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Autore: Kary91    07/09/2017    3 recensioni
[Long Fiction | Jace!centric | Jace & Alec (bromance) | What-if? di "Città delle Anime Perdute"]
Ci troviamo verso la fine di Città di Anime Perdute e qualcosa di sostanziale cambia, durante la battaglia fra Shadowhunters e Ottenebrati: Alec viene ucciso da Sebastian, sotto lo sguardo impassibile di un Jace schiavo della volontà di quest'ultimo.
Sei mesi dopo, Jace è finalmente libero dal condizionamento di Sebastian, ma non è più se stesso. Devastato dai sensi di colpa e dal dolore per la perdita del suo parabatai , è ossessionato dall’idea di riportare in vita Alec.
Troverà un modo: una strada che nessuno ha mai nemmeno pensato di intraprendere e che probabilmente gli costerà la vita. Un viaggio che rischia di scardinare l’equilibrio dei Regni Celesti – dove vivono gli angeli e le anime di chi non c'è più.
Ma quando Jace Herondale vuole qualcosa nemmeno Raziel in persona può impedirgli di ottenerla. Soprattutto se quel qualcosa è la vita di suo fratello.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Jace Lightwood, James Carstairs, Kieran, Magnus Bane
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'A thousand times over;'
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8 |Jonathan;

«La tradizione dei Parabatai risale alle origini degli Shadowhunters; i primi Parabatai furono lo stesso Jonathan e il suo compagno David.»

Il Codice. Cassandra Clare & Joshua Lewis

 

Un suono ritmico, di mani che si destreggiano su una trave, scaraventò Jace nuovamente nella realtà.

Il ragazzo si portò le mani alla testa, le tempie che gli pulsavano: impiegò un po’ a riprendersi dall’acquazzone di luci che gli avevano tormentato gli occhi durante il colloquio con Raziel.

Si trovava in una stanza ampia, dal cui soffitto pendeva un’intelaiatura di travi in legno. Jace la riconobbe subito: era una delle sale di addestramento dell’Istituto. La palestra in cui lui, Alec e Izzy si esercitavano da piccoli, sotto lo sguardo vigile di Hodge.

La stanza era vuota, fatta eccezione per due ragazzi in apparenza poco più grandi di lui. Il primo si stava allenando con le travi, mentre il secondo sembrava totalmente assorto nella lettura del Codice. Non li conosceva, ma dovette ammettere che nell’ultimo periodo si era fatto vedere ben poco all’Istituto. Che Raziel l’avesse riportato a New York? Eppure, prima di sparire, l’angelo aveva parlato di Idris e della Tenuta dei Wayland.

Il ragazzo sulle travi si lasciò cadere a terra con una capriola. Atterrò in ginocchio, poco distante da Jace, che ne approfittò per esaminarlo meglio: aveva la carnagione olivastra, l’aria concentrata e ciocche di capelli neri che gli ricadevano disordinate sugli occhi. Furono proprio le sue iridi a destare i primi sospetti in Jace: assomigliavano a quelle degli angeli – dorate e cangianti – del tutto prive di pupilla.

“Tu sei un…” incominciò.

Lo sconosciuto incrociò il suo sguardo per un istante, prima di voltarsi verso il ragazzo che stava leggendo.

“N-Non mi piace questa nuova edizione” stava commentando l’altro, sfogliando il Codice. Era insolitamente mingherlino per essere uno Shadowhunter, ma la sua pelle era cosparsa di rune. Aveva lo sguardo da ragazzino come Alec, le lentiggini di Clary e una matassa di arruffati capelli color sabbia. Anche lui, osservò Jace avvicinandosi, aveva gli occhi dorati, sormontati dalle ciglia più lunghe che avesse mai visto in un maschio.

“È piena di imprecisioni: ormai non è rimasto quasi nulla di quello che ci ho scritto dentro io.”

Le sue parole suscitarono ulteriormente la curiosità di Jace: quel ragazzo aveva collaborato alla stesura del Codice? Doveva essere più vecchio di Magnus. Non che fosse mai riuscito a capire quanti anni avesse Magnus.

“Scusate…” tentò di attirare la loro attenzione, rivolgendosi a quello con i capelli scuri. “… Potreste dirmi dove siamo? Ho l’impressione di trovarmi all’Istituto di New York, ma mi sembra improbabile.”

Ancora una volta, il giovane sembrò ignorarlo.

“Alla gente piace dare ritocchini alle cose, Dave. Modernizzano sempre tutto” commentò, sfogliando il libro dell’amico. Jace si chiese se i due ragazzi potessero vederlo. “E anche gli angeli, a quanto pare: guarda Raziel. Un solo Jonathan non gli bastava più, ha deciso di portarne qui un altro.”

“Ehi! Stai parlando di me?” intervenne ancora Jace.

