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Autore: queenjane    04/09/2017    1 recensioni
Catherine Raulov cresce alla corte di Nicola II, ultimo zar di tutte le Russie, sua prediletta amica è Olga Nicolaevna Romanov, figlia dello zar. Nel 1904 giunge il tanto atteso erede al trono, Aleksej, durante la sanguinosa guerra che coinvolge la Russia contro il Giappone la sua nascita è un raggio di sole, una speranza. Dal primo capitolo " A sei settimane, cominciò a sanguinargli l’ombelico, il flusso continuò per ore e il sangue non coagulava.
Era la sua prima emorragia.
Era emofiliaco.
Il giorno avanti mi aveva sorriso per la prima volta."
Un tempo all'indietro, dolce amaro, uno spaccato dell'infanzia di Aleksej, con le sue sorelle.
Collegato alle storie "The Phoenix" e "I due Principi".
Preciso che le relazioni tra Catherine e lo zar e la famiglia Romanov sono una mia invenzione, uno strepitoso " what if".
Al primo capitolo splendida fan art di Cecile Balandier di Catherine.
Genere: Introspettivo, Slice of life, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Periodo Zarista, Guerre mondiali
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Dragon, the Phoenix and the Rose'
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“Buona fortuna, Catherine, il Signore sia con voi. Ci vediamo a Natale, se non prima” lo zar benedisse me e Andres erano le sette, forse prima di mattina, un piccolo segno della croce, in tasca teneva il mio libriccino dell’Iliade, se Alessio avesse avuto voglia glielo avrebbe dato. E lo volle, per casino mio e altrui.
Tacendo che alle cinque di notte (nell’ora del cambio della guardia, lo zar d’accordo) ero passata a dargli un bacio e avevo capito che non dormiva.
Intuito e passate esperienze mie. la notte amplifica pensieri e separazioni, mi aveva trattato male ( e in fondo aveva ragione, ad essere in collera), e gli spiaceva, pensava di avere fatto qualche cosa di ineludibile.
Io di bambini non ho mai capito nulla, tranne che con lui, a grandi linee, almeno allora. “Zarevic.. vuoi, volete che resti un poco?” 
“Sì”
I’ll be back”, tornerò, avevo sussurrato in inglese, piegandomi sul ginocchio, un inchino nel buio, rischiarato dalle lampade votive dinanzi alle sue icone, rispondeva solo il respiro, era il principe ereditario, il rango andava rispettato, senza fallo. Poi avevo allungato una mano, sfiorandogli la spalla, una piccola carezza, mi aveva risposto la sua schiena rigida, contratta, salutavo il bambino che mi aveva amato e ancora mi voleva bene, forse.
“Mi dispiace. Credetemi” e lo dicevo per scarico di coscienza, la mia, chiaro, ribalda, infida.  “E .. con te, perdonatemi, con Voi, non sono mai stata cattiva in modo volontario né volevo illudervi..” tranne che dal gennaio 1913 in avanti, bugiarda che sei, quando hai scoperto le lettere e lo ignoravi, anche se eri lì con lui, scrollai la testa, ignorare la voce della coscienza era un ben duro affare.
“ Allora salutami perbene come sempre, mi hai abituato in un altro modo e non che cambi la faccenda, bada. Capito?”la sua voce sottile come vetro, le sue risate le avrei sentite di nuovo solo più avanti. 
Si mischiavano lo Zarevic, il principe ereditario, e il bambino, dove finiva uno e cominciava l’altro, il punto di sutura, o forse era un ricamo inestricabile, nessuna demarcazione.
Mi aveva posato il viso contro l’avambraccio sinistro, mentre con la destra gli  sfioravo le spalle, si era rigirato e me lo ero ritrovato addosso, in due giorni aveva imparato come stringermi, senza pesare, le nocche contro il mio plesso solare, scostandogli i capelli dalla fronte, il gesto rovesciato e gemello di quello che aveva compiuto lui due giorni prima, toccando la guancia.
 
