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Autore: Vago    08/09/2017    4 recensioni
Libro Terzo.
Il Demone è stato sconfitto, gli dei non possono più scegliere Templi o Araldi tra i mortali.
Le ultime memorie della Prima Era, giunta al suo tramonto con la Guerra degli Elementi, sono scomparse, soffocate da un secolo di eventi. I Templi divennero Eroi per gli anni a venire.
La Seconda Era è crollata con la caduta del Demone e la divisione delle Terre. Gli Araldi agirono nell'ombra per il bene dei popoli.
La Terza Era si è quindi innalzata, un'era senza l'intervento divino, dove della magia rimangono solo racconti e sporadiche apparizioni spontanee e i mortali divengono nemici per sè stessi.
Le ombre delle Ere passate incombono ancora sul mondo, strascichi degli eventi che furono, nati dall'intreccio degli eventi e dei destini dei mortali che incontrarono chi al fato non era legato.
I figli, nati là dove gli immortali lasciarono buchi nella Trama del Reale, combatteranno per cercare un destino che sembra non vederli.
Una maschera che cerca vendetta.
Un potere che cerca assoluzione.
Un essere che cerca di tornare sè stesso.
Tutti e tre si muoveranno assieme come un immenso orditoio per sanare la tela bucata da coloro che non avevano il diritto di toccarla.
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Leggende del Fato'
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La nave ondeggiò pericolosamente quando un’onda più alta delle precedenti impattò sul suo fianco, sprigionando nell'aria una cascata di schizzi bianchi che brillavano come perle alla luce del sole.
Noir si dovette aggrappare ai sacchi di farina che gli stavano davanti per non cadere a terra. Sopra di lui, i cannoni si muovevano pesantemente avanti e indietro, seguendo l’inclinazione del ponte su cui si trovavano, accompagnati dal raschio metallico delle catene che li legavano nella loro postazione.
L’uomo tornò a sedersi con la schiena appoggiata contro la parete in legno. L’aria umida gli entrava con forza nelle narici, portando con sé l’odore del mare e delle cibarie che gli facevano compagnia in quel viaggio.
La luna di quel primo giorno di navigazione sarebbe sorta alle spalle della nave di lì a poco, mentre la raggi rossastri del sole faticava sempre più a raggiungere il ventre di quel mostro di legno in cui Noir si era rintanato, tagliando l’aria con sottili e sporadiche lame di luce che arrestavano la loro corsa sulle assi scure.
La nave si inclinò nuovamente, facendo scricchiolare le assi tutto intorno.
Noir abbassò lo sguardo sul piede nudo, dal quale il freddo si insinuava nel suo corpo. La sua mano destra si appoggiò poi cautamente sulla camicia, là dove lo strappo impediva al tessuto di coprirgli il petto e dove la catena dell'ancora aveva lasciato un corto taglio superficiale .
Una volta giunto sul continente si sarebbe dovuto procurare dei nuovi abiti, ma ne era valsa la pena.
Allungò una mano verso il barile agganciato al suo fianco, prendendone un’arancia.
Si sarebbe dovuto esporre, prima o poi, se non voleva trovarsi sommerso da quelle bucce. L’accesso più vicino al mare era rappresentato dagli oblò riservati ai cannoni, sul ponte immediatamente superiore.
Fino ad allora, però, non sarebbe uscito da quel nascondiglio che lo proteggeva dal mondo.
La nave continuò a boccheggiare e rollare per diverse ore, seguendo il profilo delle onde che il vento notturno sollevava e le scagliava contro da ogni direzione.
Un battente rumore frenetico raggiunse le orecchie di Noir, costringendolo ad abbandonare immediatamente lo stato sonnecchiante in cui versava per fargli drizzare la schiena.
Cos’era quel suono? Da dove veniva?
Le catene che legavano i cannoni sferragliavano ad ogni movimento dei loro prigionieri, coprendo a sprazzi qualunque altro rumore. Ma non quello che lo aveva costretto a svegliarsi, quello si riusciva a distinguere sempre, forte e vicino.
Il trentenne indietreggiò ulteriormente, facendo premere la propria schiena contro la parete alle sue spalle.
Potevano essere passi frettolosi? Oppure erano alcuni marinai scesi a controllare la situazione al ponte immediatamente superiore?
Non riusciva a capirlo. Le assi sul suo capo, intanto, continuavano a vibrare, diffondendo quel suono ovunque nell’aria.
- …cosa ti ho fatto? Lasciami immediatamente! Non… -
Una voce lontana, roca, raggiunse per poco più di un secondo Noir, portando con sè uno sprazzo di conversazione, per poi tornare ad essere coperta dai rumori del ponte superiore e dal suono del mare.
