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Autore: La Signora dei No    05/09/2017    2 recensioni
Come si può assemblare nuovamente un cuore ridotto in mille pezzi? Tornerà mai com'era un tempo?. Livio non riesce a darsi pace, da quanto tempo lui e Federico non parlavano veramente, da quanto non riuscivano più a leggere uno negli occhi dell'altro. Come hanno fatto ad aspettare che la situazione esplodesse e li portasse a quelle urla, a quella porta sbattuta con una violenza non voluta. Come hanno fatto a non scorgere quell'insormontabile muro, che ha avuto come unico scopo quello di dividerli. Riusciranno a lottare contro i propri " demoni", uscendone vittoriosi, integri e soprattutto insieme? Non sempre i dissapori possono essere messi a tacere facilmente.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Scolastico, Universitario
Capitoli:
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Salve xD
Allora so di non avere scuse per l'immenso ritardo con cui sto pubblicando questo aggiornamento, a mia discolpa posso dirvi che è stato un mese pieno zeppo di impegni e il capitolo non voleva saperne di farsi scrivere.
Anyway, alcune informazioni, sto facendo betare i capitoli (dalla cara Mama Holy che ringrazio) e una volta che la storia sarà terminata e tutti i capitoli corretti, la ripubblicherò sistemando l'impaginazione (con la quale litigo sempre!!). 
Ringrazio tutti i lettori e le persone che ogni volta recensiscono questa storia, chi l'ha messa tra le seguite/ricordate/preferite, un enorme
GRAZIE.
Spero che questo capitolo vi piaccia e al prossimo aggiornamento.

Black Daleko

 



11. Riallacciare le proprie vite:



Quella mattina i genitori di Livio erano rincasati alle otto di mattina, dopo essersi  fermati a dormire dal loro primogenito.

<< Secondo te sarà in casa? >> chiese la donna.

<< Spero per lui che non sia qui >> rispose il marito.

Il giorno precedente di cui stavano parlando, aveva detto loro che quella sera si sarebbe visto
con Federico per chiarire.

I due signori speravano con tutto il cuore che ci fosse riuscito. Sapevano che se non ci fosse riuscito, il loro ragazzo ne sarebbe uscito a pezzi.

<< Vado a controllare >> e con un sorriso complice stampato in volto, andò ad accertarsi dell’effettiva presenza o meno del figlio.

Piano piano salì le scale, arrivando davanti alla camera del penultimo figlio.

Schiuse la porta per capire se ci fossero segnali di vita.

Non notando nulla, entrò nella stanza illuminata soltanto dalla poca luce che filtrava dalla finestra. Si avvicinò a essa e tirò un po’ su la serranda. La stanza rimaneva comunque in uno stato di semioscurità.

Rossella si voltò a guardare il letto, accorgendosi finalmente delle due figure dormienti, abbracciate l’una all’altra.

“Quanto sono carini, era una vita che non li vedevo così; ne approfitterò per scattare una foto” pensò mentre tirava fuori il telefono dai jeans.

Dopo uscì dalla stanza socchiudendo la porta e tornò al piano di sotto.

<< Ros allora, la devo preparare per due o per quattro la colazione? >>.

<< Preparala per quattro, anche se sono sicura che poltriranno ancora per un po’>>.

<< D’accordo >> una lieve risata lasciò le labbra dell’uomo.

Nonostante fossero passati anni ormai dal matrimonio, Giacomo continuava a chiamarla Ros.

<< Lo sai che ho fotografato quei due >>

 << Non cambierai mai >> disse l’altro fintamente sconvolto.

<< E dai non capitava da anni di potergliene scattare una >>.

<< Lo sai che a nostro figlio non farà piacere >> la donna lo interruppe.

<< E che Federico si metterà a ridere. Allora la vuoi vedere? >>.

<< Ovvio >> asserì Giacomo.

Nella foto, i due ragazzi erano abbracciati l’uno all’altro. Livio poggiava la testa sul petto di Federico, mentre l’altro teneva una mano tra i capelli del rosso. Entrambi sotto le coperte.

