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Autore: rocchi68    05/09/2017    4 recensioni
“La giovinezza è sia una bugia, che un male. Quelli che elogiano la giovinezza stanno solo ingannando se stessi e chi gli sta vicino. Credono che quelli che gli stanno attorno approvino sempre gli atti che compiono.
Usando la parola giovinezza, loro alterano e stravolgono il buonsenso e qualsiasi cosa ci sia di logico.
Per loro bugie, segreti, peccati e insuccessi non fanno altro che aggiungere pepe alla loro giovinezza.
Se il fallimento è il simbolo dell’essere giovani come dicono, allora qualcuno che non è riuscito a farsi degli amici dovrebbe essere all’apice della sua giovinezza, giusto?
Ma di certo, nessuno di loro lo ammetterebbe mai perché tutto deve andare come più gli torna comodo.
Per concludere: gli idioti che si godono la loro gioventù dovrebbero suicidarsi”.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dawn, Scott, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
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Geoff chiuse la porta alle loro spalle e si mise a fissare il compagno di classe.
Non poteva credere che un individuo normalmente così silenzioso fosse in grado di fare tanti danni.
Era riuscito ad annientare l’immenso ego che albergava in Heather e ne aveva restituito un guscio vuoto, capace solo di piangere e di sostenersi sulle sue amiche.
“Perché conosci solo questo metodo per risolvere le cose?”
“Non avreste risolto nulla continuando in quel modo.” Rispose con freddezza.
“Non potevi andarci più leggero?”
“Cosa sarebbe cambiato?”
“Non ti capisco.”
“Tu capisci solo quelli che ti fa comodo sfruttare e non ti concentrerai mai su un qualcuno che non ha nulla da offrire.” Gli puntò contro un dito accusatorio, facendogli intuire che non avrebbe accettato una soluzione diversa da quella adottata.
“Se solo capissi.” Borbottò il biondo, uscendo dal tetto e ritornando in palestra per il discorso finale.
Con tutto quello che aveva sentito si era quasi dimenticato il reale motivo per cui fosse andato sul tetto.
Seppur con un metodo poco ortodosso doveva ammettere che Scott era riuscito a smuovere la situazione.
Gli seccava solamente che fosse ricorso a delle parole tanto pesanti.
 
