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Autore: baby80    03/09/2017    6 recensioni
Ho voluto immaginare un epilogo differente della puntata "accusa di tradimento". Cosa sarebbe successo se...
Genere: Drammatico, Erotico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: André Grandier, Generale Jarjayes, Oscar François de Jarjayes, Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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È infatti il cuore che rende eloquenti



Le parole pronunziate poc'anzi sembrano riecheggiare ancora all'interno della cappella, su, lungo le colonne di pietra bianca, attraverso l'alto matroneo, fino a giungere al soffitto a volte della navata centrale. Ed è li, tra i colori dell'affresco ove il Padreterno annuncia la venuta del Messia(1), che le odo morire. Precipitano giù come gocce, piccole perle silenziose prive di consistenza, così vuote da mutare in lievi spifferi che mi sfiorano le gote come lacrime invisibili.
Attendo che la donna che ho di fronte emetta la propria sentenza, che sia buona o cattiva poco importa, purché qualcosa si decida.

“Avevo già preso la mia decisione, Oscar. Un messaggero si è recato da voi quelle sera stessa, per comunicarvi il mio perdono. Ma il giorno seguente vostro padre, il generale Jarjayes, ha chiesto udienza.”
la replica alla mia richiesta d'una qualsivoglia penitenza, giunge come un fulmine a ciel sereno, rivelando una scomoda verità.

“Mio padre...?”
i polmoni cercano aria, ma invece di trarne a sé, lasciano fuoriuscire quel poco che ancora vi è al loro interno. E col respiro anche le parole sfuggono alle mie labbra. Così misere che io stessa fatico a sentirle.

“Ho creduto volesse porgere la propria gratitudine per la grazia concessavi, ma vi era dell'altro. Con lo strazio nel cuore ha confessato di non sapere dove foste andata, né se sareste mai tornata. E che la colpa era soltanto sua.”

“Dunque, vi ha raccontato ogni cosa...”
distolgo lo sguardo da Maria Antonietta, distratta da uno spicchio di luce che è penetrato all'interno della chiesa buia. Si sta facendo giorno e col sole, tra poco, comincerà la consueta frenesia del luogo.
Ho premura di portare a termine questo incontro, come in egual modo desidero abbandonare questo posto.

“Mi rincresce doverlo dire, ma ciò che mi ha confidato vostro padre è giunto alle orecchie di tutta Versailles e del Re in persona. Si stanno valutando le possibili conseguenze.”
vorrei chiedere quale versione della realtà, dopo essere passata di bocca in bocca, sia infine arrivata alla maestosa Versailles. Posso solo immaginare quali infamie possano essere state sputate sulla storia d'origine; certamente tutti i pettegolezzi che negli anni trascorsi alla Reggia sono stati mormorati alle mie spalle.

“Sua Maestà il Re non ha preso bene tale notizia, o per meglio dire, non lo hanno fatto coloro che stanno al suo fianco. La Francia sta attraversando un momento difficile e mostrarsi troppo magnanimi sarebbe sintomo di debolezza. A maggior ragione se la persona a cui si sta concedendo la grazia per l'ennesima volta, commette un nuovo errore. Sarò franca con voi, mia cara amica, potrò ben poco per placare il vostro castigo.”

“Non mi importa quale decisione prenderanno nei miei riguardi, non ho paura di affrontare il plotone di esecuzione. Ma... cosa succederà ad André?”
mi muovo verso Maria Antonietta, compiendo il numero di passi necessari a fronteggiarla. La supero in altezza di una spanna, il che mi mette in una posizione di superiorità.
Sono consapevole dell'insania di questo mio gesto, solo uno stolto oserebbe anche solo immaginare di tener testa ad un sovrano, ma il buon senso mi è d'ostacolo.
Il tempo mi è nemico e la ragione, la diplomazia, il servilismo, principi nobili e sicuri, nulla servirebbero al mio scopo. Se non a dilatare quella che è di già un'agonia.
Pretendo delle risposte, ora, subito e voglio che lei lo comprenda molto chiaramente.

“Oscar, voi...”
il mio intento non ha l'esisto sperato. Nello sguardo della mia Regina tutto vi è fuorché il turbamento che speravo di provocare.
Mi guarda con uno stupore gentile, dal basso verso l'alto, e per la seconda volta da quando ho messo piede nella cappella, mi cattura le mani tra le sue.
Tento di sfuggire al suo appiglio ma lei non si fa sorprendere, seguita a trattenere le mie dita nella sua presa, con una forza inaspettata. Ed io vorrei soltanto dirle che non ho bisogno di quelle sciocchezze da donnicciole, e neppure dell'intonazione che ha preso la sua voce, così melensa da far venire il voltastomaco.
Oscar, voi... io cosa? Cosa volete dire?
 
