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Autore: iamnotgoodwithnames    09/09/2017    1 recensioni
"Al cuore non si comanda, non c’ha mai creduto ai modi di dire, non li ha mai voluti prendere neppure in considerazione, assurde frasi dette, ripetute così tante volte, da così tante bocche diverse, da perdere significato; da diventare banali cliché.
Eppure, alla fine, c’è rimasto incastrato anche lui in uno stupido cliché.
Al cuore non si comanda, si ripete, cercando di perdersi nel buglio di sogni che non sono mai piacevoli, cercando di dimenticare che, suo malgrado, la sua intera vita, per colpa di due iridi d’un pungente azzurro cielo, è diventata un banalissimo, insopportabile, cliché."
[Theo x Liam][Introspettiva][Slow Build][Spoiler!6A][Slice Of Life][Missing Moments][OC][OFC x Greenberg / Mason x Corey]
Genere: Angst, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Corey, Liam, Liam Dunbar, Mason, Nuovo personaggio, Theo Raeken
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Moonbeams Bonds'
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~ Chapter Six : Sensation ~
 

Ci sono notti in cui dormire è più difficile, chiudere gli occhi, lasciare che il buio lo avvolga, gli strappa brutalmente l’ossigeno dai polmoni, rendendo difficile respirare, la mente invasa da ricordi caotici, immagini sbiadite, suoni meccanici, sorrisi che non sono mai per lui, occhi chiari che non riesce a ricordare di dimenticare.

In notti come questa l’unica cosa che riesce a fare, per cercare di placare la confusione che minaccia di fargli esplodere la mente, è sperare che la lieve brezza serale possa dargli l’ossigeno che sente mancargli, reclinare il capo al cielo e contare le stelle, distrarsi cercando costellazioni di cui non conosce neppure la forma o il nome, fissare la luna e perdersi a guardare la volta celeste.

Inspira, inalando l’aria fresca di metà giugno, distendendo le gambe tra fili d’erba, poggiando la schiena alla porta chiusa della roulotte che, contrariamente ad ogni sua aspettativa continua ancora ad occupare, sentendosi inaspettatamente colpevole.
Esmeralda non ne ha ancora mai fatto parola, sembra persino che non le importi, ma Theo non può impedire di pensare che, infondo, possa sentire la mancanza di quella che, a tutti gli effetti, è la sua casa.
Vorrebbe dirle che potrebbe tornare a dormire in auto, che infondo è quello il posto giusto in cui dovrebbe stare, stretto tra scomodi sedili, ma le uniche volte in cui ha provato a lasciare la roulotte Esme lo ha fermato, implorandolo quasi di restare, di accettare l’ospitalità concessa, facendo persino appello a tradizioni che, forse, non sono neppure reali; ma in qualche modo è riuscita a convincerlo, forse sarebbe davvero scortese se decidesse di andarsene così, senza dire nulla.
O forse è solo la necessità, segreto bisogno, di scacciare in ogni modo quella voce, che ha lo stesso volto di Tara, che gli ricorda persistente quanto lui non meriti perdono, non meriti aiuto, non meriti neppure di essere ancora vivo.

Sospira la chimera, socchiudendo gli occhi, lasciandosi avvolgere per interminabili istanti da onde violente di immagini dai contorni sbiaditi, che si sovrappongono, si mescolano ed uniscono, creando una marea agitata di ricordi che gli strappano il respiro; può sentirlo il cuore battere frenetico nel petto, accelerare ad ogni flash.
Il rumore di passi silenziosi lo ridesta, improvviso, da ogni pensiero; non ha bisogno di voltarsi per capire di chi siano.


“disturbo? – chiede titubante Esme, attendendo un cenno di negazione prima di sedersi affianco alla chimera – soffri d’insonnia?”

“occasionalmente”


Esmeralda annuisce, tra le mani stringe un pacchetto di sigarette consumate, ne sfila una portandosela alle labbra, porgendone poi a Theo che scrolla le spalle accettando, infondo la nicotina su di lui ha l’unico effetto di lasciargli un aspro odore tra le labbra e nulla di più; come ebbe modo di constatare alcuni anni fa, prima ancora che tornasse a Beacon Hills 


“questa roba – soffia in una nube di fumo tossicchiato la chimera – non ti fa bene”

“neppure a te”


Già, la verità non è esattamente come Esme crede, l’altro lato positivo dell’essere una creatura sovrannaturale né sigarette, né alcolici sortiscono alcun effetto, niente catrame nei polmoni, niente pancreas gonfio, niente rischio cancro e niente cirrosi e, vedendola da un’altra prospettiva, una più affine all’attuale situazione della chimera, niente possibilità di annebbiare i pensieri; a ben pensarci preferirebbe che almeno l’alcool esercitasse quel gradevole effetto sbornia.