<< Ti ricordi quando li trovammo addormentati sul letto di Livio? Erano così teneri e insicuri, adesso sembrano in pace con se stessi >> affermò l’uomo.

<< Sono così contenta che i ragazzi abbiano risolto i loro problemi, soprattutto il nostro
ragazzo ha fatto pace con i suoi sensi di colpa >>.

<< Hai ragione >>.

Si sedettero a tavola in cucina e iniziarono a fare colazione.

<< Qualche giorno fa ho incontrato Maria Grazia >>.

<< La madre di Federico? >>.

<< Sì >> rispose la donna.

<< Com’è andata? >> ribatté Giacomo, spalmando un po’ di marmellata su fetta biscottata.

<< Mi ha fatto intendere che le cose ultimamente non con Filippo non stanno andando bene
>>.

<< Come mai? >>.

<< Bè lei non gli ha mai perdonato di aver cacciato da casa uno dei suoi figli >>.

Il discorso s’interruppe lì.

Entrambi ricordavano il giorno in cui il fidanzato di Livio si era presentato alla loro porta di casa con una piccola valigia in mano e con gli occhi arrossati.

Senza pensarci due volte, l’avevano accolto in casa ospitandolo per alcuni mesi, per permettere a lui e a Livio di trovare una stabilità prima di trasferirsi.

Tutto ciò successe poco dopo essersi diplomati.

Per la prima settimana di quella convivenza improvvisata, Federico non aveva pronunciato mezza parola né emesso un suono che fosse uno. Si era comportato come un automa e loro non avevano potuto fare nulla. Con l’inizio della settimana successiva, le cose cambiarono leggermente.

Anche se il ragazzo non fu più lo stesso.

Da quell’avvenimento Giacomo smise di essere amico di Filippo, si era comportato in un modo
che non avrebbe mai capito né accettato.

Quei ricordi, anche se ormai superati, sarebbero sempre rimasti impressi nella loro mente.

 

Un paio d’ore più Federico si stropicciò gli occhi ancora intorpiditi dal sonno.

Accortosi che anche Livio si stava svegliando, si girò verso di lui sorridendogli.

<< Mh…buongiorno >> rispose l’altro, lasciando un lieve bacio sulle labbra dell’altro.

<< Il migliore di sempre >> a quell’affermazione, entrambi scoppiarono a ridere.

<< Ho temuto di perdere tutto questo >> asserì Livio mettendosi seduto a gambe incrociate
sul letto.

<< Sai che sono troppo egoista perché ti permetta di lasciarmi >> mentre si stava rimettendo gli occhiali, l’altro glieli prese dalle mani.

Senza farsi prendere, il più piccolo scese dal letto intento a scappare per poi inciampare nei suoi stessi vestiti e cadere rovinosamente a terra.

Nel rialzarsi udì la risata genuina e contagiosa di Federico e si unì a lui.

Erano anni che non lo sentiva ridere così. Quanto gli era mancata quella complicità.

<< Non cambi mai, sei sempre il solito >> affermò continuando a ridere.

<< Smettila! >>rispose Livio fintamente imbronciato.

<< Altrimenti? >>

<< Ti tiro un pugno! >> ribatté l’altro.

<< Finiscila di fare il gradasso, intanto lo so che soffri il solletico >> lo minacciò Federico
avvicinandosi di più a lui.

<< Non ci provare sa >> Livio nel frattempo stava tentando di allungare la distanza tra loro.

<< Allora ridammi gli occhiali >>

<< Vienili a prendere se li rivuoi >> e così fu.

In un attimo Federico gli fu addosso e mise in atto ciò che aveva promesso.

Dopo alcuni minuti di lotta alla fine il rapitore di occhiali annunciò la resa.

<< D’accordo te li rendo, però niente più solletico >>.

<< Meno male anche perché ho una fame incredibile >>.

<< A chi lo dici, l’unica fortuna è che sicuramente i miei ci avranno preparato la colazione >>.