Silenzio. Liquido e rarefatto. E le mie parole erano poi diventate, una storia, una canzone infinita di amore e perdono, ero rimasta.
“Torno, fidatevi..E io mi fido di voi, so che siete un osso duro, non mi faccio ammazzare e voi superete ogni eventuale accidente. Va bene? Non vi volevo illudere.”
Un piccolo cenno della testa.”Spiegami, perché mi dai del Voi”
“Era .. Voi siete lo zarevic, in ogni situazione vi devo rispetto” Una pausa
“Io voglio Cat, non la principessa formale, che è la più brava di tutti i reparti...so che sei brava ma così.. “
“Alexei, io..  Non pensavo di trovarti, mi hai fatto, anzi ci hai fatto una sorpresa. E mi eri mancato tanto e volevo farti fare qualcosa di bello, peccato che tu poi abbia creduto, giustamente, che sarei rimasta di più. Non ti volevo illudere o prendere in giro, tranne che vale quanto sopra, io mi fido di te, resisti, sei un osso duro”
Sbuffò “ Se non ti avessi trovato per sbaglio, ti avrei visto? So che ti sono mancato, o credo” in quello ero stata sincera
“ No, avrei evitato” Per omettere questo strazio “ E mi sei mancato, libero di credermi, ma così per te è peggio” mi strinse ancora più forte.
“ E TU NO?”
“Io sono grande, rispetto a te, meno sensibile”
“Che bugiarda .. sei più sensibile di quanto pensi”Deglutì “Dammi un bacio e a presto, mi fido di te, se sei la più brava qualcosa vuol dire” un gallo solitario cantava, ma era presto, mancavano ancora due canti. E avrebbe preferito che fossi meno abile.. la più brava a fare cosa o chi?
“Io pure, Zarevic, mi fido” gli avevo raccontato due o tre barzellette, brillanti, non aveva riso, che sennò mi dava soddisfazione, ma lo avevo distratto, baciandolo a caso, la fronte, le guance, ricambiata. Che potevo fare senza troppi danni, per non fargli venire l’ansia, che era intelligente, con una grande fantasia, o non troppa ansia, finchè ero lì era tranquillo, per dire.. Aveva chiesto, a suo padre e mio zio, ci scommettevo, e tanto era stato un fallimento
“ Ti va bene se ogni tanto ti scrivo due righe, solo per te, e ci sentiamo al telefono?”
“Sì.. Solo per me?”
“Solo per te. Ciao Aleksej, arrivederci Zarevic” omisi di affermare non ti preoccupare, che sarei stata proprio stupida. Ed  ero uscita, dopo una breve stretta, un bacio. Ave Cesar, morituri te salutant. Quella mattina non vi era nebbia e tuttavia vedevo tutto sfuocato, una steppa perlacea. E non era perché dovevo ma perché volevo, aveva ben ragione.
“…prima che il gallo canti, mi avrai rinnegato tre volte..” Tenni la schiena alta, le spalle erette, un passo dopo l’altro, vai via, senza girarti, me lo imposi, al secondo giro, che ero tornata indietro per dargli un bacio, e tre e mille, in silenzio.
Alessio, lo faccio perché voglio, oltre perché devo.. hai ragione, non ti devo prendere in giro. Se mollo non vado di mezzo solo io, ma altri.. Che hanno fiducia in me, ti prometto che starò attenta, che ci rivediamo, e intanto ti chiamo, ti scrivo.. Attenta, come te
“Mi fido, Cat”  mi sfiorò le labbra con le dita “Vai, avanti, che se rimani ancora non ti mando IO via”una pausa “Ma sono contento da una parte, ti ho visto, non ci speravo più”
“Alessio.. quando torno facciamo qualcosa di bello“
”Vai fila..”a parole, nei gesti mi si era aggrappato o forse ero io.
E tanto  non lo lasciavo, fino a quando non si calmò.

Lo zar riferì che aveva pianto per una settimana filata, prima di dormire, dopo, ma Alessio non volle parlarne e suo padre non intese forzarlo.
La malinconia gli rimase, come una sorta di nebbia, un velo.  E se non fossi andata a salutarlo sarebbe stato peggio, lo avrebbe vissuto come un abbandono, l’ennesimo,mi ha odiato e mi avrebbe odiato ancora di più se non fossi passata .
L’ora che precede l’alba è spesso fredda e buia, mi risvegliavo e mi gettavo addosso la coperta, svuotata da tutto, mi rigiravo e le nocche incontravano la sagoma di Andres, il suo caldo respiro e viceversa. Allora parlavamo ben poco.
Quattro giorni dopo, ci scambiammo due parole in croce al telefono, dopo vari passaggi. “Zarevic..” “Ci . . Ciao“ Esitante “Tutto a posto, cosa leggi?” E non rispose. “Ti chiamo e ti scrivo..”Gli soffiai un bacio nella cornetta