“e comunque – inspira una boccata di nicotina la castana – ormai ho il vizio, avrai notato che è di famiglia”


Scherza espirando in un velo di fumo, stringendo tra le carnose labbra il filtro della sigaretta, puntando lo iridi nocciola al cielo


“quello dev’essere il grande carro”


Dice, più a se stessa che a Theo, delineando i contorni della costellazione con l’indice


“mia nonna diceva che di notte le preghiere raggiungevano le orecchie clementi di Santa Sarah, che accoglieva i lamenti dei fedeli proteggendoli nel lungo viaggio verso la realizzazione della serenità”  

“è stupido”


Sfugge tra le labbra della chimera, trascinato da ghirigori di nicotina, lo scetticismo per quel bisogno che gli uomini hanno di credere in qualcosa di superiore


“forse – sorride mesta Esme, la cenere scivola tra l’erba – ma alcune persone vogliono crederci, li fa sentire meglio, alcuni si affidano alla fede, altri alla razionalità, ma c’è una cosa comune a tutti”


Soffia, nubi grigie formano figure astratte nella notte, dissolvendosi verso il cielo, annebbiando le iridi nocciola della giovane, Theo la osserva, animato da sincera curiosità


“pregano, tutti, indistintamente, per qualcosa o qualcuno – socchiude gli occhi Esme, gettando il capo all’indietro – fissano il cielo e sperano, chiedono, affidano al silenzio desideri, dubbi, speranze, dolore”


Quando riapre gli occhi una patina lucida le fa vibrare le iridi di caramello fuso e l’odore acro della nicotina si mescola al sentore acerbo della tristezza, non è mai riuscito a sopportarlo Theo il sapore dell’amarezza, arriccia il naso, cercando di coprire l’odore dietro la coltre di nicotina che fuoriesce dalle narici.
Ed Esmeralda inspira, stringendo il mozzicone ormai consumato dal fumo della sigaretta, scuotendo il capo nello sbuffo di un sorriso sghembo


“sai questa è la parte in cui mi confessi ciò che stavi pensando”

“dovrei?”


Un ghigno, l’ombra di un sorriso accennato, piega i lati della labbra della chimera ed Esme ride, leggiadra, nascondendosi dietro il palmo della mano, scuotendo impercettibilmente il capo


“no – si scosta una ciocca castana dagli occhi, volgendo l’attenzione a Theo – ma sarebbe carino, c’è la giusta atmosfera”

“non ricordavo di essere in un teen drama”


Ironizza, con quel pizzico di cinismo, unica cosa che forse non lo abbandonerà mai, sospirando tra le spalle infossante, roteando le iridi glauche al cielo


“comunque non stavo pensando a niente in particolare”


Esmeralda arcua un sopracciglio con fare scettico, schioccando la lingua al palato


“si capisce quando menti”


La risata che, spontanea, agita il ventre di Theo è la conseguenza di quell’affermazione che mai, nella sua breve vita, si sarebbe aspettato di sentire, non lui che delle menzogne si è sempre considerato abile maestro, non di certo lui che della manipolazione ne ha fatta la sua arte, ma forse questo era il Theo di un tempo, quello che continua a ridere di lui in un angolo recondito della sua mente, forse non ha perso soltanto alcuni dei suoi poteri quando è riemerso dal sottosuolo; forse ha perduto anche altro


“e va bene – sbuffa bonariamente Esme – giochiamo ad indovinare, io dico che stavi pensando a qualcuno”


Si aggiusta all’ultimo scalino, volgendo l’intero busto alla chimera, assottigliando lo sguardo in una smorfia che somiglia ad una buffa posa indagatoria


“forse – ci riflette, cercando nel volto della chimera indizi di verità – qualcuno d’importante, qualcuno per cui provi qualcosa, oh c’ho preso, vero?”


Si morde il labbro soddisfatta la castana, sollevando le sopracciglia in un moto di arroganza che contrasta incredibilmente con la naturale bontà che la contraddistingue e Theo sbuffa, infossandosi nella spalle, gettando il mozzicone spento ai piedi


“vuoi un premio ora?”