<< Grazie al cielo, la tua cucina lascia alquanto desiderare >> come risposta ricevette una cuscinata.

<< Finisci di vestirti che così scendiamo >>.

Indossarono le ultime cose e scesero in tutta tranquillità le scale dirigendosi in cucina, dove trovarono i due genitori intenti a sistemare la stanza.

<< Buongiorno ragazzi >>

<< Giorno papà, giorno mamma >>

<< Buongiorno >> gli fece eco il moro.

<< Volete fare colazione? >> la signora Rossella stava già trafficando con chicchere e biscotti.

Alla vista di quelle tazze Federico si sorprese.

Quando era più piccolo, spesso si fermava a dormire a casa di Livio, le mattine seguenti mentre facevano colazione insieme, ognuno dei figli della donna ne possedeva una propria e lui rimaneva sempre a corto. Alla fine, per uno dei tanti natali, ne ricevette una con il viso di Dotto disegnato sopra, fu un regalo di Rossella.

<< Ancora la conserva? >>chiese stupito.

<< Certo, nello stesso modo in cui conservo quelle dei miei figli >> quell’affermazione gli scatenò una strana sensazione al centro del petto.

<< D’accordo però io ho fame >> mettendo il broncio, neanche fosse un bambino di due anni,
Livio interruppe il momento nostalgico.

<< Ho capito >>.

Federico diede una gomitata al fidanzato << Non trattare male tua madre >>.

L’altro sentendo quella frase, scoppiò a ridere.

<< Adesso più che il mio fidanzato sembri uno dei miei fratelli >>.

Il grande lo guardò truce.

La situazione fu salvata da Giacomo che posò le tazze ricolme di caffelatte sul tavolo.

<< Mangiate senza litigare >>.

I due ragazzi sbuffarono.

L’uomo sapeva quanto quel ragazzo moro e dai modi gentili fosse importante per sua moglie.

<< Bene ragazzi io vado a prepararmi che tra un po’ inizia il turno >>.

<< D’accordo, buon lavoro papà >>.

Mentre i due fidanzati finirono di fare colazione l’unica donna in casa, si avvicinò a loro.

<< Restate qui a pranzo? Volete che vi prepari qualcosa? >>

<< No mamma grazie, più tardi andiamo a trovare la nonna di Federico >> rispose suo figlio.

<< Salutatemela allora >> disse lasciando un bacio in fronte a entrambi.
 
 
Alle undici e mezza Livio e Federico si trovarono davanti alla porta di casa della signora Adele.

<< Ciao nonna >> disse suo nipote sorridendole.

<< Bentornato tesoro, vieni entra >> mentre stava richiudendo la porta, il moro la fermò.

<< Aspetta nonna, c’è anche Livio >> la persona in questione entrò in casa richiudendosi la
porta alle spalle.

<< Signora >> disse sorridendole cordiale.

<< Oh entra caro, è da molto che non ci vediamo >> asserì facendoli accomodare in sala da pranzo.

<< Siete in anticipo per il pranzo >> dicendo ciò Adele iniziò ad apparecchiare, aiutata da suo
nipote.

<< Lo sappiamo nonna ma volevamo stare un po’ con te >>.

<< Che pensiero dolce ragazzi >> sorrise nuovamente.

Passarono una decina di minuti a parlare del più e del meno e l’anziana signora costatò con suo immenso sollievo che i due giovani uomini di fronte a lei avevano fatto pace.

Tutti e tre furono risvegliati da quell’atmosfera di pace e tranquillità dal suono del citofono.

<< Stai aspettando qualcuno nonna? >> domandò Federico incuriosito.

<< In realtà sì, oggi doveva venire l’idraulico per sistemare un problema in bagno, però non
pensavo venisse adesso >>.

<< Lo faccia entrare lo stesso, così terminerà prima il lavoro >> propose Livio.

Adele senza rispondere, andò ad aprire la porta.