Forse due marinai stavano litigando, magari dopo aver alzato troppo il gomito.
Non sarebbero scesi, ne era certo. Nessuno si sarebbe spinto così tanto in basso su quella nave senza un motivo più che valido, nemmeno da ubriaco.
Osò rilassarsi un poco, permettendosi di tirare un sospiro di sollievo.
Di nuovo si udirono i colpi rapidi sulle assi, questa volta decisamente più vicini alla scala per il ponte inferiore.
Erano i passi rapidi di un'unica persone, ormai non aveva più dubbi a riguardo.
- Ho detto di starmi lontano! Lasciami! – continuò la voce roca, in direzione del suo interlocutore silenzioso.
La rissa avrebbe potuto raggiungere anche il suo piano, comprese l’uomo con i vestiti in brandelli, abbassando il capo per nasconderlo sotto il livello dei sacchi che gli stavano accanto.
I passi rapidi scesero gli stretti scalini, accompagnati da un respiro affannoso e rantolante.
Dovevano già essersi scambiati un paio di colpi e l'uomo che aveva raggiunto la stiva doveva esserne uscito perdente.
I passi rapidi incespicarono un attimo quando l'uomo rantolante raggiunse il ponte più basso e la sua sagoma massiccia, più scura dell’oscurità avvolgente che ammantava quel piano, si definì vagamente davanti agli occhi di Noir.
Era certamente alto, muscoloso e aveva il profilo della nuca perfettamente definito che tradiva i capelli corti o la loro totale assenza.
La sagoma del capo si volse in direzione della scala in un movimento simile a quello che avrebbe fatto una bestia in trappola, mostrando al clandestino il profilo del suo naso.
- Maledetti gli dei! – bofonchiò con il fiato corto l'uomo, cercando riparo nell'oscurità il più lontano possibile da quell'unica via d'accesso.
L'altro uomo? Sarebbe sceso anche lui, portando la loro rissa fino a quel piano?
Un lampo azzurro illuminò a giorno il ponte mediano, facendo scintillare l'acciaio opaco dei cannoni e gettando i suoi raggi dal colore innaturale anche su quello inferiore.
Le pupille di Noir si ridussero improvvisamente all'arrivo di quella luce accecante, costringendolo a coprirsi gli occhi con una mano. Quando fu di nuovo in grado di vedere, maledisse gli dei.
La luce era più che sufficiente a rischiare anche la stiva, definendo con la sua innaturale colorazione i sacchi e le casse che essa ospitava, oltre che l'uomo calvo rannicchiato contro alcuni bassi bauli legati assieme da una spessa rete. E se il clandestino era in grado di distinguere il marinaio, l'altro occupante poteva fare altrettanto.
- Tu! Tu stai con lui, non è vero? Vi siete messi d'accordo per mettermi in trappola ma... ma non mi avrete! – cercò di urlare con la poca voce rimastagli il marinaio che era uscito sconfitto dallo scontro precedente, in direzione di un allibito Noir.
L’uomo dalla voce roca si issò incerto sulle proprie gambe e il trentenne avrebbe giurato di veder il suo corpo vibrare, aumentando e diminuendo di dimensioni come un grosso mantice.
Dopo un secondo di ulteriore incertezza, il marinaio si scagliò quasi con disperazione contro il clandestino, con le braccia protese in avanti e le mani aperte, pronte ad afferrarlo.
Noir tentò di evitare la presa, ma le assi dietro la sua schiena gli impedirono qualsiasi movimento evasivo in risposta alla sovrumana rapidità di quell’uomo muscoloso.
Le mani callose del marinaio si strinsero con forza attorno al collare nero che cingeva il collo del suo avversario, stringendolo con l’intento di romperlo e raggiungere così la carne sottostante.
La luce si affievolì fino a scomparire, accompagnata da lento cigolare dei cannoni.
- Ti prego... - provò a dire Noir, con il fiato caldo del suo avversario sul volto - Non voglio farti del male. Non so nemmeno con chi tu stessi combattendo. -
La presa delle tozze dita si strinse ulteriormente attorno al collare, non riuscendo però nemmeno a deformarlo.
- Dovrei crederti? Ho un buco nel petto... - il respiro del marinaio si fece più veloce - non ne voglio un altro. -
Il clandestino sospirò, disperato. Non voleva uccidere quel pover'uomo, che probabilmente aveva avuto una giornata peggiore della sua, ma sentiva il proprio sangue ribollire, teso come la corda di un arco poco prima di scagliare la freccia.