“Posso fare in modo che vi possiate sposare, se solo voi lo desiderate...”
la stretta delle sue mani si fa più lieve, ma non si scioglie, muta in una carezza perpetua che mi confonde. Tanto quanto l'espressione che ha negli occhi, una mescolanza di euforia e pena, mentre il nulla lasciato a mezz'aria tra la lingua e le labbra, racconta più delle parole che le ho sentito sillabare.
A quanto pare anche lei ha fantasticato di tanto in tanto sulla mia esistenza, allestendo scenari alternativi rispetto all'algida vita che ho condotto nei panni dell'erede del casato De Jarjayes.
Ma la commedia che si è figurata nella mente nulla ha di che spartire con ciò che è accaduto, e forse in fondo anche lei ne è consapevole. Perché nell'azzurro delle sue iridi riconosco la compassione di chi sa che, se anche vi fosse amore tra l'aristocratica ed il servo, la storia prenderebbe irrimediabilmente le fattezze di un dramma.

“No, io... io desidero soltanto che lui non venga punito in alcun modo.”
ribatto eludendo il nome di colui che nessuna delle due pare voler pronunciare, d'altronde non ve ne sarebbe motivo, la sua presenza, già così, pesa su di noi come un macigno. Io stessa ne sono sopraffatta e dio solo sa quanto abbia tentato di ignorarlo, con ogni mezzo a mia disposizione; il rigore del soldato, la disciplina, il pragmatismo. Nulla è servito. Lui ha la capacità di sedurre qualsiasi mio pensiero, riflessione, ricordo, tutto ciò che gli è estraneo, di modo che la mia attenzione volga nuovamente alla sua persona.

“Capisco, ma temo di non potervi accontentare. Il fatto si è già saputo. La prigionia sarà la pena minore per un tale reato.”
Maria Antonietta evita il mio sguardo come una ladra scoperta a rubare, lei che con un sol gesto potrebbe mandare a morte me e l'intera Francia, teme il mio giudizio per una scelta che oramai non è più di sua spettanza.

“Reato? Noi...”
nulla posso per fermare la collera che m'infiamma le membra, l'assecondo permettendole di fuggire dalle labbra e mostrare il proprio sdegno con la voce. D'un tono che rasenta il grido.

“Non ci sarà alcun Voi, Oscar. La colpa ricadrà interamente su André. Siete stata capitano delle guardie reali, comandante dei soldati della guardia, ma per gli uomini di questo mondo, in una simile situazione, siete soltanto una donna indifesa.”
allontano le mani dalle sue e non vi sono ostacoli nella fuga. Mi lascia andare. Qualcosa si è è rotto tra di noi, qualcosa che va al di là della nostra ventennale amicizia.
Siamo simili e diverse. Uguali nella natura del nostro sesso, nei nobili natali che ci hanno viste venire al mondo, e in alcune emarginazioni riservate a questa condizione, eppur dissimili nella strada che abbiamo deciso di percorrere in quest'epoca oscura.
Lei ha scelto il dovere, io, forse per la prima volta, il cuore.

“Maledizione...”
la protesta mi sgorga dalla gola come un conato, ed ha il sapore dell'imprecazione più feroce, anche se per rispetto verso colei che abita con me questo santuario, arresto la furia che mi ribolle al di sotto delle vene.
Sento su di me l'attenzione d'ogni statua, affresco, quadro, presente in questo sacrario. Le pupille dei santi, degli angeli, di Dio e della Vergine, mi puntano addosso come rovi di spine sulla pelle.
Null'altro ho da domandare o discorrere, ragion per cui è ormai giunto il momento di congedarmi. Mi inchino dinnanzi a sua grazia, col capo chino e la mano sul cuore.

“Vi ringrazio per tutto ciò che avete fatto per me e vi supplico di non tormentarvi se nulla potrete per noi. La mia stima nei vostri riguardi rimarrà immutata. Mi auguro di poterci rivedere un giorno.”
affermo con l'affetto in ogni parola proferita e con una melanconia che mi brucia gli occhi, scortando le lacrime ai margini delle ciglia. Ho il presentimento che questo sarà il nostro ultimo incontro. Un addio.
Ne sono talmente addolorata da dimenticarmi d'essere ancora inginocchiata, me ne rammento quando un tocco deciso sulle braccia mi invita ad alzarmi da terra. Sollevo il viso e vi trovo la mia Regina, al mio medesimo livello, come forse non si è mai trovata a stare.
Riacquisto la mia posizione eretta e l'inaspettato mi sorprende ancora una volta regalandomi l'abbraccio serrato di Maria Antonietta. Mi tiene contro di sé con una tale urgenza da farmi mancare il fiato, i palmi premono sulla mia schiena come a voler oltrepassarmi le carni. Finché uno di questi si dilegua per raggiungere il capo, dove le dita mi impugnano i capelli.