“sì – esclama, accorciando la distanza di qualche centimetro – sarebbe gentile”

“non ho mai detto di essere gentile”

“non hai mai detto un granché – puntualizza la giovane – a dire il vero”


È un lato nuovo, una sfaccettatura diversa quella che emerge ora, la dolce e solare Esmerlada si è trasformata, irradiata dai raggi lunari, in una versione decisamente più sfacciata ed arrogantemente più sicura, decisa, ferma nella propria testarda ricerca di una storia; se l’avesse incontrata quando era ancora il Theo di un tempo non avrebbe esitato a renderla parte del suo branco o ad ucciderla, forse.
Fortunatamente per lei l’inferno cambia davvero le persone e la chimera si ritrova a riderne, roteando lo sguardo al cielo, sbuffando monosillabi sconnessi, decidendo infine di premiare quel nuovo lato di Esme concedendogli spiragli di verità


“hai ragione – soffia in un ghigno beffardo – complimenti”

“sto ancora aspettando il mio premio – dice soltanto Esme, tornando a guardare il cielo – abbiamo un patto ricordi, terapia gratuita”


Sbuffa un sorriso acerbo Theo, passandosi le mani tra i capelli che lentamente stanno cominciando a crescere, lisciandosi alcuni ciuffi particolarmente ribelli


“una persona, qualcuno – non sa bene come proseguire, certe parole sono difficili da lasciar uscire – qualcuno che ho lasciato”

“chi?”

“nessuno”


Eclissa Theo, ritraendosi dal voler confessare parte di una storia ben più complessa e vasta, ma le labbra corrucciate di Esme glielo impediscono


“chi è?”

“qualcuno che credevo – trattiene il respiro la chimera, cedendo all’insistenza della giovane – qualcuno che doveva…guardarmi”


Esmeralda aggrotta le sopracciglia, la fronte rigata di domande e curiosità, lo sguardo acuto di chi è in attesa di rispostate


“diciamo che sono stato rinchiuso, per un po’, poi – chiarisce Theo, inspirando lentamente – poi questa persona mi ha tirato fuori e… mi ha aiutato in qualche modo ed io ho provato, ho provato ad essere utile, ma…non è servito a molto”

“eri in prigione?”


Nell’indecisione di una risposta Esme decide di lasciar decadere irrisolta la domanda, forse preferendo persino non sapere


“e questa persona, com’è?”


Cambia oggetto la giovane, puntando l’attenzione sull’altro punto in sospeso e nota, nelle iridi d’imperscrutabile oceano della chimera una traccia di tristezza


“un idiota – soffia in un sorriso mesto, tagliato a metà – ingenuo, troppo ingenuo e…altruista, troppo altruista, ha quest assurdo complesso del supereroe, sempre a voler aiutare, a fidarsi”

“si fida di te”


Giunge alla conclusione Esmeralda, leggendo la verità nelle iridi opache di Theo che non riesce neppure ad annuire, troppo difficile confermare qualcosa che non ha mai creduto neppure poter essere reale


“ti ha mostrato fiducia, non è così?”


Non lo sa, non lo ha mai saputo, erano altre le priorità in quei giorni di caccia, era altrove l’attenzione in quei giorni di lotta, ma per un’istante, un solo istante, si è concesso il lusso di crederlo possibile, illudendosi che forse, forse lui, almeno lui, soltanto lui, si fidava davvero; aggrappandosi ad una menzogna che si era creato nel cieco bisogno di poterlo credere possibile


“e tu ti fidi di lui, vero?”

“ha importanza?”


Ringhia tra i denti digrignati Theo, serrando i pugni lungo i fianchi, le gambe si muovono in scatti rigidi, si solleva dallo scalino con un tale impeto da farlo tremare


“sì, certo che ne ha – interviene, determinata e sicura Esme – per te, ha così tanta importanza da tenerti sveglio, cos’è successo poi?”