<< Nonna si può sapere cosa hai combinato stavolta? Ti prego non mi dire che hai rotto di nuovo il lavandino della cucina…e poi perché continui a chiamare me? Io non sono un idraulico e lo sai >> nel frattempo suo nipote Marco era comparso davanti a lei.

<< Quanto ti lamenti, sei fastidioso a volte sappilo. Ti ho chiamato perché ho un problema con lo scaldabagno e poi anche se non è il tuo lavoro, te ne intendi lo stesso, mi fido più del tuo giudizio che di gente che non conosco >> asserì sua nonna.

<< Ti prometto che ti presenterò un idraulico in gamba che conosco dai tempi del liceo. Ora fammi entrare >>.

<< Aspetta un momento qui, non ti muovere >> il nipote conoscendo la donna decise di assecondarla.

Adele tornò in sala da pranzo, prese una borsa della spesa, il portafogli e si avvicino al ragazzo
con le lentiggini.

<< Livio caro, ho dimenticato di prendere delle cose per il pranzo, ti andrebbe di accompagnarmi al mercato? >>.

<< Volentieri signora >> rispose alzandosi e avvicinandosi alla donna.

<< Vuoi che ti accompagni anch’io nonna? >>.

<< No Fede tranquillo, piuttosto potresti restare qui con l’idraulico? >> l’anziana fece un enorme sorriso al moro.

<< D’accordo vi aspetto qui e buona spesa >>.

<< Grazie >> rispose semplicemente la nonna, cercando di uscire il più velocemente possibile
di lì e portandosi appresso l’ignaro Livio.

Una volta fuori sul pianerottolo, Adele spinse dentro Marco e chiuse la porta di casa, sotto gli occhi allibiti del ragazzo accanto a lei.

<< Q-quello non era Marco? >> disse indicando la porta.

<< Era proprio lui, ora, però non abbiamo tempo per le spiegazioni. Andiamo a fare la spesa,
te ne parlerò più tardi >> rispose prendendolo per il polso destro e iniziando a scendere le scale.

Livio sempre più allibito seguì la donna in silenzio.
 


Marco delle volte, sua nonna non la capiva proprio, quella donna era fuori da ogni tipo possibile di comprensione.

Posò la sua borsa degli attrezzi e la valigetta all’ingresso, incamminandosi verso il soggiorno.

Stava camminando tranquillo verso il bagno quando, notando qualcosa d’insolito, tornò indietro.

In soggiorno si ritrovò di fronte suo fratello.

In quell’istante ebbe la conferma che sua nonna era un genio e che lui non aveva mai capito nulla.

<< Non è possibile! >> imprecò Federico, passandosi una mano tra i capelli scuri, scompigliandoli.

<< Perché sei qui? Dannazione! >> continuò mentre camminava per la stanza cercando di
calmarsi.

<< Io non c’entro nulla, è stata lei a chiamarmi per farsi aggiustare lo scaldabagno >> rispose lui, nel tono più tranquillo che conosceva.

<< A sì e da quando hai cambiato lavoro? Non eri tu quello che diceva che questi tipi di lavori sono troppo manuali per uno come te >> il moro stava davvero facendo fatica a mantenere la calma.

<< Non l’ho mai cambiato, è sempre rimasto quello. Sì, l’ho detto ma avevo diciotto anni ed ero stupido e inoltre questo non vuol dire che non mi piaccia >> ribatté Marco.

<< Basta io me ne vado >> stava per prendere il suo cappotto, quando il fratello lo fermò.

<< Se nonna ci ha fatto riunire qui, ci sarà un motivo, no? >> domando il più grande dei due.

<< Bè a me non interessa Marco >> l’altro sentendo quella risposta sospirò rassegnato.

<< Quelle parole ti hanno fatto davvero così male? Hanno scavato talmente a fondo da farti cambiare quasi del tutto >> il moro trasalì.

<< Innanzitutto lasciami, seconda cosa tu che ne sai di come mi sono sentito o di quanto abbiano fatto male quelle parole, eh? Poi non è di certo a te che quell’uomo ha detto che un omosessuale non sarebbe mai potuto essere suo figlio, per dirla in maniera carina >> Federico cercò di divincolarsi dalla presa dell’altro, finché non avvertì la presa affievolirsi e poi scomparire del tutto.

