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Autore: rocchi68    08/09/2017    3 recensioni
“La giovinezza è sia una bugia, che un male. Quelli che elogiano la giovinezza stanno solo ingannando se stessi e chi gli sta vicino. Credono che quelli che gli stanno attorno approvino sempre gli atti che compiono.
Usando la parola giovinezza, loro alterano e stravolgono il buonsenso e qualsiasi cosa ci sia di logico.
Per loro bugie, segreti, peccati e insuccessi non fanno altro che aggiungere pepe alla loro giovinezza.
Se il fallimento è il simbolo dell’essere giovani come dicono, allora qualcuno che non è riuscito a farsi degli amici dovrebbe essere all’apice della sua giovinezza, giusto?
Ma di certo, nessuno di loro lo ammetterebbe mai perché tutto deve andare come più gli torna comodo.
Per concludere: gli idioti che si godono la loro gioventù dovrebbero suicidarsi”.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dawn, Scott, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
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Scott non aveva trovato una scusa valida per evitare la partenza, anche se quella settimana era perfetta per allontanarsi dalle 2 iene con cui viveva.
Era in una situazione bizzarra: voleva partire e allontanarsi da sua madre e Alberta, ma non se questo significava stare con i suoi compagni.
Si chiese il perché non vi fosse una via d’uscita da quella situazione che veniva sempre rincarata da Alberta.
Ogni pomeriggio, al momento del suo rientro, lei gli chiedeva come andavano le cose al club, anche se aveva intuito che Dawn e Scott avevano discusso e di conseguenza aveva scaricato la colpa sul fratello.
Ad essere sinceri, lui era propenso a metterci una pietra sopra, ma non aveva ancora trovato il momento per parlarle.
Si sentiva un codardo solo perché non riusciva ad ammettere che la sua assenza gli pesava.
Era l’unica che l’aveva scalfito, ma il suo orgoglio gl’impediva di muoversi. Avrebbe tanto voluto varcare la porta del club, sedersi al suo posto e ascoltare i suoi consigli, ma il suo orgoglio lo costringeva a rimanere impassibile e a fissarla mentre parlava con le altre in classe o nell’ampio giardino.
“Ricorda che devi divertirti.” Sbadigliò Alberta quella mattina.
“Pensavo mi pregassi di stare attento.” Rise Scott, raccogliendo la valigia.
“Sfrutta questa settimana per sistemare ciò che devi.”
“Non so di cosa parli.”
“Che faccia da miserabile.”
“Non ti prometto nulla.” Borbottò, salutandola e abbracciando la madre che si era appena svegliata.
Già nei giorni precedenti aveva ascoltato le loro raccomandazioni e con la loro voce ancora nelle orecchie s’incamminò verso la scuola.
Il programma prevedeva lo scoglio del viaggio in autobus di 3 ore e poi la tanto agognata libertà per una settimana intera.
Scott avrebbe speso il suo tempo restando nel bar dell’albergo a sorseggiare bevande calde e uscendo ogni tanto in pista solo per fissare le scivolate dei suoi compagni.
Almeno il suo umore poteva trarne beneficio e, volendo, si sarebbe potuto concedere qualche discesa ogniqualvolta ne aveva desiderio.
 