Il rosso, rimasto solo, si concentrò a fissare il cielo.
Avrebbe tanto voluto che il tempo si fermasse. Restare per sempre in quel luogo con una  lieve musica in sottofondo.
Nell’ascoltare quelle note intuì che i suoi compagni ce la stavano mettendo tutta per sopperire all’assenza di Heather.
Ben presto, però, quella soave melodia si sarebbe spenta e tutti si sarebbero chiesti dove si fosse cacciato. Nonostante tutto quello che aveva passato e tutti gli sbattimenti per mandare Heather nella palestra, non voleva perdersi il discorso finale.
Giunse giusto in tempo per sentire la conclusione della canzone che sua sorella e le altre ragazze cantavano con tanto impegno.
Sicuramente era opera di Alberta che, gli sembrava, l’avesse cantata anche durante la chiusura del festival di qualche anno prima.
Al termine di quel concerto improvvisato sarebbe toccato al discorso finale.
Infatti, liberato il palco dai vari strumenti, Heather con alcuni organizzatori alle spalle aveva iniziato a leggere il discorso con i risultati finali.
Nemmeno in questa situazione lei aveva ritrovato la sicurezza.
Aveva ancora la voce rotta dal pianto e lo stesso si era riscontrato, mentre Scott aiutava gli altri a chiudere alcune sedie.
Sentiva chiaramente che tutti lo incolpavano.
Era colpa sua se Heather non aveva affrontato il discorso con lo spirito giusto.
Era colpa sua se alcune attività della festa non erano andate poi così bene.
Era colpa sua se Dawn era stanca morta.
Non capiva il perché fosse sempre lui il capro espiatorio di ogni situazione e il perché tutti lo incolpassero di una colpa non sua.
Heather se l’era meritato: aveva seminato zizzania, rancore e odio in giro e non poteva aspettarsi parole al miele per il suo operato o che tutti fossero soddisfatti.
Perso nei suoi pensieri, non si accorse di avere la sorella alle spalle.
“Sei il migliore, Scott. Ho sentito cosa hai fatto con quella di prima e ti dico che hai fatto bene. Non dovresti permettere che la tua ragazza si stanchi troppo a causa di quella.” Sorrise, facendo arrossire il fratello.
“Dawn non è la mia ragazza.” Borbottò il rosso, prendendosi un momento di pausa.
“Sei stato tu a menzionare Dawn.”
“Di qualsiasi ragazza stessi parlando non potrebbe mai funzionare.”
“Lo so perché tu vuoi solo una persona.” Ribatté la maggiore, scontrandosi con lo sguardo rilassato del fratello.
“Senti Alberta, inizio ad essere stanco e se vuoi divertirti aspetta domani.”
“Sai che una buona azione potrebbe pareggiare il conto?”
“Avrei bisogno di un secolo per realizzare quel che dici.” Sospirò il ragazzo.
“È da tanto che volevo dirti una cosa.”
“Quale? Che non vedi l’ora di sposarti?”
“Anche, ma non solo. Sei cambiato in questi ultimi tempi e devo essere sincera con te, ne sono veramente felice. Questo è il più bel regalo di matrimonio che potessi farmi, giusto perché è insperato e proviene dal cuore.”
“Non capisco cosa centra con il mio futuro.”
“Cos’hai intenzione di fare con il club?” Domandò Alberta, facendolo sussultare.
“Non saprei.”
“Sei combattuto, vero?”
“Se me l’avessi chiesto quando ero ancora all’inizio, ti avrei risposto che contavo i giorni per andarmene, ma oggi è diverso.”
“C’è un motivo in particolare che ti ha fatto cambiare idea oppure le attività iniziano a divertirti e ad interessarti?”
“Non so cosa dirti. Un giorno forse lo scoprirò, ma probabilmente sarà troppo tardi.” Brontolò, rialzandosi in piedi e tornando al lavoro.