Non sarebbe riuscito a fermarlo, come non ci era mai riuscito in passato.
Qualcosa, nell’oscurità che era nuovamente calata allo scomparire della luce azzurra, si mosse rapido, letale.
Le mani ruvide del marinaio mollarono la presa sul collare senza nemmeno aver premuto per un secondo sulla pelle che questo proteggeva, cadendo mollemente verso il pavimento.
Noir sentì la sua fronte farsi improvvisamente pesante e il sangue nel suo corpo spingere contro le pareti delle sue vene.
Un lampo azzurro, meno accecante e duraturo del precedente, scaturì dalla scala, illuminando la scena immobile dei due corpi.
Uno spesso spuntone nero era nato dalla fronte di Noir, conficcandosi e trapassando il cranio calvo dell’imponente uomo che gli stava di fronte. Il pover'uomo, ora, fissava con gli occhi vitrei il viso di fronte a sé, mentre il suo corpo era tenuto sollevato da terra solamente dalla lancia che lo aveva ucciso.
Dietro il cadavere, uno schizzo di sangue aveva imbrattato la iuta di cui erano composti i sacchi.
Lo spuntone si ritirò tanto velocemente come era apparso, così come il collare che avvolgeva il collo di Noir, senza lasciare tracce della loro esistenza e permettendo al trentenne di voltare il capo in direzione della fonte di luce, ora di nuovo scomparsa.
Il clandestino si alzò in piedi di scatto, sconvolto dalla rapidità e dalla furia con cui era appena stato attaccato, mentre i suoi occhi fissavano il punto nell’oscurità dove sapeva esserci il cadavere.
Cos’era appena successo? Perché quell’uomo lo aveva attaccato con tutta quella ferocia? E come aveva fatto a muoversi così velocemente?
Voltò nuovamente il capo verso la scala, silenziosa.
E la luce? Cosa poteva produrre una luce blu così intensa?
I Budnear, gli uomini pesce dell’Oasi, quand'era bambino gli raccontavano storie sugli spettri dell’acqua, creature dal corpo luminoso come un lago illuminato dai raggi del sole che perseguitavano chiunque sconfinasse nel loro territorio.
Se non fossero state solo storie? Se la nave fosse entrata all’interno del territorio di quegli spettri?
Con le mani tremanti dall'agitazione, Noir spogliò il marinaio dei suoi abiti integri, lasciandogli addosso i propri.
Ora le bucce d’arancia non era più il suo principale problema.
Prese il cadavere per le ascelle, trascinandolo silenziosamente fino alla scala e, da lì, con immensa fatica, fino al ponte mediano.
Non sembrava più esserci nessuno ad occuparlo.
Lo spettro contro il quale quell'uomo sembrava aver combattuto era scomparso.
Cercando di evitare ogni possibile contatto con le catene e i cannoni in costante movimento, il trentenne raggiunse uno degli oblò e, verificato un’ultima volta che non ci fosse nessuno in grado di vederlo, issò il corpo, spingendolo contro l’asse mobile che proteggeva l’interno dagli agenti atmosferici, facendola scostare.
Lentamente, il corpo scivolò oltre la parete della nave, per poi precipitare nei flutti sottostanti.
Noir tornò rapidamente al ponte inferiore, evitando il suo precedente nascondiglio in favore di uno stretto spazio tra tre casse in legno sigillate e diversi sacchi chiusi che non lasciavano intendere cosa contenessero.
Si rannicchiò lì, con lo sguardo puntato verso le assi del pavimento e le dita intrecciate tra i capelli della sua nuca.
Non riusciva a credere a quello che era appena visto.
Cos’era davvero quella luce? Poteva essere davvero opera di uno spettro? Sarebbe tornata anche per lui?
Maledisse gli dei per la sua malasorte e sperò con tutto il cuore che nessuno scendesse nuovamente ad importunarlo, umano, elfo o qualunque cosa fosse. Soprattutto qualunque altra cosa fosse.
Sapeva che la sua maledizione poteva uccidere gli uomini, gli elfi, i Budnear e, probabilmente, i draghi, quantomeno nella loro forma umana. Qualunque altra creatura poteva essere immune a quel potere con cui era nato.
Strinse ancor più le gambe al petto, sperando che il sole sorgesse il prima possibile e trascinasse via quella notte infausta e le creature che l’avevano abitata.
Per quanto riguardava il marinaio che l’aveva aggredito, i gabbiani avrebbero festeggiato sul suo cadavere. Almeno loro ne sarebbero usciti vincitori al tramonto di quella luna.