Erano circa le 14 quando giunsero a destinazione.
Alcuni non vedevano l’ora di iniziare a divertirsi, mentre altri preferivano aggirarsi per il minuscolo centro del paese.
Scott anche in questo era un eccezione.
Lui voleva soltanto sistemare le sue poche cose, distendersi a riposare, cenare e poi andare a dormire.
Il primo giorno sarebbe passato così e non sarebbe stato determinante per il suo futuro, anche se quella sera il destino sembrava avergli allungato una mano.
Tutto accadde verso le 21 quando, stanco di restare nella sua stanza, iniziò ad aggirarsi per il corridoio, sorprendendosi degli incredibili panorami invernali che erano stati ritratti su alcuni quadri.
Il coprifuoco gli forniva un ottimo schermo protettivo, ma ciò che lo aveva incuriosito era una strana figura che lo seguiva a qualche metro di distanza.
“Sei venuto alla fine.”
“Mia sorella sa essere molto convincente.” Borbottò con noncuranza.
“Ascolta Scott, io…”
“Avrei una certa fretta e dubito che tu voglia parlare con uno come me.”
“Promettimi che tornerai al club.” Tentò lei, sperando di strappargli una promessa.
“Non so.” Sbuffò annoiato, scendendo le scale e ritrovandosi nell’ampio salone dell’ingresso.
Una semplice occhiata alle piste e si sentì in dovere di darsi dell’idiota.
Aveva avuto l’occasione di scusarsi con Dawn e non l’aveva raccolta.
Non doveva nemmeno perdere la faccia, dato che era stata lei la prima ad avvicinarsi senza motivo apparente.
Fu nel notare la presenza dei suoi compagni di classe che preferì ecclissarsi.
Non voleva vedere Geoff e Bridgette che si sbaciucchiavano senza ritegno.
Non voleva ritrovarsi invischiato in mezzo a quegli idioti che gli avevano rovinato la vita.
E come se non bastasse in mezzo a loro vi era anche una sua vecchia nemica.
Qualcuno che sperava di non dover mai più incrociare e che veniva accompagnata ovunque dalle sue fedeli tirapiedi.
Com’era plausibile la Wilson non aveva imparato nulla dal festival.
Scott invece aveva imparato a farsi gli affari propri e a defilarsi prima che i problemi assumessero contorni drammatici.
Avrebbe voluto passare quella notte seduto nel bar a bersi qualcosa e invece era stato costretto a rifugiarsi in camera.
Dalla finestra poteva solo fissare il panorama, facendosi compagnia con una lattina di Coca e con un dolcetto che si era portato da casa.
Dopo aver abbandonato le stelle, si spostò sotto le coperte a crucciarsi per quella situazione che non riusciva ad affrontare.
“Chissà quando mi capiterà di nuovo di parlarle.” Sospirò, abbandonandosi all’assoluta oscurità della notte.
Un momento troppo breve che si interruppe con l’incessante bussare alla sua porta.
Un’occhiata al telefonino e si accorse che non erano nemmeno le 22.
Poteva trattarsi di Chris con i suoi controlli serrati oppure di qualche ospite che aveva bisogno di un favore in particolare.
Si rialzò con fatica, aprì parzialmente la porta, facendo entrare uno scorcio di luce e si ritrovò davanti la figura allampanata di Mike.
“Che vuoi?” Lo accolse scorbuticamente.
“Devo chiederti un favore.”
“Un favore lo si chiede ad un amico, non ad uno che conosci a mala pena.”
“Ho sentito che hai risolto molti problemi.”
“Se non è una cosa lunga puoi entrare, altrimenti ripassa domani.”
“Non so per quanto ancora riuscirò a tenere questo segreto per me.” Borbottò il moro, perdendosi nello sguardo freddo e distaccato del rosso.
“Dovresti sapere che non faccio più parte del club.”
“Lo so, ma il bello di una cosa che si rompe è il poterlo aggiustare.”
“Una cosa breve che ho da fare.” Ripeté Scott, sperando che quella scocciatura durasse pochi minuti.
 