Deglutisce in fremiti d’ira la chimera, fissando le iridi pacate della castana, cercando di trattenersi dall’urlarle che non lo sa, non ha idea di cosa sia successo, trattenendosi dall’urlargli che probabilmente è così che doveva andare, semplicemente, che un motivo non c’è


“me ne sono andato”


Ammette soltanto, ricordando il giorno in cui decise di raccogliere le poche cose che aveva in un borsone, caricarlo nel sedile posterie dell’auto ed allontanarsi da Beacon Hills, per sempre, ma non c’è riuscito.
Alla fine ha fallito anche in questo, non ce l’ha fatta ad allontanarsi da lui, non riesce a restare, non riesce a fuggire, è sospeso in una linea sottile, tra il bisogno ed il rifiuto, si aggrappa ancora all’illusione di occhi chiari come cieli estivi, di una voce marcata di lieve preoccupazione che chiama il suo nome; si aggrappa ancora con cieco bisogno all’idea, all’immagine, al ricordo di Liam.


“perché?”


Chiede in un soffio Esmeralda, la verità di una triste malinconia si delinea tra le iridi in tempesta di Theo


“perché – ripete in un sibilo di irritata rabbia la chimera – gli eroi non aiutano quelli come me”


La castana si solleva, lentamente, dall’ultimo gradino della roulotte, un sorriso amaro le dischiude le labbra, l’odore della tristezza aleggia nell’aria e Theo non saprebbe definire, con esattezza, se provenga da lei o se, invece, sia dannatamente impresso nella sua pelle


“perché non provi a parlargli, a cercarlo – tenta con pacata calma Esme – magari manchi anche a questa persona, magari vorrebbe ancora aiutarti, magari…”

“magari, magari – ringhia in un sorriso di cinica amarezza la chimera – magari non gliene frega un cazzo, magari sta meglio così”

“o forse è solo…sai l’orgoglio, il timore, ci sono tante cose che…”

“non ha importanza – si costringe a placare il tono rabbioso della voce Theo, afferrando la maniglia della porta – non ha più alcuna importanza”


E prima che Esmeralda possa controbattere, dire qualsiasi cosa, l’eco della porta sbattuta con forza alle spalle della chimera sovrasta ogni parola e la castana si ritrova a fissare la roulotte, nel sordo silenzio di una notte che, forse, ha mosso qualcosa di incredibilmente intenso, intangibilmente doloroso tra i ricordi di Theo.
E per un attimo, un battito di ciglia, vorrebbe aprire quella dannata porta e cercare, in modi che ancora non conosce, che forse neppure è in grado di elaborare, di aiutarlo ma è la logica, la razionale deduzione, a spingerla a non agire, consapevole che la chimera ha bisogno di silenzio; ora che il coperchio del vaso di pandora in cui teneva racchiuse le emozione è stato definitivamente scoperchiato.


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Dopo cinque ore di estenuanti ripassi d’argomenti che avrebbe già dovuto sapere dal semestre appena passato non ha decisamente voglia di fermarsi fuori a pranzo, vorrebbe solo correre il più lontano possibile dalla scuola, chiudersi in camera e magari prendere a pugni qualche non morto alla playstation.
Eppure Mason riesce sempre a trovare un modo per impedirgli di chiudersi in una solitudine che, ne ha il sospetto da qualche giorno Liam, lo preoccupa.
E di certo il fatto che Corey sia sempre pronto a dare sostegno all’idee del fidanzato decisamente non aiuta il mannaro che si ritrova così, costretto, a spendere soldi che preferirebbe mantenere per qualche stupido videogame piuttosto che per rimpinzarsi di hamburger o pizze.

Da quand’è che mangiare persino lo infastidisce?

Inspira Liam, scivolando alla poltroncina in lucido rosso del fast food, attendendo l’ordine, cercando di ignorare gli sguardi fastidiosamente puntati su di lui degli amici, lo sente, non ha neppure bisogno di analizzarne i segnali chimici che i loro corpi emanano, lo sente perfettamente che vorrebbero parlare, chiedere, magari chiarire il perché ultimamente gli risulti così difficile mantenere il controllo; perché ultimamente la rabbia sembri prendere il sopravvento su di lui.
E, anche volendo essere sincero, non saprebbe come rispondergli, né come spiegarlo a nessuno, neppure a loro.
Non sa come spiegarlo a sé, sa soltanto che manca qualcosa, che i suoi occhi sono costantemente alla ricerca di qualcosa, che ogni senso è concentrato nel cercare di captare suoni ed odori di un qualcosa, di un qualcuno che dovrebbe solo imparare a dimenticare; ignorare come tutti gli hanno detto, come tutti preferirebbero.