Finalmente, lo sguardo dello sconosciuto tornò a posarsi su di lui: gli occhi dorati abbagliarono Jace, mentre incassava un’occhiata che di angelico non aveva proprio nulla.

“Sto parlando di te, ma non con te” replicò il ragazzo, rivolgendogli un sorriso obliquo. “In realtà mi stavo divertendo a ignorarti.”

Suonava seccato e arrogante, una combinazione che Jace apprezzava soltanto quando era rivolta a se stesso.

“Non mi capita spesso di venire ignorato.”

Il ghigno del giovane si fece più marcato.

“Posso capirlo” ribatté, inclinando appena il capo verso destra. “Quell’eterocromia salta all’occhio… Scusa il gioco di parole. Ad ogni modo non ti dona per niente.”

“Ma se sono bello come il sole!” replicò Jace, inarcando un sopracciglio.

“Ti prego di s-scusare Jonathan” intervenne il ragazzo lentigginoso, sorridendo conciliatore. “Non capitano spesso distrazioni da queste parti… V-voleva solo divertirsi un po’. Io sono David, comunque.”

Gli tese la mano e, mentre allungava il braccio, Jace notò la sua runa parabatai, poco sotto il gomito. Aveva altri marchi, ma non provenivano dal libro grigio: erano dorati e si muovevano, proprio come quelli di Raziel.

Anche Jonathan li aveva – Jace si stupì di non averli notati prima. L’osservò mentre si infilava la maglietta e individuò la sua runa parabatai – l’unico marchio immobile in mezzo a tutti quei baluginii dorati – sul fianco sinistro.

“David e Jonathan” pronunciò, stringendo la mano di David. “Quei David e Jonathan? I primi Nephilim?”

“E tu sei il famoso altro Jonathan” ribatté il suo omonimo, improvvisando un inchino beffardo. “Da queste parti si è parlato spesso di te: il bambino Nephilim protetto dal sangue di Ithuriel … Lo Shadowhunter con il fuoco celeste, il pazzo che è stato graziato dalla morte e ha deciso di tornare a farle visita, blablabla…”

“Jonathan Shadowhunter che fa il riassunto della mia vita…” commentò Jace, scuotendo divertito la testa. “… Potrei farmela addosso dall’emozione.”

“Non ho mai capito il perché di quel cognome” rivelò Jonathan, indirizzando un’occhiata perplessa a David: l’amico si limitò a fare spallucce. “È un tantino ridondante. Raziel me ne diede uno diverso, ma a quanto pare si è perso tra le varie traduzioni.”

“Raziel vi ha resi degli angeli?” lo interruppe Jace, voltandosi verso David.

Il giovane annuì.

“Angeli custodi” specificò, sfiorandosi la runa sotto il gomito. C’era qualcosa, in lui, che lo faceva pensare a Jem Carstairs. La sua aria da bravo ragazzo e i toni pacati gli ispiravano fiducia.

“Abbiamo il compito di proteggere quelli come te” proseguì Jonathan, indicandolo con un cenno del capo.

Jace sorrise sghembo.

“I bei ragazzi?”

“I parabatai” specificò Jonathan, guardandolo in tralice. “Raziel ci ha detto che hai appiccato fuoco ai Cancelli Celesti per venire a riprenderti il tuo: è la prima volta che mi capita di sentire una cosa simile.”

“Alec è qui?” domandò Jace, speranzoso: avrebbe avuto senso. “Questo posto sembra l’Istituto di New York.”


“New York, Hong Kong…”, Jonathan si strinse nelle spalle, “… Qualcuno una volta mi ha parlato di una certa Narnia: mai capito. Il punto è che l’aspetto di questo Istituto si trova nell’occhio di chi guarda. Chiunque ci vede casa sua, ma in realtà siamo nei Regni Celesti.”

“E come mai Raziel mi ha portato qui?” incalzò Jace. Solo in quel momento si accorse che David stava lasciando la stanza: forse non era più un Fratello Silente, ma si muoveva ancora senza produrre il minimo suono.

“Non puoi andartene a spasso tra le brecce spazio-temporali senza un’arma” rispose Jonathan, inseguendo David con lo sguardo. “E le armi di un angelo – come quelle degli Shadowhunters – si trovano principalmente in due posti: luoghi consacrati e Istituti. David sta andando a prendere delle spade.”

“Balbetta parecchio, vero?” domandò Jace, più per fare conversazione non che per un vero e proprio interesse. “Adesso capisco tutta questa voglia di diventare un Fratello Silente.”

Lo sguardo di Jonathan si fece furente.

“Ti stai prendendo gioco del mio parabatai?” sibilò, afferrandolo per la maglietta. Scintille ardenti gli strisciarono intorno alle dita e Jace gemette per il dolore.