Dopo essersi seduto sul suo letto, il rosso rivolse al compagno la sua attenzione.
Non credeva che Mike avesse davvero bisogno di lui.
Era sempre riuscito a cavarsela da solo, vantandosi di quell’abilità che a suo dire era ereditaria.
La prima volta che aveva sentito quella bizzarra teoria, Scott si era crucciato, chiedendosi se fosse vero e se in qualche modo la sua infelicità fosse causa della cattiva sorte.
Per quasi una settimana era rimasto su quel pensiero e poi aveva capito che, se si preoccupava di una cosa simile, era solo uno stupido ragazzino.
La genetica non centrava e nemmeno la scienza.
La sua era solo una fortuna sfacciata che rideva dell’immensa iella che dimorava nei dintorni del rosso.
Quella sera, però, la sua fortuna si era presa una vacanza e l’aveva lasciato nudo di tutte le sue certezze.
“Perché sei venuto?” Chiese Scott.
“Ho bisogno di un consiglio.”
“Potevi andare al club e ne avresti parlato con Dawn.”
“Lei è una ragazza e non capirebbe.”
“Se parli con uno che odi, significa che c’è qualcosa di serio.” Sospirò, fissando negli occhi il suo interlocutore.
“Tu sei imparziale.”
“Diciamo pure che me ne sono sempre fregato della vostra vita.”
“Non so come comportarmi con una ragazza.” Ammise Mike, scontrandosi con un ghigno compiaciuto del compagno di classe.
“Dimmi qualcosa che potrebbe interessarmi.”
“Come consideri Zoey?”
“Alla pari di un’oca, perché?” Domandò il rosso, rialzandosi in piedi e trascinandosi per la stanza, rischiando di scivolare sulla sua valigia.
“Non so cosa fare.”
“Ascolta Mike, sono stanco e non puoi pretendere che capisca i tuoi pensieri al volo. So che sei fidanzato con Zoey e se sei venuto qui solo perché sei geloso del mondo intero, non sono affari che mi riguardano.”
“Sono combattuto.” Continuò, scontrandosi con lo sguardo annoiato del compagno di classe.
“Lo immagino.”
“Temo d’aver tradito Zoey.”
“Temi o l’hai fatto?” Chiese Scott consapevole, ormai, che fosse difficile liberarsi di Mike in tempi rapidi.
“Io e Anne Marie non ricordiamo cosa sia successo.”
“Adesso mi verrai a dire che ti sei svegliato nudo come un verme, insieme a qualche bella sventola e senza ricordare se ci hai detto dentro tutta la notte oppure se stavate dormendo solo per colpa dell’alcool.”
“Eri presente anche tu?” Chiese il moro con il sorriso sulle labbra.
“Ho sempre evitato le vostre feste.”
“Sono passato per sapere come devo comportarmi.”
“Come se avessi esperienza in fatto d’amore e tradimenti.” Lo derise, ben sapendo che poteva parlare solo per intuito.
“Anche con Carrie non avevi esperienza eppure sei riuscito ad aiutarla.”
“Ora capisco perché non sei andato al club. Sapevi che Dawn non sarebbe riuscita a farcela e contavi sul mio silenzio.”
“Non voglio il tuo silenzio, voglio solo un consiglio.”
Nel sentire quelle parole Scott si mise a riflettere.
Tutto dipendeva da cosa Mike volesse sentirsi dire e per dire qualcosa di convincente doveva insinuarsi nei suoi pensieri più intimi.
“Conosci da tanto Zoey?”
“Dalle medie.”
“E da quanto uscite insieme?”
“Quasi 3 anni.”
“Se lo venisse a sapere non la prenderebbe bene.” Commentò, notando in Mike uno sguardo assente.
“Potrei anche perderla.”
“Se l’amassi veramente non l’avresti mai tradita.” Borbottò Scott, sconfiggendo il compagno con una logica schiacciante.
“Ero ubriaco.”
“Dare la colpa all’alcool è la cosa più stupida che si possa fare.”
“Io…”
“Quella puttanella che ti sei fatto, la rivedrai ancora?”
“Si è trasferita in Canada.”
“Sei venuto da me solo per avere una riconferma?”
“Come?”
“Per come la vedo io, hai ben poche possibilità.” Sbuffò Scott, iniziando a contare le ipotesi più verosimili e utili.
“Davvero?”
“La prima: non dire niente a nessuno. Questo segreto non uscirà da questa stanza, Zoey non lo saprà mai, ma tu morirai ogni volta che la stringerai a te perché sei solo un vile traditore.” Ghignò il giovane, facendo sussultare Mike e facendolo negare.
“Non posso fare altro?”
“Potresti dire la verità a Zoey: se vi amate, capirà questo momento di debolezza e potrebbe perdonarti. Ovviamente questo sarebbe un perdono di una sola volta, rispetto agli infiniti regali che le faresti se accettassi la mia prima soluzione.”
“Poi?”
“Puoi anche lasciarla per sempre o prenderti del tempo per riflettere, ma questo sarebbe dannoso per il vostro rapporto.”
Quelle erano le poche possibilità che Scott aveva considerato come applicabili.
Per come la vedeva lui, Mike poteva anche sviare da ciò e trovare una soluzione alternativa, ma ugualmente rischiosa. Poteva ragionare in modo contorto, anche se quelli che aveva esposto erano dei pensieri lineari e immediati.
“Tu che faresti se fossi al mio posto?” Domandò Mike.
“Se fossi innamorato di una ragazza non l’andrei a tradire con una puttanella solo perché sono triste, depresso o ubriaco.”
“Ti prego.” Tentò il moro, facendo leva sul buon cuore del compagno di classe.
Sperava che le voci sul suo cambiamento fossero vere, anche se per il momento non aveva dubbi: Scott non era più freddo e distante come prima. Sentiva che se avesse avuto quel problema, quando lui era ancora escluso dal Volontariato, Scott gli avrebbe sbattuto la porta in faccia e lo avrebbe fatto annegare.
Tutto questo perché non gliene fregava niente di nessuno. Anche quella sera era chiaramente disinteressato, ma era evidente la lontananza dai primi giorni di scuola, dove mai avrebbe aiutato la comunità.
“Quanto ami Zoey?”
“Darei la vita per lei.”
“Non posso aiutarti più di così: la scelta è solo tua.”
“Ho capito.” Bisbigliò il moro, rimettendosi in piedi e ringraziando il compagno con una stretta di mano.
Mike lo avrebbe ripagato diversamente, se ne avesse avuto la possibilità, ma qualcosa gli diceva che Scott non avrebbe mai accettato denaro.
Sapere di aver sforzato la sua mente e di non essersi annoiato troppo gli era sufficiente.
 
