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Autore: tixit    09/09/2017    4 recensioni
Una ragazzina torna a casa e cerca di adeguarsi alla vita in famiglia.
Breve storia minore su personaggi minori che non è diventata originale.
Genere: Commedia, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Sorelle Jarjeyes, Victor Clemente Girodelle
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Sigyn la rossa'
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Non si dice ciò che si pensa

“Oscar, per piacere…” Sigyn era sdraiata a pancia in giù sul copriletto di seta rosso fuoco, con le gambette che si agitavano irrequiete.
Se sua sorella pretendeva che lei giocasse la carta degli occhioni tristi, lei l’avrebbe giocata decise, tanto non è che c’era poi molto da stare allegri.

“Non ho detto di no, ho detto forse.” la risposta arrivò con voce molto ferma, come se fosse Oscar la maggiore tra le due.

“Non hai detto di si, però.” Con il dito Sigyn seguì il ricamo dorato dei leoni dei Jarjayes, aggrottando la fronte - le sembrava che ultimamente avesse piovuto per giorni, ma lei non lo sapeva per certo: non aveva mai guardato davvero fuori dalla finestra e Virgilio non le piaceva affatto, ma teneva duro, solo che… accidenti!

“No, non l’ho detto.” 

Sigyn non rispose, sentendosi superiore - Oscar non l’avrebbe attirata in un battibecco fatto di si, no e forse. In fondo erano solo due giorni che la stava pregando. Si inarcò all’indietro afferrando i talloni, e si stiracchiò, assaporando il piacere di starsene lì, senza il busto con le stecche. 
La vita era fatta di dettagli, sentenziò - rigorosamente dentro di sé - non di sorelle con la testa dura. 

Non odiava il corsetto, decise, faceva il suo lavoro: perché certi vestiti stessero davvero bene indosso ad una donna ci voleva qualcosa che facesse diventare il busto come un cono rovesciato, mentre i petit panier consentivano quella forma a corolla di tulipano che tanto piaceva.
Se la stoffa era morbida, per dare il massimo, sotto ci voleva una struttura rigida su cui drappeggiarla.
Peccato che Madre Natura non faceva le donne al modo che era comodo per le modiste.

“Non ci avevo mai pensato, Boucher, vestite, per un ritratto, ci dipinge in un modo,” disse con aria svagata, “ma quando disegna un nudo la vita non è più così sottile, anzi, e la ciccia abbonda. E le rotondità, e le pieghe...”

“E tu che ne sai dei nudi di Boucher?” chiese Oscar sospettosa. 

Sigyn alzò gli occhi al cielo - e Joséphine aveva il coraggio di insinuare che la provinciale era lei!

“Sceglie donne diverse.” mormorò, decidendo di lasciar cadere la domanda di sua sorella.

Un pensiero vago la attraversò, che la vita fosse un po’ come le donne di quei quadri: o eri giusta per indossare un gran bel vestito o eri giusta per folleggiare mezza nuda in qualche quadro mitologico inseguita da un tizio importante, preferibilmente Apollo, o anche Marte. Giusta per tutte e due le situazioni non si poteva. Non da un giorno all’altro.

“Una donna virtuosa non solo non dovrebbe, ma soprattutto non vorrebbe avere a che fare con Boucher!” la voce di Oscar le ricordò quella del Generale.

“Era pittore di Corte, primo pittore e direttore dell’Accademia. Era lui che ogni due anni organizzava il Salon...” cercò di spiegare Sigyn con gentilezza. Boucher non era ancora morto, ma Clément le aveva scritto che era in disgrazia.

Oscar copiò i suoi movimenti e silenziosamente si sfidarono a chi era più flessibile. Tutte e due concentrate, la pelle chiara sotto le chemise bianche, sul rosso della seta.

Rosso come i papaveri d’estate.

“Proprio una bella cosa!” Oscar fece una smorfia di sufficienza, soffiandosi via un ricciolo da davanti agli occhi, “Nostro Padre dice che quando c’è quella mostra la puzza di pesce delle mani e dei vestiti delle pescivendole si mescola con quello delle dame e con l’afrore delle borghesi che si fingono tali. E afferma che i quadri di Boucher sono moralmente degenerati! Attentano all’integrità morale della famiglia! Secondo lui è vergognoso mostrarli alla luce del sole!” Oscar era davvero irritata ora.

Rosso come le strisce sui polpacci. Oscar non aveva chiesto e lei non aveva detto, non c’era poi molto da raccontare.

O forse non si poteva mai. Essere giuste un po’ dappertutto. Forse toccava accontentarsi, barcamenandosi. 