“Io non… Non è così…” si affretto a rispondere, cercando di sfuggire a quella presa rovente.

Quando finalmente Jonathan si convinse a lasciarlo andare, Jace scottava come se fosse stato per ore sotto il sole.

“Per l’Angelo…” mormorò, massaggiandosi la pelle sotto il colletto. “… Ed io che pensavo che fosse Alec quello iperprotettivo.”

Un tempo pensava anche che Jonathan e David avessero infranto il loro legame parabatai: dopotutto, era quello che accadeva quando uno dei due diventava Fratello Silente. Ma in fondo anche James Carstairs e William Herondale avevano subito lo stesso trattamento e, a giudicare da come Jem parlava di Will, non si erano mai divisi del tutto.

“Quando il legame di due parabatai è talmente forte da contrastare qualsiasi distacco, la morte li riunisce” spiegò all’improvviso Jonathan, fissandolo con intensità. “Sì, posso sentire i tuoi pensieri” aggiunse, sorridendo beffardo in risposta al suo sguardo sorpreso. “Quando David mi ha raggiunto nei Regni Celesti, Raziel ha ricongiunto le nostre anime e ci ha resi Angeli Custodi. Ci prendiamo cura delle anime parabatai – le aiutiamo a migrare verso le dimensioni celesti superiori. È la sorte che toccherebbe anche al tuo Alec, se solo fosse libero di andare avanti.”

“Che significa?” lo interrogò Jace, d’un tratto allarmato. “Dov’è Alec?”

 Jonathan si strinse nelle spalle.

“Là fuori da qualche parte, nella Dimensione Celeste più esterna, probabilmente” spiegò, indicando una delle finestre con un cenno del capo. “Non può andare avanti, perché ci sei tu che lo vincoli alla vita: lo stai trattenendo.”

Jace ripensò alla notte precedente, al suolo freddo e innevato della terra sopra la collina. Era stato allora che aveva sentito per la prima volta la voce di Alec. Suo fratello era stato a un soffio di distanza da lui, intrappolato entro confini di Annwn.

“Presto sarà libero” dichiarò sfrontato, quasi volesse sfidare Jonathan a dire il contrario. “Potrà tornare da Izzy… E da Magnus.”

L’aria schiva dell’angelo custode sembrò sfumare per un istante, sostituita da uno sguardo più indulgente.

“Questa è la tua scelta” replicò infine. “Ma quale sarà la sua?”

Jace fece per ribattere, ma venne interrotto dalla voce di David.

“Ci siamo!” esclamò l’angelo, facendo loro segno di seguirlo.

Si spostarono nella Sala delle Armi – una copia perfetta di quella dell’Istituto di New York.

Lo sguardo di Jace venne subito attratto dal portale più insolito che avesse mai visto: occupava gran parte della parete di fronte a lui e l’intelaiatura dorata – intarsiata da rune angeliche – incorniciava un tripudio di luci rosse.

“È con quello che libererò Ithuriel?” chiese, rivolgendosi a David.

L’angelo annuì.

“Dovemo andare a ritroso di parecchi anni per fare in modo che Ithuriel sia ancora sufficientemente in forze” spiegò, dirigendosi verso un tavolo pieno di lame angeliche. “Una decina dovrebbero andar bene.”

“Come funziona?”

“P-pi-più o meno come i vostri portali. È necessario avere un’immagine mentale del luogo che si vuole raggiungere. Anche il periodo è importante: s-sarebbe impossibile trasportarti nella Idris dell’Ottocento, per esempio, perché non hai vissuto in quell’epoca.”

“Ed è un peccato: Ithuriel se la passava decisamente meglio, allora” intervenne Jonathan.

David non sembrava convinto.

“S-sei sicuro? Era prigioniero di una c-collanina…”

“Angeli…” replicò Jonathan, alzando gli occhi al cielo. “…Passano sempre le pene dell’inferno.”

“Quindi per attraversare il portale mi basterà pensare alla tenuta dei Wayland?” li interruppe Jace.

“Non esattamente” replicò David. “Dovrai ricordare la tenuta della tua infanzia, nel modo in c-cui la percepivi da bambino. Più intenso è il ricordo e pi-più p-precisa sarà la localizzazione.”

Jace annuì; pagine stropicciate della sua infanzia si spiegarono di fronte ai suoi occhi, evocando il fantasma di un bambino pallido e magro – un bambino piuttosto solo.

“Le persone del passato potranno vedermi?” chiese, spostando la sua attenzione verso le spade angeliche.

“Sì, fatta esclusione per l’altro te stesso. Io e David cercheremo di tenere alla larga gli scocciatori, tu pensa solo a liberare Ithuriel.”

“Quindi verrete anche voi?”

 “Qualcuno dovrà pur tenere a bada i demoni viaggiatori, mentre tu giochi a fare il super-eroe” spiegò Jonathan.