<< Siediti >> disse perentorio Marco.

<< Io non sto ai tuoi ordini! >> ribatté Federico.

<< Non te lo sto ordinando, te lo sto chiedendo >> contestò categorico l’altro.

<< Allora evidentemente non sta funzionando >>.

<< C’è una cosa di cui voglio parlarti, prima ascoltami e dopo se vorrai, te ne puoi anche andare >> rispose lui.

Il moro guardò per un momento suo fratello. Non si assomigliavano molto, uno aveva preso più dal padre e l’altro dalla madre, non che lui possedesse lineamenti così femminili.

Nonostante si passassero soltanto due anni di differenza, non erano mai stati molto uniti, così diversi per carattere e costanza.

Doveva ammettere che dopotutto Marco un po’ gli era mancato, complice il rapporto che Livio aveva con i propri fratelli.

<< D’accordo, ti ascolto >> proferì andandosi a sedere sul divano.

<< Ti ricordi quando alle medie giocavi a pallavolo ed io nei tuoi stessi giorni di allenamento rincasavo tardi? >>.

<< Sì e con questo? >> domandò puntando i suoi in quelli dell’altro.

<< Dove andavo? >> non sarebbe di certo stato lui a spostare lo sguardo.

<< Dicevi sempre che ti fermavi in biblioteca a studiare e a fare ricerche, questo però cosa c’entra? >> chiese alquanto irritato.

<< Era una bugia, venivo a vedere i tuoi allenamenti, non me ne sono mai perso uno >> asserì Marco.

<< Stai mentendo! Mi prendevi sempre in giro perché giocavo a pallavolo >> affermò stizzito Federico.

<< Ti ricordi quel ragazzo che stava sempre con la felpa nera, il cappuccio e gli occhiali con la montatura nera? Bè ero io >>.

<< Impossibile, tu non porti gli occhiali >>.

<< Questo lo dici tu >> ribatté tirandone fuori un paio dalla giacca e mettendoseli.

<< Per tutti quegli anni cosa hai indossato? >> il più piccolo non ci stava capendo nulla.

<< Le lenti a contatto, gli occhiali li portavo solo a scuola >>.

<< Se eri davvero tu, saprai sicuramente come mi chiamavano i miei compagni di squadra e che ruolo svolgevo >> proferì sicuro che l’altro stesse bleffando.

<< Ti chiamavano feffo ed eri il capitano, tutti venivano da te quando avevano un problema >> con sua amara sorpresa scoprì che nessuno lo stava raggirando.

<< Dopo tutti questi anni perché? Perché? >> non voleva crederci.

<< Lo sai che papà non ammetteva proteste, non so neanche come hai fatto convincerlo a
lasciarti giocare. Non ammetteva proteste e ribellioni. Non voleva che noi t’incoraggiassimo, sperava in questo modo di farti smettere. Io non l’ho mai consideravo giusto però, così ti osservavo di nascosto e finché sorridevi in quel modo, andava tutto bene. Quant’ero ingenuo a quel tempo >> un lungo sospiro lasciò le labbra di Marco.

<< Cosa? Perché? Non capisco! >> furono le uniche cose che Federico riuscì a dire.

<< Sto tentando di dirti che non ho mai perso nessuna delle tue partite, dalla prima all’ultima, registrandole io o chiedendolo di fare a Margherita al posto mio >> rispose l’altro.

<< Come mai? >> il moro era sempre più scioccato, non capiva più se la persona davanti a lui fosse davvero suo fratello.

<< La mamma e la nonna volevano vedere le partite, però come sai anche tu, nonna non ama molto la confusione e mamma non sa mentire bene, così dopo averle filmate, portavo qui le cassette e le vedevamo insieme >> Federico spalancò le labbra.

<< Impossibile! >>.

