
La buca, il buio.
"Non ancora."
Il sangue cola sulla roccia.
"No."
Dolore.
"NO!"
Distendo le ali e mi sollevo, portando con me metà dell'esercito aggrappato all'armatura. Me li scrollo di dosso.
Il dopo è confuso, non me lo ricordo più. Sarà stata la droga, o la rabbia, o qualsiasi altra cosa. Quando capisco di essere ritornato in me scopro di aver compiuto un massacro.
Il computer dell'armatura mi rivela che nella furia ho perso l'avambraccio destro, quello danneggiato, e che anche la gamba non se la passa bene. La droga non era abbastanza forte.
Loro ritornano senza lasciarmi il tempo di riprendere fiato. Per ogni robot che distruggo altri due ne prendono il suo posto. Non gli conviene tirare così tanto la corda. Attivo il sistema metamorfico dell'armatura, e trasformo le ali in uno stormo di pipistrelli neri, dalle ali affilate e gli artigli taglienti, che si scagliano sulle legioni di robot.
Sento che sto per vincere, che manca poco ormai.
Poi il mondo si riempie di rosso ed esplode.
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Cassie attraversava la città distrutta correndo sotto la pioggia, senza preoccuparsi di attirare delle pattuglie. Non si fermava davanti a nulla: saltava buche e fossati, schivava spuntoni di roccia ed evitava di calpestare i frammenti di vetro sparsi per terra e cercando di non scivolare nelle pozze, fregandosene di fare rumore. Tanto i rumori della battaglia e della pioggia da cui era scappata coprivano tutto il resto. Prima faceva attenzione, ma non c'era nessuno in giro.
Sembrava che tutti gli androidi fossero occupati a cercare di uccidere Robin.
Il ragazzo le aveva dato una missione, che lui aveva definito fondamentale: doveva raggiungere la Tyrans Tower e seguire le istruzioni che lui le aveva dato per entrare. Robin era riuscito ad ottenere i codici necessari per entrare nella torre: le password dei cancelli, i codici d'accesso delle entrate secondarie, i comandi vocali, oltre che una planimetria abbastanza precisa della torre. Alla sua domanda su come aveva saputo tutto questo Robin aveva sogghignato soltanto, senza darle una risposta abbastanza soddisfacente, ma la ragazza pensò che fosse meglio non approfondire.
Dietro di se i rumori della lotta aumentavano d'intensità e si facevano più vicini, quindi lei senza pensarci due volte accelerò. Si voltò una volta sola, quando dietro di lei la terra tremò ed il fracasso di un'esplosione potentissima la fece inciampare e capitombolare su un pezzo d'asfalto bagnato, inzaccherandole i capelli ed i vestiti.
Si rimise subito in piedi e spese qualche istante a fissare le volute di fumo nero che salivano verso il cielo, bloccandosi dove la cupola si chiudeva e non lasciava passare più niente, se non la pioggia. Si mise una mano nella tasca e ne tirò fuori un piccolo oggetto circolare, grande come il suo palmo, che controllò meticolosamente. Se si fosse danneggiato avrebbe fallito miseramente.
Felice che fosse tutto a posto e che non si fosse rotto riprese a correre; era vicina ormai.
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<< Mhh... il ragazzo se la cava bene. >> disse Slado guardando Robin combattere. Era difficile distinguerlo tra la fitta pioggia ed il colore scuro dell'armatura che si confondeva con il buio del mattino, ma il mercenario lo vedeva chiaramente; lo percepiva lì in mezzo, tra il fango e la pioggia. Vedeva il metallo luccicare e mandare freddi bagliori luminosi, ed udiva il rumore dei suoi colpi attutiti dall'incessante scrosciare dell'acqua piovana.
Thump
Thump
Thump
Cyborg era accanto a lui; il ragazzo cercava di seguire lo scontro usando i suoi visori notturni ed i suoi radar di ecolocalizzazione , fallendo. Con un ringhio di rabbia spense il visore notturno installato nell'occhio bionico, ed imprecò: << Dannazione! Maledetta pioggia. Proprio oggi che lo ammazziamo doveva diluviare. >>
<< Calma, mio giovane amico >> disse Slado con la sua solita calma impenetrabile, toccando con una mano la spalla del suo luogotenente << Non vorrai guastarti i circuiti. Qui non servirai per un po', quindi perché non vai alla torre a vedere come sta Stella? Non ha più risposto alle mie chiamate da quando le ho risposto male. Ho paura di essere stato troppo duro con lei. Dille che mi dispiace e che... >>
Venne interrotto da uno dei suoi soldati robot. Che gli stava volando addosso.