“Ah…prima che me ne dimentichi. Questa mattina nella cassetta della posta ho trovato una busta per te e l’ho presa, sperando di incrociarti alla festa.”
“A cosa pensavi che servisse la pausa?” Le fece notare Scott, negando con il capo, quasi cercasse di farsi forza con quella smemorata.
“Me ne sono scordata.”
“La leggerò quando avrò tempo.” Sbuffò Scott, piegandola e riponendola nella tasca dei jeans.
“Ci vediamo a casa.” Borbottò Alberta, salutando il fratello con un abbraccio e tornando dalla madre che attendeva pazientemente vicino al cancello d’uscita.
 
Appena la sorella fu lontana, Scott avvertì alle sue spalle una nuova presenza molto più minacciosa rispetto alla precedente.
Sperava vivamente si trattasse di un suo compagno di classe e invece si scontrò con il supervisore che sembrava avere qualcosa d’importante da dire.
“Sia durante l’organizzazione del festival che per il caso Heather te la sei cavata bene, se guardiamo ai risultati ottenuti. Non posso però lodarti, in quanto ho sentito alcune voci in giro.”
“Cosa deve dirmi?”
“Contando il caso di Dawn, di Carrie, di Harold e quello odierno sei libero di non presentarti più al club di Volontariato.”
“Crede sia guarito?” Chiese il ragazzo.
“No, ma una promessa resta tale ed io non voglio passare per un bugiardo.”
“Tutti mentono.”
“Mi dispiace Scott, ma a meno che tu non voglia restare, sei libero di andartene.” Borbottò il professore, leggendo negli occhi dell’allievo una strana luce.
“No.”
“Pensavo odiassi il club.” Sorrise il vecchio, nel sentire quell’opposizione alquanto insolita da parte del suo studente.
“Una volta forse.”
“Credevo amassi la solitudine.” Gli fece notare Chris.
“Mi piace, ma anche la compagnia non è poi così male.”
“Cosa vuoi dirmi infine, Scott?”
“Non voglio lasciare il club, non ora almeno.”
“Per quale motivo?”
“C’è un qualcuno che non conosce mezze misure e che potrebbe star male se dovesse rimanere sola.”
“Capisco.”
“Sarò la voce imparziale del club, almeno fino a quando non sarà pronta a cavarsela con le sue forze.” Tentò il giovane, sperando che il prof non gli negasse quel desiderio.
Dopotutto era la prima volta che si mostrava veramente interessato a qualcosa. Non lo faceva per ricercare qualche guadagno futuro: desiderava soltanto fare compagnia ad una ragazza ancora troppo fragile per affrontare il mondo.
Quando quella fragilità si sarebbe trasformata in forza, allora avrebbe saputo che il suo lavoro era compiuto.
Solo quel giorno sarebbe stato il suo traguardo.
Non il presente, non il giovedì che lo attendeva, ma un prossimo futuro.
“E come pensi di cavartela?”
“M’inventerò qualcosa.” Nicchiò, scrollando le spalle.
“Sei un furbacchione.” Ridacchiò l’uomo.
“Non le dispiace?”
“Se me lo chiedi, significa che ci tieni molto.”
“Abbastanza.”
“Ricorda una cosa, Scott. Aiutare una persona non deve essere una giustificazione per far male a te stesso.”
“Non mi sto facendo del male.” Ribatté con tenacia, perdendo lo scontro con lo sguardo sicuro del professore.
In altri frangenti sarebbe stato capace di resistere e di risultare convincente, tuttavia c’erano molti fattori a pesargli addosso.
“Vale anche se sei abituato al dolore. Ricorda che ci sono molte persone che soffrirebbero se ti vedessero star male e di questo dovresti rendertene conto presto.”
“Lo farò.” Borbottò il giovane.
“E con questo fine della lezione odierna.” Sorrise il professore, raccogliendo la sua borsa e ritornando a chiacchierare con alcuni colleghi.
 