“Vi voglio bene mia cara ed unica amica. Siete stata il punto fermo di questa mia esistenza incerta, in un paese straniero, e credetemi quando vi dico che vi porterò sempre nel cuore. Abbiate cura di voi stessa e... Oscar, avete la possibilità di cambiare la vostra vita, non sprecatela.”
mi confida in un sussurro sommesso lasciandomi sbigottita, ma abbastanza attenta da copiare il suo stesso comportamento.
L'abbraccio che ci unisce non ha ruoli, titoli, etichette, gerarchie, nulla di tutto ciò, è unicamente il saluto tra due donne con lo stesso cuore.
Percepisco il pianto caldo della Regina bagnarmi la guancia e parte del collo, anche il mio volto è umido della stessa tristezza.
Piangiamo, ridiamo, tardando il momento dell'abbandono e quando troviamo la forza di dividerci non vi sono parole. Mi allontano voltandole le spalle, lasciandola dietro di me, insieme ad un passato che, seppure non rinnegato, d'ora in avanti non farà più parte di me.


Accedo in Rue de la Lingerie col giungere delle sera, ho rallentato il mio ritorno di proposito, attardandomi sulla strada che da Versailles porta nel centro di Parigi.
Avevo bisogno di qualche istante di pace, soltanto io e il silenzio dei campi di cui potrei tratteggiare ogni singolo filo d'erba.
Ma il posto al quale ho concesso la maggior parte del tempo è stato Palazzo Jarjayes, si, proprio così. Dopo aver fermato Cèsar a ridosso del muretto che circonda l'appezzamento di famiglia, ho osservato la vita che ha seguitato a proseguire nonostante la mia assenza. L'andirivieni dei lavoranti negli agri coltivati, il viavai della servitù, e in quel susseguirsi di individui è comparsa la vecchia Nanny, indaffarata come al solito. Prima d'essere colta dalla nostalgia ho ripensato alle parole di Maria Antonietta e riprendere il cammino per Les Halles è stata la conseguenza naturale delle ragioni del cuore.
Ora non mi resta che recuperare un po' del vecchio coraggio per affrontare il disappunto che mi accoglierà non appena oltrepasserò l'uscio dell'appartamento.
Traggo un lungo respiro e sono dentro.
Nella cucina trovo André e Bernard occupati a conversare tra loro.

“Bernard, mi fa piacere rivederti.”
mi ritrovo a dire, forse per anticipare il richiamo che mi aspetto da Andrè per essermi allontanata senza dire una parola. Ma da lui non scaturisce neppure un fiato, si limita a guardarmi con fastidio.

“È lo stesso per me. Ma avrei preferito che non ti fossi allontanata, Oscar.”
è Bernard a rimproverarmi, ma poco importa. Non voglio giustificarmi in alcun modo, questa mia disobbedienza andava fatta.

“Vi ho portato del cibo e con esso, purtroppo, delle novità che non vi piaceranno.”
mi avvicino ai due. Ora siamo tutti e tre attorno al tavolo, in piedi, in allerta.

“Ho avuto modo di trovarmi a Palazzo Reale, nel salotto che il Duca d'Orleans mette a disposizione per i giovani giornalisti, scrittori, politici e, tra un discorso liberale e filosofico, ho carpito qualche informazione proveniente da Versailles.”

“Dunque, cosa hai scoperto?”
lo sollecito con calma, camuffando l'agitazione.

“Ebbene, ho saputo che Oscar sarà destituita dalla carica di comandante dei soldati della guardia. È André quello che potrebbe avere la peggio, il male minore è il carcere. In alternativa, e a quanto pare l'ipotesi più accreditata, pare essere la forca. Innumerevoli persone hanno messo in dubbio il suo gesto, bollandolo come rapimento, e se la nobildonna è stata irretita o addirittura compromessa, non vi è altra alternativa che quella. Senza dimenticare che ha minacciato con una pistola il suo vecchio padrone, nonché aristocratico. Purtroppo la Regina non ha più alcuna voce in merito, il Re, sotto stretto consiglio di chi gli sta accanto, crede che sia giusto punire in modo esemplare un'azione del genere, per dare una sorta di esempio.”
le orecchie hanno cominciato a fischiare dopo aver udito la parola “forca” ed ora le gambe hanno preso a tremare. Non voglio credere a nulla di tutto quello che ho sentito.

“L'unica soluzione è scappare.”
è la voce di André che riconduce in me l'udito.

“Non posso lasciare Parigi. Ci sono i miei soldati da portare in salvo.”
manifesto la mia posizione, ferma, dando per scontato che nella sua fuga fosse contemplata anche la mia presenza.

“Se sarà necessario andrò via da solo.”
annuncia infine André, con una fermezza che non include obiezioni. Mi sento mancare, l'aria mi si blocca in gola, soffocandomi come una mano serrata attorno al collo.

“Sposiamoci.”
dico a voce alta, puntando i palmi delle mani sul tavolo, attirando su di me l'attenzione di entrambi.





(1) Ad opera di Antoine Coypel, pittore e decoratore francese. La sua opera più rappresentativa è stata appunto la decorazione del soffitto della cappella di Versailles, terminata nel 1716 e realizzata in chiaro stile barocco romano. 
  
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