Jace inarcò un sopracciglio.

“I che?”

“Quando è in funzione, il p-portale crea delle spaccature nell’arco spazio-temporale” disse David. “Le cosiddette brecce: attraversandole, c-ci si può muovere da un’epoca all’altra e da un posto all’altro. Ma q-qu-queste brecce c-compromettono la linea temporale e i demoni viaggiatori sono il f-frutto di questi squilibri.”

“Sono demoni diversi da quelli che conosci tu” specificò Jonathan, incrociando le braccia sul petto. “Possono apparire ovunque, perfino dentro ai territori consacrati. Penetrano nelle brecce e attaccano chiunque si trovino davanti.”

“Quindi, ogni volta che attraversate quel portale, nascono dei nuovi demoni?” riassunse Jace.

David annuì.

“Qu-qu-Questo è uno dei motivi per cui viaggiare nel tempo è quasi sempre v-vietato.”

“Raziel potrebbe finire nei guai per aver approvato questa missione” aggiunse Jonathan, stringendosi nelle spalle. “Ma perfino gli angeli, a volte, chiudono un occhio quando si tratta dei loro fratelli: l’amore, per un angelo, è la legge che sovrasta tutte le altre.”

Jace abbozzò un sorrisetto: stava incominciando a credere che gli angeli avessero parecchio in comune con gli uomini.

Guardò Jonathan, che stava saggiando due spade angeliche con sguardo critico.

“Prendi questa” ordinò infine l’angelo, porgendogli quella più corta: aveva qualcosa di diverso dalle spade a cui era abituato. Era fatta di adamas, ma era dorata e un occhio aperto, simile a quelli sulle ali di Raziel, era stato scolpito al centro dell’elsa. “Non è come quelle dei Nephilim: puoi chiamarla come un angelo o darle il nome di un defunto. Più forte sarà il legame con l’anima che invocherai e meglio ti risponderà la spada.”

Jace la rimirò affascinato, prima di riporla nella cintura. David gli consegnò anche uno stilo e una pietra di stregaluce. Per la prima volta da quando quell’assurdo viaggio era iniziato, Jace si sentì totalmente a suo agio: era tornato a essere uno Shadowhunter.

“Il piano è semplice” riprese Jonathan, lanciando una terza spada al parabatai. David la prese al volo e se la fece roteare fra le mani per qualche istante, prima di infilarla nel fodero. “Una volta attraversato il portale arriveranno i demoni viaggiatori. David ed io ci occuperemo di loro e terremo a bada Morgerstern, se necessario, mentre tu andrai a cercare Ithuriel. Lo liberi, torni indietro e noi ti riportiamo a casa. Semplice, no?”

Jace annuì, avvicinandosi al portale; la nebbia giallo-oro produceva un brusio sinistro – una via di mezzo fra lo scroscio di un torrente in lontananza e il bisbiglio di più voci.

“Sono pronto” dichiarò, serrando la mano con l’anello degli Herondale; il fuoco celeste si agitò inquieto dentro di lui, comunicandogli impazienza.

David e Jonathan si posizionarono ai suoi lati.

“Adesso ricorda” mormorò David, posandogli la mano destra sulla spalla. Quella sinistra era appoggiata al cornicione del portale e la runa che aveva sul suo dorso stava brillando a intermittenza. “Ricorda un pomeriggio qualunque di dieci anni fa e i tuoi pensieri di allora. Ricorda la tua prima casa” proseguì, senza mai inciampare nelle parole. “La tenuta dei Wayland.”

E Jace ricordò.

 

Note finali.

Buongiorno a tutti.

Dovrei vergognarmi, visto che è quasi due mesi che non aggiorno, ma purtroppo la battaglia contro il blocco continua inesorabile. Il che è piuttosto stupido, se penso che questo capitolo è stato scritto l’anno scorso, ma Efp – o il mondo della scrittura in generale – ed io non andiamo più molto d’accordo e temporeggio in maniera imbarazzante. Se sono tornata a pubblicare è soprattutto grazie alla pazienza di heartbreakerz, che ha affrontato l’impresa titanica di leggersi tutta CoTS in pochi giorni, tirandomi su il morale e ricordandomi come mai tenessi tanto a questa storia! Perciò grazie, grazie davvero! E grazie anche a  Lu B che mi ha lasciato un commento dolcissimo!

Con il prossimo capitolo Jace e i suoi due angioletti custodi faranno un nel passato – letteralmente – e non solo loro! Ma non anticipo altro. Non ho nemmeno la faccia tosta di sperare che qualcuno si ricordi di questa storia, mi limito a incrociare tutte le dita che ho e a stritolarmi Jace in un abbraccio perché nel prossimo capitolo avrà bisogno di tutte le coccole possibili!


  

 

 

 

 

 

 

   
 
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