Per sua fortuna Cyborg lo vaporizzò con un colpo di laser.
Della polvere e dei frammenti arrivarono lo stesso addosso a Slado, ma non erano più che un fastidio tanto erano piccoli: << Mhh... Fa niente. Forse è meglio se rimani. >> continuò Slado, senza che il suo tono cambiasse di una virgola. Sotto di lui Robin era come andato in berserker, e stava distruggendo tutto ciò che era ancora in grado di muoversi << Piuttosto, ti vedo alquanto nervoso. >>
<< Certo che sono nervoso, capo. Quel bastardo mi ha quasi fuso l'hard drive. Voglio scendere laggiù e spaccargli il culo a calci. >> disse il ragazzo con foga, picchiando un pugno sul palmo dell'altra mano, impaziente di menare le mani.
<< Ah, me n'ero quasi dimenticato. Beh, sembra che lì sotto ci sia bisogno di un'aiuto. Ma anche che il ragazzo stia perdendo qualche pezzo per strada. >>
<< Ma capo... come fai a vedere così bene nonostante tutta questa pioggia? E con un occhio solo poi. >> chiese Cyborg curioso.
<< Vedi Cyborg, per ottenere certe cose non puoi sempre cercarle o fabbricartele da solo. A volte le ottieni senza volerlo. Come credi che abbia fatto Robin a vederci? Dopo tutto quel tempo passato in quella buca nel buio più totale vedere attraverso questa pioggia è una bazzecola. >>
<< E tu capo, come mai riesci a vederci bene anche tu? >>
Slado guardò Cyborg come un comandante guardava un soldato semplice che faceva più domande di quante gliene fossero permesse, e lui tenuto sotto pressione lasciò perdere. Però prima che saltasse giù: << Aspetta. A che punto è il travaso di energia demoniaca nel proiettore? >>
<< Oh, guardo subito. >> Cyborg accese immediatamente il suo computer interno e tramite la rete si collegò alle intelligenze artificiali della piccola squadra di androidi che non si era unita all'esercito, poiché aveva un compito altrettanto importante.
Ricaricare il generatore del campo energetico che circondava la città era un compito fondamentale, affidato a robot speciali, diversi agli altri e più forti; erano dotati di processori più veloci, armature più resistenti in promezio ed alimentati dalla stessa energia che trasportavano.
Senza quelle batterie caricate con la magia nera di Corvina lo scudo non funzionerebbe, ne impedirebbe ai super guastafeste di entrare. Il computer diceva che le batterie erano appena partite, e non c'erano problemi.
<< Il convoglio è appena partito. Dovrebbe arrivare a destinazione tra pochi minuti. >> disse lui disconnettendosi dalla rete.
<< Tutto va secondo i piani. Vai pure. E portamelo vivo. >>
Cyborg sorrise esaltato, sentendosi carico come una molla e pronto a menare le mani. L'adrenalina entrò in circolo, i circuiti prepararono i componenti bionici del suo corpo al combattimento ed il software cominciò a caricare i programmi di combattimento. Si accovacciò per spiccare un balzo, ed i transistor caricarono nelle gambe l'energia necessaria a disintegrare un palazzo, mentre circuiti hi-tech interni la contenevano senza farla uscire.
Slado ebbe appena il tempo di considerare quanto fosse fortunato quel ragazzo a poter sfruttare quella secondo occasione per avere un rematch contro il suo peggior nemico ed alla sfortunata assenza di Corvina, quando il rombo di un'esplosione immensa interruppe lo scorrere dei suoi pensieri.
Lo scoppio della torre generò un fortissimo spostamento d'aria che per poco non fece cadere dalle passerelle i due criminali. L'esplosione sollevò un'enorme quantità di acqua, macerie e fece volare in aria numerosi robot, che sfrecciavano come proiettili devastanti. Una scheggia di vetro centrò in pieno la maschera di Slado, dove i doveva essere l'altro occhio, rimbalzando e finendo il suo viaggio sulla passerella.
Ma fu solo un'istante, e poi un ghigno euforico increspò il viso dei due criminali.