Espira, cercando di alleggerire la tensione che sente irrigidirgli ogni muscolo, concentrando l’attenzione al monitor su cui lampeggia il numero che, fortunatamente, corrisponde a quello del loro scontrino; una buona scusa per alzarsi che Liam afferra prontamente senza neppure concedere agli amici il tempo di prevenirlo.
È talmente tanto concentrato nel ripetersi pensieri, nel vano tentativo di rassicurarsi, calmarsi, che non si accorge di una giovane che tenta, maldestramente di sorreggere un vassoio dall’equilibrio sbilanciato contro cui, inevitabilmente, finisce con lo scontrarsi.
Un hamburger rotola a terra, incastrandosi tra i divanetti, alcune gocce della bibita gassata macchiano la sottile canottiera dai colori variopinti, geometrici, della sventurata che stringe ancora il vassoio, ormai tristemente vuoto, tra le mani.
Liam boccheggia, passandosi una mano dietro al collo, cercando di trovare parole che possano farlo sentire meno colpevole


“mi dispiace”


Riesce soltanto a dire, perdendosi tra iridi nocciola, cioccolato fuso, illuminate da un sorriso bonario


“non importa”

“ti aiuto”



Si avvicina alla giovane, chinandosi a raccogliere ciò che resta del contenitore di plastica che, fino a pochi istanti prima, conteneva una coca cola ed un odore gli avvolge le narici, cerca di captarne la provenienza e si ritrova a fissare la ragazza dinnanzi a sé, balzando in piedi con agilità.
C’è un odore, questo odore, un odore che Liam è certo di conoscere, è appannato, sovrastato da mille altri, ma c’è una traccia, una piccolissima traccia, un odore familiare, sorprendentemente noto.


“tutto bene?”


Chiede titubante la giovane, scostandosi alcune ciocche castane dalle spalle, indicando con un cenno la cassa dietro di lei


“credo che quello sia tuo – sorride, sfilando il contenitore concentrico dalle mani del mannaro – grazie”


Liam, ancora perso tra le deboli note di quel gradevole odore familiare, scuote il capo, sbattendo le palpebre rapidamente, mettendo a fuoco il vassoio


“aspetta – esclama, volgendo per tre quarti il busto – posso almeno...ripagarti?”

“non fa niente, sul serio”


Insiste gentile, questo è il primo aggettivo che Liam le ha associato, poggiando il vassoio sopra al cestino del riciclaggio, strofinandosi le mani tra di loro


“e, tu – tituba il mannaro, lasciando vagare lo sguardo dalla cassa alle iridi nocciola della giovane – non prendi altro?”

“avevo un solo buono – spiega, senza imbarazzo, aggiustandosi la tracolla della borsa alla spalla – perciò…ma davvero non preoccuparti”


È abbastanza inutile, se lo concede, insistere eppure quell’odore, quella piccola traccia, la cercava, da giorni, non riesce a distinguerlo con chiarezza, non riesce a sentirlo nitidamente, eppure qualcosa nel profondo gli suggerisce che deve seguirlo, deve seguire quell’odore.
È l’istinto a guidarlo, a spingerlo ad afferrare il portafoglio ed avanzare a passo rapido verso il bancone del fast food, indicando un hamburger dalla lista, il più semplice, sperando che possa essere ciò che anche la giovane aveva ordinato


“aggiunga un menù grande, per favore”


La cassiera annuisce soltanto, sbuffando la richiesta agli addetti alle sue spalle e Liam abbozza un sorriso, volgendo l’attenzione alla giovane


“per favore, è...come…un gesto di scuse”


La castana si morde il labbro inferiore, torturandosi le dita tra di loro, annuendo impercettibilmente, seguendo poi il braccio teso del mannaro che gli indica il tavolo su cui siedono, parzialmente divertiti e vagamente incuriositi, Mason e Corey


“ciao”


Saluta educatamente quest’ultimo, rivolgendo un sorriso cordiale alla giovane che contraccambia, prima che possa dire qualsiasi cosa un vassoio si frappone tra i due e la giovane scivola al lato della poltroncina rossa lasciando posto a Liam


“grazie – dice poi in un soffio solare la castana – ma non ce n’era bisogno, davvero”

“è inutile – interviene allora Mason, ridacchiando tra le labbra dischiuse – Liam è così”


E lo capisce, lo legge nel risolino lieve che ne segue, l’intento del suo migliore amico, presentarlo senza essere troppo diretto; sbuffa un sorriso lieve il mannaro


“loro sono Mason – dice, optando per un approccio ben più schietto, indicando gli amici di volta in volta – e Corey”


La giovane si scosta una ciocca castana dagli occhi, incastrandola dietro l’orecchio, i cerchi dorati che le circondano il sottile polso tintinnano sprigionando una melodia di campanelli


“piacere mio, Esmeralda”


Sorride genuina, accettando ancora titubante l’hamburger, scartandolo con cura dalla confezione in cartone.