“Ci sono anche le nature morte.” sussurrò Sigyn seccata. “E difficile scandalizzarsi per dell’aglio o delle noci.”

A quanto pare adesso Boucher aveva smesso di essere giusto.
Clément qualche tempo prima le aveva scritto, molto irritato, che avevano rimosso un suo quadro dal castello di Bellevue - Clément si irritava per un mucchio di cose strambe.

E anche lei non era più giusta per la Normandia. 
E Amleto, una volta tornato ad Elsinore si era sentito boccheggiare per via di tutto quel marcio metaforico e anche per quello non metaforico, perché onestamente non se la beveva che Elsinore profumasse poi tanto diversamente da Versailles. E i Danesi mangiavano aringhe crude, altro che le pescivendole fanatiche di Boucher!
E sua sorella minore aveva le gambe più lunghe delle sue, sarebbe toccato a lei essere la più bassa di tutta la famiglia - Joséphine l’avrebbe guardata dall’alto per tutta la vita!
Ed era invidiosa di Cassandra e non le era mai successo perché si erano sempre volute bene. Però lei aveva tre fratelli che la coccolavano come la principessa di una favola e non avrebbe mai capito che si poteva essere spedite via da casa e non capire perché.
E Clément non l’aveva mai portata al Salon, forse perché era troppo piccola. Perché se era per la puzza di pesce, per un pomeriggio ci poteva convivere.
E Alo non si era fatto più vivo - non che dovesse.

“E poi fa troppo caldo per la cioccolata” le scappò senza volere, mentre Oscar le lanciò uno sguardo incuriosito.

Sigyn si inarcò come una barchetta, sentendo che muscoli si tendevano piacevolmente sotto la pelle.

Non aveva ancora scritto a Clément  - non poteva, lui sapeva tutto del blank verse, qualunque cosa fosse, e, soprattutto, non perdeva mai l’orientamento. 
Lei invece no, era una barchetta che s'era persa e non trovava i punti di riferimento. Ma poi? Cosa gli avrebbe dovuto dire?
Che il mondo le sembrava crudele? Perché dava a tutti i desideri, ma non i mezzi per soddisfarli e dava abbastanza intelligenza perché capissero che non sarebbero mai stati soddisfatti? Le avrebbe detto che era troppo pomposa e poi avrebbe voluto sentire la lista di questi desideri. E a quel punto avrebbe riso di lei.
Poteva raccontargli che le stava andando tutto storto? Che voleva solo dormire in santa pace e invece gli altri se la trascinavano in giro e la costringevano a studiare cose che non la interessavano? A Clément? Uno che si stava preparando con entusiasmo per la maîtrise ès arts? Uno che aveva amici con la fissa della perfezione?
Figuriamoci se non avrebbe alzato un sopracciglio sentendo che era stata scacciata dalla Normandia. O che si era addormentata in una cripta.

Come minimo le avrebbe detto che era arrivato il momento di togliersi definitivamente dai piedi come amica.  

Perché quando superi quella specie di linea invisibile tra quelli giusti e quelli sbagliati, cambia tutto, è come essere dall’altra di quel meridiano, quello dove cambia il giorno: puoi dire e fare quello che ti pare, ma non sei nello stesso giorno degli altri, sei un passo indietro, nel passato, e nessuno si ferma nemmeno per chiederti una cosa semplice semplice tipo “come stai?” perché nemmeno ti vede più. E prima che tu possa dire bah tirano giù i tuoi quadri dal castello di Bellevue.

Il passo successivo era cominciare a parlare da soli. 
E quello, a dire il vero, le era già capitato.

No, non stava affatto bene, e si sentiva spiacevolmente sola. Doveva cambiare aria.

“Oscar, dove passa il meridiano dove cambia il giorno?” chiese timidamente.

“Non hanno ancora deciso, credo, ma, se deve essere, deve essere in mezzo al mare.” rispose sua sorella con un tono che non ammetteva repliche. 
Sigyn si rabbuiò - non solo stava dalla parte sbagliata del tempo e dello spazio, ma era pure senza uno straccio di isola tutta sua. Senza nemmeno un gabbiano a farle compagnia. 

“Ma non le hanno scoperte proprio tutte le isole, no?” insistette speranzosa.

“No, certo che no!” Oscar spalancò gli occhi “certo che sei strana… fai discorsi senza senso!” poi le si buttò addosso e cominciò a farle il solletico. Rotolarono ridendo per il letto enorme, finché Oscar ad un certo si mise a sedere e le chiese in tono un po’ troppo educato “Perché vuoi andare a Versailles?”