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Per qualche scherzo del destino si era svegliata esattamente all'alba, giusto in tempo per vedere l'inizio del rissone finale. Era salita sul tetto della torre e seguiva meticolosamente tutto ciò che era in grado di vedere e di sentire da lì: esplosioni, schianti di metallo contro metallo, suoni di laser e quant'altro.
Aveva paura per il suo amore, che qualcosa andasse male nella battaglia e non lo facesse tornare mai più. Un'altra situazione nuova per lei da quando era arrivata sulla Terra. Su Thamaran le donne combattevano insieme agli uomini nelle guerre. Slado lo sapeva, eppure le aveva ordinato di non immischiarsi. La ragazza era molto confusa.
"Slado... perché ti comporti così? Prima mi volevi bene. Perché adesso non più. Ti prego, fa in fretta a tornare. Ho bisogno di parlarti."
Con un sospiro rassegnato si arrese e decise di tornare nella torre senza sapere esattamente cosa fare, così rimuginò intensamente sui fatti che stavano accadendo in quel momento, focalizzandosi soprattutto sui suoi flash. Come mai erano così forti se i ricordi erano finti? Era possibile che Robin glieli avesse impiantati così tanto in profondità che ormai facevano parte di lei, o c'era sotto qualcos'altro?
Era persa in queste riflessioni, quando la sua attenzione fu catturata da un rumore lontano, proveniente dai piani inferiori, che echeggiava sulle pareti della torre ormai vuota tranne che per lei e...
D'un tratto Stella realizzò. Scese due rampe di scale volando ad alta velocità, dirigendosi verso l'infermeria della torre. Quando svoltò l'angolo del corridoio ed entrò nell'infermeria vide per terra una scia di tubi, di lenzuola e di vestiti che usciva dalla porta che aveva appena varcato.
Notò con sorpresa che c'erano anche i vestiti di BB, quelli che gli aveva dato Slado e con cui l'avevano lasciato in coma. Subito realizzò che il corpo del ragazzo era sparito.
Confusa ed in preda alla preoccupazione andò in giro per la torre alla ricerca del ragazzo: << BB! Dove sei? >> gridò Stella, provando un principio di ansia. Se il ragazzo si era appena svegliato e non aveva cercato nessuno doveva essere confuso, o forse aveva un trauma cranico, o era malato, oppure andava in giro come uno zombie sbavando e gemendo senza una mente propria. Doveva trovarlo!
Ebbe un'intuizione; dato che il ragazzo si era spogliato, e che non poteva di certo andare in giro nudo, doveva essere andato in camera sua, a cercare dei vestiti. Ma era un ragionamento che poteva funzionare solo se il ragazzo fosse completamente cosciente.
Decise che non era importante e verificò se aveva ragione.
Velocemente raggiunse la porta della stanza di BB, rimasta intatta da quando era andato in coma, ma lì non c'era nessuno. La stanza era disordinata e devastata esattamente come l'avevano lasciata, e Stella pensò fosse strano: "Ma perché Slado non ha mandato qualcuno a sistemarla? Va bene che aveva dovuto ammassare un esercito in tutta fretta, ma anche solo uno di quegli automi sarebbe andato bene. Mica posso fare tutto io". Ma lasciò perdere e tornò a cercare BB.
Provò allora a cercare nel guardaroba, ma non lo trovò neppure lì. Però qualcuno aveva rovesciato i cassetti e sparpagliato per la stanza i vestiti prima di andarsene.
"Come mai BB farebbe una cosa simile senza un qualsiasi motivo?" si chiese "Che sia... impazzito? Che il mio amico abbia contratto una forma di pazzia nel sonno del coma? No, oh no. Tutto ma non questo."
Senza più idee ed ancora più preoccupata per il ragazzo cominciò a girare per la torre a caso, senza seguire uno schema preciso, in totale angoscia, quando infine tornò di nuovo sul tetto dalla torre, sperando di vederlo all'esterno. 
Fu allora che lo trovò. Da lontano lo vide sulla cima delle mura che circondavano la base, che volgeva lo sguardo verso la città distrutta e verso la battaglia che infuriava come una tempesta nell'oceano.
<< BB... BB!!! >> lo raggiunse in un lampo, e l'impeto dell'abbraccio quasi li fece cadere a terra.