Il rosso, osservando l’ora, capì che era inutile rimettersi a letto: non sarebbe più riuscito a prendere sonno.
Accese quindi il televisore e se ne restò tranquillo, perso nei suoi pensieri.
Nemmeno durante le vacanze poteva starsene in pace.
Aveva risolto un nuovo problema che non sarebbe mai stato considerato dal club in quanto discusso privatamente.
In minima parte comprendeva i dubbi del moro, anche se quella cazzata sperava fosse capace di far crescere Mike.
Era consapevole che mai più si sarebbe sognato di tradire Zoey.
Dopotutto i sensi di colpa lo avevano spinto a chiedere consiglio a una persona che ignorava o che sopportava poco volentieri, anche se Scott aveva evitato di porre la domanda inversa e quella migliore possibile.
“Quanto è passato da quella sera?”
Era un quesito necessario.
Se Mike era amareggiato e non dormiva la notte, significava che era trascorso ben poco, anche se non ne aveva la certezza.
Potevano essere trascorse anche delle settimane prima che il topo, sentitosi in trappola, cercasse una via di fuga.
“La festa di Duncan?”
Era l’unica festa di cui aveva sentito parlare in quei periodi.
Solo lì poteva aver tradito Zoey, anche se era una semplice supposizione.
Se avesse immaginato di rifletterci tutta la notte e di dissolvere il suo dubbio solo con il sopraggiungere dell’alba, avrebbe posto subito quella domanda.
Erano circa le 7 prima che uscisse dalla sua stanza e si avviò, quindi, verso la grande sala con l’intento di concedersi una rapida colazione.
Lanciò una breve occhiata a Mike impegnato a parlare con Zoey e poi a Geoff troppo preso ad ascoltare Bridgette per accorgersi del mondo che lo circondava.
Studiò con attenzione via via tutti i suoi compagni e poi si soffermò su Dawn e sul suo aspetto come sempre impeccabile.
Quelle poche ore circondata da aria fresca, pulita e frizzante l’avevano resa ancora più rilassata e tranquilla di quanto non fosse già.
Lui invece era nella condizione inversa: aveva un sonno pazzesco, si reggeva in piedi a fatica e non avrebbe chiuso occhio ancora per qualche sera.
Non era solo la questione del club o di Mike a tenerlo sveglio.
La questione che lo teneva vigile era nella busta che aveva ricevuto da Alberta e che non riusciva a lasciarlo indifferente.
In quelle parole c’era una grossa verità che avrebbe dovuto affrontare per avere la coscienza pulita.
Sperava che raccogliendo gli sci, compiendo qualche discesa e scontrandosi talvolta con i suoi compagni, quelle poche righe svanissero.
Appurato che fosse inutile intestardirsi in quel modo, si avviò verso le piste e mentre scendeva, studiò il panorama.
Alla destra della vetta e lungo tutto il versante si stendeva un bosco fitto e profondo che rappresentava l’unico pericolo di quel posto.
Un pericolo transennato per evitare che qualcuno corresse dei rischi inutili.
Un pericolo letale come l’inchiostro che aveva macchiato la lettera ricevuta e che senza sosta lo torturava.




Angolo autore:

Anche se è un po' tardi, riesco ad aggiornare.

Ryuk: E finalmente l'azione si sposta in montagna.

Quanto adoro le montagne.
Freddo, neve, bevande calde, piumone...quasi quasi chiederei di chiudere con l'estate per passare già all'inverno.

Ryuk: A me sta bene...tanto non sento niente.

Per qualche capitolo resteremo al fresco.

Ryuk: Riuscirà il nostro eroe a fare pace con Dawn? Cosa nasconde la lettera che ha ricevuto? E rocchi riuscirà a mantenere vivo il vostro interesse prima di essere costretto a cambiare il testo introduttivo? Queste e molte altre domande solo su Existence.

Ha già detto tutto lui.
Posso solo ringraziare chi ha recensito e seguito la storia fino a qui e augurarvi un buon week-end.
Alla prossima!
   
 
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