Angolo dell'Autore:

Capitolo revisionato.

È sera, o meglio, notte. Domattina dovrò svegliarmi più presto del solito, perchè dovrò sostenere un esame particolarmente rognoso, e, invece di andare a dormire come qualsiasi persona sana di mente, eccomi qui, a scrivere questo angolo dell'autore.
Ma c'è un motivo, se ho fatto questa scelta. O meglio, ce ne sono diversi, ma, escludendo quelli che riguardano la mia labile sanità mentale, ne rimane uno solo.
Questo capitolo è corto, circa la metà del capitolo medio, ma non è questo che mi spinge a battere ancora caratteri sulla tastiera.
Questo capitolo non sarebbe mai dovuto esistere.
Di questo voglio parlarvi, forse per compensare al poco materiale di lettura che vi ho lasciato, forse per saziare la mia voglia di raccontare, voglio dirvi cosa c'è dietro la produzione di questo capitolo.
Fino ad ora ho mantenuto uno schema chiaro: capitolo normale seguito da un X.5, e così via. Non è stata solo una mia fissazione, ma ho fatto questa scelta narrativa per darvi una corretta impressione dello scorrere del tempo e del muoversi dei personaggi al suo interno.
Già, il tempo. Potremmo parlarne per ore senza mai giungere a una conclusione soddisfaciente.
Specialmente in questa prima parte di storia, dove Il Tempo ricopre un ruolo fondamentale in questa caccia del gatto al topo.
Mi sono dunque trovato al termine dello scorso capitolo con un Noir nascosto in una stiva, l'assassino che dà fuoco a un'abitazione e il Viandante che ispeziona la carneficina nel tempio di Aria. Avrei voluto fortemente continuare a parlare di Commedia, della sua ricerca e della sua caccia, non avevo voglia di far volgere il mio e il vostro sguardo su un uomo che rimane rintanato assieme a delle scorte alimentari.
Poi, però, mi sono ricordato di un piccolo, minuscolo particolare.
Io ho continuato a scrivere a braccio, senza una tabella temporale a cui fare riferimento.
Quanti giorni erano passati dall'inizio effettivo della vicenda, dall'uccisione di quel primo drago?
Mi sono costretto a lasciare la tastiera, prendere carta e penna e rileggere ogni singolo passaggio che ho scritto, in cerca di riferimenti al passare dei giorni.
Ebbene, se quel primo drago è stato ucciso la notte di quello che chiameremo primo giorno, trentasei ore prima dell'incendio al ristorante, questa è la notte del sesto giorno.
Sono passati solo sei giorni dall'inizio di questo nostro viaggio, quasi non ci credevo.
Questo, però, non mi risolveva un problema. Il Viandante non poteva avere immediatamente un altro capitolo per sè. Doveva avere un motivo per andare avanti, per seguire la nave che è salpata alle prime luci del sesto giorno, mentre il nostro ispettore biondo sta cercando di capire come siano morti i sacerdoti. Ecco che così è nato questo capitoletto.
Una notte è passata, nulla più.
Una notte movimentata per Noir, una notte di viaggio per il Viandante.
E il susseguirsi di capitoli normali e X.5 è continuato indisturbato.

Ora, tornando alle cose terrene.
Mi sento in dovere di ringraziare Oldkey, la ragazza imperfetta e whitesky per le meravigliose recensioni che mi lasciano. Grazie a quelle righe, spesso, forse all'oscuro anche di chi le ha scritte, mi sono trovato a riflettere su nuove strade da percorrere, senza contare che mi si illuminano gli occhi a leggere di teorie plausibili a cui, a volte, nemmeno io avevo pensato.
Grazie a te, lettore silenzioso, per continuare a leggermi. So che è prematuro, ma mi piacerebbe che, una volta finito anche questo viaggio, chiuso il libraccio che narra delle Terre, mi lasciassi scritto cosa te ne è sembrato di questa trilogia, dell'evolversi del mio stile e dei miei personaggi. Sarebbe un bel coronamento, per me. Ma ci sarà modo di parlarne tra diverse decine di capitoli.
Dulcis in fundo, voglio dirvi una cosa che mi ha fatto emozionare. Le storie non possono morire. Sembra una cosa stupida da dire, ma non lo è. La mia prima storia, la guerra degli elementi, ha sempre delle nuove visite ad attendermi e, ogni tanto, mi sorprende con un nuovo seguito tra le preferite o le ricordate, ed è passato un anno e mezzo da quando l'ho conclusa.
Smetto di divagare e vi saluto.
Alla prossima settimana, con il Viandante più carico che mai.
Vago
   
 
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