Stella lo tempestò di domande e di abbracci, dicendogli che era contentissima di vederlo e che l'aveva fatta preoccupare da matti, poi le venne anche un accenno di pianto, subito represso da dentro.
Eppure lui continuava a fissare le rovine, senza dare segno di averla notata. Subito la preoccupazione le tornò a galla.
Allora lei lo scosse con forza, temendo che il coma gli avesse provocato qualche danno cerebrale: << BB! Ascoltami, ti sei svegliato dopo essere stato in coma. Può essere successo qualcosa di brutto, quindi adesso ti riporto giù e... >>
Si interruppe quando notò che non indossava una delle sue solite tenute, bensì indossava il costume di prima che Slado li salvasse da Robin. Quello da "eroe".
<< BB, perché indossi quel costume? >> voleva pensare che indossare quel costume fosse scandaloso, una specie di tradimento, ma stranamente non sentiva che fosse così.
Finalmente BB si girò verso di lei e, parlandole sottovoce con un'espressione sconvolta su un viso di qualche sfumatura più verde del solito, le disse: << Stella... sei tu? Non sembri tu. >>
<< Sì, BB. Sono io. Sono Stella. E per favore, torna di sotto. Devi riposare, ti sei svegliato adesso. >> gli disse lei, rilassandosi un poco a sentire la voce di BB.
<< Stella, che ci è successo? Noi dovevamo essere i protettori della città, non i suoi aguzzini. Come abbiamo potuto lasciare che ci usasse così? Come? >> ribatté BB, i cui occhi si erano spiritati e guardavano ai suoi piedi.
<< Ma come... >> cercò di rispondere lei << Che intendi dire? Parla chiaro BB. >>
Lui alzò lo sguardo e lo puntò su di lei, squadrandola da capo a piedi come se davanti a lui ci fosse una sconosciuta: << Stella... Come sei vestita? Perché... dove... >>
Si fermò un'istante, rimanendo a fissare un punto lontano sopra la spalla della ragazza. Poi fu come se avesse colto qualcosa che aveva capito solo lui.
Dietro di loro un'esplosione violentissima scosse la terra
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Erano così vicini che riusciva a sentire i rumori della lotta. Poteva quasi toccarli tanto erano vicini.
Ma la cella le permetteva soltanto di sfiorare quelle piccole menti. Se fossero state più vicine ed avesse avuto un po' di tempo sarebbe riuscita a controllare e plasmare una di quelle più deboli, ma erano troppo lontani.
Li sentiva combattere. Sentiva la rabbia e la frustrazione di Robin, la voglia di rivalsa di Cyborg e da lontano e con difficoltà la tristezza e la confusione di Stella, mentre Slado era indecifrabile. Ma erano flebili, non riusciva a percepirli bene come prima, quando era libera.
E le sfumature erano completamente assenti.
<< Dannato Robin! Se solo non mi avesse bloccata qui dentro >> disse Corvina adirata tra se e se. Stare tanto tempo da sola dentro una piccola sfera-prigione magica non le permetteva di conoscere molta gente.
Cercò ancora una volta di forzare la cella espandendo al massimo suoi poteri, spingendo e rilasciando energia.
La piccola sfera si gonfiò di oscurità come una bolla, espandendosi e contorcendosi in continuazione, seguendo il potente e costante flusso di quelle energie.
Corvina continuò a spingere: << Azarath. Metrion. Zintos! >> ripeté in continuazione fino a che non le fece male la gola. La bolla si gonfiò, si gonfiò... per poi tornare alle dimensioni originali reprimendo l'energia ed obbligandola a ritornare all'interno della bambina.
Corvina fallì, ma tentò comunque di usare l'enorme quantitativo di energia concentrata dentro di se per creare un portale e fuggire prima che si disperdessero; ma sempre a causa dei sigilli sparsi sulla prigione, per via del suo corpo da bambina che non era in grado di contenere l'energia necessaria e per evitare di esplodere dovette rilasciarla. La bolla poi raccolse ed assorbì quell'energia volatile, raffinandola e sfruttandola per rafforzare i sigilli.
Lo sforzo fu enorme per lei, che si accasciò a terra esausta. Il corpo non le obbediva più.