<< L’ultima partita giocata al liceo, tu e Livio l’avete vinta 3-0 e posso dirti che avete giocato meravigliosamente. Inoltre non c’ero solo io a guardarla, quella volta vennero insieme con me anche la mamma e la nonna, lo zio, Margherita e tutta la famiglia del tuo ragazzo >>.

 Il più piccolo era allibito, seriamente.  

<< Dove sarebbero queste fantomatiche cassette? >> niente illusioni, non poteva illudersi.

<< Nel mobiletto sotto il televisore, controlla se vuoi >> espresse ciò che aveva in mente Marco.

Federico, che in quel momento non stava capendo molto, si avvicinò al mobiletto in questione e lo aprì.

Il giovane si trovò davanti agli occhi due grandi pile di cassette, tutte riportanti le date delle partite e il luogo in cui aveva giocato.

<< Mi credi ora? >>.

<< Perché solo adesso mi stai dicendo queste cose? >> in quell’istante molto tasselli mancanti nella memoria del moro stavano tornando al loro posto.

<< Quando eravamo più piccoli, non sapevo come rapportarmi a te, non avevamo un gran rapporto, crescendo poi è diventato tutto più difficile >>.

<< Mi dispiace ma ancora non ti credo, quella volta né tu né nostra madre mi avete difeso! >> lo sguardo che gli rivolse suo fratello, così ferito e terrorizzato insieme, lo fece vacillare per un istante, forse era stato troppo crudele ma la rabbia repressa non lo stava di certo aiutando.

<< Sai qual era la cosa che mi faceva andare avanti? Il fatto che nonostante la nostra incapacità di mostrare affetto, voi due sareste sempre stati al mio fianco. Quel giorno ho capito quanto fossi stato stupido >> la testa stava iniziando a fargli male, lui odiava mettere in mostra le proprie emozioni.

<< Non importa quante volte io ti chieda scusa, tu non mi perdonerai mai. Ti devo dire ancora alcune cose, quindi ascoltami. Ti ricordi quando venni a casa tua, qualche mese dopo il tuo ritiro e tu mi hai sbattuto la porta in faccia >>.

Federico fece si con la testa.

<< Il problema è che tu non hai mai capito il perché della mia visita. L’ultima partita che hai giocato l’ho vista dal vivo e se ti stai domandando come facevo a sapere che sarebbe stata l’ultima, la risposta è la famiglia di Livio. Quando è finita e vi siete messi in fila per il saluto, per un attimo il tuo viso si è adombrato, come se qualcosa di pesante ti stesse corrompendo l’anima, ho avuto paura per la prima volta in vita mia. In quel momento non stavi sorridendo, perfino quando papà ti ha cacciato, hai sorriso beffardo a quella difficoltà. In quel momento ho capito che dovevo parlati >> Marco riprese fiato prima di continuare.

<< Non ci sono stato quand’eri più piccolo e quel giorno ho capito che non potevo continuare ad agire così, osservarti da lontano non era più una possibilità sostenibile >> per tutto il tempo non aveva fatto altro che fissare gli occhi dell’altro.

<< Il tempo non cancella le ferite e le cicatrici restano, il dolore non scompare e rimane lì >> la sua risposta fu glaciale.

<< D’accordo ma se lo ignori e non lo affronti, il dolore nel tempo continua a crescere trasformandosi in altro e questo è anche peggiore >> Federico sbuffò.

<< Senti Marco, ti conosco quel poco per sapere che c’è qualcos’altro che devi dirmi. Avanti sputa il rospo >>.

<< Non mi presentai subito da te perché prima dovevo risolvere delle questioni. Innanzitutto chiesi a Margherita di sposarmi e poco dopo ho discusso a lungo con nostro padre su tutto ciò che non mi è mai andato bene del suo comportamento, come lui faceva con noi >> il moro a
quel punto era seriamente sbalordito.

<< Che cosa hai fatto tu? Sei sposato quindi? Eh? >> un fiume di domande investì il più grande.