C’è solo silenzio, per i primi minuti, che sembrano durare un’eternità, eternità in cui Liam, o meglio l’olfatto mannaro, tenta di scendere gli odori che avvolgono la pelle di Esmeralda, dividerli, analizzarli singolarmente, ma sono troppi, una cascata di profumi differenti, l’acre sapore della nicotina, la freschezza dei pini selvatici, la dolcezza del caramello, l’asprezza degli alcolici, odori che si confondo e mischiano, rendendo quasi impossibile trovare quel sentore, appena percepibile, ma persistente, così incredibilmente familiare.

L’eco di un chiacchiericcio indistinto ne schiarisce i pensieri, per quanto è rimasta in silenzio? Evidentemente abbastanza a lungo da essere rimasto l’unico a dover finire il pranzo, ma nessuno dei tre sembra averlo notato


“quindi – chiede incuriosito Mason, l’attenzione completamente rivolta alla giovane – non vivi qui da molto?”


Come sono arrivati a scambiarsi confidenza Liam non se lo chiede neppure, si limita a prestare attenzione alle parole che fluttuano tra i timpani distratti


“già, da quattro anni circa”

“non ti ho mai vista a scuola – aggrotta la fronte Corey, aggiungendo – né da nessun’altra parte”

“ho studiato da autodidatta – spiega semplicemente la castana – e non vengo spesso in città, vivo un po’ fuori, ma mio padre ha un negozio d’antiquariato forse avrete visto lui o i miei fratelli”

“come si chiama, il negozio?”


Chiede Liam, spinto da una curiosità che non comprende appieno dettata da quel persistente odore familiare che continua ancora ad invadergli le narici, Esmeralda sorride, mordicchiando la cannuccia della bevanda


“Amintiri – dice poi, in un accetto dal suono aspro, estraneo alle orecchie del mannaro – è su questa via, tra il supermercato e la libreria”


Le lunghe dita affusolate seguono le parole, formando quadri e linee invisibili, sospese a mezz’aria, Liam decide, mosso da irrazionale istinto, di memorizzare le indicazioni.
C'è qualcosa in quell'odore, quell’odore che non è ancora riuscito a rendere chiaro, che gli suggerisce che deve, ha bisogno, di sapere altro, di sentire altro, di cercare ciò che non dovrebbe neppure pensare; tutto ciò che dovrebbe dimenticate.
Ma come può convincere l’istinto a tacere, come può azzittirlo ora che quel profumo familiare lo ha risvegliato con una tale intensità?

 


 
Inizio con il ringraziare tutti i silenziosi lettori e colore che hanno aggiunto tra ricordate/seguite/preferite questa storia. 
Grazie mille. 


Aggiungo che forse il capitolo non è un granché, probabilmente i personaggi canon sono un po' ooc, ma è un lavoraccio farli restare ic; a volte. 
Ad ogni modo spero che sia piaciuto e che non vi abbia annoiato troppo.
Ho cercato di rendere come meglio potevo il primo incontro tra Esmerelada e Liam, rendendola anche un po' ambiguo per così dire. 
So che nel canon, a quanto pare, nessuno fuma, ma (lo ammetto ho il vizio, incolpo lo stress) considerando che sto prendendo ispirazione da svariate fonti ed in tutte sono presenti le sigarette alla fine le ho inserite anch'io e poi, sinceramente, un Theo che fuma ha il classico fascino del cattivo ragazzo. (sto vaneggiando cercando di giustificarmi) 
Altra piccola cosa, nel caso non fossa chiara, dal primo incontro tra Theo ed Esmeralda è passata una settimana, quasi due; ma forse lo avevo detto nel capitolo precedente.
Comunque spero che sia stato gradevole leggerlo. 

Come al solito commenti e critiche costruttive sono sempre ben accette. 
Grazie mille a tutti, 
alla prossima. 


 
   
 
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