 
E bravi i miei ragazzi, rifletté nelle settimane successive Rostv-Raulov, appurando che l’ingaggio era andato a buon fine e che se Catherine non cambiava idea potevano fare molto e molto altro.Cat, si concesse il nomignolo privato usato da Olga Romanov, aveva fatto cantare un bolscevico in esilio, tale LP, di come la Germania voleva minare il potere offrendo aiuti e finanziamenti capillari ai bolscevichi, una rete capillare e clandestina, dopo il 1905 non si erano arresi.
La rivoluzione avanzava, se la guerra non finiva sarebbe stato un casino senza precedenti, lo Zar era fatalista, si considerava Giobbe, mandava una sua figlia al macello.
Non vi capiva nulla, allora era meglio Catherine che era una spia, un baro, una sorta di pirata, combatteva in senso lato e cercava le sue vendette che quel coacervo.
Il lupo dello Zar, la tempesta.
 
Stupido, o forse no, comunque anonimi donatori  tedeschi finanziarono gli ospedali russi, LP, un idiota perso nel suo piacere, venne arrestato alla frontiera, così  confermando la fiducia accordata, da capo  si congratulò mentalmente con lei.
Lei e Fuentes erano i migliori, nonostante o forse per le loro tragedie private.
 
Nel novembre 1915, lo Zar aveva passato in rivista le truppe del Generale Tcherbatchev. Dopo la  cerimonia, il sovrano desiderando conoscere le perdite sofferte dalle truppe chiese ai comandanti di ordinare ai tutti gli uomini che avevano combattuto fin dal principio delle ostilità di alzare le mani. 
L’ordine venne impartito e, tuttavia, solo poche braccia si alzarono rispetto a centinaia di teste, in intere compagnie non si alzò neanche un pollice.
 

L’episodio fece una grande impressione ad Alessio, per la prima volta realizzava gli orrori della guerra in modo così crudo e diretto. Prese a riguardare i biglietti che custodiva in una scatola insieme ad altri tesori, lettere di sua madre e delle sue sorelle, una biglia dai colori cangianti, un sasso dalla forma particolare  e tanto altro, in cui nessuno guardava mai, era sua personale e basta.”.. Un saluto, fa freddino, ti scrivo vicino a un bel caminetto..So che lo Zar non ama molto parlare al telefono, io lo ritengo una fantastica invenzione.. Anche per un ciao al volo, come hai detto Te, un bacione .. “  “Visto che ci hai preso gusto, sul telefono? Ciao e come stai, sei sintetico e va bene così..Baci. C.”  “Zarevic, oggi ho camminato su un prato bianco per la brina, ti ricordi quando a Carskoe giocavamo a nascondino nelle brine autunnali in attesa di costruire fortini di neve..” “ Zarevic, solo un pensiero e un abbraccio”  Vari e sparsi biglietti, un tesoro “..Oggi eri triste, credo, manchi anche a me, e comunque il Natale cattolico arriva prima del nostro, i tuoi cinque minuti diventano sempre cinque ore o cinque giorni.. Scherzo, manca poco. Sai che sto leggendo l’Eneide (io, mica te, quindi non fare smorfie) [sorrise nel rivedere quelle righe] che è il proseguo dell’Iliade, va beh, te lo racconterò a voce, che sennò diventa un romanzo, ci sono due ragazzi, Eurialo e Niso,che sono veramente coraggiosi e in gamba, indovina chi mi ricordano? TE. Fortuna audaces iuvat, la fortuna aiuta chi sa osare, te lo traduco direttamente, che è latino, l’abitudine di leggere mica mi è passata, ogni tanto devo aggiornare il repertorio, una storia per Te ci sarà sempre, se vorrai. Baci, C.  ps anche io vorrei passare cinque minuti con Te, Aleksej Nicolaevic, ironizzo, che manchi tanto anche a me” e vi era una foto di loro due, del mese di agosto 1914, lui le  circondava le spalle con un braccio, lei gli aveva appoggiato  una mano sul gomito, i capelli raccolti in uno chignon, vestita di colori chiari e delicati, il suo sorriso, aveva detto qualcosa che l’aveva fatta ridere. E ora aveva gli occhi duri, ricordò, di chi troppo ha visto, una sorta di patina, e tuttavia era sempre lei. Cat, Alexei, era venuto a salutarlo e gli voleva bene. Dove era la vecchia Catherine, l’amata principessa dalle mille storie, nella nuova ragazza che aveva trovato per sbaglio? È la migliore, non è possibile farla tornare, ormai le cose sono troppo avanti. Se non ti avessi trovato, ti avrei rivisto.. No.. per evitare questo strazio. Quanto manca a Natale? E sarebbe stato peggio, molto peggio se non l’avesse ritrovata. Si sarebbe sentito abbandonato, senza un vero perché. Come quando era andata a Parigi o era schizzata via dopo il settembre 1914.
 