I rumori della lotta erano stati per tutto il tempo un continuo sottofondo, incessante. Come mai prima di allora quel rumore le riempì il cervello, sovrastando solennemente ogni altro pensiero e cancellando ogni piano di fuga. Quel rumore le echeggiò in testa facendo restringere le pareti e togliendole il fiato, mentre lo spazio diminuiva e l'aria si faceva sempre più rarefatta ed inalarla era sempre più simile al respirare lame di ghiaccio.
E sempre con quei rumori onnipresenti, lei saltò in piedi e prese a pugni la bolla sperando di fermare quel rumore. Poco importava il dolore, doveva fermarlo. Non bastavano le sue stesse urla, né il suono dei suoi pugni. Poco importava che si coprisse le orecchie, o che urlasse più forte, quel rumore era sempre lì, e non se ne sarebbe mai andato e lei non sarebbe più uscita e quella prigione le si sarebbe chiusa addosso.
Poi ci fu qualcos'altro.
Qualcosa era entrato nel suo raggio telepatico, una creatura piccola, facile da controllare.
Era un topo. Un minuscolo topolino era entrato dalla porta delle prigioni, rimasta aperta. Corvina lo contemplò con attenzione. Aveva un corpo lungo poco più del suo dito indice con il pelo di colore grigio spento, con una lunga coda tranciata verso la fine, vicini a dove prima c'era la punta.
Con cautela raggiunse la sua mente, che si rivelò debolissima e facile da controllare. Nei suoi ricordi scoprì la presenza di un'enorme colonia di topi qualche piano di sotto di loro.
<< Quanti... Ce ne sono davvero tanti. >> disse Corvina, sempre a se stessa. Fu allora che le venne in mente un piano che forse aveva qualche chance.
Prese controllo della mente del topo, poi richiamò i suoi simili e, lentamente e non senza difficoltà, prese a controllarli tutti insieme, diffondendo la sua mente come un'epidemia fra i roditori.
Controllandoli come un architetto controlla i suoi operai li fa impilare l'uno sull'altro, formando una piramide di topi alta fino alla bolla. Poi, quando giudicò che fossero sufficienti, li costrinse a grattare via dalla prigione un pezzetto di uno dei sigilli portanti con i loro dentoni. Molti topi si fulminarono toccando la parete ma alla infine, svanendo in una vampa di fuoco, uno dei roditori riuscì a rimuovere quel pezzetto, nullificando il sigillo ed indebolendo la bolla.
E fu così che Corvina fuggì, in un'enorme esplosione.
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L'esplosione lo aveva sbalzato via insieme a buona parte dell'esercito nemico e della città.
Il ragazzo meraviglia si risvegliò così in mezzo ad un enorme cratere dove un tempo c'era la baia di Jump City, dove ormai non c'era che devastazione ed odore di bruciato. Le analisi dell'armatura rivelavano che il braccio destro era del tutto fuori uso, infatti lo vedeva pendere inerte sul fianco dell'armatura, e che la placca che copriva il torace era stata rimossa del tutto. Il ragazzo non riusciva a capire com'era possibile. Quella era un'armatura con cui avrebbe potuto tener testa a Superman, eppure era stata quasi distrutta.
Nonostante l'antidolorifico Robin sentì le costole muoversi nel petto ed il sangue che gli inumidiva la schiena; erano dei brutti segni.
Volse lo sguardo verso l'origine dell'esplosione, verso la torre, ed il sangue gli si gelò nelle vene. Corvina era libera. Rimanendo imbambolato a guardarla elevarsi in cielo circondata da energie mistiche non si accorse di Cyborg, che da dietro gli sparò con il cannone sonico, colpendolo e buttandolo a terra un'altra volta.
Mentre cercava di mettersi in piedi con una mano sola e con una gamba malfunzionante sentì Cyborg e Corvina salutarsi: << Ciao Corvina! Contento che tu sia ancora viva e vegeta. >> cominciò Cyborg.
<< Grazie Cyborg >> gli rispose Corvina, << Anch'io sono contenta di vederti. Noto che siamo in assetto da guerra. >> disse lei, indicando i resti dell'esercito ed il loro generale, Slado, che lo comandava da lontano.
<< Eh, sì. Quel piccoletto laggiù ci ha fatti dannare mentre tu eri in vacanza. Che ne dici di restituirgli il favore? >>
Corvina non ebbe bisogno di pensarci: << Ok, facciamogli pentire di essere nato. >>
Insieme assalirono la Hellbat diretti verso il suo pilota.
   
 
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