Impiegò ancora qualche minuto del suo tempo prima di raccogliere il suo zaino e di avviarsi verso il club.
Nel mezzo aprì la busta che sua sorella aveva preso e subito lesse il carattere forte e deciso che vi era all’interno.
Quelli che lo incrociavano, dovevano aver notato nel suo sguardo alcuni cambiamenti insoliti.
Nel superare uno degli ultimi scalini era sbiancato e si era messo a deglutire nervosamente.
“Presto.” Si disse.
Non sapeva quando, ma avrebbe trovato la forza per farlo.
Era un’informazione che sperava di non dover mai ricevere, ma ora che l’aveva ottenuta, si chiedeva cosa fosse più giusto fare.
Di una sola cosa si sentiva sicuro: nessuno doveva saperlo.
Quella faccenda privata riguardava lui soltanto e se avesse avuto disperato bisogno di consiglio sarebbe bastato alzare la voce.
Gli unici con cui poteva sbilanciarsi erano il vecchio Chris, anche se temeva la sua risposta, oppure Dawn.
Malgrado tutto, avrebbe provato a tenerlo per sé e vi avrebbe riflettuto con attenzione per molte notti, fino a quando non avesse vagliato ogni possibilità.
Una in particolare in quei momenti, però, aveva attirato la sua attenzione e anche se era una pazzia evitabile, lui sentiva che era l’unica scelta sensata che poteva farlo crescere e che poteva essere il segnale di svolta per il suo futuro.
Mentre pensava a tutto ciò, bussò alla porta del club e dopo aver udito risposta, vi entrò, nascondendo la busta in una tasca sicura del suo zaino.
“Finalmente in pace.” Borbottò Scott, sedendosi al suo posto, mentre Dawn continuava a scrivere indisturbata.
“Bentornato, ragazzo più odiato di tutta la scuola.”
“Cerchi rogne?”
“Non sei andato alla festa di Duncan?”
“Non farmi domande di cui sai già la risposta.” Sospirò, aprendo lo zaino ed estraendo un fascicolo con dei rapporti da ultimare.
“Allora? Come ci si sente a essere odiati da tutti?”
“Far conoscere la propria esistenza alle persone è una cosa meravigliosa.” Ghignò, facendo ridacchiare l’amica.
“Non so se esserne sorpresa o disgustata. Sei strano, ma non mi dispiace come affermi le debolezze altrui.”
“Vuoi che ti insegni come si fa?” Chiese, ridendo per quella battuta che lei non avrebbe mai preso in considerazione.
“Preferisco restare così come sono.”
“E tu cosa stai facendo?” Domandò Scott, alzando lo sguardo per qualche attimo.
“È da tanto che sono lontana dal club e volevo rilassarmi.”
“Le grandi menti ragionano allo stesso modo.” Borbottò il rosso, compilando alcuni campi di una scheda.
“Credo sia il normale comportamento di un solitario.”
“Il tuo ragionamento può essere adeguato per uno come me e di certo non per qualcuno che mette il bene degli altri prima del proprio.”
“E te allora?” Domandò Dawn, facendolo riflettere.
“Sono qui perché cercavo un posto tranquillo.”
“Credevo fossi libero dall’obbligo imposto da Chris.”
“Lui dice che non sono ancora cambiato e che dovrei restare.”
“Lo immaginavo.” Sospirò la giovane, accorgendosi che Scott aveva abbassato istintivamente lo sguardo.
Scott non riusciva a raccontarle la verità.
Doveva ammettere che lui rimaneva solo per tenerla d’occhio?
Mettendola in quel modo, sarebbe stato lampante che era guarito totalmente e che Dawn non aveva  più motivo di aiutarlo.
Nonostante gli seccasse vanificare i suoi sforzi, doveva involversi nuovamente. Non era per cattiveria o per sminuire la sua incredibile abilità, ma lo faceva solo per restare ancora un po’ in sua compagnia.
Forse era egoistico pensarlo, ma gli pareva la cosa più giusta.
Qualcuno là fuori poteva aver bisogno della consulenza e del sostegno del club per risorgere e Dawn non avrebbe più avuto il tempo per uno che era ufficialmente guarito dalla terribile solitudine con cui aveva vissuto a lungo.
Scott occupava quel posto solo perché sentiva di doversi sdebitare con la piccoletta che aveva davanti e che con i suoi occhi indagatori riusciva a cancellare le sue ripetute menzogne.
“Scommetto che non ti dispiace la mia presenza.”
“È difficile sopportarti.”
“Lo so, Dawn.”
“Non stai mentendo, vero?”
“Io mentivo spesso in passato. Andavo avanti, fingevo di ignorare qualcosa che conoscevo e cose simili. Costringevo gli altri a giocare seguendo le mie regole, ma questa è una cosa più strana che accettare le cose come stanno veramente.”
“Vorrei sapere la verità.”
“Accetteresti un amico anche se le sue parole facessero male?” Domandò il ragazzo, sollevando lo sguardo dai fogli.
“Solo se vengono dal cuore.”
“Chris non centra nulla.” Mormorò, cancellando una riga di rapporto che una dei consiglieri di Heather aveva cannato alla grande.
“Perché? Credevo non ti piacesse questo posto.” Gli fece notare Dawn, facendolo annuire parzialmente.
“Non si può cambiare idea?”
“Certo, ma vorrei conoscerne il motivo.”
“La tua ingenuità non ti farà mai crescere e potrebbe causarti molti problemi.”
“Mi stai dicendo che lo fai solo per me?” Chiese la ragazza, rialzandosi in piedi e ponendo la sua sedia vicino a quella del compagno.
Scott nel ritrovarsela affianco sobbalzò appena, salvo poi tornare a concentrarsi sull’ultimo foglio che attendeva d’essere compilato.
“Ti dispiace?”
“No…ne sono felice.” Si spostò, abbracciandolo, mentre lui sentendo quel contatto si ritrovò a sgranare gli occhi sorpreso.
Era insolito che proprio lei lo cercasse senza preavviso.
Non osava chiedersi cosa le sarebbe accaduto senza la sua presenza e senza i suoi preziosi consigli che la proteggevano da situazioni irrisolvibili.
“Resterò con te fino a quando non avrai più giudizio.”
Anche se non era ciò che lei voleva, era un’ottima base su cui continuare il lavoro di riabilitazione che Chris le aveva lasciato.
Colpita da questa sua premura si ritrovò ad arrossire, sfogliando distrattamente i fogli che Scott aveva compilato, cercando di trovare qualcosa che potesse essergli sfuggito.
 