<< Sì, sono sposato e ho anche una figlia. Sì, l’ho fatto e da allora non ci parliamo più, nemmeno la nonna gli rivolge la parola. Quando sono venuto da te, oltre a accertarmi delle tue condizioni volevo chiederti di farmi da testimone e volevo invitare anche Livio con la sua famiglia >> si passò una mano tra i capelli scompigliandoseli.

Federico era semplicemente esterrefatto, per colpa di quell’uomo si era perso il matrimonio di
suo fratello e non aveva mai visto sua nipote, si sentiva così furioso.

<< Lei sa di me? Come si chiama? Quanti anni ha? >>.

<< Si chiama Alessandra e ne ha quattro, è nata dopo due anni di matrimonio. Sì sa di te, Margherita su suggerimento della mamma, ha attaccato delle nostre foto sui muri della casa, così la bambina vedendole non ha fatto altro che porre domande, finché non le ho risposto >> dopo aver confessato quella cosa, si voltò dando le spalle al fratello.

<< E’ inutile che ti menta ancora, da quel maledetto giorno non hai mai smesso di mancarmi, i ricordi a volte diventavano difficile da sopportare, tanto che alla fine ho preso l’ultima foto che ti ho scattato e l’ho messa nel portafogli. Da allora viene sempre con me >> la situazione per quanto complessa, si stava facendo imbarazzante.

<< Mostramela, ho bisogno di vederla >> Marco ubbidì a quella richiesta, tirando fuori la foto e porgendogliela.

Dopo averla presa in mano e osservata per alcuni istanti, il moro si accorse che era la stessa foto che Livio teneva nel suo album. Ovvero la foto che era stata scattata in quella foto, qualche giorno prima del loro dell’esame orale.

Col tempo alla fine aveva dovuto ammettere a se stesso che Marco gli mancava, soprattutto la sua testardaggine e la voglia di aver sempre ragione. Gli mancavano i suoi sorrisi rassicuranti nel momento del vero bisogno e il suo modo strano di arricciare il naso quando qualcosa non gli piaceva.

In uno dei suoi periodi più brutti avrebbe tanto voluto lì con lui e lui sarebbe voluto essere stato a quel matrimonio.  

<< Aspetta un momento…hai detto testimone? Nostro padre non te lo avrebbe permesso >> nella sua mente un’idea si stava formando ma non voleva aggrapparcisi.

<< Non l’ho voluto e quando ha sentito che ti volevo chiedere di essere il mio testimone non ha più insistito per venire, è stato meglio così >> la teoria si era rivelata giusta.

<< La mamma? >> faceva male pronunciare quella parola, tanto da fargli venire il mal di stomaco.

<< Allora, mettiti bene in testa che nessuno di noi parla più con lui. Non lo faccio io, non lo fa la nonna come la mamma e gli zii, per giunta Alessandra non l’ha mai più voluto incontrare da quando una volta l’ha terrorizzata con il suo sguardo >> era incredulo, alla fine la sua famiglia aveva preso le sue difese.

<< Rispondimi! >> doveva sapere a tutti i costi.

<< Un anno dopo che ti sei trasferito ha chiesto il divorzio ed io l’ho convinta a riprendersi la sua azienda giacché l’ha fondata lei. In seguito è venuta ad abitare un paio di mesi con me e poi dalla nonna, comprandosi infine un piccolo appartamento molto grazioso. Sapessi quanto le manchi >> non avrebbe dovuto chiedere.

Imprecò a bassa voce << Perché non è venuta da me se le manco? >>.

<< Sapeva come me di non poter chiedere il tuo perdono, si è sempre sentita in colpa per non essere riuscita a trasmetterti il suo amore. Non è venuta per lo stesso motivo per cui tu non sei tornato >> fu la risposta secca e chiara di suo fratello.

<< Voglio vederla ora! >> delle gocce salate iniziarono a rigare il volto di Federico.

<< D’accordo >> rispose Marco sicuro che ormai le cose si sarebbero aggiustate e non avrebbe mai finito di ringraziare sua nonna per tutto quanto. 
   
 
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