 
“Alessio, ho una sorpresa..”
”Quale Papa?” Diffidente.”Aspetta e fidati..”
 
Mi ero raccolta il viso tra le mani, la tensione che mi rendeva esausta, i gomiti sulle ginocchia, poi mi ero rialzata, senza fallo, un dragone combattente, ero ACCIAIO .. UN DEMONIO. E la tristezza, con Andres eravamo andati vicini alle trincee..Che orrore, che delirio, fango, puzzo, vomito, un inferno in terra, che il lusso di un bagno caldo era per me e non per quei disgraziati. E  le missioni compiute, gioco o caso, mete rincorse senza scopo, e vinte per fortuna.
E la passione di due persone, che nonostante differenze e incomprensioni, si desiderano in un  modo inspiegabile.
 
Intanto, il mio caro zione R-R mi riceveva mentre lo zar e lo zarevic visitavano le truppe, in uno scompartimento di treno parlammo.
“TE hai bisogno di una pausa, fidati”
”Quale..Comunque Andres non è male, anzi, qual è la pausa?" 
“ La peste..spasima dalla voglia di rivederti anche per cinque minuti”
“Io pure, dici che è una peste e gli vuoi bene pure tu” Sincera nella sua mancanza
 “Ti manca, vedo e sei ben ricambiata. Cat, ormai, è andata.. Non imparerai mai, con la granduchessa Olga siete amiche, “lo eravamo state, legate, sorelle fino alla guerra e alla devastazione” Ma lui è un bambino  fragile e tanto non molla mai, per il suo bene e non il nostro, cerca di non deluderlo.. Sei la sua amata principessa e la nostra spia, la stessa nonostante le maschere, lo dico ora e poi mai più, cerca di farlo stare bene.. Hai capito? E tanto non rinuncerai a essere quello che sei diventata, anche se lo stai ancora decifrando e cerchi di capire”
“Penso..” Ci avevo capito il giusto e tanto era.
 
 
“Io sono in riunione fino a tardi, dormiamo sul treno, visto che sono occupato pensavo di lasciarti con questa persona..” Nicola II ad Alessio
“Sai che sorpresa” Sussurrò piano il ragazzino, se non stava con marinai o precettori lo appioppava sempre a qualcuno, chi era, un duro sguardo, ogni tanto scrutava sua padre con una consapevolezza superiore alla sua età, come se fosse molto più grande.
 
Il suo viso si illuminò, il sole che entra dentro una stanza dopo avere tirato le tende, quando vide chi fosse il soggetto indefinito.
“Alexei Nicolaevich, vi posso fare compagnia?”
”Papa.. E’ Catherine..E’ lei?LEI, sei tu..” battè le mani, un piccolo salto entusiasta
“ Che ti pare. Non agitarti, per favore.” era indeciso se abbracciare me o lo zar..
E intanto osservavo “Zarevic, come siete cresciuto”
“Principessa, come siete bella, ti voglio, vieni qui” Come no, ero snella, le lunghe gambe fasciate dai pantaloni, muscolose per le ore di cavalcate, le camminate, il ventre piatto, il viso illuminato dai miei grandi occhi, i capelli lavati di fresco che piovevano sulla giacca scura. Fossi sembrata uno spaventapasseri, non vi avrebbe badato. Ancora.
“Che bello,sollevami”le sue dita sul collo, la schiena,  io lo misuravo con gli occhi, mi aveva fatto un piccolo cenno e mi ero inchinata, ridendo, senza fallo e lo avevo issato sul fianco, chi ci credeva, e tanto eccolo lì, carne e ossa.
“La sorpresa..”
“Va bene lettere e telefono,  di persona eri più contento, nessuna illusione o presa in giro volontaria”Annuì, mi posò la guancia sul seno, una ciocca di capelli tra le dita .
“E’un anticipo, ci sono a dicembre e vedi che ci sono sempre, ci siamo messi d’accordo….”
“Sì..”Allacciandomi le braccia sul collo, si tirò indietro a guardarmi, gli appoggiai l’avambraccio sulle scapole, indefinito.  
 
   
 
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