Non era facile, Sigyn lo capì, in casa Jarjayes, quando qualcosa non andava, trovare le parole era sempre una faccenda piuttosto complicata, toccava circumnavigare certi scogli appuntiti che i Minquiers a confronto erano nulla.

“Vorrei comprarmi un servizio per la cioccolata.” disse in tono leggero. Era vero. Aveva del denaro suo, avrebbe fatto un acquisto oculato, come diceva il Nonno: una cosa che desse soddisfazione, una sola, invece di tante così così. 
Alo una tazzina se la meritava - a modo suo glielo aveva chiesto, se stava bene, prima di sparire. E magari le avrebbe dato una scusa per scrivere a Clément e a Cassandra.
E poi una era ovviamente per sua sorella e a quel punto ne sarebbe servita una anche per André. Non sarebbero bastate due tazzine in croce, serviva una cosa fatta bene, un servizio da sei. Come minimo. Forse non sarebbero mai venuti tutti insieme in visita - Oscar detestava Cassandra e Clément quasi quanto detestava Boucher (e cioè senza nemmeno conoscerli), mentre Clément, secondo lei, aveva una adorazione segreta per Oscar (incomprensibile perché non la conosceva affatto e probabilmente se la immaginava come una eroina tragica e molto raffinata, mentre sua sorella era il tipo che, come non riusciva ad averla vinta, come minimo ti mollava uno spintone ed il povero André ne sapeva qualcosa). Però Clément non si sarebbe mai imposto, mentre André, nel caso, si sarebbe offeso e sarebbe sparito per andarsene a strigliare qualche cavallo. Alo diceva cose tremende (se le capivi) per cui con Oscar sarebbe finita con una lite, perché anche lei diceva cose tremende (e le capivi benissimo), quanto a Cassandra, quando loro due stavano insieme, non aveva voglia di avere tra i piedi i suoi tre fratelli. Horthense era invitata anche senza invito, appena fosse tornata, ma allora Maxence il maggiore dei Girodelle non sarebbe venuto. Erano tutti così complicati...
Comunque, per stare sul sicuro il numero giusto era dodici. André come minimo ne avrebbe rotta una, per cui un servizio da otto era proprio risicato.

“La vendita di Natale è passata da un pezzo, hanno reimballato tutto: non troverai niente.”

“Ma posso guardare cosa hanno preso altre persone. Farmi un’idea.” la pregò la ragazzina con i capelli rossi.

“Possiamo andare fino a Sèvres.” rilanciò Oscar.

“Versailles è più vicina.” pigolò Sigyn.

“E’ sulla strada per andare a Parigi. Fino a Parigi sono tre o quattro ore, per come cavalchi tu. Non è così lontana e poi una gita è una gita.” Oscar non la stava guardando.

Sigyn alzò gli occhi al cielo, si Parigi, come no? Joséphine non lo avrebbe mai permesso.

“Oscar…” Sigyn la guardò cercando di trovare il compromesso giusto perché la vita non la misuri in tutte le volte che riesci ad averla completamente vinta, su questo lo zio Jean-Claude era sempre stato chiaro. Questa cosa di sua sorella non le piaceva affatto, cioè era ovvio che non stava perdonando chiunque si mettesse contro il Generale - inclusa lei e inclusa Mère che stava a Versailles, dove, guarda caso, sua sorella non voleva mettere piede - piuttosto sarebbe andata a Sèvres, no Sèvres, dico, a guardare ceramiche. Oscar. Che non sapeva distinguere il blu cobalto dal blu di Prussia. O un Boucher da un Quentin La Tour!

Era sconcertante quante balle si potevano dire senza dover fare lo sforzo di accroccare una sola bugia coerente.

D’impulso la abbracciò ed Oscar non si ritrasse.

“Non ti sto chiedendo di fare tutto quello che faccio io,” le sussurrò, “quello io lo davo per scontato. Giriamo per i giardini, ci infiliamo nelle cucine, poi tu puoi visitare la Sala delle Guardie del Re, mentre io mi informo sulle tazzine.” E se poi incontro Mère, tanto meglio, e se le chiedo se posso stare da lei per un pochino, meglio ancora, ma tu non sei obbligata, questo è un dettaglio che puoi far finta di non vedere come tutte le cose sgradevoli, o ridicole, o che fanno un po’ male.
Di più non riusciva a pensare - era piccola, non era perfetta, ed era terribilmente triste. E non aveva scritto a Clément e nemmeno a Cassandra. E le mancava ancora una pagina da tradurre e venti versi di Omero.

Mentre tornava in camera sua, sentì che Oscar ribadiva “Ho detto forse.”

Figuriamoci, pensò Sigyn senza voltarsi. Testa dura. Testa da Jarjayes.

 
   
 
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