I mesi seguenti, quelli che combaciavano con il resto di dicembre e i primi di gennaio, furono di pura e semplice vacanza.
Il sopraggiungere del Natale costrinse i vari ragazzi a dividersi per passare le festività in famiglia e al loro ritorno c’erano gli ultimi preparativi per il viaggio in montagna.
Quelle 2 settimane di vacanze erano riuscite a ritrasformare Scott quasi nello stesso individuo che era stato costretto al club da Chris.
Senza il club, senza Dawn intorno e con la sorella in mezzo ai piedi era rientrato con una dose eccessiva di negatività.
Un qualcosa che non trovava sfogo nemmeno negli impegni di gennaio, troppo leggeri per essere presi in considerazione e per far convogliare l’impegno in quella direzione.
Non a caso il ritorno a scuola fu parecchio traumatico.
Il club era subito ritornato alle sue normali attività e non a caso, nei momenti di vuoto, Scott e Dawn si erano ritrovati a parlare del minuscolo viaggio che li attendeva.
Non c’era giorno che il rosso ritornasse sull’argomento e che rimarcasse il fatto che quel viaggio si annunciava noioso e terribile per la sua salute.
Per la Presidentessa riempire tutte quelle settimane con gli stessi argomenti era demoralizzante e si ritrovò, suo malgrado, nervosa già a pochi giorni dalla partenza.
“Questo viaggio farà pena.” Sbottò nuovamente Scott alla vigilia del week-end, facendo scattare come una molla l’amica.
“Perché?”
“Perché sono costretto a venire.”
“Volevi restare a casa?” Domandò lei, facendolo annuire.
“Sarebbe stato meglio dato che sarò in stanza da solo.”
“Non è mica colpa nostra se nessuno vuole stare con te.” Si lasciò sfuggire Dawn stanca di quel discorso, rimproverandosi per quelle parole.
Non voleva ferirlo in quel modo, ma era sfinita da tutte quelle teorie complottistiche con cui il compagno riempiva l’aula.
“Quindi nemmeno tu.”
“Non ho detto questo.”
“Ti sei fatta capire a meraviglia.” Borbottò, pungendola sul vivo e facendole rimpiangere quell’uscita involontaria.
“Non fare la vittima…sei cambiato, ma per i nostri compagni non è sufficiente.”
“Perché non dormi tu con me?” Le propose con malizia, facendola arrossire.
“Ti piacerebbe.”
“Neanche morto.” Ribatté sprezzante.
“Puoi sempre darti malato.”
“Quindi se non venissi, ti farei solo un favore.”
“Non mettermi in bocca cose che non direi mai, Scott.”
“Basta solo pensarlo per far male, non lo sai?” Domandò il giovane, rimettendosi in piedi e avviandosi verso la porta.
“Non puoi andartene.”
“Chi me lo vieta? Ho capito che la mia compagnia ti disturba.”
“Io…”
“Non sei nemmeno in grado di affermarlo e questa è sempre una grande sconfitta.
“Sei solo uno stupido.” Ribatté, abbassando la testa e riconcentrandosi sul libricino che non era ancora riuscita a terminare.
Fu quando sentì sbattere la porta con rabbia che Dawn rialzò la testa e si chiese cosa avesse combinato.
Senza volerlo aveva complicato la cura su Scott.
Era convinta che bastasse ascoltarlo e rincuorarlo e invece si era comportata in modo odioso nei suoi confronti.
E ora non era più nemmeno costretto a presentarsi.
Una volta poteva stuzzicarlo, sapendo che lui aveva le mani legate dall’obbligo imposto da Chris, ma con la libertà acquisita poteva scappare quando voleva.
Sperava solamente che quella gita potesse ricucire lo strappo a cui erano andati incontro.
In quella settimana i suoi tentativi di riconciliarsi e di rivolgergli la parola furono vani.
Scott sapeva come evitarla e come sminuire la sua presenza e Dawn, richiudendosi nel club, aveva ipotizzato che quella fosse la fine del loro rapporto.
Sentiva chiaramente d’aver fallito e che nei giorni successivi lui sarebbe tornato a essere lo stesso marcio individuo che aveva occupato l’ultima fila della sua classe.
Si sentiva dispiaciuta per aver fallito, per aver illuso la sua famiglia di un suo possibile cambiamento e per aver convinto Chris che ormai era sulla via della guarigione.
Il sottile legame che li univa si era spezzato con un colpo secco e Scott aveva cestinato la loro amicizia senza mostrare il minimo rimorso.
 



Angolo autore:

Finalmente siamo puntuali per una volta.

Ryuk: Possiamo urlare al miracolo.

Anche se è stato un elemento poco descritto, ricordatevi della lettera.
Svolgerà un ruolo abbastanza importante nel complesso, ma non vi anticipo nulla.

Ryuk: È un elemento che non vi conviene sottovalutare.

Per quanto riguarda questo capitolo posso solo scusarmi per l'ultima parte.
So che il litigio è stato un po' troppo rapido, ma mi seccava di creare un capitolo di poche righe solo per farli dividere.

Ryuk: Avevamo finito la nostra dose di fantasia.

E ora tutti mi odieranno per questo legame spezzato.

Ryuk: Non vorrei essere nei tuoi panni.

Chissà cosa accadrà ora tra i monti.
Come avevo detto ad alcuni di voi, la scelta di Geoff non è stata così determinante, ma anche ad alta quota ci sarà qualche problema che Scott dovrà risolvere.

Ryuk: Ora possiamo anche andare.

Prima, però, ringraziamo tutti quelli che ci seguono e che hanno letto la storia fino a qui.
Alla prossima!
   
 
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